"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 25 Gennaio 2009, III Domenica del Tempo Ordinario - Anno B.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,14-20.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 49 pagina 303.
Gesù viene avanti per una piccola stradetta, un sentiero fra due campi. E’ solo.. Giovanni procede verso di Lui da tutt’altro viottolo fra i campi, e lo raggiunse alfine, passando per un vano fra la siepe. Giovanni, tanto nella visione di ieri come oggi, è tutt’affatto giovanetto. Un volto roseo e imberbe di uomo appena fatto, e biondo per giunta. Perciò non un segno di barba o di baffi, ma solo il rosato delle guance lisce e delle labbra rosse e la luce ridente del suo bel sorriso e dello sguardo puro, non tanto per il suo colore di turchese cupa, quanto per la limpidità dell’anima vergine che vi traspare. I capelli biondo castani e soffici, ondeggiano nel passo veloce quasi quanto una corsa. Chiama, quando sta per passare la siepe: “ Maestro!” Gesù si arresta e si volge con un sorriso. “Maestro, ti ho tanto desiderato! Mi hanno detto, nella casa dove stai che eri venuto verso la campagna... Ma non dove. E temevo di non vederti.” Giovanni parla lievemente curvo per il rispetto. Eppure è pieno di confidente affetto nella sua attitudine e nello sguardo che, stando col capo lievemente piegato sulla spalla, eleva verso Gesù. “Ho visto che mi cercavi e sono venuto verso di te.” “Mi hai visto? Dove eri, Maestro?” “Là ero.” e Gesù accenna ad un ciuffo d’alberi lontani che, per la tinta della chioma, direi ulivi. “Là ero. Pregavo e pensavo a quanto dirò questa sera nella sinagoga. Ma ho lasciato subito non appena ti ho visto.” “Ma come hai fatto a vedermi se io appena vedo quel luogo, nascosto come è dietro quel ciglio?” “Eppure lo vedi? Ti sono venuto incontro perché ti ho visto. Ciò che non fa l’occhio, fa l’amore.” “Sì, fa l’amore. Mi ami dunque, Maestro?” “E tu mi ami, Giovanni, figlio di Zebedeo?” “Tanto, Maestro. Mi pare di averti sempre amato. Prima di averti conosciuto, prima ancora, l’anima mia ti cercava, e quando ti ho visto essa mi ha detto: ”Ecco Quello che cerchi”. Io credo che ti ho incontrato perché la mia anima ti ha sentito.” “Tu lo dici, Giovanni, e dici giusto. Io pure ti sono venuto incontro perché l’anima mia ti ha sentito. Per quanto mi amerai?”“Per sempre, Maestro. Non voglio amare più altri che Tu non sia.” “Hai padre, madre, fratelli e sorelle, hai la vita, e con la vita la donna e l’amore. Come farai a lasciare tutto per Me?”“Maestro... non so... ma mi pare, se non è superbia dirlo, che la tua predilezione mi terrà posto di padre, madre e fratelli e sorelle e anche della dona. Di tutto, sì, di tutto mi terrò sazio se Tu mi amerai.”“E quel giorno che Io avessi a morire...” “No!, sei giovane, Maestro... Perché morire?” “Perché il Messia è venuto per predicare la Legge nella sua verità e per compier la Redenzione. E il mondo aborre la Legge né vuole la Redenzione. Perciò perseguita i messi di Dio.” “Oh! ciò non sia! Non lo dire a chi ti ama, questo pronostico di morte!... Ma se Tu avessi a morire, amerò ancora Te. Lascia che io ti ami.” Giovanni ha lo sguardo supplice. Più chinato che mai, cammina a fianco a Gesù e pare che mendichi amore.Gesù si ferma. Lo guarda, lo trapana collo sguardo del suo occhio profondo, e poi gli pone la mano sul capo chino. “Voglio che tu mi ami.” “Oh! Maestro!” Giovanni è felice. Per quanto la sua pupilla sia lucida di pianto, ride con la bocca ben disegnata, e prende la mano divina e la bacia sul dorso e se la stringe al cuore. Riprendono il cammino.“Hai detto che mi cercavi...” “Sì, per dirti che i miei amici ti vogliono conoscere... e perché, oh! come avevo voglia di stare con Te ancora! Ti ho lasciato da poche ore... ma non potevo già più stare senza di Te.” “Sei stato dunque un buon annunziatore del Verbo?” “Ma anche Giacomo, Maestro, ha parlato di Te in modo da... convincere.” “In che modo che anche chi diffidava -né è colpevole, perché prudenza era causa del suo riserbo- si è persuaso. Andiamo a farlo del tutto sicuro.” “Aveva un poco paura...” “No! Non paura di Me! Sono venuto per i buoni e più per chi è in errore. Io voglio salvare. Non condannare. Con gli onesti sarò tutto misericordia” “E coi peccatori?” “Anche. Per disonesti intendo quelli che hanno la disonestà spirituale e ipocritamente si fingono buoni mentre fanno opere malvagie. E tali cose fanno e in tal modo per avere utile proprio e ricavare utile dal prossimo. Con questi sarò severo.” “Oh! Simone, allora, può star sicuro. E’ schietto come nessun altro.” “Così mi piace e voglio siate tutti.”“Vuol dirti tante cose, Simone.” “Lo ascolterò dopo aver parlato nella sinagoga. Ho fatto avvisare poveri e malati oltre che ricchi e sani. Tutti hanno bisogno della Buona Novella.” Il paese si avvicina. Dei bambini giuocano sulla strada e uno, correndo, viene a sbattere fra le gambe di Gesù e cadrebbe, se Egli non fosse sollecito ad afferrarlo. Il bambino piange lo stesso, come se si fosse fato male, e Gesù gli dice tenendolo in braccio: “Un israelita che piange? Che avrebbero dovuto fare i mille e mille bambini che sono divenuti uomini valicando il deserto dietro a Mosè? Eppure più per loro che per gli altri -perché l’Altissimo ha amore degli innocenti e provvede ai passeri del bosco e della gronda- proprio per questi ha fatto scendere la manna tanto dolce. Ti piace il miele? Sì ? Ebbene, se sarai buono mangerai un miele più dolce di quello delle tue api.” “Dove? Quando?” “Quando, dopo una vita di fedeltà a Dio, andrai a Lui.” “Io so che non vi andò se non viene il Messia. La mamma mi dice che per ora noi di Israele siamo come tanti Mosè e moriamo in vista della Terra Promessa. Dice che stiamo lì ad aspettare di entrarvi e che solo il Messia ci farà entrare.” “Ma che bravo piccolo israelita! Ebbene Io ti dico che quando tu morrai entrerai subito in Paradiso, perché il Messia avrà già aperto le porte del Cielo. Però devi essere buono.” “Mamma! Mamma!” Il bambino scivola dalle braccia di Gesù e corre incontro ad una giovane sposa, che rientra con un’anfora di rame. “Mamma! Il nuovo Rabbi mi ha detto che io andrò subito in Paradiso quando morirò e mangerò tanto miele... ma se sono buono. Sarò buono!” “Lo voglia Dio. Scusa. Maestro, se ti ha dato noia. E’ tanto vivace!” “L’innocenza non dà noia, donna. Dio ti benedica, perché sei una madre che alleva i figli nella conoscenza della Legge.”La donna si fa rossa alla lode e risponde: “A Te pure la benedizione di Dio” e scompare col suo piccolo.“Ti piacciono i bambini, Maestro?” “Sì, perché sono puri... e sinceri... e amorosi.”“Hai dei nipoti, Maestro?” “Non ho che una Madre... Ma in Lei c’è la purezza, la sincerità, l’amore dei pargoli più santi, insieme alla sapienza, giustizia e fortezza degli adulti. Ho tutto in mia Madre, Giovanni.” “E l’hai lasciata?” “Dio è sopra anche alla più santa delle madri.” “La conoscerò io?”“La conoscerai.” “E mi amerà?” “Ti amerà perché Ella ama chi ama il suo Gesù.” “Allora non hai fratelli?”“Ho dei cugini da parte del marito di mia Madre. Ma ogni uomo mi è fratello e per tutti sono venuto. Eccoci davanti alla sinagoga. Io entro, e tu mi raggiungerai coi tuoi amici.”Giovanni se ne va e Gesù entra in una stanza quadrata col solito apparato di lumi a triangolo e di leggii con rotoli di pergamena. Vi è già folla in attesa e in preghiera. Anche Gesù prega. La folla bisbiglia e commenta dietro a Lui, che si curva a salutare il capo della sinagoga e poi si fa dare a caso un rotolo.Gesù inizia la lezione. Dice: “Queste cose lo Spirito mi fa leggere per voi. Nel capo settimo del libro di Geremia si legge: “Queste cose dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: ‘Emendate i vostri costumi e i vostri affetti e allora abiterò con voi in questo luogo. Non vi cullate nelle parole vane da voi ripetute: c’è qui il Tempio del Signore, il Tempio del Signore, il Tempio del Signore. Perché se voi migliorerete i vostri costumi e i vostri affetti, se renderete giustizia fra l’uomo e il suo prossimo, se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete in questo luogo il sangue innocente, se non andrete dietro a dèi stranieri, per vostra sventura, allora Io abiterò con voi in questo luogo, nella terra che Io diedi ai vostri padri per secoli e secoli’ ”.Udite, o voi d’Israele. Ecco che Io vengo ad illuminarvi le parole di luce che la vostra anima offuscata non sa più vedere e capire. Udite. Molto pianto scende sulla terra del Popolo di Dio e piangono i vecchi che ricordano le antiche glorie, piangono gli adulti piegati al giogo, piangono i fanciulli che non hanno avvenire di futura gloria. Ma la gloria sulla terra è nulla rispetto ad una gloria che nessun oppressore, che non sia Mammona e la mala volontà, possono strappare.Perché piangete? Come l’Altissimo, che fu sempre buono per il popolo suo, ora ha girato altrove il suo sguardo e nega ai suoi figli di vederne il Volto? Non è più il Dio che aperse il mare e ne fece passare Israele e per arene condusse e nutrì, e contro nemici o difese e, perché non smarrisse la via del Cielo, come diede ai corpi la nuvola, diede alle anime la Legge? Non è più il Dio che addolcì le acque e fece venire manna agli sfiniti? Non è il Dio che vi volle stabilire in questa terra e con voi strinse alleanza di Padre a figli? E allora perché ora lo straniero vi ha percossi? Molti fra voi mormorano: ‘Eppure qui è il Tempio!’. Non basta avere il Tempio e in quello andare a pregare Iddio. Il primo tempio è nel cuore di ogni uomo, e in quello va fatta preghiera santa. Ma santa non può essere se prima il cuore non si emenda e col cuore non si emendano i costumi, gli affetti, le norme di giustizia verso i poveri, verso i servi, verso i parenti, verso Dio. Ora guardate. Io vedo ricchi dal cuore duro che fanno ricche offerte al Tempio, ma non sanno dire al povero : ’Fratello, ecco un pane e un denaro. Accettalo. Da cuore a cuore, e non t’avvilisca l’aiuto come a me non dia superbia il dartelo’. Ecco: Io vedo oranti che si lamentano con Dio che non li ascolta prontamente, ma poi, al misero, e talora è loro sangue, che gli dice: ‘Ascoltami’, rispondono con cuore di selce: ‘No’. Ecco, Io vedo che voi piangete perché la vostra borsa è spremuta dal dominatore. Ma poi voi spremete sangue a chi odiate, e di far vuoto un corpo di sangue e vita non avete orrore.O voi di Israele! Il tempo della Redenzione è giunto. Ma preparatene le vie in voi con la buona volontà. Siate onesti, buoni, amatevi gli uni con gli altri. Ricchi, non sprezzate; mercanti, non frodate; poveri, non invidiate. Siete tutti di un sangue e di un Dio. Siete tutti chiamati ad un destino. Non chiudetevi il Cielo, che il Messia vi aprirà, con i vostri peccati. Avete sin qui errato? Ora non più. Ogni errore cada. Semplice, buona, facile è la Legge che torna ai dieci comandi iniziali, ma tuffati in luce d’amore. Venite. Io ve li mostrerò quali sono: amore, amore, amore. Amore di Dio a voi, di voi a Dio. Amore fra prossimo. Sempre amore, perché Dio è Amore e i figli del Padre sono coloro che sanno vivere l’amore. Io sono qui per tutti e per dare a tutti la luce di Dio. Ecco la Parola del Padre che si fa cibo in voi. Venite, gustate, cambiate il sangue dello spirito con questo cibo. Ogni veleno cada, ogni concupiscenza muoia. Una gloria nuova vi è porta: quella eterna, e a lei verranno coloro che faranno la Legge di Dio vero studio del loro cuore. Iniziate dall’amore. Non vi è cosa più grande. Ma quando saprete amare, saprete già tutto, e Dio vi amerà, e amore di Dio vuol dire aiuto contro ogni tentazione.La benedizione di Dio sia su chi volge a Lui cuore pieno di buona volontà.”Gesù tace. La gente bisbiglia. L’adunanza si scioglie dopo inni cantati molto salmodiandoli.Gesù esce sulla piazzetta. Sulla porta sono Giovanni e Giacomo con Pietro e Andrea.“La pace sia con voi” dice Gesù e aggiunge: “Ecco l’uomo che per essere giusto ha bisogno di non giudicare senza prima conoscere. Ma che però è onesto nel riconoscere il suo torto. Simone, hai voluto vedermi? Eccomi. E tu, Andrea, perché non sei venuto prima?”I due fratelli si guardano imbarazzati. Andrea mormora: “Non osavo...” Pietro, rosso, non dice nulla. Ma quando sente che Gesù dice al fratello: “Facevi del male a venire? Solo il male non si deve osare di farlo”, subito interviene schietto: “Sono stato io. Lui voleva condurmi subito da Te. Ma io.... io ho detto... Sì. Ho detto: “Non ci credo”, e non ho voluto. Oh! ora sto meglio!...” Gesù sorride. E poi dice: “E per la tua sincerità Io ti dico che ti amo.” “Ma io... io non sono buono... non sono capace di fare quello che Tu hai detto nella sinagoga. Io sono iracondo, e se qualcuno mi offende... eh!... Io sono avido e mi piace aver denaro... e nel mio mercato di pesce... eh!... non sempre... non sempre sono stato senza frode. E sono ignorante. E ho poco tempo da seguirti per avere la luce. Come farò? Io vorrei diventare come Tu dici... ma... ”. “Non è difficile, Simone. Sai un poco la Scrittura? Sì? Ebbene, pensa al profeta Michea. Dio da te vuole quello che dice Michea. Non ti chiede di strapparti il cuore, né di sacrificare gli affetti più santi. Per ora non te lo chiede. Un giorno tu, senza richiesta da Dio, darai a Dio anche te stesso. Ma Egli attende che un sole e una rugiada, di te, filo d’erba, abbiano fatto palma robusta e gloriosa. Per ora Egli ti chiede questo: praticare giustizia, amare la misericordia, mettere ogni cura nel seguire il tuo Dio. Sforzati a fare questo e il passato di Simone sarà cancellato e tu diverrai l’uomo nuovo, l’amico di Dio e del suo Cristo. Non più Simone. Ma Cefa. Pietra sicura a cui mi appoggio.” “Questo mi piace! Questo lo capisco. La Legge è così... è così... ecco, io quella non la so più fare come l’hanno fatta i rabbini!... Ma questo che Tu dici, sì. Mi pare che ci riuscirò. E Tu mi aiuterai. Stai qui di casa? Conosco il padrone.”"Qui sto. Ma ora andrò a Gerusalemme e poi predicherò per la Palestina. Sono venuto per questo. Ma verrò qui sovente.” “Io verrò ad udirti ancora. Voglio essere tuo discepolo. Un poco di luce entrerà nella mia testa.” “Nel cuore soprattutto, Simone. Nel cuore. E tu, Andrea, non parli?” “Ascolto, Maestro.” “Mio fratello è timido.” “Diverrà un leone. La sera scende. Dio vi benedica e vi dia buona pesca. Andate.” “La pace a Te.” Se ne vanno.Appena fuori, Pietro dice: “Ma che avrà voluto dire prima, quando diceva che pescherò con altre reti e farò altre pesche?” “Perché non glielo hai chiesto? Volevi dire tanto e poi quasi non parlavi.” “Mi... vergognavo. E’ così diverso da tutti i rabbi!” “Ora va a Gerusalemme... ”. Giovanni dice questo con tanto desiderio e nostalgia. “Io volevo dirgli se mi lasciava andare con Lui... e non ho osato...”.“Vaglielo a dire, ragazzo” dice Pietro. “Lo abbiamo lasciato così... senza una parola di amore... Almeno sappia che lo ammiriamo. Va', va'. A tuo padre lo dico io”. “Vado, Giacomo?” “Va'!” “Giovanni parte di corsa... e di corsa torna giubilante. “Gli ho detto: ‘Mi vuoi con Te a Gerusalemme?’ Mi ha risposto: ‘Vieni, amico.” Amico, ha detto! Domani a quest’ora verrò qui. Ah! A Gerusalemme con Lui!...”. ...la visione ha fine.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortianohttp://www.mariavaltorta.com/

Domenica 18 Gennaio 2009, II Domenica del Tempo Ordinario - Anno B.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,35-42.
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 47 pagina 295.
Vedo Gesù che cammina lungo la striscia verde che costeggia il Giordano. E’ tornato su per giù al posto che ha visto il suo battesimo. Presso il guado che pare fosse molto conosciuto e frequentato, per passare all’altra sponda, verso la Parea. Ma il luogo, dianzi tanto affollato di gente, ora appare spopolato. Solo qualche viandante, a piedi o a cavallo di asini o cavalli, lo percorre. Gesù pare non accorgersene neppure. Procede per la sua strada risalendo a nord, come assorto nei suoi pensieri. Quando giunge all’altezza del guado, incrocia un gruppo di uomini di età diverse che discutono animatamente fra loro e che poi si separano, parte andando verso sud e parte risalendo a nord. Fra quelli che si dirigono a nord vedo esservi Giovanni e Giacomo. Giovanni vede per primo Gesù e lo indica al fratello e ai compagni. Parlano fra loro un poco, e poi Giovanni si dà a camminare velocemente per raggiungere Gesù. Giacomo lo segue più piano. Gli altri non se ne occupano. Camminano lentamente, discutendo. Quando Giovanni è presso a Gesù, alle sue spalle, lontano appena un due o tre metri, grida: “Agnello di Dio che levi i peccati del mondo!” Gesù si volge e lo guarda. I due sono a pochi passi l’uno dall’altro. Si osservano. Gesù col suo aspetto serio e indagatore. Giovanni col suo occhio puro e ridente nel bel viso giovanile che pare una fanciulla. Gli si danno sì e no vent’anni, e sulla gota rosata non vi è altro segno che quello di una peluria bionda, che pare una velatura d’oro. “Chi cerchi?” chiede Gesù. “Te, Maestro.” “Come sai che sono maestro?” “Me lo ha detto il Battista.” “E allora perché mi chiami Agnello?” “Perché ti ho udito indicare così da lui un giorno che Tu passavi, poco più di un mese fa.” “Che vuoi da Me?” “Che Tu ci dica le parole di vita eterna e che ci consoli.” “Ma chi sei?” “Giovanni di Zebedeo sono, e questo è Giacomo mio fratello. Siamo di Galilea. Pescatori siamo. Ma siamo pure discepoli di Giovanni. Egli ci diceva parole di vita e noi lo ascoltavamo perché vogliamo seguire Dio e con la penitenza meritare il suo perdono, preparando le vie del cuore alla venuta del Messia. Tu lo sei. Giovanni l’ha detto, perché ha visto il segno della colomba posarsi su di Te. A noi l’ha detto: “ Ecco l’Agnello di Dio”. Io ti dico: Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, dacci la pace, perché non abbiamo più chi ci guidi e l’anima è turbata.” “Dove è Giovanni?” “Erode l’ha preso. In prigione è, a Macheronte. I più fedeli fra i suoi hanno tentato di liberarlo. Ma non si può. Torniamo di là. Lasciaci venire con Te, Maestro. Mostraci dove abiti.” “Venite. Ma sapete cosa chiedete? Chi mi segue dovrà tutto lasciare: e casa, e parenti, e modo di pensare, e vita, anche. Io vi farò miei discepoli e miei amici, se volete. Ma Io non ho ricchezze e protezioni. Sono, e più lo sarò, povero sino a non avere dove posare il capo, e perseguitato più di sperduta pecora dai lupi. La mia dottrina è ancora più severa di quella di Giovanni, perché interdice anche il risentimento. Non tanto all’esterno si volge, quanto allo spirito. Rinascere dovete se volete essere miei. Lo volete voi fare?” “Sì, Maestro. Tu solo ai parole che ci dànno luce. Esse scendono e, dove era tenebra di desolazione perché privi di guida, mettono chiarore di sole.” “Venite, dunque, e andiamo. Vi ammaestrerò per via.”

Dice Gesù: “Il gruppo che mi aveva incontrato era numeroso. Ma uno solo mi riconobbe. Colui che aveva anima, pensiero e carne limpida da ogni lussuria. Insisto sul valore della purezza. La castità è sempre fonte di lucidità di pensiero. La verginità affina, poi, e conserva la sensibilità intellettiva ed affettiva a perfezione, che solo chi è vergine prova.Vergine si è in molti modi. Forzatamente, e questo specie per le donne, quando non si è stati scelti per nozze di sorta. Dovrebbe esserlo anche per gli uomini. Ma non lo è. E ciò è male, perché da una gioventù anzitempo sporcata dalla libidine non potrà che venire un capo famiglia malato nel sentimento e sovente anche nella carne. Vi è la verginità voluta, ossia quella di coloro che si consacrano al Signore in uno slancio dell’animo. Bella verginità! Sacrificio gradito a Dio! Ma non tutti sanno poi permanere in quel loro candore di giglio che sta rigido sullo stelo, teso al cielo, ignaro del fango del suolo, aperto solo al bacio del sole di Dio e delle sue rugiade. Tanti restano fedeli materialmente al solo fatto. Ma infedeli col pensiero che rimpiange e desidera ciò che ha sacrificato. Questi non sono vergini che a metà. Se la carne è intatta, il cuore non lo è. Fermenta, questo cuore, ribolle, sprigiona fumi di sensualità, tanto più raffinata e riprovata quanto più è creazione del pensiero che accarezza, pasce, e aumenta continuamente immagini di appagamenti illeciti anche a chi è libero, più che illeciti a chi è votato.Viene allora l’ipocrisia del voto. L’apparenza c’è, ma la sostanza manca. Ed in verità vi dico che fra chi viene a Me col giglio spezzato dall’imposizione di un tiranno e chi vi viene col giglio non materialmente spezzato, ma sbavato dal rigurgito di una sensualità accarezzata e coltivata per empire di essa le ore di solitudine, Io chiamo ‘vergine’ il primo, e ‘non vergine’ il secondo. E al primo dò corona di vergine e duplice corona di martirio per la carne ferita e per il cuore piagato dalla non voluta mutilazione. Il valore della purezza è tale che, tu lo hai visto, Satana si preoccupa per prima cosa di convincermi dell’impurità. Esso lo sa bene che la colpa sensuale smantella l’anima e la fa facile preda alle altre colpe. La cura di Satana si è vòlta a questo punto capitale per vincermi.Il pane, la fame, sono le forme materiali per l’allegoria dell’appetito, degli appetiti, che Satana sfrutta ai suoi fini. Ben altro è il cibo che esso mi offriva per farmi cadere come ebbro ai suoi piedi! Dopo sarebbe venuta la gola, il denaro, il potere, l’idolatria, la bestemmia, l’abiura alla legge divina. Ma il primo passo per avermi, era questo. Lo stesso che usò per ferire Adamo. Il mondo schernisce i puri. I colpevoli di impudicizia li colpiscono. Giovanni Battista è una vittima della lussuria di due osceni. Ma se il mondo ha ancora un poco di luce, ciò si deve i puri del mondo. Sono essi i servi di Dio e sanno capire Dio e ripetere le parole di Dio. Io ho detto: “ Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Anche dalla terra. Essi, ai quali il fumo del senso non turba il pensiero, ‘vedono’ Dio, e l’odono e lo seguono, e l’additano agli altri.Giovanni di Zebedeo è un puro. E’ il Puro fra i miei discepoli. Che anima di fiore in un corpo di angelo! Egli mi chiama con le parole del suo primo maestro e mi chiede di dargli la pace. Ma la pace l’ha in sé per la sua vita pura, ed Io l’ho amato per questa sua purezza, alla quale ho affidato gli insegnamenti, i segreti, la Creatura più cara che avessi.E’ stato il mio primo discepolo, il mio amante dal primo momento che m’aveva visto passare lungo il Giordano e m’aveva visto indicare dal Battista. Se anche non mi avesse incontrato poi, al mio ritorno dal deserto, m’avrebbe cercato tanto da riuscire a trovarmi, perché chi è puro, è umile e desideroso di istruirsi nella scienza di Dio e viene, come va l’acqua al mare, verso quelli che riconosce maestri nella dottrina celeste.”
Dice ancora Gesù: “Non ho voluto che tu parlassi sulla tentazione sensuale del tuo Gesù. Anche se la tua interna voce ti aveva fatto comprendere il movente di Satana per attirarmi al senso, ho preferito parlare Io. E non vi pensare oltre. Era necessario parlarne. Ora passa avanti. Il fiore di Satana lascialo sulle sue sabbie. Vieni dietro a Gesù come Giovanni. Camminerai fra le spine, ma troverai per rose le stille di sangue di Chi le sparse per te, per vincere anche in te la carne. Prevengo anche un’osservazione. Dice Giovanni nel suo Vangelo parlando del suo incontro con Me: “E il giorno seguente” Sembra perciò che il Battista mi indicasse il giorno seguente al battesimo e subito Giovanni e Giacomo mi seguissero. Cosa che contrasta con quanto dissero gli altri Evangelisti circa i quaranta giorni passati nel deserto. Ma leggete così: “(Avvenuto ormai l’arresto di Giovanni) un giorno in seguito i due discepoli di Giovanni Battista, ai quali egli mi aveva indicato dicendo: ‘Ecco l’Agnello di Dio’, rivedendomi mi chiamarono e mi seguirono.” Dopo il mio ritorno dal deserto.E insieme tornammo sulle rive del lago di Galilea, dove Io avevo preso rifugio per iniziare da lì la mia evangelizzazione, e i due parlarono di Me -dopo esser stai con Me per tutto il cammino e per un’intera giornata nella casa ospitale di un amico di casa mia, del parentado- agli altri pescatori. Ma l’iniziativa fu di Giovanni, al quale la volontà di penitenza aveva reso l’anima, già tanto limpida per la sua purezza, un capolavoro di limpidità su cui la Verità si rifletteva nitidamente, dandogli anche la santa audacia dei puri e dei generosi, che non temono mai di farsi avanti dove vedono che vi è Dio, e verità e dottrina e via di Dio. Quanto l’ho amato per questa sua semplice ed eroica caratteristica!”
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortianohttp://www.mariavaltorta.com/

Domenica 11 Gennaio 2009, BATTESIMO DEL SIGNORE - Festa - Anno B.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,7-11.
e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 45 pagina 281.
Vedo una pianura spopolata di paesi e di vegetazione. Non ci sono campi coltivati, e ben poche e rare piante riunite qua e là a ciuffi, come vegetali famiglie, dove il suolo è nelle profondità meno arso che non sia in genere. Faccia conto che questo terreno arsiccio e incolto sia alla mia destra, avendo io il nord alle spalle, e si prolunghi verso quello che è a sud rispetto a me. A sinistra invece vedo un fiume di sponde molto basse, che scorre lentamente esso pure da nord a sud. Dal moto lentissimo dell’acqua comprendo che non vi devono essere dislivelli nel suo letto e che questo fiume scorre in una pianura talmente piatta da costituire una depressione. Vi è un moto appena sufficiente acciò l’acqua non stagni in palude. L’acqua è poco fonda, tanto che si vede il fondale. Giudico non più di un metro, al massimo un metro e mezzo. Largo come è l’Arno verso S. Miniato-Empoli: direi un venti metri. Ma io non ho occhio esatto nel calcolare. Pure è d’un azzurro lievemente verde verso le sponde, dove per l’umidore del suolo è una fascia di verde folta e rallegrante l’occhio, che rimane stanco dallo squallore petroso e renoso di quanto gli si stende avanti. Quella voce intima che le ho spiegato di udire e che mi indica ciò che devo notare e sapere, mi avverte che io vedo la valle del Giordano. La chiamo valle, perché si dice così per indicare il posto dove scorre un fiume, ma qui è improprio di chiamarla così, perché una valle presuppone dei monti, ed io qui di monti non ne vedo vicini. Ma insomma sono presso il Giordano e lo spazio desolato, che osservo alla mia destra, è il deserto di Giuda. Se dire deserto per dire un luogo dove non ci sono case e lavori dell’uomo è giusto, non lo è secondo il concetto che noi abbiamo del deserto. Qui non le arene ondulate del deserto come lo concepiamo noi, ma solo terra nuda, sparsa di pietre e detriti, come sono i terreni alluvionali dopo una piena. In lontananza, delle colline.Pure, presso il Giordano, vi è una grande pace, un che di speciale, di superiore al comune, come è quello che si nota sulle sponde del Trasimeno. E’ un luogo che pare ricordarsi di voli d’angeli e di voci celesti. Non so dire bene ciò che provo. Ma mi sento in un posto che parla allo spirito.Mentre osservo queste cose, vedo che la scena si popola di gente lungo la riva destra (rispetto a me) del Giordano. Vi sono molti uomini vestiti in maniere diverse. Alcuni appaiono popolani, altri dei ricchi, non mancano alcuni che paiono farisei per la veste ornata di frange e galloni.In mezzo ad essi, in piedi su un masso, un uomo che, per quanto è la prima volta che lo vedo, riconosco subito per il Battista. Parla alla folla, e le assicuro che non è una predica dolce. Gesù ha chiamato Giacomo e Giovanni ‘i figli del tuono’. Ma allora come chiamare questo veemente oratore? Giovanni Battista merita il nome di fulmine, valanga, terremoto, tanto è impetuoso e severo nel suo parlare e nel suo gestire. Parla annunciando il Messia ed esortando a preparare i cuori alla sua venuta estirpando da essi gli ingombri e raddrizzando i pensieri. Ma è un parlare vorticoso e rude. Il Precursore non ha la mano leggera di Gesù sulle piaghe dei cuori. E’ un medico che denuda e fruga e taglia senza pietà.Mentre lo ascolto -e non ripeto le parole perché sono quelle riportate dagli Evangelisti, ma amplificate con irruenza- vedo avanzarsi lungo una stradicciola , che è ai bordi della linea erbosa e ombrosa che costeggia il Giordano, il mio Gesù. Questa rustica via, più sentiero che via, sembra disegnata dalle carovane e dalle persone che per anni e secoli l’hanno percorsa per giungere ad un punto dove, essendo il fondale del fiume più alto, è facile il guado. Il sentiero continua dall’altro lato del fiume e si perde fra il verde dell’altra sponda. Gesù è solo. Cammina lentamente, venendo avanti, alle spalle di Giovanni. Si avvicina senza rumore e ascolta intanto la voce tuonante del Penitente del deserto, come se anche Gesù fosse uno dei tanti che venivano a Giovanni per farsi battezzare o per prepararsi ad essere mondi per la venuta del Messia. Nulla distingue Gesù dagli altri. Sembra un popolano nella veste, un signore nel tratto e nella bellezza, ma nessun segno divino lo distingue dalla folla.Però si direbbe che Giovanni senta una emanazione di spiritualità speciale. Si volge e individua subito la fonte di quell’emanazione. Scende con impeto dal masso che gli faceva da pulpito e va sveltamente verso Gesù, che si è fermato qualche metro lontano dl gruppo, appoggiandosi al fusto di un albero. Gesù e Giovanni si fissano un momento. Gesù col suo sguardo azzurro tanto dolce. Giovanni col suo occhio severo, nerissimo, pieno di lampi. I due, visti vicino, son l’antitesi l’uno dell’altro. Alti tutti e due -è l’unica somiglianza- sono diversissimi per tutto il resto. Gesù biondo e dai lunghi capelli ravviati, dal volto di un bianco avoriato, dagli occhi azzurri, dall’abito semplice ma maestoso. Giovanni irsuto, nero di capelli che ricadono lisci sulle spalle, lisci e disuguali in lunghezza, nero dalla barba rada che gli copre quasi tutto il volto non impedendo col suo velo di permettere di notare le guance scavate dal digiuno, nero negli occhi febbrili, scuro nella pelle abbronzata dal sole e dalle intemperie e per la folta peluria che lo copre, seminudo nella sua veste di pelo di cammello, tenuta alla vita da una cinghia di pelle e che gli copre il torso scendendo appena sotto i fianchi magri e lasciando scoperte le coste a destra, le coste sulle quali è, unico strato di tessuti, la pelle conciata dall’aria. Sembrano un selvaggio e un angelo visti vicini. Giovanni, dopo averlo scrutato col suo occhio penetrante esclama: “Ecco l’Agnello di Dio. Come è che a me viene il mio Signore?” Gesù risponde placido: “Per compiere il rito di penitenza.” “Mai, mio Signore. Io sono che devo venire a Te per essere santificato, e Tu vieni a me?”E Gesù, mettendogli una mano sul capo, perché Giovanni s’era curvato davanti a Gesù, risponde: “Lascia che si faccia come voglio, perché si compia ogni giustizia e il tuo rito divenga inizio ad un più alto mistero e sia annunciato agli uomini che la Vittima è nel mondo.” Giovanni lo guarda con occhio che una lacrima fa dolce e lo precede verso la riva, dove Gesù si leva il manto e la tunica, rimanendo con una specie di corti calzoncini, per poi scendere nell’acqua dove è già Giovanni, che lo battezza versandogli sul capo l’acqua del fiume, presa con una specie di tazza che il Battista tiene sospesa alla cintola e che mi pare una conchiglia o una mezza zucca essiccata e svuotata. Gesù è proprio l’Agnello. Agnello nel candore della carne, nella modestia del tratto, nella mitezza dello sguardo. Mentre Gesù risale la riva e dopo essersi vestito si raccoglie in preghiera, Giovanni lo addita alle turbe, testimoniando di averlo conosciuto per il segno che lo Spirito di Dio gli aveva indicato quale indicazione infallibile del Redentore. Ma io sono polarizzata nel guardare Gesù che prega, e non mi resta che questa figura di luce contro il verde della sponda.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortianohttp://www.mariavaltorta.com/

Domenica 4 Gennaio 2009, II Domenica dopo Natale - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,1-18.
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 244 pagina 109.
Stanno tutti salendo per fresche scorciatoie che portano a Nazaret. Le coste delle colline galilee sembrano create in quella mattina, tanto la recente burrasca le ha lavate e la rugiada le mantiene lucide e fresche, tutte un brillio al primo sole. L’aria è così pura che discopre ogni particolarità dei monti più o meno vicini e dà un senso di leggerezza e di brio. Quando viene raggiunto lo scrimolo di un colle la vista si bea su uno scorcio del lago, bellissimo in questa luce mattinale. Tutti ammirano, imitando Gesù. Ma Maria di Magdala, presto storce lo sguardo da quel punto cercando in altra direzione qualche cosa. I suoi occhi si posano sulle creste montane che sono a nord-ovest dal punto ove si trova, e pare non trovare.Susanna, perché è presente anche lei, le chiede: «Che cerchi?». «Vorrei riconoscere il monte ove incontrai il Maestro». «Chiedilo a Lui». «Oh! non merita che io lo disturbi. Sta parlando proprio con Giuda di Keriot». «Che uomo quel Giuda!» sussurra Susanna. Non dice altro, ma si capisce il resto. «Quel monte non è certo su questa via. Ma qualche volta ti ci condurrò, Marta. C’era un’aurora come questa e tanti fiori… E tanta gente… Oh! Marta! Ed io ho osato mostrarmi a tutti con quella veste di peccato e con quegli amici… No, non puoi essere offesa per le parole di Giuda. Me le sono meritate. Tutto mi sono meritato. E in questo soffrire è a mia espiazione. Tutti ricordano, tutti hanno il diritto di dirmi la verità. E io devo tacere. Oh! se si riflettesse prima di peccare! Chi mi offende ora è il mio più grande amico, perché mi aiuta ad espiare». «Ma ciò non toglie che egli ha mancato. Madre, è proprio contento di quell’uomo, tuo Figlio?». «Bisogna molto pregare per lui. Così Egli dice».Giovanni lascia gli apostoli per venire ad aiutare le donne in un passaggio scabroso su cui i sandali scivolano, molto più che il sentiero è sparso di pietre lisce, come scaglie di ardesia rossastra, e di un’erbetta lucida e dura, molto traditrici per il piede che su esse non ha presa. Lo Zelote lo imita e appoggiandosi a loro le donne superano il punto pericoloso. «È un poco faticosa questa via. Ma è senza polvere e senza folla. Ed è più breve» dice lo Zelote. «La conosco, Simone» dice Maria. «Venni a quel paesello a mezza costa, con i nipoti, quando Gesù fu cacciato da Nazaret» dice Maria Ss. e sospira. «Però è bello da qui il mondo. Ecco là il Tabor e l’Hermon, e a settentrione i monti d’Arbela, e là in fondo il grande Hermon. Peccato che non si veda il mare come si vede dal Tabor» dice Giovanni. «Ci sei stato?». «Sì, col Maestro». «Giovanni, col suo amore per l’infinito, ci ha ottenuto una grande letizia, perché Gesù, là in cima, parlò di Dio con un rapimento mai udito. E poi, dopo aver avuto già tanto, ottenemmo una grande conversione. Lo conoscerai anche tu, Maria. E ti si fortificherà lo spirito più ancora che già non sia. Trovammo un uomo indurito nell’odio, abbrutito dai rimorsi, e Gesù ne fece uno che non esito a dire che sarà un grande discepolo. Come te, Maria. Perché, credi pure che è verità ciò che ti dico, noi peccatori siamo i più cedevoli al Bene che ci prende, perché sentiamo il bisogno di essere perdonati anche da noi stessi» dice lo Zelote. «È vero. Ma tu sei molto buono, dicendo “noi peccatori”. Tu sei stato un disgraziato, non un peccatore». «Tutti lo siamo, chi più chi meno, e chi crede di esserlo meno è il più soggetto a divenirlo se pure non lo è già. Tutti lo siamo. Ma i più grandi peccatori che si convertono sono quelli che sanno essere assoluti nel Bene come lo furono nel male». «Il tuo conforto mi solleva. Sei sempre stato un padre per i figli di Teofilo, tu». «E come un padre giubilo di avervi tutti e tre amici di Gesù». «Dove lo avete trovato quel discepolo gran peccatore?». «A Endor, Maria. Simone vuol dare al mio desiderio di vedere il mare il merito di tante cose belle e buone. Ma se Giovanni l’anziano è venuto a Gesù non è per merito di Giovanni lo stolto. È per merito di Giuda di Simone» dice sorridendo il figlio di Zebedeo. «Lo ha convertito?» chiede dubbiosa Marta. «No. Ma ha voluto andare ad Endor e…». «Sì, per vedere l’antro della maga... È un uomo molto strano Giuda di Simone… Bisogna prenderlo come è… Già!… E Giovanni di Endor ci guidò alla caverna e poi rimase con noi. Ma, figlio mio, sempre tuo è il merito, perché senza il tuo desiderio di infinito non avremmo fatto quella via e non sarebbe venuto a Giuda di Simone il desiderio di andare a quella strana ricerca». «Mi piacerebbe sapere cosa ha detto Gesù sul Tabor… come mi piacerebbe riconoscere il monte dove lo vidi» sospira Maria Maddalena. «Il monte è quello su cui pare ora accendersi un sole per quel piccolo stagno, usato dalle greggi, che raccoglie le acque sorgive. Noi eravamo più su, dove la cima pare spaccata come un largo bidente che voglia infilzare le nuvole e portarle altrove. Per il discorso di Gesù, credo che Giovanni te lo può dire». «Oh! Simone! Può mai un ragazzo ripetere le parole di Dio?». «Un ragazzo no. Tu sì. Provati. Per compiacenza alle tue sorelle e a me che ti voglio bene». Giovanni è molto rosso quando inizia a ripetere il discorso di Gesù.«Egli disse: “Ecco la pagina infinita su cui le correnti scrivono la parola ‘Credo’. Pensate il caos dell’Universo avanti che il Creatore volesse ordinare gli elementi e costituirli a meravigliosa società, che ha dato agli uomini la terra e quanto contiene e al firmamento gli astri e i pianeti. Tutto già non era. Né come caos informe né come cosa ordinata. Dio la fece. Fece dunque per primi gli elementi. Perché necessari sono, sebbene talora sembra che siano nocivi. Ma, pensatevelo sempre, non c’è la più piccola stilla di rugiada che non abbia la sua ragione buona di essere; non c’è insetto, per piccolo e noioso che sia, che non abbia la sua ragione buona di essere. E così non c’è mostruosa montagna eruttante dalle viscere fuoco e incandescenti lapilli che non abbia la sua ragione buona di essere. E non vi è ciclone senza motivo. E non vi è - passando dalle cose alle persone - e non vi è evento, non pianto, non gioia, non nascita, non morte, non sterilità o maternità abbondante, non lungo coniugio né rapida vedovanza, non sventura di miserie e malattie, come non prosperità di mezzi e di salute, che non abbia la sua ragione buona di essere, anche se tale non appaia alla miopia e alla superbia umana, che vede e giudica con tutte le cataratte e tutte le nebbie proprie delle cose imperfette. Ma l’occhio di Dio, ma il Pensiero senza limitazioni di Dio, vede e sa. Il segreto per vivere immuni da sterili dubbi che innervosiscono, esauriscono, avvelenano la giornata terrena, è nel saper credere che Dio fa tutto per ragione intelligente e buona, che Dio fa ciò che fa per amore, non nello stolido intento di crucciare per crucciare. Dio aveva già creato gli angeli. E parte di essi, per avere voluto non credere che fosse buono il livello di gloria al quale Dio li aveva collocati, si erano ribellati e con l’animo arso dalla mancanza di fede nel loro Signore avevano tentato di assalire il trono irraggiungibile di Dio. Alle armoniose ragioni degli angeli credenti avevano opposto il loro discorde, ingiusto e pessimistico pensiero, e il pessimismo, che è mancanza di fede, li aveva da spiriti di luce fatti divenire spiriti ottenebrati. Viva in eterno coloro che in Cielo come in terra sanno basare ogni loro pensiero su un presupposto di ottimismo pieno di luce! Mai sbaglieranno completamente, anche se i fatti li smentiranno. Non sbaglieranno almeno per quanto riguarda il loro spirito, il quale continuerà a credere, a sperare, ad amare soprattutto Dio e prossimo, rimanendo perciò in Dio fino ai secoli dei secoli!Il Paradiso era già stato liberato da questi orgogliosi pessimisti, i quali vedevano nero anche nelle luminosissime opere di Dio, così come in terra i pessimisti vedono nero anche nelle più schiette e solari azioni dell’uomo, e per volersi separare in una torre d’avorio, credendosi gli unici perfetti, si autocondannano ad una oscura galera, la cui via termina nelle tenebre del regno infero, il regno della Negazione. Perché il pessimismo è Negazione esso pure.Dio fece dunque il Creato. E come per comprendere il mistero glorioso del nostro Essere uno e trino bisogna saper credere e vedere che fin dal principio il Verbo era, ed era presso Dio, uniti dall’Amore perfettissimo che solo possono effondere due che Dèi sono pur essendo Uno, così ugualmente, per vedere il creato per quello che è, occorre guardarlo con occhi di fede, perché nel suo essere, così come un figlio porta l’incancellabile riflesso del padre, così il creato ha in sé l’incancellabile riflesso del suo Creatore. Vedremo allora che anche qui in principio fu il cielo e la terra, poi fu la luce, paragonabile all’amore. Perché la luce è letizia così come lo è l’amore. E la luce è l’atmosfera del Paradiso. E l’incorporeo Essere che è Dio, Luce è, ed è Padre di ogni luce intellettiva, affettiva, materiale, spirituale, così in Cielo come in terra. In principio fu il cielo e la terra, e per essi fu data la luce e per la luce tutte le cose furono fatte. E come nel Cielo altissimo furono separati gli spiriti di luce da quelli di tenebre, così nel Creato furono separate le tenebre dalla luce e fu fatto il Giorno e la Notte, e il primo giorno del creato fu, col suo mattino e la sua sera, col suo meriggio e la sua mezzanotte. E quando il sorriso di Dio, la Luce, tornò dopo la notte, ecco che la mano di Dio, il suo potente volere, si stese sulla terra informe e vuota, si stese sul cielo su cui vagavano le acque, uno degli elementi liberi nel caos, e volle che il firmamento separasse il disordinato errare delle acque fra cielo e terra, acciò fosse velario ai fulgori paradisiaci, misura alle acque superiori, perché sul ribollire dei metalli e degli atomi non scendessero i diluvi a dilavare e disgregare ciò che Dio riuniva. L’ordine era stabilito nel cielo. E l’ordine fu sulla terra per il comando che Dio dette alle acque sparse sulla terra. E il mare fu. Eccolo. Su esso, come sul firmamento, è scritto. ‘Dio è’. Quale che sia l’intellettualità di un uomo e la sua fede o la sua non fede, davanti a questa pagina, in cui brilla una particella dell’infinità che è Dio, in cui è testimoniata la sua potenza - perché nessuna potenza umana né nessun assestamento naturale di elementi possono ripetere, seppure in minima misura, un simile prodigio - è obbligato a credere. A credere non solo alla potenza ma alla bontà del Signore, che per quel mare dà cibo e vie all’uomo, dà sali salutari, dà tempera al sole e spazio ai venti, dà semi alle terre l’una dall’altra lontane, dà voce di tempeste perché richiamino la formica che è l’uomo all’Infinito suo Padre, dà modo di elevarsi, contemplando più alte visioni, a più alte sfere. Tre sono le cose che più parlano di Dio nel creato che è tutto testimonianza di Lui. La Luce, il firmamento, il mare. L’ordine astrale e meteorologico, riflesso dell’Ordine divino; la luce che solo un Dio poteva fare; il mare, la potenza che solo Dio, dopo averla creata, poteva mettere in saldi confini, dandole moto e voce, senza che per questo, come turbolento elemento di disordine, sia danno alla terra che lo sopporta sulla sua superficie.Penetrate il mistero della luce che mai si consuma. Alzate lo sguardo al firmamento dove ridono le stelle e i pianeti. Abbassate lo sguardo al mare. Vedetelo per quello che è. Non separazione, ma ponte fra i popoli che sono sulle altre sponde, invisibili, ignote anche, ma che bisogna credere che ci siano solo perché è questo mare. Dio non fa nulla di inutile. Non avrebbe perciò fatto questa infinità se essa non avesse a limite, là, oltre l’orizzonte che ci impedisce di vedere, altre terre, popolate da altri uomini, venuti tutti da un unico Dio, portati là per volere di Dio, a popolare continenti e regioni, da tempeste e correnti. E questo mare porta nei suoi flutti, nelle voci delle sue onde e delle sue maree, appelli lontani. Tramite è, non separazione. Quell’ansia che dà dolce angoscia a Giovanni è questo appello di fratelli lontani. Più lo spirito diviene dominatore della carne e più è capace di sentire le voci degli spiriti che sono uniti anche se divisi, così come i rami sgorgati da un’unica radice sono uniti anche se l’uno neppur vede più l’altro perché un ostacolo si frappone fra essi. Guardate il mare con occhi di luce. Vi vedrete terre e terre sparse sulle sue spiagge, ai suoi limiti, e nell’interno terre e terre ancora, e da tutte giunge un grido: ‘Venite! Portateci la Luce che voi possedete. Portateci la Vita che vi viene data. Dite al nostro cuore la parola che ignoriamo ma che sappiamo essere la base dell’universo: amore. Insegnateci a leggere la parola che vediamo tracciata sulle pagine infinite del firmamento e del mare: Dio. Illuminateci perché sentiamo che una luce vi è più vera ancora di quella che arrossa i cieli e fa di gemme il mare. Date alle nostre tenebre la Luce che Dio vi ha data dopo averla generata col suo amore, e l’ha data a voi ma per tutti, così come la dette agli astri ma perché la dessero alle terre. Voi gli astri, noi la polvere. Ma formateci così come il Creatore creò con la polvere la terra perché l’uomo la popolasse adorandolo ora e sempre, finché venga l’ora che più terra non sia, ma venga il Regno. Il Regno della luce, dell’amore, della pace, così come a voi il Dio vivente ha detto che sarà, perché noi pure siamo figli di questo Dio e chiediamo di conoscere il Padre nostro’. E per vie di infinito sappiate andare. Senza timori e senza sdegni. Incontro a quelli che chiamano e piangono. Verso quelli che vi daranno anche dolore perché sentono Dio ma non sanno adorare Dio, ma che pure vi daranno la gloria perché grandi sarete quanto più possedendo l’amore, lo saprete dare, portando alla Verità i popoli che attendono”. Gesù ha detto così, molto meglio di come io ho detto. Ma almeno questo è il suo concetto». «Giovanni, tu hai dato una esatta ripetizione del Maestro. Solo hai lasciato ciò che disse del tuo potere di capire Iddio per la tua generosità di donarti. Tu sei buono, Giovanni. Il migliore fra noi! Abbiamo fatto la via senza avvedercene. Ecco là Nazaret sulle sue colline. Il Maestro ci guarda e ci sorride. Raggiungiamolo solleciti per entrare in città uniti». «Io ti ringrazio, Giovanni» dice la Madonna. «Hai fatto un grande regalo alla Mamma». «Io pure. Anche alla povera Maria tu hai aperto orizzonti infiniti…». «Di che parlavate tanto?» chiede Gesù ai sopraggiungenti. «Giovanni ci ha ripetuto il tuo discorso del Tabor. Perfettamente. E ne fummo beati». «Sono contento che la Madre lo abbia udito, Lei che porta un nome in cui il mare non è estraneo e possiede una carità vasta come il mare». «Figlio mio, Tu la possiedi come Uomo, e nulla ancora è rispetto alla tua infinita carità di Verbo Divino. Mio dolce Gesù!». «Vieni, Mamma, al mio fianco. Come quando tornavamo da Cana o da Gerusalemme quando ero bambino, tu mi tenevi per mano». E si guardano col loro sguardo d’amore.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano 
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