"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 26 giugno 2022 - XIII Domenica delle ferie del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 9,51-62.
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme
e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui.
Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».
Ma Gesù si voltò e li rimproverò.
E si avviarono verso un altro villaggio.
Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».
Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre».
Gesù replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa».
Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 575 pagina 189 - CD 9, traccia 21
1Tersa è talmente circondata da uliveti rigogliosi che occorre esserle ben vicino per accorgersi che la città è lì. Una cinta di ortaglie di una fertilità splendida fa da ultimo paravento alle case. Negli orti radicchi, insalate, legumi, giovani piante di cucurbitacee, alberi da frutto, pergole, fondono e intrecciano i loro verdi diversi e i loro fiori promettenti frutto, o i frutticini promettenti delizie. Il piccolo fior della vite e quello degli ulivi più precoci piovono, sotto il passar di un venticello piuttosto vibrato, a spruzzar di una neve bianco-verde il suolo.
Da dietro un velario di canne e di salci, cresciuti presso una gora priva d’acqua ma dal fondo umido ancora, udendo lo scalpiccio dei sopravvenuti emergono gli otto apostoli mandati avanti prima. Sono visibilmente inquieti e addolorati, e fanno cenno di fermarsi. Intanto corrono avanti. Quando sono vicini tanto da poter essere sentiti senza aver bisogno di urlare, dicono: «Via! Via! Indietro, per la campagna. Non si può entrare nella città. Per poco ci lapidano. Venite via. Là, in quel folto parleremo...». Spingono indietro, giù per la gora asciutta, Gesù, i tre apostoli, il ragazzo, le donne, smaniosi di allontanarsi senza esser visti, e dicono: «Che non ci vedano qui. Andiamo! Andiamo».
Inutilmente Gesù, Giuda e i due figli di Zebedeo cercano di sapere cosa è accaduto. Inutilmente dicono: «Ma Giuda di Simone? Ma Elisa?». Gli otto sono inesorabili. Camminando fra l’intrico di steli e di piante acquatiche, segati nei piedi dai falaschi, urtati nel viso dai salci e dalle canne, scivolando sulla moticcia del fondo, aggrappandosi alle erbe, puntellandosi ai margini e infangandosi a dovere, si allontanano così, premuti alle spalle dagli otto, che camminano con il capo quasi all’indietro per vedere se da Tersa esce qualcuno ad inseguirli. Ma sulla via non c’è che il sole, che inizia il tramonto, e un magro cane vagante.
2Finalmente sono presso un macchione di rovi che delimitano una proprietà. Dietro al macchione, un campo di lino ondula al vento i suoi alti steli che si incielano dei primi fiori.
«Qui, qui dentro. Stando seduti nessuno ci vedrà, e quando sarà sera andremo...», dice Pietro asciugandosi il sudore...
«Dove?», chiede Giuda d’Alfeo. «Abbiamo le donne».
«In qualche luogo andremo. Del resto i prati sono pieni di fieni segati. Sarà un letto anche questo. Faremo tende alle donne coi nostri mantelli e noi veglieremo».
«Sì. Basta non esser visti e all’alba scendere al Giordano Avevi ragione, Maestro, a non volere la strada di Samaria. Meglio i ladroni, per noi poveri, ai samaritani!...», dice Bartolomeo affannato ancora.
«Ma che è successo insomma? È Giuda che ha fatto qualche...», dice il Taddeo.
Lo interrompe Tommaso: «Giuda le ha prese di certo. Mi spiace per Elisa...».
«Hai visto Giuda?».
«Io no. Ma è facile esser profeti. Se si è detto tuo apostolo, certo è stato picchiato. 3Maestro, non ti vogliono».
«Sì. Sono tutti rivoltati contro Te».
«Veri samaritani sono».
Parlano tutti insieme.
Gesù impone silenzio a tutti e dice: «Uno solo parli. Tu, Simone Zelote, che sei il più calmo».
«Signore, è presto detto. Noi entrammo in città e nessuno ci disturbò sinché non seppero chi siamo, sinché ci credettero pellegrini di passaggio. Ma quando chiedemmo - lo dovevamo pur fare! - se un uomo giovane, alto, bruno, vestito di rosso e con un talet a righe rosse e bianche, e una donna anziana, magra, coi capelli più bianchi che neri e una veste bigia molto scura, erano entrati in città e avevano cercato del Maestro galileo e dei suoi compagni, allora si inquietarono subito... Forse non dovevamo parlare di Te. Abbiamo certo sbagliato... Ma negli altri luoghi fummo accolti sempre così bene che... Non si capisce cosa è accaduto!... Sembrano vipere, quelli che soltanto tre giorni fa erano verso Te deferenti!...».
Lo interrompe il Taddeo: «Lavoro di giudei...».
«Non credo. Non lo credo per i rimproveri che ci fecero e per le minacce. Io credo... Anzi sono, siamo sicuri che è causa dell’ira samaritana Gesù che ha respinto la loro offerta di protezione. Urlavano: “Via! Via! Voi e il vostro Maestro! Vuole andare ad adorare sul Moria. E vada, e muoia Lui e tutti i suoi. Non c’è posto fra noi per quelli che non ci tengono per amici, ma soltanto per servi. Non vogliamo altre noie se non c’è compenso di utili. Pietre e non pane per il Galileo. I cani ad assalirlo, non le case ad accoglierlo”. Così, e più di così, dicevano. E poiché noi insistevamo per sapere almeno che era stato di Giuda, hanno preso pietre per colpirci e veramente hanno lanciato i cani. E urlavano fra loro: “Mettiamoci presso a tutte le entrate. Se Egli viene ci vendicheremo”. Noi siamo fuggiti. Una donna - c’è sempre chi è buono anche fra i malvagi - ci spinse nel suo orto e da lì ci condusse per una viottola fra gli orti sino alla gora che era senza l’acqua, avendo irrigato avanti il sabato. E ci nascose lì. E poi ci promise di farci sapere di Giuda. Ma non è più venuta. Attendiamola però qui. Perché ha detto che, se non ci troverà nella gora, qui verrà».
4I commenti sono molti. Chi continua ad accusare i giudei. Chi fa un lieve rimprovero a Gesù, un rimprovero nascosto nelle parole: «Tu hai parlato troppo chiaramente a Sichem e poi ti sei allontanato. In questi tre giorni essi hanno deciso che è inutile illudersi e danneggiarsi per uno che non li accontenta... ti cacciano...».
Gesù risponde: «Non mi pento di aver detto la verità e di fare il mio dovere. Ora non comprendono. Fra poco comprenderanno la giustizia mia e mi venereranno più che se non l’avessi avuta, e più grande dell’amore per loro».
«Ecco! Ecco la donna là sulla strada. Osa farsi vedere…», dice Andrea.
«Non ci tradirà, eh?», dice sospettoso Bartolomeo.
«È sola!».
«Potrebbe esser seguita da gente nascosta nella gora...».
Ma la donna, che avanza con un cesto sul capo, prosegue superando i campi di lino, dove sono in attesa Gesù e gli apostoli, e poi prende un sentierino e sparisce dalla vista... riapparendo improvvisa alle spalle degli attendenti, che si voltano quasi impauriti sentendo frusciare gli steli.
La donna parla agli otto che conosce: «Ecco! Perdonate se ho fatto attendere molto... Non volevo essere seguita. Ho detto che andavo da mia madre... So... E qui ho portato ristoro per voi. Il Maestro... Quale è? Vorrei venerarlo».
«Quello è il Maestro».
La donna, che ha deposto il suo cesto, si prostra dicendo: «Perdona alla colpa dei miei concittadini. Se non ci fosse stato chi ha aizzato... Ma sul tuo rifiuto hanno lavorato in molti...».
«Non ho rancore, donna. 5Alzati e parla. Sai del mio apostolo e della donna che era con lui?».
«Sì. Cacciati come cani, sono fuor dalla città, dall’altro lato, in attesa della notte. Volevano tornare indietro, verso Enon, a cercarti. Volevano venire qui, sapendo che qui erano i compagni. Ho detto che no, non lo facessero. Che stessero quieti, che io vi condurrò a loro. E lo farò, sol che cali il crepuscolo. Per buona sorte lo sposo mio è assente e sono libera di lasciar la casa. Vi condurrò da una mia sorella sposata nelle terre del piano. Dormirete là, senza dire chi siete, non per Merod ma per gli uomini che sono con lei. Non sono samaritani, della Decapoli sono, qui stabiliti. Ma è sempre bene...».
«Dio ti compensi. I due discepoli hanno avuto ferite?».
«Un poco l’uomo. Nulla la donna. E certo l’Altissimo la protesse perché ella, fiera, protesse suo figlio della sua persona quando i cittadini dettero mano alle pietre. Oh! che forte donna! Gridava: “Così colpite un che non vi ha offeso? E non rispettate me, che lo difendo e che madre sono? Non avete madri voi tutti, che non rispettate chi ha generato? Siete nati da una lupa o vi siete fatti col fango ed il letame?”, e guardava gli assalitori tenendo aperto il mantello a difesa dell’uomo, e intanto arretrava, spingendolo fuor dalla città... E anche ora lo conforta dicendo: “Voglia l’Altissimo, o mio Giuda, di questo tuo sangue sparso per il Maestro farne il balsamo del tuo cuore”. Ma è poca ferita. Forse l’uomo è più spaurito che dolente. Ma ora prendete e mangiate. Qui è latte munto da poco, per le donne, e pane con formaggi e frutta. Non ho potuto cuocere carni. Avrei tardato troppo. E qui è vino per gli uomini. Mangiate mentre scende la sera. Poi andremo per vie sicure dai due, e poi da Merod».
«Dio ti compensi ancora», dice Gesù e offre e spartisce il cibo mettendone da parte per i due lontani.
«No. No. Ad essi ho pensato io, portando uova e pane sotto le vesti e un poco di vino e olio per le ferite. Questo è per voi. Mangiate, ché io veglio la via...».
6Mangiano, ma lo sdegno divora gli uomini e l’accasciamento fa svogliate le donne. Tutte, meno Maria di Magdala, alla quale ciò che per le altre è paura o avvilimento fa sempre l’effetto di un liquore sferzante i nervi e il coraggio. I suoi occhi lampeggiano verso la città ostile. Solo la presenza di Gesù, che ha già detto di non aver rancore, la trattiene da parole fiere. E non potendo parlare né agire, scarica la sua ira sull’innocente pane, che addenta in maniera così significativa che lo Zelote non può trattenersi dal dirle sorridendo: «Buon per quei di Tersa che non possano cader fra le tue mani! Sembri una fiera tenuta in catene, Maria!».
«Lo sono. Hai visto giusto. E davanti agli occhi di Dio ha più valore questo mio trattenermi dall’entrare là, come essi meritano, che non quanto feci sin qui per espiare».
«Buona, Maria! Dio ti ha perdonato colpe più grandi della loro».
«È vero. Essi hanno offeso Te, mio Dio, una volta e per suggestione altrui. Io molte... e per volontà mia propria... e non posso essere intransigente e superba...». Riabbassa gli occhi sul suo pane e due lacrime cadono sul suo pane.
Marta le posa la mano in grembo dicendole sottovoce: «Dio ti ha perdonata. Non ti avvilire più... Ricorda ciò che avesti: Lazzaro nostro...».
«Non è avvilimento. È riconoscenza. È emozione... Ed è anche constatazione che io sono ancor priva di quella misericordia che pur ricevetti così ampia... Perdonami, Rabboni!», dice alzando i suoi splendidi occhi, che l’umiltà rifà dolci.
«Il perdono mai è negato a chi è umile di cuore, Maria».
7La sera scende, tingendo l’aria di un delicato sfumar di viola. Le cose un poco lontane si confondono. Gli steli del lino, prima visibili nella loro grazia, ora si unificano in un’unica massa scura. Tacciono gli uccelli fra le fronde. Si accende la prima stella. Frinisce il primo grillo fra l’erba. È sera.
«Possiamo andare. Qui, fra i campi, non saremo visti. Venite sicuri. Non tradisco. Non faccio per compenso. Chiedo solo pietà dal Cielo, ché tutti di pietà abbiamo bisogno», dice la donna sospirando.
Si alzano. Si avviano dietro di lei. Passano al largo di Tersa, fra campi e ortaglie semioscure, ma non tanto da non vedere uomini all’imbocco delle strade, intorno a dei fuochi...
«Sono in agguato di noi...», dice Matteo.
«Maledetti!», fischia fra i denti Filippo.
Pietro non parla, ma agita le braccia verso il cielo in una muta invocazione o protesta.
Ma Giacomo e Giovanni di Zebedeo, che si sono parlati fitto fitto, là, un poco avanti degli altri, tornano indietro e dicono: «Maestro, se Tu per la tua perfezione d’amore non vuoi ricorrere al castigo, vuoi che noi lo si faccia? Vuoi che diciamo al fuoco del Cielo di discendere e consumarli questi peccatori? Tu ci hai detto che tutto possiamo di ciò che chiediamo con fede e...».
Gesù, che camminava un poco curvo, come stanco, si raddrizza di scatto e li fulmina con due sguardi che balenano alla luce della luna. I due arretrano, tacendo impauriti davanti a quello sguardo. Gesù, sempre fissandoli così, dice: «Voi non sapete di quale spirito siete. Il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime, ma a salvarle. Non ricordate ciò che vi ho detto? Ho detto nella parabola del grano e del loglio: “Lasciate per ora che il grano e il loglio crescano insieme. Perché, a volerli separare ora, rischiereste di sbarbare col loglio anche il grano. Lasciateli perciò sino alla mietitura. Al tempo della messe dirò ai mietitori: raccogliete ora il loglio e legatelo in fasci per bruciarlo, e riponete il buon grano nel mio granaio”».
8Gesù ha già temperato il suo sdegno verso i due che, per una ira suscitata da amore per Lui, chiedevano di punire quelli di Tersa e che ora stanno a capo basso davanti a Lui. Li prende, uno a destra, uno a sinistra, per i gomiti, e si rimette in cammino guidandoli così e parlando a tutti, che si sono stretti intorno a Lui che si era fermato. «In verità vi dico che il tempo del mietere è vicino. La mia prima mietitura. E per molti non ci sarà la seconda. Ma - lode diamone all’Altissimo - qualcuno che non seppe divenire nel mio tempo spiga di buon grano, dopo la purificazione del Sacrificio pasquale rinascerà con un’anima nuova. Sino a quel giorno Io non infierirò su alcuno... Dopo sarà la giustizia...».
«Dopo la Pasqua?», chiede Pietro.
«No. Dopo il tempo. Non parlo di questi uomini, di ora. Io guardo i secoli futuri. L’uomo sempre si rinnova come le messi sui campi. E le raccolte si susseguono. E Io lascerò quel che abbisogna perché i futuri possano farsi grano buono. Se non lo vorranno, alla fine del mondo i miei angeli separeranno i logli dai grani buoni. Allora sarà l’eterno Giorno di Dio solo. Per ora, nel mondo è il giorno di Dio e di Satana. Il Primo seminante il Bene, il secondo gettando fra i semi di Dio i suoi dannati logli, i suoi scandali, le sue iniquità, i suoi semi suscitatori di iniquità e scandali. Perché sempre vi saranno quelli che eccitano contro Dio, come qui, con questi che, in verità, sono meno colpevoli di coloro che li eccitano al male».
«Maestro, ogni anno ci si purifica a Pasqua d’Azzimi, ma sempre si resta ciò che si era. Sarà forse diverso quest’anno?», chiede Matteo.
«Molto diverso».
«Perché? Spiegacelo».
«Domani... Domani, o quando saremo per la strada e con noi sarà anche Giuda di Simone, ve lo dirò».
«Oh! sì. Ce lo dirai e noi ci faremo più buoni... Intanto perdonaci, Gesù», dice Giovanni.
«Ben vi ho chiamati col giusto nome. Ma il tuono non fa male. La saetta, sì, può uccidere. Però il tuono molte volte preannuncia le saette. Così avviene a chi non leva ogni disordine contro l’amore dal suo spirito. Oggi domanda di poter punire. Domani punisce senza chiedere. Dopo domani punisce anche senza ragione. Il discendere è facile... Perciò vi dico di spogliarvi di ogni durezza verso il prossimo vostro. Fate come Io faccio e sarete sicuri di non sbagliare mai. Avete forse mai visto che Io mi vendichi di chi mi addolora?».
«No, Maestro. Tu...».
9«Maestro! Maestro! Siamo qui. Io ed Elisa. Oh! Maestro, quanto affanno per Te! E quanta paura di morire...», dice Giuda di Keriot sbucando da dietro dei filari di vite e correndo a Gesù. Una benda gli fascia la fronte. Elisa lo segue più calma.
«Hai patito? Hai temuto di morire? Tanto ti è cara la vita?», chiede Gesù liberandosi da Giuda che lo abbraccia e piange.
«Non la vita. Temevo Dio. Morire senza il tuo perdono... Io ti offendo sempre. Tutti offendo. Anche questa... E lei mi ha risposto facendomi da madre. Colpevole mi sentivo e temevo la morte...».
«Oh! salutare timore se può farti santo! Ma Io ti perdono, sempre, tu lo sai, sol che tu abbia volontà di pentimento. E tu, Elisa? Hai perdonato?».
«È un grande fanciullo sfrenato. So compatire».
«Sei stata forte, Elisa. Lo so».
«Se essa non c’era! Non so se ti avrei rivisto, Maestro!».
«Tu vedi dunque che non per odio ma per amore ella era rimasta al tuo fianco... Non hai patito ferita, Elisa?».
«No, Maestro. Le pietre mi cadevano intorno senza farmi danno. Ma il cuore ha avuto molta ambascia pensando a Te...».
«Tutto è finito ormai. Seguiamo la donna che ci vuole condurre in una casa sicura».
Si rimettono in cammino, prendendo una stradetta bianca di luna che va verso oriente.
10Gesù ha preso per un braccio l’Iscariota ed è avanti con lui. Dolcemente gli parla. Cerca di lavorare sul cuore scosso dalla passata paura del giudizio di Dio: «Tu vedi, Giuda, come è facile il morire. Sempre in agguato la morte intorno a noi. Tu vedi come ciò che pare trascurabile cosa quando siamo pieni di vita divenga grande, paurosamente grande cosa quando la morte ci sfiora. Ma perché voler avere queste paure, crearsele per trovarsele di fronte nel momento del morire, quando con una vita santa si può ignorare lo spavento del prossimo giudizio divino? Non ti pare che meriti vivere da giusti per avere un placido morire? Giuda, amico mio. La divina, paterna misericordia ha permesso questo avvenimento perché fosse un richiamo al tuo cuore. Sei ancora in tempo, Giuda... Perché non vuoi dare al tuo Maestro che sta per morire la gioia grande, grandissima di saperti tornato al Bene?».
«Ma mi puoi ancora perdonare, Gesù?».
«E così ti parlerei se non lo potessi? Come mi conosci ancora poco! Io ti conosco. So che sei come chi è abbrancato da una piovra gigante. Ma, se tu volessi, potresti liberarti ancora. Oh! soffriresti, certo. Strapparsi di dosso quelle catene che ti mordono e ti avvelenano, sarebbe dolore. Ma, dopo, quanta gioia, Giuda! Temi di non aver forza di reagire ai tuoi suggestionatori? Io posso assolverti in anticipo del peccato di trasgressione al rito pasquale... Tu sei un malato. Per i malati la Pasqua non è obbligatoria. Nessuno è più malato di te. Tu sei come un lebbroso. I lebbrosi non salgono a Gerusalemme, sinché sono tali. Credi, Giuda, che il comparire davanti al Signore con lo spirito immondo, quale lo hai tu, non è onorarlo, ma offenderlo. Bisogna prima...».
11«Perché allora non mi purifichi e guarisci?», chiede già duro, riottoso, Giuda.
«Non ti guarisco! Quando uno è malato cerca da sé la guarigione. A meno che non sia un fanciullino o uno stolto, che non sanno volere...».
«Trattami come tali persone. Trattami da stolto e provvedi Tu, a mia stessa insaputa».
«Non sarebbe giustizia, perché tu puoi volere. Tu sai ciò che è bene e ciò che è male per te. E non gioverebbe il mio guarirti senza la tua volontà di rimanere guarito».
«Dammi anche questa».
«Dartela? Importela, allora, una volontà buona? E il tuo libero arbitrio? Che diverrebbe, allora? Che sarebbe il tuo io di uomo, creatura libera? Succube?».
«Come sono succube di Satana, potrei esserlo di Dio!».
«Come mi ferisci, Giuda! Come mi trapassi il cuore! Ma per quello che mi fai, Io ti perdono... Succube di Satana, hai detto. Io non dicevo questa tremenda cosa...».
«Ma la pensavi, perché è vera e perché Tu la conosci, se è vero che Tu leggi nei cuori degli uomini. Se così è, Tu sai che io non sono più libero di me... Esso mi ha preso e...».
«No. Esso si è a te accostato, tentandoti, assaggiandoti, e tu lo hai accolto. Non c’è possessione se non c’è all’inizio un’adesione a qualche tentazione satanica. Il serpente insinua il capo fra le sbarre fitte messe a difesa dei cuori, ma non entrerebbe se l’uomo non gli allargasse un varco per ammirarne l’aspetto seduttore, per ascoltarlo, per seguirlo... Solo allora l’uomo diviene succube, posseduto, ma perché lo vuole. Anche Dio saetta dai Cieli le luci dolcissime del suo paterno amore, e le sue luci penetrano in noi. Meglio: Dio, a cui tutto è possibile, scende nel cuore degli uomini. È il suo diritto. Perché allora l’uomo, che sa divenire schiavo, succube dell’Orrendo, non sa farsi servo di Dio, anzi figlio di Dio, e scaccia il Padre suo santissimo? Non mi rispondi? Non mi dici perché hai preferito, voluto Satana a Dio? Ma pure saresti ancora in tempo a salvarti! 12Tu lo sai che Io vado a morire. Nessuno come te lo sa... Io non mi rifiuto dal morire... Vado. Vado alla morte perché la mia morte sarà la Vita per tanti. Perché non vuoi essere fra questi? Solo per te, amico mio, mio povero, malato amico, sarà inutile il mio morire?».
«Sarà inutile per tanti, non ti illudere. Faresti meglio a fuggire e a vivere lontano di qui, godere la vita, insegnare la tua dottrina, perché è buona, ma non sacrificarti».
«Insegnare la mia dottrina! Ma cosa insegnerei più di vero, se facessi il contrario di ciò che insegno? Che Maestro sarei se predicassi l’ubbidienza alla volontà di Dio e non la facessi, l’amore per gli uomini e poi non li amassi, la rinuncia alla carne e al mondo e poi amassi la carne mia e gli onori del mondo, il non dare scandalo e poi scandalizzassi non solo gli uomini ma gli angeli, e così via? Per te parla Satana in questo momento. Come ha parlato a Efraim. Come tante volte ha parlato e agito, attraverso a te, per turbare Me. Io le ho riconosciute tutte queste azioni di Satana, compiute con tuo mezzo, e non ti ho odiato, non ho avuto stanchezza di te, ma soltanto pena, infinita pena. Come una madre che sorvegli i progressi di un male che porta alla morte il suo figlio, Io ho guardato il progredire del male in te. Come un padre che non si fa rincrescere cosa alcuna pur di trovare i farmachi al suo figlio malato, Io non mi sono fatto rincrescere nulla per salvarti, ho superato ripugnanze, sdegni, amarezze, sconforti... Come un padre e una madre desolati, disillusi su ogni potere terreno, si volgono al Cielo per ottenere la vita del figlio, così Io ho gemuto e gemo implorando un miracolo che ti salvi, ti salvi, ti salvi sull’orlo dell’abisso che già frana sotto i tuoi piedi.
13Giuda, guardami! Fra poco il mio Sangue sarà sparso per i peccati degli uomini. Non me ne resterà goccia. Lo beveranno le zolle, le pietre, le erbe, le vesti dei miei persecutori e le mie..., il legno, il ferro, le funi, le spine del nabacà... e lo beveranno gli spiriti che attendono salute... Solo tu non ne vuoi bere? Io, per te soltanto, lo darei tutto questo mio Sangue. Tu sei l’amico mio. Come si muore volentieri per l’amico! Per salvarlo! Si dice: “Io muoio. Ma io continuerò a vivere nell’amico al quale ho dato la vita”. Come una madre, come un padre che continuano a vivere nella loro prole anche dopo che sono spenti. Giuda, Io te ne supplico! Non chiedo altro in questa mia vigilia di morte. Al condannato anche i giudici, anche i nemici concedono un’ultima grazia, esaudiscono l’ultimo desiderio. Io ti chiedo di non dannarti. Non lo chiedo tanto al Cielo quanto a te, alla tua volontà... Pensa a tua madre, Giuda. Che sarà tua madre, dopo? Che, il nome della tua famiglia? Invoco al tuo orgoglio, questo è più che mai fiero, di difenderti contro il tuo disonore. Non disonorarti, Giuda. Pensa. Passeranno gli anni e i secoli, cadranno i regni e gli imperi, si illanguidiranno le stelle, muterà la configurazione della Terra, e tu sarai sempre Giuda, come Caino è sempre Caino, se tu persisti nel tuo peccato. Finiranno i secoli. E resterà soltanto Paradiso e Inferno, e in Paradiso e nell’Inferno, per gli uomini risorti e accolti con anima e corpo, in eterno, là dove è giusto che siano, tu sarai sempre Giuda, il maledetto, il colpevole più grande, se non ti ravvedi. Io scenderò a liberare gli spiriti dal Limbo, li trarrò a schiere dal Purgatorio, e tu... non ti potrò trarre dove Io sono... Giuda, Io vado a morire, felice vado, perché è venuta l’ora che da millenni attendevo, l’ora di riunire gli uomini al Padre loro. Molti non li riunirò. Ma il numero dei salvati che contemplerò nel morire mi consolerà dello strazio del morire inutilmente per tanti. Ma, Io te lo dico, sarà tremendo vederti fra questi, tu, mio apostolo, amico mio. Non mi dare l’inumano dolore!... Ti voglio salvare, Giuda! Salvare. 14Guarda. Noi scendiamo al fiume. Domani all’alba, quando ancora tutti dormono, noi lo passeremo, noi due, e tu andrai a Bozra, ad Arbela, ad Aera, dove vuoi. Tu sai le case dei discepoli. A Bozra cerca di Gioacchino e di Maria, la lebbrosa da Me guarita. Ti darò uno scritto per loro. Dirò che per la tua salute si esige un riposo quieto in aria diversa. È la verità, purtroppo, poiché tu sei malato nello spirito e l’aria di Gerusalemme ti sarebbe letale. Ma essi crederanno che tu lo sia nel corpo. Starai là sinché Io non te ne venga a trarre. Ai tuoi compagni penserò Io... Ma non venire a Gerusalemme. Vedi? Non ho voluto le donne, meno le più forti fra esse, e quelle che per diritto di madri devono essere presso i figli loro».
«Anche la mia?».
«No. Maria non sarà a Gerusalemme...».
«È madre di un apostolo essa pure e ti ha sempre onorato».
«Sì. E avrebbe diritto come le altre di stare vicino a Me, che ama con perfetta giustizia. Ma appunto per questo non ci sarà. Perché Io le ho detto di non esserci, ed ella sa ubbidire».
«Perché non deve esserci? Cosa in lei di diverso dalla madre dei tuoi fratelli e dei figli di Zebedeo?».
«Tu. E tu lo sai perché dico questo. Ma se tu mi ascolti, se vai a Bozra, Io manderò ad avvisare tua madre e te la farò accompagnare, perché ella, che è tanto buona, ti aiuti a guarire.
15Credilo, noi soli ti amiamo così, senza misura. Tre sono che ti amano in Cielo: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, che ti hanno contemplato e che attendono il tuo volere per fare di te la gemma della Redenzione, la preda più grande strappata all’Abisso; e tre in Terra: Io, tua madre e mia Madre. Facci felici, Giuda! Noi del Cielo, noi della Terra, questi che ti amano di vero amore».
«Tu lo dici: tre soli sono che mi amano; gli altri... no».
«Non come noi. Ma tanto ti amano. Elisa ti ha difeso. Gli altri erano in affanno per te. Quando tu ci sei lontano, tutti ti hanno in cuore e il tuo nome è sulle labbra. Tu non conosci tutto l’amore che ti circonda. Il tuo oppressore te lo nasconde. Ma credi alla mia parola».
«Ti credo. E cercherò di farti contento. Ma voglio fare da me. Da me ho sbagliato, da me devo sapermi guarire dal male».
«Unicamente Dio può fare da sé. Questo tuo pensiero è di superbia. Nella superbia è ancora Satana. Sii umile, Giuda. Afferra questa mano che ti si offre amica. Rifugiati su questo cuore che ti si apre protettore. Qui, con Me, non ti potrebbe far del male Satana».
«Ho provato a stare con Te... Sono sempre più disceso... È inutile!».
«Non lo dire! Non lo dire! Respingi lo sconforto. Dio può tutto. Stringiti a Dio. Giuda! Giuda!».
«Taci! Che gli altri non sentano...».
«E ti preoccupi degli altri e non del tuo spirito? Misero Giuda!...».
16Gesù non parla più. Ma continua a stare al fianco dell’apostolo sinché la donna, che era avanti qualche metro, entra in una casa emersa da un folto d’ulivi. Allora dice Gesù al suo discepolo: «Io non dormirò questa notte. Pregherò per te e ti attenderò... Dio parli al tuo cuore. E tu ascoltalo... Resterò qui, dove sono ora, a pregare. Sino all’alba... Ricordalo».
Giuda non gli risponde. Sono sopraggiunti gli altri e le donne, e sostano tutti insieme in attesa che la samaritana ritorni. Non sta molto a tornare. È insieme ad un’altra donna che le somiglia e che li saluta dicendo: «Non ho molte stanze, perché già sono qui i segatori che per ora lavorano agli ulivi. Ma ho grande il granaio e molta paglia è in esso. Per le donne ho posto. Venite».
«Andate! Io resto qui in preghiera. La pace a voi tutti», dice Gesù. E mentre gli altri se ne vanno, Egli trattiene sua Madre dicendole: «Io resto a pregare per Giuda, Madre mia. Aiutami tu pure...».
«Ti aiuterò, Figlio mio. Rinasce forse in lui il volere?».
«No, Mamma. Ma noi dobbiamo fare come se... Il Cielo può tutto, Mamma!».
«Sì. E io posso ancora illudermi. Non Tu, Figlio mio. Tu sai. Santo Figlio mio! Ma io ti imiterò sempre. Va’ tranquillo, amor mio! Anche quando Tu non potrai più parlargli, perché egli ti fuggirà, io cercherò di condurtelo. E sol che il Padre santissimo ascolti il mio dolore... Mi lasci stare con Te, Gesù? Pregheremo insieme... e saranno tante ore da averti per me sola...».
«Resta, Mamma. Ti attendo qui».
Maria va lesta e lesta torna.
17Si siedono sulle loro sacche, ai piedi degli ulivi. Nel gran silenzio si sente il fruscio del fiume poco lontano, e il canto dei grilli sembra forte nel gran tacere della notte. Poi cantano gli usignoli. E ride una civetta. E piange un assiolo. E le stelle trasmigrano lente nel firmamento, regine, ora che la luna più non le offusca essendo già tramontata. E poi un gallo rompe l’aria cheta col suo squillante richiamo. Molto più lontano, appena percepibile, un altro gallo risponde. Poi di nuovo il silenzio, rotto da un arpeggiar di guazze, che cadono dalle tegole della prossima casa sul selciato che la contorna. E poi un fruscio nuovo fra le fronde, come perché scuotano l’umido notturno, e un isolato pispolio di uccello che si ridesta, e contemporaneamente un mutar del cielo, un ridestarsi della luce. È l’alba. E Giuda non è venuto...
Gesù guarda la Madre, bianca come un giglio contro l’ulivo scuro, e le dice: «Abbiamo pregato, Madre. La preghiera nostra Dio la userà...».
«Sì, Figlio mio. Sei pallido come la morte. Veramente la tua vitalità si è esalata tutta in questa notte per premere sulle porte dei Cieli e sui decreti di Dio!».
«Tu pure sei pallida, Madre. Grande è la tua fatica».
«Grande è il mio dolore per il tuo dolore».
18La porta della casa si apre cauta... Gesù trasale. Ma non è che la donna che li ha condotti, quella che esce senza fare rumore. Gesù sospira: «Ho sperato di essermi potuto sbagliare!».
La donna viene avanti col suo cesto vuoto. Vede Gesù. Lo saluta e proseguirebbe. Ma Egli la chiama. Le dice: «Il Signore di tutto ti compensi. Io pur vorrei, ma non ho nulla con Me».
«Nulla vorrei, Rabbi. Nessun compenso. Ma una cosa vorrei, pur non volendo denaro. E questa me la puoi dare!».
«Che, donna?».
«Che il cuore del mio sposo mutasse. E questo Tu lo puoi fare, perché Tu sei veramente il Santo di Dio».
«Va’ in pace. Ti sarà fatto come tu chiedi. Addio».
La donna se ne va lesta verso la sua casa, che deve essere ben triste.
Maria commenta: «Un’altra infelice. Per questo è buona!...».
19Si affaccia dal granaio la testa arruffata di Pietro e, dietro la sua, quella luminosa di Giovanni, e poi il profilo severo del Taddeo, e il volto brunastro dello Zelote, e il viso magro del giovinetto Beniamino... Tutti sono desti. Ecco dalla casa uscire prima di tutte Maria di Magdala, e dietro lei Niche, e poi le altre. Quando tutti sono riuniti e la donna che li ha ospitati ha già portato un secchiello di latte ancor schiumoso, appare l’Iscariota. Non ha più la benda. Ma il livido della percossa gli tinge metà della fronte, e l’occhio è ancor più cupo nel cerchio violaceo.
Gesù lo guarda. Giuda guarda Gesù e poi volge il capo altrove. Gesù gli dice: «Acquista dalla donna quanto può darci. Noi andiamo avanti. Raggiungici».
E veramente Gesù, salutata la donna, si avvia. Tutti lo seguono.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 19 guigno 2022 - Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, solennità

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 9,11-17.
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 273 pagina 329 - CD 4, traccia 48
Il luogo è sempre quello. Soltanto il sole non viene più da oriente, filtrando fra la boscaglia che costeggia il Giordano in questo luogo selvaggio presso lo sbocco delle acque del lago nel letto del fiume, ma viene, ugualmente obliquo, da ponente, mentre cala in una gloria di rosso, sciabolando il cielo coi suoi ultimi raggi. E sotto questo fogliame denso già la luce è molto temperata, tendente alle tinte pacate della sera. Gli uccelli, inebbriati dal sole avuto per tutto il giorno, dal cibo abbondante carpito alle limitrofe campagne, si danno ad un baccanale di trilli e canti, sulle vette delle piante. La sera cala con le pompe finali del giorno. Gli apostoli lo fanno notare a Gesù, che sempre ammaestra a seconda degli argomenti a Lui esposti.
«Maestro, la sera si avvicina. Il luogo è deserto, lontano da case e paesi, ombroso e umido. Fra poco qui non sarà più possibile vederci, né camminare. La luna alza tardi. Licenzia il popolo affinché vada a Tarichea o ai villaggi del Giordano a comprarsi cibo e cercare alloggio».
«Non occorre che se ne vadano. Date loro da mangiare. Possono dormire qui come dormirono attendendomi».
«Non ci sono rimasti che cinque pani e due pesci, Maestro, lo sai»
«Portatemeli».
«Andrea, va' a cercare il bambino. É lui di guardia alla borsa. Poco fa era col figlio dello scriba e due altri,
intento a farsi coroncine di fiori giocando ai re».
Andrea va sollecito. E anche Giovanni e Filippo si danno a cercare Marziam fra la folla che sempre si sposta. Lo trovano quasi contemporaneamente, con la sua borsa dei viveri a tracolla, un grande tralcio di vitalba girato intorno alla testa e una cintura di vitalba dalla quale pende a far da spada un nocchio: l'elsa è il nocchio vero e proprio, la lama il gambo a canna dello stesso. Con lui sono altri sette, ugualmente bardati, e fanno corteggio al figlio dello scriba, un esilissimo fanciullo dall'occhio molto serio di chi ha tanto sofferto, che più infiorato degli altri fa da re.
«Vieni, Marziam. Il Maestro ti vuole!». Marziam lascia in asso gli amici e va lesto senza neppure levarsi le sue... insegne floreali. Ma lo seguono anche gli altri e presto Gesù è circondato da una coroncina di fanciulli inghirlandati di fiori. Egli li carezza, mentre Filippo leva dalla borsa un fagotto con del pane, nel centro del quale sono avvolti due grossi pesci: due chili di pesce, poco più. Insufficienti anche ai diciassette, anzi diciotto con Mannaen, della comitiva di Gesù. Portano questi cibi al Maestro.
«Va bene. Ora portatemi dei cesti. Diciassette, quanti voi siete. Marziam darà il cibo ai bambini...».
Gesù guarda fisso lo scriba, che gli è sempre stato vicino, e chiede: «Vuoi dare anche te il cibo agli affamati?».
«Mi piacerebbe. Ma ne sono privo io pure».
«Dài del mio. Te lo concedo».
«Ma... intendi sfamare un cinquemila uomini, oltre le donne e i bambini, con quei due pesci e quei cinque pani?».
«Senza dubbio. Non essere incredulo. Chi crede vedrà compiersi il miracolo».
«Oh! allora voglio proprio distribuire il cibo anche io!».
«Fàtti dare allora una cesta tu pure». Tornano gli apostoli con ceste e cestelli larghi e bassi, oppure fondi e stretti. E torna lo scriba con un paniere piuttosto piccolo. Si capisce che la sua fede o la sua incredulità gli hanno fatto scegliere quello come il massimo.
«Va bene. Mettete tutto qui davanti. E fate sedere le turbe con ordine, a linee regolari per quanto si può».
E, mentre ciò avviene, Gesù alza il pane con sopra i pesci, li offre, prega e benedice. Lo scriba non lo abbandona un istante con l'occhio. Poi Gesù spezza i cinque pani in diciotto parti e spezza i due pesci in diciotto parti, e mette il pezzo di pesce - un pezzettino ben meschino - in ogni cesta, e fa a bocconi i diciotto pezzi di pane: ogni pezzo in molti bocconi. Molti relativamente: una ventina, non di più. Ogni pezzo spezzettato, in un cesto, col pesce.
«E ora prendete e date a sazietà. Andate. Vai, Marziam, a darlo ai tuoi compagni».
«Uh! come è peso!», dice Marziam alzando il suo cesto e andando subito dai suoi piccoli amici, camminando come chi porta un peso. Gli apostoli, i discepoli, Mannaen, lo scriba, lo guardano andare, incerti...
Poi prendono i cesti e, scuotendo il capo, dicono l'un coll'altro: «Il bambino scherza! Non pesano più di prima».
E lo scriba guarda anche dentro e vi mette la mano a frugare nel fondo, perché ormai non c’è più molta luce, lì nel folto dove Gesù è, mentre più là, nella radura, vi è ancora una buona luce. Ma però, nonostante la constatazione, vanno verso la gente e iniziano a distribuire. E dànno, dànno, dànno. E ogni tanto si volgono stupiti, sempre più lontani, verso Gesù che a braccia conserte, addossato ad un albero, sorride finemente del loro stupore. La distribuzione è lunga e abbondante... e l'unico che non mostra stupore è Marziam, che ride felice di empire di pane e pesce il grembo di tanti bambini poverelli.
É anche il primo a tornare da Gesù dicendo: «Ho dato tanto, tanto, tanto!... perché io so cosa è la fame...», e alza il visetto non più macilento, che nel ricordo però impallidisce sbarrando gli occhi... Ma Gesù lo carezza e il sorriso torna luminoso su quel volto fanciullo che, fidente, si appoggia contro Gesù, suo Maestro e Protettore. Pian piano tornano gli apostoli e i discepoli, ammutoliti dallo stupore. Ultimo lo scriba che non dice nulla. Ma fa un atto che è più di un discorso. Si inginocchia e bacia l'orlo della veste di Gesù.
«Prendete la vostra parte e datemene un poco. Mangiamo il cibo di Dio».
Mangiano infatti pane e pesce, ognuno secondo il bisogno... Intanto la gente satolla si scambia le sue impressioni. Anche chi è intorno a Gesù osa parlare osservando Marziam che, finendo il suo pesce, scherza con altri fanciulli.
«Maestro», chiede lo scriba, «perché il bambino ha sentito subito il peso e noi no? Io ho anche frugato dentro. Erano sempre quei pochi bocconi di pane e quell'unico di pesce. Ho cominciato a sentire il peso andando verso la folla. Ma, se avesse pesato per quanto ne ho dato, ci sarebbe voluto una coppia di muli a portarlo, non già il cesto ma un carro, pieno, stivato di cibo. In principio andavo parco... poi mi sono messo a dare, dare, e per non essere ingiusto sono ripassato dai primi dando di nuovo, perché ai primi avevo dato poco. Eppure è bastato».
«Io pure ho sentito farsi pesante il cesto mentre mi avviavo, ed ho dato subito molto perché ho capito che
avevi fatto miracolo», dice Giovanni.
«Io invece mi sono fermato e mi sono seduto per rovesciare in grembo il peso e vedere... E ho visto pani e pani. Allora sono andato», dice Mannaen.
«Io li ho anche contati, perché non volevo fare brutte figure. Erano cinquanta piccoli pani. Ho detto: "Li darò a cinquanta persone e poi tornerò indietro". E ho contato. Ma arrivato a cinquanta il peso era uguale ancora. Ho guardato dentro. Erano ancora tanti. Sono andato avanti e ne ho dati a centinaia. Ma non diminuivano mai», dice Bartolomeo.
«Io, lo confesso, non credevo e ho preso in mano i bocconi di pane e quel briciolo di pesce, e li guardavo dicendo: "E a chi servono? Gesù ha voluto scherzare!..." e li guardavo, li guardavo stando nascosto diétro un albero, sperando e disperando di vederli crescere. Ma rimanevano sempre gli stessi. Stavo per tornare indietro quando è passato Matteo dicendo: "Hai visto come sono belli?". "Cosa?" ho detto. "Ma i pani e i pesci!...". "Sei matto? Io vedo sempre pezzi di pane". "Va' a distribuirli con fede e vedrai". Ho gettato dentro nel cestone quei pochi bocconi e sono andato a riluttanza... E poi... Perdonami, Gesù, perché sono un peccatore!», dice Tommaso.
«No. Sei uno spirito del mondo. Ragioni da mondo».
«Anche io, Signore, allora. Tanto che pensavo dare una moneta insieme al pane pensando: "Mangeranno altrove"», dice l'Iscariota. «Speravo aiutarti a fare una figura migliore. Che sono io, dunque? Come Tommaso o più ancora?».
«Molto più di Tommaso tu sei "mondo"».
«Ma pure ho pensato di fare elemosina per essere Cielo! Erano denari miei privati...».
«Elemosina a te stesso, al tuo orgoglio. Ed elemosina a Dio. Quest'ultimo non ne ha bisogno, e l'elemosina al tuo orgoglio è colpa, non merito». Giuda china il capo e tace.
«Io invece pensavo che quel boccone di pesce, che quei bocconi di pane li avrei dovuti sbriciolare per farli bastare. Ma non dubitavo che sarebbero stati sufficienti, né per numero né per nutrimento. Una goccia d'acqua data da Te può esser più nutriente di un banchetto», dice Simone Zelote.
«E voi che pensavate?», chiede Pietro ai cugini di Gesu.
«Noi ricordavamo Cana... e non dubitavamo», dice serio Giuda.
«E tu, Giacomo, fratello mio, questo solo pensavi?».
«No. Pensavo fosse un sacramento, come Tu hai detto a me... É così o sbaglio?».
Gesù sorride: «É e non è. Alla verità della potenza del nutrimento in una goccia d'acqua, detta da Simone, va unito il tuo pensiero per una figura lontana. Ma ancora non è un sacramento».
Lo scriba conserva una crosta fra le dita.
«Che ne fai?».
«Un... ricordo».
«La tengo anche io. La metterò al collo di Marziam in una piccola borsa», dice Pietro.
«Io la porterò alla madre nostra», dice Giovanni.
«E noi? Abbiamo mangiato tutto...», dicono mortificati gli altri.
«Alzatevi. Girate di nuovo coi cesti, raccogliete gli avanzi, separate fra la gente i più poveri e portatemeli qui insieme ai cesti, e poi andate tutti, voi discepoli miei, alle barche, e prendete il largo andando alla pianura di Genezaret. Io congederò la gente dopo aver beneficato i più poveri e poi vi raggiungerò».
Gli apostoli ubbidiscono... e tornano con dodici panieri colmi di avanzi e seguiti da una trentina di mendicanti o persone molto misere.
«Va bene. Andate pure».
Gli apostoli e quelli di Giovanni salutano Mannaen e se ne vanno con un poco di riluttanza a lasciare Gesù. Ma ubbidiscono. Mannaen attende a lasciare Gesù quando la folla, alle ultime luci del giorno, o si avvia ai villaggi o si cerca un posto per dormire fra gli alti e asciutti falaschi. Poi si accomiata. Prima di lui se ne è andato lo scriba, uno dei primi, anzi, perché, insieme al figlioletto, si è avviato in coda agli apostoli. Partiti tutti, oppure caduti nel sonno, Gesù si alza, benedice i dormenti e a passo lento si porta verso il lago, verso la penisoletta di Tarichea, sopraelevata di qualche metro sul lago come fosse un frastaglio di colle spinto nel lago. E, raggiunto che ne ha le basi, senza entrare in città, ma costeggiandola, sale il monticello e si mette su uno scrimolo, in preghiera davanti all'azzurro e al candore della notte serena e lunare.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com

Domenica 12 giugno 2022 - Santissima Trinità, solennità

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 16,12-15.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 600 pagina 480 - CD 9, traccia 46
[...] 33«Io vi do comando di amarvi. E di perdonare. Avete capito? Se anche nel mondo è l’odio, in voi sia solo l’amore. Per tutti. Quanti traditori troverete sulla vostra via! Ma non li dovete odiare e rendere loro male per male. Altrimenti il Padre odierà voi. Prima di voi fui odiato e tradito Io. Eppure, voi lo vedete, Io non odio. Il mondo non può amare ciò che non è come esso. Perciò non vi amerà. Se foste suoi, vi amerebbe; ma non siete del mondo, avendovi Io presi da mezzo al mondo. E per questo siete odiati.
Vi ho detto: il servo non è da più del padrone. Se hanno perseguitato Me, perseguiteranno voi pure. Se avranno ascoltato Me, ascolteranno pure voi. Ma tutto faranno per causa del mio Nome, perché non conoscono, non vogliono conoscere Colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato, non sarebbero colpevoli. Ma ora il loro peccato è senza scusa. Hanno visto le mie opere, udito le mie parole, eppure mi hanno odiato, e con Me il Padre. Perché Io e il Padre siamo una sola Unità con l’Amore. Ma era scritto: “Mi odiasti senza ragione”. Però, quando sarà venuto il Consolatore, lo Spirito di verità che dal Padre procede, sarà da Lui resa testimonianza di Me, e voi pure mi testimonierete, perché dal principio foste con Me.
Questo vi dico perché, quando sarà l’ora, non rimaniate accasciati e scandalizzati. Sta per venire il tempo in cui vi cacceranno dalle sinagoghe e in cui chi vi ucciderà penserà di fare culto a Dio con ciò. Non hanno conosciuto né il Padre né Me. In ciò è la loro scusante. Non ve le ho dette così ampie prima di ora, queste cose, perché eravate come bambini pur mo’ nati. Ma ora la madre vi lascia. Io vado. Dovete assuefarvi ad altro cibo. Voglio lo conosciate.

34Nessuno più mi chiede: “Dove vai?”. La tristezza vi fa muti. Eppure è bene anche per voi che Io me ne vada. Altrimenti non verrà il Consolatore. Io ve lo manderò. E quando sarà venuto, attraverso la sapienza e la parola, le opere e l’eroismo che infonderà in voi, convincerà il mondo del suo peccato deicida e di giustizia sulla mia santità. E il mondo sarà nettamente diviso nei reprobi, nemici di Dio, e nei credenti. Questi saranno più o meno santi, a seconda del loro volere. Ma il giudizio del principe del mondo e dei suoi servi sarà fatto. Di più non posso dirvi, perché ancora non potete intendere. Ma Egli, il divino Paraclito, vi darà la Verità intera, perché non parlerà di Se stesso. Ma dirà tutto quello che avrà udito dalla Mente di Dio e vi annunzierà il futuro. Prenderà ciò che da Me viene, ossia ciò che ancora è del Padre, e ve lo dirà.
Ancora un poco da vedersi. Poi non mi vedrete più. E poi ancora un poco, e poi mi vedrete.

35Voi mormorate fra voi ed in cuor vostro. Udite una parabola. L’ultima del vostro Maestro.
Quando una donna ha concepito e giunge all’ora del parto, è in grande afflizione perché soffre e geme. Ma quando il piccolo figlio è dato alla luce ed ella lo stringe sul cuore, ogni pena cessa e la tristezza si muta in gioia, perché un uomo è venuto al mondo.
Così voi. Voi piangerete e il mondo riderà di voi. Ma poi la vostra tristezza si muterà in gioia. Una gioia che il mondo mai conoscerà. Voi ora siete tristi. Ma, quando mi rivedrete, il vostro cuore diverrà pieno di un gaudio che nessuno avrà più potere di rapirvi. Una gioia così piena che vi offuscherà ogni bisogno di chiedere e per la mente e per il cuore e per la carne. Solo vi pascerete di rivedermi, dimenticando ogni altra cosa. Ma proprio da allora potrete tutto chiedere in mio Nome, e vi sarà dato dal Padre perché abbiate sempre più gioia. Domandate, domandate. E riceverete.
Viene l’ora in cui potrò parlarvi apertamente del Padre. Sarà perché sarete stati fedeli nella prova e tutto sarà superato. Perfetto quindi il vostro amore, perché vi avrà dato forza nella prova. E quanto a voi mancherà Io ve lo aggiungerò prendendolo dal mio immenso tesoro e dicendo: “Padre, lo vedi. Essi mi hanno amato credendo che Io venni da Te”. Sceso nel mondo, ora lo lascio e vado al Padre, e pregherò per voi».

36«Oh! ora Tu ti spieghi. Ora sappiamo ciò che vuoi dire e che Tu sai tutto e rispondi senza che nessuno ti interroghi. Veramente Tu vieni da Dio!».
«Adesso credete? All’ultima ora? È tre anni che vi parlo! Ma già in voi opera il Pane che è Dio e il Vino che è Sangue non venuto da uomo, e vi dà il primo brivido di deificazione. Voi diverrete dèi se sarete perseveranti nel mio amore e nel mio possesso. Non come lo disse Satana ad Adamo ed Eva, ma come Io ve lo dico. È il vero frutto dell’albero del Bene e della Vita. Il Male è vinto in chi se ne pasce, ed è morta la Morte. Chi ne mangia vivrà in eterno e diverrà “dio” nel Regno di Dio. Voi sarete dèi se permarrete in Me. Eppure ecco... pur avendo in voi questo Pane e questo Sangue, poiché sta venendo l’ora in cui sarete dispersi, voi ve ne andrete per vostro conto e mi lascerete solo... Ma non sono solo. Ho il Padre con Me. Padre, Padre! Non mi abbandonare! Tutto vi ho detto... Per darvi pace. La mia pace. Ancora sarete oppressi. Ma abbiate fede. Io ho vinto il mondo».

37Gesù si alza, apre le braccia in croce e dice con volto luminoso la sublime preghiera al Padre. Giovanni la riporta integralmente.
Gli apostoli lacrimano più o meno palesemente e rumorosamente. [...]
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 5 giugno 2022 - Domenica di Pentecoste

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 14,15-16.23-26.
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.
Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 600 pagina 476 - CD 9, traccia 46
(...) 26«Mostraci il Padre, Signore, e saremo pari a queste», dice Filippo.
«Da tanto tempo Io sono con voi, e tu, Filippo, non mi hai ancora conosciuto? Chi vede Me vede il Padre mio. Come puoi dunque dire: “Mostraci il Padre”? Non riesci a credere che Io sono nel Padre e il Padre è in Me? Le parole che Io vi dico non le dico da Me. Ma il Padre che dimora in Me compie ogni mia opera. E voi non credete che Io sono nel Padre e Lui è in Me? Che devo dire per farvi credere? Ma se non credete alle parole, credete almeno alle opere.
Io vi dico, e ve lo dico con verità: chi crede in Me farà le opere che Io faccio, e ancor di maggiori ne farà, perché Io vado al Padre. E tutto quanto domanderete al Padre in mio nome Io lo farò, perché il Padre sia glorificato nel suo Figlio. E farò quanto mi domanderete in nome del mio Nome. Il mio Nome è noto, per quello che realmente è, a Me solo, al Padre che mi ha generato e allo Spirito che dal nostro amore procede. E per quel Nome tutto è possibile. Chi pensa al mio Nome con amore mi ama e ottiene.
Ma non basta amare Me, occorre osservare i miei comandamenti per avere il vero amore. Sono le opere quelle che testificano dei sentimenti. E per questo amore Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore che resti per sempre con voi, Uno su cui Satana e il mondo non può infierire, lo Spirito di Verità che il mondo non può ricevere e non può colpire, perché non lo vede e non lo conosce.
Lo deriderà. Ma Egli è tanto eccelso che lo scherno non lo potrà ferire, mentre, pietosissimo sopra ogni misura, sarà sempre con chi lo ama, anche se povero e debole. Voi lo conoscerete, perché già dimora con voi e presto sarà in voi.

27Io non vi lascerò orfani. Già ve l’ho detto: “Ritornerò a voi”. Ma, prima che sia l’ora di venirvi a prendere per andare nel mio Regno, Io verrò. A voi verrò. Fra poco il mondo non mi vedrà più. Ma voi mi vedete e mi vedrete. Perché Io vivo e voi vivete. Perché Io vivrò e voi pure vivrete. In quel giorno voi conoscerete che Io sono nel Padre mio, e voi in Me ed Io in voi. Perché chi accoglie i miei precetti e li osserva, quello è colui che mi ama, e colui che mi ama sarà amato dal Padre mio e possederà Iddio, perché Dio è carità e chi ama ha in sé Dio. Ed Io lo amerò, perché in lui vedrò Iddio, e mi manifesterò a lui facendomi conoscere nei segreti del mio amore, della mia sapienza, della mia Divinità incarnata. Saranno i miei ritorni fra i figli dell’uomo, che Io amo nonostante siano deboli e anche nemici. Ma costoro saranno solo deboli. Ed Io li fortificherò; dirò loro: “Sorgi!”, dirò: “Vieni fuori!”, dirò: “Seguimi”, dirò: “Odi”, dirò: “Scrivi”... e voi siete fra questi».
«Perché, Signore, Tu ti manifesti a noi e non al mondo?», chiede Giuda Taddeo.
«Perché mi amate e osservate le mie parole. Chi così farà, sarà amato dal Padre e Noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui, in lui. Mentre chi non mi ama non osserva le mie parole e fa secondo la carne e il mondo. Ora sappiate che ciò che Io vi ho detto non è parola di Gesù Nazareno ma parola del Padre, perché Io sono il Verbo del Padre che mi ha mandato. Io vi ho detto queste cose parlando così, con voi, perché voglio Io stesso prepararvi al possesso completo della Verità e Sapienza. Ma ancora non potete capire né ricordare. Però, quando verrà a voi il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà in mio Nome, allora voi potrete capire, ed Egli tutto vi insegnerà, e vi ricorderà quanto Io vi ho detto.

28Io vi lascio la mia pace. Io vi do la mia pace. Ve la do non come la dà il mondo. E neppure come fino ad ora ve l’ho data: saluto benedetto del Benedetto ai benedetti. Più profonda è la pace che ora vi do. In questo addio. Io vi comunico Me stesso, il mio Spirito di pace, così come vi ho comunicato il mio Corpo e il mio Sangue, perché in voi resti una forza nella imminente battaglia. Satana e il mondo sferrano guerra al vostro Gesù. È la loro ora. Abbiate in voi la Pace, il mio Spirito che è spirito di pace, perché Io sono il Re della pace. Abbiatela per non essere troppo derelitti. Chi soffre con la pace di Dio in sé soffre, ma non bestemmia e dispera.
Non piangete. Avete pure sentito che ho detto: “Vado al Padre e poi tornerò”. Se mi amaste sopra la carne, vi rallegrereste, perché Io vado dal Padre dopo tanto esilio... Vado da Colui che è maggiore di Me e che mi ama. Io ve l’ho detto ora, prima che ciò si compia, così come vi ho detto tutte le sofferenze del Redentore prima di andare ad esse, affinché, quando tutto si compia, voi crediate sempre più in Me. Non turbatevi così! Non sgomentatevi. Il vostro cuore ha bisogno di equilibrio...

29Poco più ho da parlarvi... e ancora tanto ho da dire! Giunto al termine di questa mia evangelizzazione, mi pare di non avere ancora nulla detto e che tanto, tanto, tanto ancora resti da fare. Il vostro stato aumenta questa mia sensazione. E che dirò allora? Che Io ho mancato al mio ufficio? O che voi siete così duri di cuore che a nulla esso è valso? Dubiterò? No. Mi affido a Dio, e a Lui affido voi, miei diletti. Egli compirà l’opera del suo Verbo. Non sono come un padre che muore e non ha altra luce che l’umana. Io spero in Dio. E pure sentendo in Me urgere tutti i consigli di cui vi vedo bisognosi e sentendo fuggire il tempo, vado tranquillo alla mia sorte. So che sui semi caduti in voi sta per scendere una rugiada che li farà tutti germogliare, e poi verrà il sole del Paraclito, ed essi diverranno albero potente. Sta per venire il principe di questo mondo, colui col quale Io non ho nulla a che fare. E, se non fosse per fine di redenzione, non avrebbe potuto nulla su Me. Ma ciò avviene affinché il mondo conosca che Io amo il Padre e lo amo fino alla ubbidienza di morte, e perciò faccio ciò che mi ha ordinato.
30È l’ora di andare. Alzatevi...
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/