"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
Print Friendly and PDF

Domenica 25 Marzo 2012, V Domenica di Quaresima - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 12,20-33.
Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: «E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!». La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Rispose Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 598 pagina 434.
(...) È detto di Me: “Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà da questa radice e sopra di Lui riposerà lo Spirito del Signore. Egli non giudicherà secondo quello che apparisce agli occhi, non condannerà per ciò che si sente con gli orecchi, ma giudicherà con giustizia i poveri, prenderà le difese degli umili. Il germoglio della radice di Jesse, posto quale segno fra le nazioni, sarà invocato dai popoli e il suo sepolcro sarà glorioso. Egli, alzata una bandiera alle nazioni, riunirà i profughi d’Israele, i dispersi di Giuda, li raccoglierà dai quattro punti della Terra”.
È detto di Me: “Ecco, il Signore Dio viene, con possanza, il suo braccio trionferà. Porta seco la sua mercede, ha davanti agli occhi l’opera sua. Come un pastore pascerà il suo gregge”.
È detto di Me: “Ecco il mio Servo col quale Io starò, nel quale si compiace l’anima mia. In Lui ho diffuso il mio spirito. Egli porterà giustizia fra le nazioni. Non griderà, non spezzerà la canna fessa, non spegnerà il lucignolo fumigante, farà giustizia secondo verità. Senza essere né triste né turbolento, giungerà a stabilire sulla Terra la giustizia, e le isole aspetteranno la sua legge”.
È detto di Me: “Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustizia, ti ho preso per mano, ti ho preservato, ti ho fatto alleanza del popolo e luce delle nazioni per aprire gli occhi ai ciechi e trarre dal carcere i prigionieri e dalla sotterranea prigione quelli che giacciono nelle tenebre”.
È detto di Me: “Lo Spirito del Signore è sopra di Me, perché il Signore mi ha unto ad annunziare la Buona Novella ai mansueti, a curare quelli che hanno il cuore affranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri, a predicare l’anno di grazia del Signore”.
È detto di Me: “Egli è il Forte, pascerà il gregge con la fortezza del Signore, con la maestà del nome del Signore Dio suo. A Lui si convertiranno, perché sin da ora sarà glorificato, fino agli ultimi confini del mondo”.
È detto di Me: “Io stesso andrò in cerca delle mie pecorelle. Andrò in cerca delle smarrite, ricondurrò le scacciate, legherò le fratturate, ristorerò le deboli, terrò d’occhio le grasse e robuste, le pascerò con giustizia”.
È detto: “Egli è il Principe di pace e sarà la pace”.
È detto: “Ecco, viene il tuo Re, il Giusto, il Salvatore. Egli è povero, cavalca un asinello. Egli annunzierà pace alle nazioni. Il suo dominio sarà da mare a mare sino agli estremi della Terra”.
È detto: “Settanta settimane sono state fissate per il tuo popolo, per la tua città santa, affinché sia tolta la prevaricazione, abbia fine il peccato, sia cancellata l’iniquità, venga l’eterna giustizia, siano compiute visione e profezia, e sia unto il Santo dei santi. Dopo sette più settantadue verrà il Cristo. Dopo sessantadue sarà ucciso. Dopo una settimana Egli confermerà il testamento, ma a mezzo della settimana verranno meno le ostie e i sacrifici, e sarà nel Tempio l’abbominazione della desolazione, e durerà sino alla fine dei secoli”.
8Mancheranno dunque le ostie in questi giorni? L’altare non avrà vittima? Avrà la gran Vittima. Ecco, la vede il profeta: “Chi è costui che viene con le vesti tinte di rosso? È bello nel suo vestito e cammina nella grandezza della sua forza”. E come si è tinto di porpora, Colui che è povero, la veste? Ecco, lo dice il profeta: “Ho abbandonato il mio corpo ai percuotitori, le mie guance a chi mi strappa la barba, non ho allontanato il volto da chi mi oltraggia. E la mia bellezza e il mio splendore si è perduto, e gli uomini non mi hanno più amato. Disprezzato mi hanno gli uomini, considerato l’ultimo! Uomo di dolori, sarà velato il mio volto e vilipeso, e mi guarderanno come un lebbroso, mentre è per tutti che Io sarò piagato e morto”. Ecco la Vittima! Non temere, o Israele! Non temere! Non manca l’Agnello pasquale! Non temere, o Terra! Non temere! Ecco il Salvatore! Come pecora sarà condotto al macello, perché lo ha voluto, e non ha aperto bocca per maledire quelli che l’uccidono. Dopo la condanna sarà innalzato e consumato nei patimenti, le membra slogate, le ossa scoperte, i piedi e le mani trafitti. Ma dopo l’affanno, col quale giustificherà molti, possederà le moltitudini perché, dopo aver consegnato la sua vita alla morte per la salute del mondo, risorgerà e governerà la Terra, nutrirà i popoli delle acque viste da Ezechiele, uscenti dal vero Tempio che, anche se è abbattuto, risorge per sua stessa forza, del vino di cui si è anche imporporata la candida veste d’Agnello senza macchia, e del Pane venuto dal Cielo.
9Sitibondi, venite alle acque! Affamati, nutritevi! Esausti, bevete il mio vino, e voi malati! Venite voi che non avete denaro, voi che non avete salute, venite! E voi che siete nelle tenebre! E voi che siete morti, venite! Io sono Ricchezza e Salute, Io sono Luce e Vita. Venite voi che cercate la via! Venite voi che cercate la verità! Io sono Via e Verità! Non temete di non poter consumare l’Agnello perché mancano le ostie veramente sante in questo Tempio profanato. Tutti avrete da mangiare dell’Agnello di Dio venuto a togliere i peccati del mondo, come ha detto di Me l’ultimo dei profeti del mio popolo. Di quel popolo al quale Io chiedo: Popolo mio, che ti ho fatto? In che ti ho contristato? Che potevo darti di più di ciò che Io non ti abbia dato? Ho istruito i tuoi intelletti, ho guarito i tuoi malati, beneficato i tuoi poveri, sfamato le tue turbe, ti ho amato nei tuoi figli, ho perdonato, ho pregato per te. Ti ho amato sino al Sacrificio. E tu che appresti al tuo Signore? Un’ora, l’ultima, ti è data, o mio popolo, o mia città regale e santa. Convertiti in quest’ora al Signore Dio tuo!».
10«Ha detto le parole vere!». «Così è detto! E Lui veramente fa quello che è detto!». «Come un pastore ha avuto cura di tutti!». «Come fossimo le pecore disperse, malate, nella caligine, è venuto a portarci alla via giusta, a guarirci anima e corpo, a illuminarci». «Veramente tutti i popoli vanno a Lui. Osservate là quei gentili come sono ammirati!». «Pace ha predicato». «Amore ha dato». «Non capisco ciò che dice del sacrificio. Parla come se dovesse essere ucciso». «Così è, se è l’Uomo visto dai profeti, il Salvatore». «E parla come se tutto il popolo dovesse malmenarlo. Ciò non accadrà mai. Il popolo, noi, lo amiamo». «È nostro amico. Lo difenderemo». «Galileo è, e noi di Galilea daremo la vita per Lui». «Di Davide è, e non alzeremo la mano che per difenderlo, noi di Giudea». «E noi, che ci amò come amò voi, noi dell’Auranite, della Perea, della Decapoli, noi potremo dimenticarlo? Tutti, tutti lo difenderemo». Queste le voci fra la folla ormai numerosa molto. Labilità delle intenzioni umane! Giudico dalla posizione del sole essere verso le nove antimeridiane dell’ora nostra. Ventiquattr’ore più tardi questa gente sarà da molte ore intorno al Martire per torturarlo con l’odio e le percosse, e urlerà chiedendo la sua morte. Pochi, molto pochi, troppo pochi fra le migliaia di persone che si affollano da ogni parte della Palestina e oltre, e che hanno avuto luce, salute, sapienza, perdono dal Cristo, saranno coloro che non solo non cercheranno di strapparlo ai nemici, perché la loro pochezza rispetto alla moltitudine dei percuotitori lo vieta, ma anche non sapranno confortarlo dandogli prova d’amore col seguirlo con volto amico. Le lodi, i consensi, i commenti ammirati si spargono per l’ampio cortile come onde che dall’alto del mare vadano lontano a morire sul lido.
11Degli scribi, dei giudei, dei farisei tentano di neutralizzare l’entusiasmo del popolo, e anche il fermento del popolo contro i nemici del Cristo, dicendo: «Vaneggia. La stanchezza sua è tanta e lo conduce a delirare. Vede persecuzioni dove sono onori. Il suo dire ha fiumi della solita sua sapienza, ma mescolati a frasi di delirio. Nessuno gli vuol fare del male. Abbiamo capito. Capito chi è...». Ma la gente è incerta di tanta conversione di umori, e qualcuno fra essa si ribella dicendo: «Egli mi guarì un figlio demente. So ciò che è la pazzia. Non così parla uno che è folle!». E un altro: «Lasciali dire. Sono vipere che hanno paura che il bastone del popolo spezzi loro le reni. Cantano la dolce canzone dell’usignolo per ingannarci, ma se ascolti bene c’è dentro il fischio del serpe». E un altro ancora: «Scolte del popolo di Cristo, all’erta! Quando nemico carezza ha il pugnale nascosto nella manica e tende la mano per colpire. Occhi aperti e cuore pronto! Gli sciacalli non possono diventare docili agnelli». «Dici bene: il gufo alletta e incanta gli uccellini ingenui con l’immobilità del suo corpo e con la mendace letizia del suo saluto. Ride e invita col suo grido, ma è già pronto a divorare». E così via, da gruppo a gruppo.
12Ma vi sono anche i gentili. Questi gentili che sono stati costanti e sempre più numerosi ad ascoltare il Maestro in questi giorni di festa. Sempre ai margini della folla, perché l’esclusivismo ebreo-palestinese è forte e li respinge volendo i primi posti intorno al Rabbi, essi hanno desiderio di avvicinarlo e parlargli. Un folto gruppo di essi occhieggia Filippo, che la folla ha spinto in un angolo. Si accostano a lui dicendo: «Signore, noi desideriamo vedere da vicino Gesù, il tuo Maestro. E parlargli almeno una volta». Filippo si alza sulle punte dei piedi per vedere se scorge qualche apostolo più vicino al Signore. Vede Andrea e gli grida, dopo averlo chiamato: «Qui sono dei gentili che vorrebbero salutare il Maestro. Chiedigli se vuole accoglierli». Andrea, separato da Gesù di qualche metro, pigiato nella folla, si fa largo senza riguardi, lavorando generosamente di gomiti e urlando: «Fate largo! Fate largo, dico. Devo andare dal Maestro». Lo raggiunge e gli trasmette il desiderio dei gentili. «Conducili in quell’angolo. Io verrò a loro». E mentre Gesù cerca di passare fra la gente, Giovanni, che è tornato con Pietro, Pietro stesso, Giuda Taddeo, Giacomo di Zebedeo e Tommaso, che lascia il gruppo dei suoi parenti, trovato fra la folla, per aiutare i compagni, lottano a fargli strada.
13Ecco Gesù là dove già sono i gentili che lo ossequiano. «La pace a voi. Che volete da Me?». «Vederti. Parlarti. Le tue parole ci hanno conturbati. Desideravamo sempre di parlarti per dirti che la tua parola ci colpisce. Ma attendevamo di farlo in momento propizio. Oggi... Tu parli di morte... Noi temiamo di non poter più parlarti se non prendiamo quest’ora. Ma è possibile che gli ebrei possano uccidere il loro figlio migliore? Noi siamo gentili e la tua mano non ci beneficò. La tua parola ci era sconosciuta. Avevamo sentito parlare di Te vagamente. Ma non ti avevamo mai visto né avvicinato. Eppure, lo vedi! Noi ti rendiamo omaggio. Tutto il mondo con noi ti onora». «Sì, l’ora è venuta nella quale il Figlio dell’uomo deve essere glorificato dagli uomini e dagli spiriti». Ora la gente è di nuovo intorno a Gesù. Ma con la differenza che in prima fila sono i gentili e indietro gli altri. «Ma allora, se è l’ora della tua glorificazione, Tu non morrai come dici, o come abbiamo capito. Perché non è essere glorificato morire in tal modo. Come potrai riunire il mondo sotto il tuo scettro, se Tu muori prima di averlo fatto? Se il tuo braccio si immobilizzerà nella morte, come potrà trionfare e radunare i popoli?». «Morendo dò vita. Morendo edifico. Morendo creo il Popolo nuovo. È nel sacrificio che si ha la vittoria. In verità vi dico che, se il granello di frumento caduto sulla terra non muore, rimane infecondo. Ma se invece muore, ecco che produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà. Chi odia la sua vita in questo mondo la salverà per la vita eterna. Io poi ho il dovere di morire per dare questa vita eterna a tutti coloro che mi seguono per servire la Verità. Chi mi vuole servire venga: non è limitato il posto nel mio regno a questo o a quel popolo. Chiunque mi vuol servire venga e mi segua, e dove Io sono sarà pure il mio servo. E chi mi serve l’onorerà il Padre mio, unico, vero Iddio, Signore del Cielo e della Terra, Creatore di tutto quanto è, Pensiero, Parola, Amore, Vita, Via, Verità; Padre, Figlio, Spirito Santo, Uno essendo Trino, Trino essendo unico, solo, vero Dio.
14Ma ora l’anima mia è turbata. E che dirò? Dirò forse: “Padre, salvami da quest’ora”? No. Perché Io sono venuto per questo: per giungere a quest’ora. E allora dirò: “Padre, glorifica il tuo Nome!”». Gesù apre le braccia in croce, una croce porpurea contro il candore dei marmi del portico, e alza il volto, offrendosi, pregando, salendo coll’anima al Padre. E una voce, più forte del tuono, immateriale nel senso che non è simile a nessuna voce d’uomo, ma sensibilissima per tutti gli orecchi, empie il cielo sereno della bellissima giornata d’aprile e vibra, più potente di accordo d’organo gigante, bellissima nella sua tonalità, e proclama: «E Io l’ho glorificato e ancora lo glorificherò». La gente ha avuto paura. Quella voce, così potente che ne ha vibrato il suolo e ciò che su esso si trova, quella voce misteriosa, diversa da ogni altra, veniente da una fonte che è sconosciuta, quella voce che empie tutto, da settentrione a mezzogiorno, da oriente a occidente, terrorizza gli ebrei e stupisce i pagani. I primi si gettano, sol che possano farlo, al suolo, mormorando nel tremore: «Ora morremo! Abbiamo sentito la voce del Cielo. Un angelo gli ha parlato!», e si battono il petto in attesa della morte. I secondi gridano: «Un tuono! Un boato! Fuggiamo! La Terra ha ruggito! Ha tremato!». Ma fuggire è impossibile in quella ressa che si accresce di quelli che, ancor fuor dalle mura del Tempio, accorrono entro di esse gridando: «Pietà di noi! Corriamo! Qui è luogo santo. Non si fenderà il monte dove sorge l’altare di Dio!». E perciò ognuno resta dove è, dove lo blocca la folla e lo spavento.
15Sulle terrazze del Tempio accorrono i sacerdoti, gli scribi, i farisei che erano sparsi per i meandri di esso, e leviti, e strategoi. Agitati, sbalorditi. Ma di tutti loro non scendono, fra la gente che è nei cortili, altro che Gamaliele con suo figlio. Gesù lo vede passare, tutto candido nella veste di lino, che è così bianca da splendere persino sotto il forte sole che la investe. Gesù, guardando Gamaliele ma come parlando per tutti, alza la voce dicendo: «Non per Me, ma per voi è venuta questa voce dal Cielo». Gamaliele si arresta, si volge, trivella con gli sguardi dei suoi occhi profondi e nerissimi - che l’abitudine ad essere un maestro venerato come un semidio fa involontariamente duri come quelli dei rapaci - lo sguardo zaffireo, limpido, dolce nella sua maestà, di Gesù... E Gesù prosegue: «Ora si ha il giudizio di questo mondo. Ora il Principe delle Tenebre sta per essere cacciato fuori. Ed Io, quando sarò innalzato, trarrò tutti a Me, perché così salverà il Figlio dell’uomo».
16«Noi abbiamo imparato dai libri della Legge che il Cristo vive in eterno. E Tu ti dici il Cristo e dici che devi morire. E ancora dici che sei il Figlio dell’uomo e salverai essendo esaltato. Chi sei dunque? Il Figlio dell’uomo o il Cristo? E chi è il Figlio dell’uomo?», dice la folla che si rinfranca. «Sono un’unica Persona. Aprite gli occhi alla Luce. Ancora per un poco la Luce è con voi. Camminate verso la Verità sinché avete la Luce fra voi, affinché non vi sorprendano le tenebre. Coloro che camminano nel buio non sanno dove vadano a finire. Finché avete fra voi la Luce credete ad Essa, per essere figli della Luce». Tace. La folla è perplessa e divisa. Una parte se ne va scrollando il capo. Una parte osserva l’atteggiamento dei principali dignitari: farisei, capi dei sacerdoti, scribi... e specie di Gamaliele, e regola i propri moti su questo atteggiamento. Altri ancora approvano col capo e si inchinano a Gesù con chiari segni di volergli dire: «Crediamo! Ti onoriamo per ciò che sei». Ma non osano schierarsi apertamente in suo favore. Hanno paura degli occhi attenti dei nemici di Cristo, dei potenti, che li sorvegliano dall’alto delle terrazze che sovrastano i superbi porticati che cingono i cortili del Tempio.
17Anche Gamaliele, dopo essere rimasto pensieroso qualche minuto, e par che interroghi i marmi che pavimentano il suolo per avere risposta alle sue interne domande, si riavvia verso l’uscita dopo aver scrollato testa e spalle come per disappunto o sprezzo... e passa diritto davanti a Gesù senza più guardarlo. Gesù invece lo guarda, con compassione... e alza di nuovo la voce, fortemente - è come un bronzeo squillo - per superare ogni rumore ed essere sentito dal grande scriba che se ne va deluso. Par che parli per tutti, ma parla per lui solo, è palese. Dice a voce altissima: «Chi crede in Me non crede, in verità, in Me, ma in Colui che mi ha mandato, e chi vede Me vede Colui che mi ha mandato. E questo Colui è bene il Dio d’Israele! Perché non c’è altro Dio fuor che Lui. Per questo dico: se non potete credere a Me come a colui che è detto figlio di Giuseppe di Davide ed è figlio di Maria, della stirpe di Davide, della Vergine vista dal profeta, nato a Betlemme, come è detto dalle profezie, precorso dal Battista, ancor come è detto da secoli, credete almeno alla Voce del vostro Dio che vi ha parlato dal Cielo. Credete in Me come Figlio di questo Dio d’Israele. Ché, se non credete a Chi vi ha parlato dal Cielo, non Me offendete, ma il Dio vostro di cui sono Figlio. Non vogliate rimanere nelle tenebre! Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle tenebre. Non vogliate crearvi dei rimorsi, che non potreste più placare quando Io fossi tornato là donde sono venuto, e che sarebbero un ben duro castigo di Dio sulla vostra pervicacia. Io sono pronto a perdonare sinché sono fra voi, sinché il giudizio non è fatto, e per quanto sta a Me ho desiderio di perdonare. Ma diverso è il pensiero del Padre mio. Perché Io sono la Misericordia ed Egli è la Giustizia. In verità vi dico che, se uno ascolta le mie parole e non le osserva poi, Io non lo giudico. Non sono venuto nel mondo per giudicare, ma per salvare il mondo. Ma anche se Io non giudico, in verità vi dico che vi è chi vi giudica per le vostre azioni. Il Padre mio, che mi ha mandato, giudica coloro che respingono la sua Parola. Sì, chi mi disprezza e non riconosce la Parola di Dio e non riceve le parole del Verbo, ecco che ha chi lo giudica: la stessa Parola che Io ho annunziata, quella lo giudicherà nel giorno estremo. Dio non si irride, è detto. E il Dio irriso sarà terribile a coloro che lo giudicarono pazzo e mentitore. Ricordate tutti che le parole che mi avete sentito dire sono di Dio. Perché Io non ho parlato di mio, ma il Padre che mi ha mandato, Egli stesso mi ha prescritto quello che debbo dire e di che devo parlare. E Io ubbidisco al suo comando perché Io so che il suo comandamento è giusto. Vita eterna è ogni comando di Dio. Ed Io, vostro Maestro, vi do l’esempio di ubbidienza ad ogni comando di Dio. Perciò siate certi che le cose che vi ho dette e vi dico, le ho dette e le dico così come mi ha detto il Padre mio di dirvele. E il Padre mio è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe; il Dio di Mosè, dei patriarchi e dei profeti, il Dio d’Israele, il Dio vostro». Parole di luce, che cadono nelle tenebre che già si incupiscono nei cuori! Gamaliele, che si era nuovamente fermato, a capo chino, riprende ad andare... Altri lo seguono crollando il capo o sogghignando...
18Anche Gesù se ne va... Ma prima dice a Giuda di Keriot: «Va’ dove devi andare», e agli altri: «Ognuno è libero di andare. Dove deve o dove vuole. Con Me restino i discepoli pastori». «Oh! prendi anche me con Te, Signore!», dice Stefano. «Vieni...». Si separano. Non so dove va Gesù. Ma so dove va Giuda di Keriot. Va alla porta Speciosa o Bella, salendo i diversi scalini che dall’atrio dei Gentili portano a quello delle donne, e dopo averlo attraversato, salendo al termine di esso altri scalini, occhieggia nell’atrio degli Ebrei e con ira batte il piede al suolo non trovando chi cerca. Torna indietro. Vede una delle guardie del Tempio. La chiama. Ordina, con la sua solita arroganza: «Va’ da Eleazar ben Anna. Che venga subito alla Bella. Lo attende Giuda di Simone per cose gravi». Si appoggia a una colonna e attende. Poco tempo. Eleazaro figlio di Anna, Elchia, Simone, Doras, Cornelio, Sadoc, Nahum e altri accorrono con un grande svolazzio di vesti. Giuda parla a voce bassa ma concitata: «Questa sera! Dopo la cena. Al Getsemani. Veniteci e prendetelo. Datemi il denaro». «No. Te lo daremo quando tu verrai a prenderci questa sera. Non ci fidiamo di te! Ti vogliamo con noi. Non si sa mai!», ghigna Elchia. Gli altri assentono in coro. Giuda avvampa di sdegno per l’insinuazione. Giura: «Lo giuro su Jeové che dico il vero!». Sadoc gli risponde: «Va bene. Ma è meglio fare così. Quando è l’ora tu vieni, prendi i preposti alla cattura e vai con loro, ché non avvenga che le guardie stolte arrestino Lazzaro, al caso, e facciano accadere guai. Tu indicherai ad esse, con un segno, l’uomo... Devi capire! È notte,... ci sarà poca luce... le guardie saranno stanche, assonnate... Ma se tu guidi!... Ecco! Che dite?». Si volge ai compagni il perfido Sadoc e dice: «Io proporrei per segnale un bacio. Un bacio! Il miglior segno per indicare l’amico tradito. Ah! Ah!». Ridono tutti. Un coro di demoni sghignazzanti. Giuda è furente. Ma non arretra. Non arretra più. Soffre per lo scherno che gli fanno, non per quello che sta per fare. Tanto che dice: «Ma ricordate che voglio le monete contate nella borsa prima di uscire di qui con le guardie». «Le avrai! Le avrai! Anche la borsa ti daremo, perché tu possa conservare quelle monete come reliquia del tuo amore. Ah! Ah! Ah! Addio, serpe!». Giuda è livido. È già livido. Non perderà mai più quel colore e quell’espressione di spavento disperato. Essa, anzi, coll’andar delle ore si accentuerà sempre più, sino ad essere insostenibile alla vista quando penzolerà dall’albero... Fugge via...
19Gesù si è rifugiato nel giardino di una casa amica. Un quieto giardino delle prime case di Sion. Mura alte e antiche lo cingono. È silenzioso e fresco, coperto come è dalle fronde semoventi di vecchi alberi. Una voce di donna canta poco lontano una dolce ninna-nanna. Devono essere passate delle ore, perché i servi di Lazzaro, di ritorno dopo essere andati non so dove, dicono: «I tuoi discepoli sono già nella casa dove si prepara per la cena, e Giovanni, dopo aver portato con noi i frutti ai figli di Giovanna di Cusa, se ne è andato a prendere le donne per accompagnarle da Giuseppe di Alfeo, che è venuto solo oggi, quando sua madre non sperava più di vederlo, e poi da lì alla casa della cena, perché è il vespero». «Andremo anche noi. Sono venute le ore delle cene...». Gesù si alza rimettendosi il manto. «Maestro, lì fuori ci sono delle persone. Persone di censo. Vorrebbero parlarti senza esser viste dai farisei», dice un servo. «Falli entrare. Ester non si opporrà. Non è vero, donna?», dice Gesù rivolgendosi ad una matura donna che sta accorrendo per salutarlo. «No, Maestro. La mia casa è tua, lo sai. Per troppo poco hai usato di essa!». «Tanto che basti a dire al mio cuore: era casa amica». Ordina al servo: «Conduci chi attende». 20Entrano una trentina di persone di dignitoso aspetto. Ossequiano. Uno parla per tutti: «Maestro, le tue parole ci hanno scosso. Abbiamo sentito in Te la voce di Dio. Ma ci dicono folli perché crediamo in Te. Che fare allora?». «Non a Me crede chi crede in Me, ma crede a Colui che mi ha mandato e del quale oggi avete sentito la voce santissima. Non Me vede chi vede Me, ma vede Colui che mi ha mandato, perché Io sono una sola cosa col Padre mio. Per questo vi dico che dovete credere per non offendere Dio che mi è e vi è Padre, e vi ama sino a sacrificarvi il suo Unigenito. Ché, se è dubbio nei cuori che Io sia il Cristo, non vi è dubbio che Dio sia nel Cielo. E la voce di Dio, che Io ho chiamato Padre, oggi al Tempio, chiedendogli di dare gloria al suo Nome, ha risposto a Colui che Padre lo chiamava, e senza dirgli “mentitore o bestemmiatore” come molti dicono. Dio ha confermato chi Io sono. La sua Luce. Io sono la Luce venuta al mondo. Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle Tenebre. Se uno ascolta le mie parole e poi non le osserva, Io non lo giudico. Non sono venuto a giudicare il mondo ma a salvare il mondo. Chi mi disprezza e non riceve le mie parole ha chi lo giudica. La Parola da Me annunciata, quella sarà che lo giudicherà nel giorno estremo. Perché era sapiente, perfetta, dolce, semplice, così come è Dio. Perché quella Parola è Dio. Non sono Io, Gesù di Nazaret, detto il figlio di Giuseppe legnaiolo della stirpe di Davide e figlio di Maria, fanciulla ebrea, vergine della stirpe di Davide sposata a Giuseppe, che ho parlato. No. Io non ho parlato di mio. Ma è il Padre mio, Colui che è nei Cieli e ha nome Jeové, Colui che oggi ha parlato, Colui che mi ha mandato, che mi ha prescritto quello che devo dire e di che ho da parlare. E Io so che nel suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che dico le dico come me le ha dette il Padre, e in esse è Vita. Per questo vi dico: ascoltatele. Mettetele in pratica e avrete la Vita. Perché la mia parola è Vita. E chi l’accoglie, accoglie, insieme a Me, il Padre dei Cieli che mi ha mandato a darvi la Vita. E chi ha in sé Dio ha in sé la Vita.
21Andate. La pace venga a voi e vi permanga». Li benedice e congeda. Benedice anche i discepoli. Trattiene solamente Isacco e Stefano. Gli altri li bacia e li congeda. E quando sono andati, esce per ultimo insieme ai due e va con essi, per le viette più solitarie e già scure, alla casa del Cenacolo. E, giunto là, abbraccia e benedice con particolare amore Isacco e Stefano, li bacia, li benedice di nuovo, li guarda andare e poi bussa ed entra...
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 18 Marzo 2012, IV Domenica di Quaresima - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 3,14-21.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 2 Capitolo 116 pagina 242.
(...) “A proposito di donne” dice Pietro che, forse perché è seduto presso Gesù, è talmente in sollucchero che è buono buono. “E’ un poco di giorni, e anzi da quando hai parlato a Betania la prima volta dopo il ritorno in Giudea, che una donna, tutta velata, ci segue sempre. Non so come faccia a sapere le nostre intenzioni. So che, o in fondo alle ultime file di popolo che ascolta se Tu parli, o dietro al popolo che ti segue se cammini, o anche dietro a noi se andiamo ad annunciarti per le campagne, c’è quasi sempre. A Betania la prima volta mi ha sussurrato dietro al velo: ‘Quell’uomo che dici parlerà è proprio Gesù di Nazaret?’. Le ho risposto di sì, e la sera era dietro il tronco di un albero per udirti. Poi l’avevo persa di vista. Ma ora, qui a Gerusalemme, l’ho già vista due o tre volte. Oggi le ho chiesto: ‘Hai bisogno di Lui? Sei malata? Vuoi l’obolo?’ Ha risposto sempre di no col capo, perché non parla mai con nessuno.” “A me ha detto un giorno: ‘Dove abita Gesù?’ e le ho detto: ‘Al Get Semnì’ ” dice Giovanni. “Bravo stolto! Non dovevi. Dovevi dirle: ‘Scopriti. Fatti conoscere e te lo dirò’ ” dice l’Iscariota iracondo. “Ma quando mai chiediamo queste cose?!” esclama Giovanni semplice e innocente. “Gli altri si vedono. Questa sta tutta velata. O è una spia o è una lebbrosa. Non deve seguirci e sapere. Se è spia è per fare del male. Forse è pagata dal Sinedrio per questo...” “Ah! usa questi sistemi il Sinedrio?” chiede Pietro. “Ne sei sicuro?” “Sicurissimo. Sono stato del Tempio e so.” “Bella roba! A questa si adatta come un cappuccio la ragione detta dal Maestro poco fa...” commenta Pietro. “Quale ragione?” Giuda è già rosso di stizza. “Quella che anche fra i sacerdoti ci sono dei pagani.” “Che c’entra questo col pagare una spia?” “C’entra, c’entra! E’ già dentro anzi! Perché pagano? Per abbattere il Messia e trionfare loro. Dunque si mettono sull’altare loro con le loro sudicie anime sotto le vesti monde” risponde, con il suo buon giudizio popolano Pietro. “Bene, insomma” abbrevia Giuda. “Quella donna è un pericolo per noi o per la folla. Per la folla se è lebbrosa, per noi se spia.” “Cioè: per Lui, se mai” ribatte Pietro. “Ma cadendo Lui si cade anche noi...” “Ah! Ah!” ride Pietro e termina: “E se si cade, l’idolo va in pezzi e ci si rimette tempo, stima e forse la pelle, e allora, ah! ah!... e allora è meglio cercare che non cada o... scansarsi in tempo, vero? Io, invece, guarda. Lo abbraccio più stretto. Se cade, abbattuto dai traditori di Dio, voglio cadere con Lui” e Pietro abbraccia stretto, con le sue corte braccia, Gesù. “Non credevo di aver fatto tanto male, Maestro” dice tutto triste Giovanni che è di fronte a Gesù. “Picchiami, maltrattami, ma salvati. Guai se fossi io la causa del tuo morire!... Oh! non me ne darei pace. Sento che il volto mi si scaverebbe per il continuo pianto e se ne brucerebbe la vista. Che ho fatto mai! Ha ragione Giuda: sono uno stolto!” “No, Giovanni. Non lo sei e hai fatto bene. Lasciatela venire. Sempre. E rispettate il suo velo. Può essere messo a difesa di una lotta fra il peccato e la sete di redimersi. Sapete voi che ferite si incidono su un essere quando questa lotta avviene? Sapete che pianto e che rossore? Tu hai detto, Giovanni, caro figlio dal cuore di fanciullo buono, che il tuo volto si scaverebbe per il continuo pianto se mi fossi causa di male. Ma sappi che, quando una coscienza ridestata incomincia a rodere una carne, che fu peccato, per distruggerla e trionfare con lo spirito, essa deve per forza consumare tutto quanto fu attrazione della carne, e la creatura invecchia, appassisce sotto la vampa di questo fuoco trivellatore. Solo dopo, a redenzione completa, si ricompone una seconda, santa e più perfetta bellezza, perché è il bello dell’anima che affiora dallo sguardo, dal sorriso, dalla voce, dall’onesta alterezza della fronte sulla quale è sceso e splende come diadema il perdono di Dio.” “Allora non ho fatto male?...” “No. E male non ha fatto Pietro. Laciatela fare. Ed ora ognuno vada al suo riposo. Io resto con Giovanni e Simone ai quali devo parlare. Andate.”I discepoli si ritirano. Forse dormono nel frantoio. Non so. Vanno via e certo non rientrano in Gerusalemme, perché le porte sono chiuse da ore.“Hai detto, Simone, che Lazzaro ti ha mandato Isacco con Massimino, oggi, mentre Io ero presso la torre di Davide. Che voleva?” “Voleva dirti che Nicodemo è da lui e che voleva parlarti in segreto. Mi sono permesso di dire: ‘Che venga. Il Maestro lo attenderà nella notte’. Non hai che la notte per essere solo. Per questo ti ho detto: ‘Congeda tutti, meno Giovanni e me’. Giovanni serve per andare al ponte del Cedron ad attendere Nicodemo, che è in una delle case di Lazzaro, fuori le mura. Io servivo a spiegare. Ho fatto male?” “Hai fatto bene. Vai, Giovanni, al tuo posto.” Restano soli Simone e Gesù. Gesù è pensieroso. Simone rispetta il suo silenzio. Ma Gesù lo rompe d’improvviso e, come terminando ad alta voce un interno discorso, dice: “Sì. E’ bene fare così. Isacco, Elia, gli altri, bastano per tenere viva l’idea che già si afferma fra i buoni e negli umili. Per i potenti... vi sono altre leve. Vi è Lazzaro, Cusa, Giuseppe, altri ancora... Ma i potenti... non mi vogliono. Temono e tremano per il loro potere. Io andrò lontano da questo cuore giudeo, sempre più ostile al Cristo.” “Torniamo in Galilea?” “No. Ma lontano da Gerusalemme. La Giudea va evangelizzata. E’ Israele essa pure. Ma qui, lo vedi... Tutto serve ad accusarmi. Mi ritiro. E per la seconda volta...”“Maestro, ecco Nicodemo” dice Giovanni entrando per primo. Si salutano e poi Simone prende Giovanni ed esce dalla cucina, lasciando soli i due. “Maestro, perdona se ti ho voluto parlare in segreto. Diffido per Te e per me di molti. Non tutta viltà la mia. Anche prudenza e desiderio di giovarti più che se ti appartenessi apertamente. Tu hai molti nemici. Io sono uno dei pochi che qui ti ammirano. Mi sono consigliato con Lazzaro. Lazzaro è potente per nascita, temuto perché in favore presso Roma, giusto agli occhi di Dio, saggio per maturazione di ingegno e cultura, tuo vero amico e mio vero amico. Per tutto questo ho voluto parlare con lui. E’ sono felice che egli abbia giudicato nel mio stesso modo. Gli ho detto le ultime... discussioni del Sinedrio su Te.” “Le ultime accuse. Di’ pure le verità nude come sono.” “Le ultime accuse. Sì, Maestro. Io ero in procinto di dire, ‘Ebbene: io pure sono dei suoi’. Tanto perché in quell’assemblea ci fosse almeno uno che fosse in tuo favore. Ma Giuseppe, che mi era venuto vicino, mi ha sussurrato: ‘Taci. Teniamo occulto il nostro pensiero. Ti dirò poi’. E uscito di là ha detto; sì, ha detto: ‘Giova di più così. Se ci sanno discepoli, ci tengono all’oscuro di quanto pensano e decidono, e possono nuocergli e nuocerci. Come semplici studiosi di Lui, non ci faranno sotterfugi’. Ho capito che aveva ragione. Sono tanto... cattivi! Anche io ho i miei interessi e i miei doveri... e così Giuseppe... Capisci, Maestro.” “Non vi dico nessuna rampogna. Prima che tu venissi, dicevo questo a Simone. E ho deciso anche di allontanarmi da Gerusalemme.” “Ci odi perché non ti amiamo!” “No. Non odio neppure i nemici.” “Tu lo dici. Ma così è. Hai ragione. Ma che dolore per me e Giuseppe! E Lazzaro? Che dirà Lazzaro, che proprio oggi ha deciso di farti dire di lasciare questo luogo per andare in una delle sue proprietà di Sionne. Tu sai? Lazzaro è potente in ricchezza. Buona parte della città è sua e così molte terre di Palestina. Il padre, al suo censo ed a quello di Eucheria della sua tribù e famiglia, aveva unito quanto era ricompensa dei romani al servitore fedele, ed ai figli ha lasciato ben grande eredità. E, quel che più conta, una velata ma potente amicizia con Roma. Senza quella, chi avrebbe salvato dall’improperio tutta la casa dopo l’infamante condotta di Maria, il suo divorzio, solo avuto perché era ‘lei’, la sua vita di licenza in quella città che è suo feudo e in Tiberiade che è l’elegante lupanare dove Roma e Atene hanno fatto letto di prostituzione per tanti del popolo eletto? Veramente, se Teofilo siro fosse stato un proselite più convinto, non avrebbe dato ai figli quella educazione ellenicizzante che uccide tanta virtù e semina tanta voluttà e che, bevuta ed espulsa senza conseguenze da Lazzaro, e specie da Marta, ha contagiato e proliferato nella sfrenata Maria, ed ha fatto di lei il fango della famiglia e della Palestina. No, senza la potente ombra del favore di Roma, più che ai lebbrosi, sarebbe stato mandato il loro anatema. Ma posto che così è, approfittane.”“No. Mi ritiro. Chi mi vuole verrà con Me.” “Ho fatto male a parlare!” Nicodemo è accasciato. “No. Attendi e persuaditi.” e Gesù apre una porta e chiama: “Simone! Giovanni! Venite da Me.” Accorrono i due. “Simone, di’ a Nicodemo quanto ti dicevo quando entrò lui.” “Che per gli umili bastano i pastori, per i potenti Lazzaro, Nicodemo e Giuseppe con Cusa, e che Tu ti ritiri lontano da Gerusalemme pur senza lasciare la Giudea. Questo dicevi. Perché me lo fai ripetere? Che è avvenuto?” “Nulla. Nicodemo temeva che Io me ne andassi per le sue parole.” “Ho detto al Maestro che il Sinedrio è sempre più nemico, e che era bene si mettesse sotto la protezione di Lazzaro. Ha protetto i tuoi beni perché ha dalla sua Roma. Proteggerebbe anche Gesù.” “E’ vero. E’ un buon consiglio. Per quanto la mia casta sia invisa anche a Roma, pure una parola di Teofilo mi ha conservato l’avere durante la proscrizione e la lebbra. E Lazzaro ti è molto amico, Maestro.” “Lo so. Ma ho detto. E quello che ho detto, faccio.” “Noi ti perdiamo, allora!” “No, Nicodemo. Dal Batttista vanno uomini di tutte le sètte. Da Me potranno venire uomini di tutte le sètte e di tutte le cariche.” “Noi venivamo da Te sapendoti da più di Giovanni.” “Potete venirci ancora. Sarò un rabbi solitario Io pure come Giovanni, e parlerò alle turbe vogliose di sentire la voce di Dio e capaci di credere che Io sono quella Voce. E gli altri mi dimenticheranno. Se almeno saranno capaci di tanto.” “Maestro, Tu sei triste e deluso. Ne hai ragione. Tutti ti ascoltano. E credono in Te tanto da ottenere dei miracoli. Persino uno di Erode, uno che deve per forza avere corrotta la bontà naturale in quella corte incestuosa. Persino dei soldati romani. Solo noi di Sionne siamo così duri... Ma non tutti. Lo vedi... Maestro, noi sappiamo che sei venuto da parte di Dio, suo dottore che più alto non c’è. Lo dice anche Gamaliele. Nessuno può fare i miracoli che Tu fai se non ha seco Iddio. Questo credono anche i dotti come Gamaliele. Come allora avviene che non possiamo avere la fede che hanno i piccoli d’Israele? Oh! dimmelo proprio. Io non ti tradirò anche se mi dicessi: ‘Ho mentito per avvalorare le mie sapienti parole sotto un sigillo che nessuno può deridere’. Sei Tu il Messia del Signore? l’Atteso? la Parola del Padre, incarnata per istruire e redimere Israele secondo il Patto?” “Da te lo domandi, o altri ti mandano a chiederlo?” “Da me, da me, Signore. Ho un tormento qui. Ho una burrasca. Venti contrari e contrarie voci. Perché non in me, uomo maturo, quella pacifica certezza che ha costui, quasi analfabeta e fanciullo, e che gli mette quel sorriso beato sul volto, quella luce negli occhi, quel sole nel cuore? Come credi tu, Giovanni, per essere così sicuro? Insegnami o figlio, il tuo segreto, il segreto per cui sapesti vedere e capire il Messia in Gesù Nazareno!” Giovanni si fa rosso come una fragola e poi china il capo come si scusasse di dire una cosa così grande, e risponde semplicemente: “Amando.” “Amando! E tu, Simone, uomo probo e sulle soglie della vecchiezza, tu dotto e tanto provato da essere indotto a temere inganno dovunque?” “Meditando.” “Amando! Meditando! Io pure amo e medito, e non sono certo ancora!” Interloquisce Gesù dicendo: “Io te lo dico il segreto vero. Costoro seppero nascere nuovamente, con uno spirito nuovo, libero da ogni catena, vergine da ogni idea. E compresero perciò Dio. Se uno non nasce di nuovo, non può vedere il Regno di Dio, né credere nel suo Re.” “Come può un uomo rinascere essendo già adulto? Espulso dal seno materno, l’uomo non può mai più rientrarvi. Alludi forse alla reincarnazione come la credono tanti pagani? Ma no, non è possibile in Te questo. E poi non sarebbe un rientrare nel seno, ma un rincarnare oltre il tempo. Perciò non più ora. Come? Come?” “Non vi è che una esistenza della carne sulla terra e una eterna vita dello spirito oltre la terra. Ora Io non parlo della carne e del sangue. Ma dello spirito immortale, il quale per due cose rinasce a nuova vita. Per l’acqua e per lo Spirito. Ma il più grande è lo Spirito, senza il quale l’acqua non è che un simbolo. Chi si è mondato con l’acqua deve purificarsi poi con lo Spirito e con Esso accendersi e splendere, se vuole vivere in seno a Dio qui e nell’eterno Regno. Perché ciò che è generato dalla carne è e resta carne, e con essa muore dopo averla servita nei suoi appetiti e peccati. Ma ciò che è generato dallo Spirito è spirito, e vive tornando allo Spirito Generatore dopo aver allevato sino all’età perfetta il proprio spirito. Il Regno dei Cieli non sarà abitato che da esseri giunti all’età spirituale perfetta. Non meravigliarti dunque se dico: ‘Bisogna che voi nasciate di nuovo’. Costoro hanno saputo rinascere. Il giovane ha ucciso la carne e fatto rinascere lo spirito mettendo il suo io sul rogo dell’amore. Tutto fu arso di ciò che era la materia. Dalle ceneri ecco sorgere il nuovo fiore spirituale, meraviglioso elianto che sa volgersi al Sole eterno. Il vecchio ha messo la scure della meditazione onesta ai piedi del suo vecchio pensiero ed ha sradicato la vecchia pianta lasciando solo il pollone della buona volontà, dal quale ha fatto nascere il suo nuovo pensiero. Ora ama Dio con spirito nuovo e lo vede. Ognuno ha il suo metodo per giungere al suo porto. Ogni vento è buono purché si sappia usare la vela. Voi sentite soffiare il vento e dalla sua corrente potete regolarvi e dirigere la manovra. Ma non potete dire da dove esso viene né chiamare quello che vi occorre. Anche lo Spirito chiama e viene chiamato e passa. Ma solo chi è attento lo può seguire. Conosce la voce del padre il figlio, conosce la voce dello Spirito lo spirito da Lui generato.” “Come può avvenire questo?” “Tu maestro in Israele me lo chiedi? Tu ignori queste cose? Si parla e si testifica di ciò che sappiamo e abbiamo visto. Or dunque Io parlo e testifico di ciò che so. Come potrai mai accettare le cose non viste se non accetti la testimonianza che Io ti porto? Come potrai credere allo Spirito se non credi all’incarnata Parola? Io sono disceso per risalire e meco trarre coloro che sono quaggiù. Uno solo è disceso dal Cielo: il Figlio dell’uomo. E uno solo salirà col potere di aprire il Cielo: Io, Figlio dell’uomo. Ricorda Mosè. Egli alzò un serpente nel deserto per guarire i morbi d’Israele. Quando Io sarò innalzato, coloro che la febbre della colpa fa ciechi, sordi, muti, folli, lebbrosi, malati, saranno guariti e chiunque crederà in Me avrà vita eterna. Anche coloro che in Me avranno creduto, avranno questa beata vita. Non chinare la fronte, Nicodemo. Io sono venuto a salvare, non a perdere. Dio non ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché chi è nel mondo sia condannato, ma perché il mondo sia salvo per mezzo di Lui. Nel mondo Io ho trovato tutte le colpe, tutte le eresie, tutte le idolatrie. Ma può la rondine che vola ratta sulla polvere sporcarsene la piuma? No. Porta solo per le tristi vie della terra una virgola d’azzurro, un odore di cielo, getta un richiamo per scuotere gli uomini e far loro alzare lo sguardo dal fango e seguire il suo volo che al cielo ritorna. Così Io. Vengo per portarvi meco. Venite!... Chi crede nel Figlio Unigenito non è giudicato. E’ già salvo, perché questo Figlio perora al Padre e dice ‘Costui mi amò’. Ma chi non crede è inutile faccia opere sante. E’ già giudicato perché non ha creduto nel nome del Figlio Unico di Dio. Quale è il mio Nome, Nicodemo?” “Gesù.” “No. Salvatore. Io sono la Salvazione. Chi non mi crede, rifiuta la sua salute ed è giudicato dalla Giustizia eterna. E il giudizio è questo: ‘La Luce ti era stata mandata, a te e al mondo, per esservi di salvezza, e tu e gli uomini avete preferito le tenebre alla Luce perché preferivate le opere malvagie, che ormai erano la consuetudine vostra, alle opere buone che Egli vi additava da seguire per essere santi’. Voi avete odiato la Luce perché i malfattori amano le tenebre per i loro delitti, e avete sfuggito la Luce perché non vi illuminasse nelle vostre piaghe nascoste. Non per te, Nicodemo. Ma la verità è questa. E la punizione sarà in rapporto alla condanna, nel singolo e nella collettività. Riguardo a coloro che mi amano e mettono in pratica la verità che insegno, nascendo perciò nello spirito per una seconda volta, che è la più vera, ecco Io dico che essi non temono la Luce, ma anzi ad essa si accostano, perché la loro luce aumenta quella da cui furono illuminati, reciproca gloria che fa beato Dio nei suoi figli e i figli nel Padre. No, che i figli della Luce non temono d’essere illuminati. Ma anzi col cuore e con le opere dicono: ‘Non io; Egli il Padre, Egli il Figlio, Egli lo Spirito hanno compiuto in me il Bene. Ad essi gloria in eterno’. E dal Cielo risponde l’eterno canto dei Tre che si amano nella loro perfetta Unità: ‘A te benedizione in eterno, figlio vero del nostro volere’. Giovanni, ricorda queste parole per quando sarà l’ora di scriverle. Nicodemo, sei persuaso?” “Maestro... sì. Quando potrò parlarti ancora?” “Lazzaro saprà dove condurti. Andrò da lui prima di allontanarni da qui.” “Io vado, Maestro. Benedici il tuo servo.” “La mia pace sia teco.” Nicodemo esce con Giovanni. Gesù si volge a Simone: “Vedi l’opera della potestà delle tenebre? Come un ragno, tende la sua insidia e invischia e imprigiona chi non sa morire per rinascere farfalla, tanto forte da lacerare la tela tenebrosa e passare oltre, portando a ricordo della sua vittoria brandelli di lucente rete sulle ali d’oro, come orifiamme e labari vinti al nemico. Morire per vivere. Morire per darvi la forza di morire. Vieni, Simone, al riposo. E Dio sia con te.” Tutto ha fine.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 11 Marzo 2012, III Domenica di Quaresima - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 2,13-25.
Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 53 pagina 331.
Vedo Gesù che entra con Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo, Filippo e Bartolomeo, nel recinto del Tempio. Vi è grandissima folla entro e fuori di esso. Pellegrini che giungono a frotte da ogni parte della città. Dall’alto del colle su cui il tempio è costruito, si vedono le vie cittadine, strette e contorte, formicolare di gente. Pare che tra il bianco crudo delle case si sia steso un nastro semovente dai mille colori. Sì, la città ha l’aspetto di un bizzarro giocattolo, fatto di nastri variopinti fra due fili bianchi e tutti convergenti al punto dove splendono le cupole della Casa del Signore. Nell’interno poi è... una vera fiera. Ogni raccoglimento di luoghi sacri è annullato. Chi corre e chi chiama, chi contratta gli agnelli e urla e maledice per il prezzo esoso, chi spinge le povere bestie belanti nei recinti (sono rudimentali divisioni di corde o di pioli, al cui ingresso sta il mercante, o proprietario che sia, in attesa dei compratori). Legnate, belati, bestemmie, richiami, insulti ai garzoni non solleciti nelle operazioni di adunata e di cernita delle bestie e ai compratori che lesinano sul prezzo o che se ne vanno, maggiori insulti a quelli che, previdenti, hanno portato, di loro, l’agnello. Intorno ai banchi dei cambiavalute, altro vocio. Si capisce che, non so se in ogni momento o in questo pasquale, si capisce che il Tempio funzionava da ... Borsa, e borsa nera. I valore delle monete non era fisso. Vi era quello legale, di certo vi sarà stato, ma i cambiavalute ne imponevano un altro, appropriandosi di un tanto, messo a capriccio, per il cambio delle monete. E le assicuro che non scherzavano nelle operazioni di strozzinaggio!... Più uno era povero e veniva da lontano, e più era pelato. I vecchi più dei giovani, quelli provenienti da oltre Palestina più dei vecchi. Dei poveri vecchierelli guardavano e riguardavano il loro peculio messo da parte con chissà che fatica in tutta l’annata, se lo levavano e se lo rimettevano in seno cento volte, girando dall’uno all’altro cambiavalute e finivano magari per tornare dal primo, che si vendica della loro iniziale diserzione, aumentando l’aggio del cambio... e le grosse monete lasciavano, tra dei sospiri, le mani del proprietario e passavano fra le grinfie dell’usuraio e venivano mutate in monete più spicciole. Poi altra tragedia di scelte, di conti e sospiri davanti ai venditori di agnelli, i quali, ai vecchietti mezzi ciechi, appioppavano gli agnelli più grami. Vedo tornare due vecchietti, lui e lei, spingendo un povero agnelletto che deve essere stato trovato difettoso dai sacrificatori. Pianti, suppliche, mali garbi, parolacce si incrociano senza che il venditore si commuova. “Per quello che volete spendere, galilei, è fin troppo bello quanto vi ho dato. Andatevene! O aggiungete altri cinque denari per averne uno più bello.” “In nome di Dio! Siamo poveri e vecchi! Vuoi impedirci di fare la Pasqua, che è l’ultima forse? Non ti basta quello che hai voluto per una piccola bestia?” “Fate largo, lerciosi. Viene a me Giuseppe l’Anziano. Mi onora della sua preferenza. Dio sia con te! Vieni, scegli!” “Entra nel recinto, e prende un magnifico agnello, quello che è chiamato Giuseppe l’Anziano, ossia il d’Arimatea. Passa pomposo nella veste, e superbo, senza guardare i poverelli gementi alla porta, anzi all’apertura del recinto. Li urta, quasi, specie quando esce coll’agnello grasso e belante. Ma anche Gesù è ormai vicino. Anche Lui ha fatto il suo acquisto, e Pietro, che probabilmente ha contrattato per Lui, si tira dietro un agnello discreto. Pietro vorrebbe andare subito verso il luogo dove si sacrifica. Ma Gesù piega a destra, verso i due vecchietti sgomenti, piangenti, indecisi, che la folla urta e il venditore insulta. Gesù, tanto alto da avere il capo dei due nonnetti all’altezza del cuore, pone una mano sulla spalla della donna e chiede: “Perché piangi, donna?” La vecchietta si volge e vede questo giovane alto, solenne nel suo bell’abito bianco e nel mantello pure di neve, tutto nuovo e mondo. Lo deve scambiare per un dottore sia per la veste che per l’aspetto e, stupita, perché dottori e sacerdoti non fanno caso alla gente, né tutelano i poveri contro l’esosità dei mercanti, dice le ragioni del loro pianto. Gesù si rivolge all’uomo degli agnelli. “Cambia questo agnello a questi fedeli. Non è degno dell’altare, come non è degno che tu ti approfitti di due vecchierelli perché deboli e indifesi.” “E Tu chi sei?” “Un giusto.” “La tua parlata e quella dei tuoi compagni ti dicono galileo. Può essere mai in Galilea un giusto?” “Fa quello che ti dico e sii giusto tu.” “Udite! Udite il galileo difensore dei suoi pari! Egli vuole insegnare a noi del Tempio! L’uomo ride e beffeggia, contraffacendo la cadenza galilea, che è più cantante e ricca di dolcezza della giudaica, almeno così mi pare. Della gente si fa intorno, e altri mercanti e cambiavalute prendono le difese del consocio contro Gesù. Fra i presenti vi sono due o tre rabbini ironici. Uno di questi chiede: “Sei Tu dottore?” in un modo tale da far perdere la pazienza a Giobbe. “Lo hai detto.” “Che insegni?” “Questo insegno: a rendere la Casa di Dio casa di orazione e non un posto di usura e di mercato. Questo insegno.” Gesù è terribile. Pare l’arcangelo posto sulla soglia del Paradiso perduto. Non ha spada fiammeggiante tra le mani, ma ha i raggi negli occhi, e fulmina derisori e sacrileghi. In mano non ha nulla. Solo la sua santa ira. E con questa, camminando veloce e imponente fra banco e e banco, sparpaglia le monete così meticolosamente allineate per qualità, ribalta tavoli e tavolini, e tutto cade con fracasso al suolo, fra un gran rumore di metalli rimbalzanti e legni percossi e grida d’ira, di sgomento, di approvazione. Poi, strappate di mano a dei garzoni del bestiame, delle funi con cui essi tenevano a posto bovi, pecore, e agnelli, ne fa una sferza ben dura, in cui i nodi per formare i lacci scorsoi divengono flagelli, e l’alza e la rotea e l’abbassa, senza pietà. Sì, le assicuro: senza pietà. La impensata gradine percuote teste e schiene. I fedeli si scansano ammirando la scena; i colpevoli, inseguiti fino alla cinta esterna, se la danno a gambe lasciando per terra denaro e indietro bestie e bestiole in un grande arruffio di gambe, di corna, di ali; chi corre, chi vola via; e muggiti, belati, scruccolii di colombi e tortore, insieme a risate e urla di fedeli dietro agli strozzini in fuga, soverchiano persino il lamentoso coro degli agnelli, sgozzati in un altro cortile di certo. Accorrono sacerdoti insieme a rabbini e farisei. Gesù è ancora in mezzo al cortile, di ritorno da suo inseguimento. La sferza è ancora nella sua mano. “Chi sei? Come ti permetti di fare questo, turbando le cerimonie prescritte? Da quale scuola provieni? Noi non ti conosciamo, né sappiamo chi sei.” “Io sono Colui che posso. Tutto Io posso. Disfate pure questo Tempio vero ed Io lo risorgerò per dar lode a Dio. Non Io turbo la santità della Casa di Dio e delle cerimonie, ma voi la turbate permettendo che la sua dimora divenga sede agli usurai ed ai mercanti. La mia scuola è la scuola di Dio. La stessa che ebbe tutto Israele per bocca dell’Eterno parlante a Mosè. Non mi conoscete? Mi conoscerete. Non sapete da dove Io vengo? Lo saprete.” E volgendosi al popolo, senza più curarsi dei sacerdoti, alto nell’abito bianco, col mantello aperto e fluente dietro le spalle, a braccia aperte come un oratore nel più vivo della sua orazione, dice: “Udite, voi di Israele! Nel Deuteronomio è detto: ‘’Tu costituirai dei giudici e dei magistrati a tutte le porte... ed essi giudicheranno il popolo con giustizia, senza propendere da nessuna parte. Tu non avrai riguardi personali, non accetterai donativi, perché i donativi accecano gli occhi dei savi ed alterano le parole dei giusti. Con giustizia seguirai ciò che è giusto per vivere e possedere la terra che il Signore tuo ti avrà data.’’ Udite, o voi di Israele! Nel Deuteronomio è detto: ‘’I sacerdoti e i leviti e tutti quelli della tribù di Levi non avranno parte né eredità col resto di Israele, perché devono vivere coi sacrifizi del Signore e colle offerte che a Lui sono fatte; nulla avranno tra i possessi dei loro fratelli, perché il Signore è la loro eredità.’’ Udite, o voi di Israele! Nel deuteronomio è detto: ‘’Non presterai ad interesse al tuo fratello né denaro, né grano, né qualsiasi altra cosa. Potrai prestare ad interesse allo straniero; al tuo fratello invece presterai senza interesse quello che gli bisogna’’. Questo ha detto il Signore. Ora voi vedete che senza giustizia verso il povero si siede in Israele. Non nel giusto, ma nel forte si propende, ad esser povero, esser popolo, vuol dire essere oppresso. Come può il popolo dire: ‘’Chi ci giudica è giusto’’ se vede che solo i potenti sono rispettati e ascoltati, mentre il povero non ha chi lo ascolti? Come può il popolo rispettare il Signore, se vede che non lo rispettano coloro che più dovrebbero farlo? E’ rispetto al Signore la violazione del suo comando? E perché allora i sacerdoti in Israele hanno possessi e accettano donativi da pubblicani e peccatori, i quali così fanno per avere benigni i sacerdoti, così come questi fanno per avere ricco scrigno? Dio è l’eredità dei suoi sacerdoti. Per essi, Egli, il Padre di Israele, è più che mai Padre, e provvede al cibo come è giusto. Ma non più di quanto sia giusto. Non ha promesso ai suoi servi del Santuario borsa e possessi. Nell’eternità avranno il Cielo per la loro giustizia, come lo avranno Mosé ed Elia e Giacobbe e Abramo, ma su questa terra non devono avere che veste di lino e diadema di incorruttibile oro: purezza e carità, e che il corpo sia servo allo spirito che è servo del Dio vero, e non sia il corpo colui che è signore sullo spirito e contro Dio. M’è stato chiesto con quale autorità Io faccio questo Ed essi con quale autorità profanano il comando di Dio e all’ombra delle sacre mura permettono usura contro i fratelli di Israele, venuti per ubbidire al comando divino? M’è stato chiesto da quale scuola Io provengo ed ho risposto: ‘’Dalla scuola di Dio’’. Sì, Israele, Io vengo e ti riporto a questa scuola santa e immutabile. Chi vuol conoscere la Luce, la Verità, la Vita, chi vuole risentire la voce di Dio parlante al suo popolo, a Me venga. Avete seguito Mosé attraverso i deserti, o voi di Israele. Seguitemi, ché Io vi porto, attraverso a ben più tristo deserto, incontro alla vera Terra beata. Per mare aperto al comando di Dio ad essa vi traggo. Alzando il mio Segno, da ogni male Io vi guarisco. L’ora della Grazia è venuta. L’hanno attesa i Patriarchi e sono morti nell’attenderla. L’hanno predetta i Profeti e sono morti con questa speranza. L’hanno sognata i giusti e sono morti confortati da questo sogno. Ora è sorta. Venite. ‘’Il Signore sta per giudicare il suo popolo e per fare misericordia ai suoi servi’’, come ha promesso per bocca di Mosè.” La gente, assiepata intorno a Gesù, è rimasta a bocca aperta ad ascoltarlo. Poi commenta le parole del nuovo Rabbi e interroga i suoi compagni. Gesù si avvia verso un altro cortile, separato da questo da un porticato. Gli amici lo seguono e la visione ha fine.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 4 Marzo 2012, II Domenica di Quaresima - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,2-10.
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 349 pagina 354.
Chi mai fra gli uomini non ha visto, almeno per una volta, un’alba serena di marzo? Se quest’uno c’è, è un grande infelice, perché ignora una delle grazie più belle della natura risveglia ta da primavera, tornata vergine, fanciulla, quale doveva esserlo nel primo giorno.In questa grazia, che è pura in ogni suo aspetto e cosa - dalle erbe novelle e rugiadose ai fioretti che si dischiudono, co me bimbi che nascono, al primo ridere della luce del giorno; agli uccelli che si destano con un frullo d’ali e dicono il primo cip? interrogativo, preludio a tutti i loro canori discorsi della giornata; all’odore stesso dell’aria che ha perduto nella notte, per il lavacro delle rugiade e l’assenza dell’uomo, ogni corruzio ne di polvere, fumo e sentore di corpi umani -vanno Gesù, gli apostoli e i discepoli. È con essi anche Simone d’Alfeo. Vanno in direzione sud est, valicando i colli che fanno coro na a Nazaret, superando un torrente, traversando una pianura stretta fra i colli nazareni e un gruppo di monti verso est. Questi monti sono preceduti dal cono semitronco del Tabor che mi ricorda stranamente, nella sua vetta, la lucerna dei nostri ca rabinieri vista di profilo.Lo raggiungono. Gesù si ferma e dice: «Pietro, Giovanni e Giacomo di Zebedeo vengano con Me sul monte. Voi spargetevi alla sua base, dividendovi verso le strade che la costeggiano, e predicate il Signore. Verso sera voglio essere di nuovo a Naza ret. Non allontanatevi dunque molto. La pace sia con voi». E volgendosi ai tre chiamati dice: «Andiamo». E prende la salita senza più volgersi indietro e con un passo così sollecito che fa faticare Pietro a stargli dietro.In un momento di sosta Pietro, rosso e sudato, gli chiede col fiato grosso: «Ma dove andiamo? Non ci sono case sul monte. Sul la cima quella vecchia fortezza. Vuoi andare a predicare là?».«Avrei preso l’altro versante. Ma tu vedi che gli volgo le spalle. Non andremo alla fortezza, e chi è in essa non ci vedrà neppure. Vado ad unirmi col Padre mio, e vi ho voluti con Me perché vi amo. Su, lesti!». «Oh! mio Signore! Non potremmo andare un poco più ada gio, invece, e parlare di quanto abbiamo sentito e visto ieri, che ci ha tenuti desti tutta la notte per parlarne?». «Agli appuntamenti di Dio si va sempre veloci. Forza, Simon Pietro! Lassù vi farò riposare». E riprende a salire...
(Dice Gesù: «Qui innestate la Trasfigurazione avuta il 5 agosto 1944, ma senza il dettato unito alla stessa. Finito di co piare la Trasfigurazione dello scorso anno, P. M. copierà ciò che ti mostro ora»).
5 agosto 1944.
Sono col mio Gesù su un alto monte. Con Gesù sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Salgono ancor più in alto e l’occhio spazia per aperti orizzonti che un bel giorno sereno rende netti nei particolari fino nelle lontananze. Il monte non fa parte di un sistema montano come è quello della Giudea; sorge isolato avendo, rispetto al luogo dove ci tro viamo, l’oriente in faccia, il nord alla sinistra, il sud a destra e dietro, a ovest, la vetta che si alza di ancora qualche centinaio di passi. È molto elevato e l’occhio è libero di vedere per un lar go raggio. Il lago di Genezaret pare un lembo di cielo sceso a incasto narsi fra il verde della terra, una turchese ovale chiusa da sme raldi di diverse gradazioni, uno specchio che tremula e si incre spa a un vento lieve e sul quale scivolano, con agilità di gabbia ni, le barche dalle vele spiegate, leggermente curvate verso l’onda azzurrina, proprio con la grazia del volo candido di un alcione, scorrente l’onda in cerca di preda. Poi ecco che dalla vasta turchese esce una vena, di un azzurro più pallido là dove il greto è più ampio, e più scuro là dove le rive si stringono e l’acqua è più profonda e cupa per l’ombra che vi gettano gli al beri che crescono vigorosi presso il fiume, nutriti dal suo umo re. Il Giordano pare una pennellata quasi rettilinea nel verde della pianura.Dei paeselli sono sparsi per la pianura al di qua e al di là del fiume. Alcuni sono proprio un pugno di case, altri sono più vasti, già arieggianti a cittadine. Le vie maestre sono rughe giallognole fra il verde. Ma qua, dalla parte del monte, la pia nura è molto più coltivata e fertile, molto bella. Si vedono le di verse colture coi loro diversi colori ridere al bel sole che scende dal cielo sereno.Deve essere primavera, forse marzo, se calcolo la latitudine della Palestina, perché vedo i grani già alti, ma ancora verdi, ondulare come un mare glauco, e vedo i pennacchi dei più pre coci fra gli alberi da frutto mettere come delle nuvolette bianche e rosee su questo piccolo mare vegetale, poi prati tutti in fiore per gli alti fieni sui quali pecorelle pascolanti paiono mucchietti di neve ammucchiata qua e là sul verde.Proprio vicino al monte, sulle colline che ne sono la base, basse e brevi colline, sono due cittadine, una verso sud, una verso nord. La pianura fertilissima si estende specialmente e più ampiamente verso il sud. Gesù, dopo una breve sosta al fresco di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite fatica palese mente, riprende a salire. Va fin quasi sulla vetta, là dove è un pianoro erboso che ha un semicerchio di alberi verso la costa. «Riposate, amici. Io vado là a pregare». E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che affiora dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’interno, la vetta.Gesù si inginocchia sulla terra erbosa e appoggia le mani e il capo al masso, nella posa che prenderà anche nella preghiera del Getsemani. Il sole non lo colpisce perché la vetta lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso è tutto lieto di sole, sino al limi te d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si sono seduti gli apostoli. Pietro si leva i sandali e ne scuote via polvere e sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba fresca, quasi steso, col ca po su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla come un guanciale. Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco d’albero al quale appoggia il suo mantello e su questo le spalle. Giovanni resta seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco, il silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto e così le pal pebre sugli occhi. Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.6Li scuote una luminosità così viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei cespugli e alberi sotto cui si sono messi. Aprono gli occhi stupiti e vedono Gesù trasfigurato. Egli è ora tale e quale come lo vedo nelle visioni del Paradiso. Natu ralmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce. Ma la maestà del Volto e del Corpo è uguale, uguale ne è la lumino sità, e uguale la veste che da un rosso cupo si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto immateriale che lo veste in Cielo. Il suo Viso è un sole dalla luce siderale ma intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro. Sembra più alto ancora, come la sua glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la luminosità, che rende persino fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul suo Signore tutta la luce che è nell’universo e nei cieli. So che è qualche cosa di indescrivibile. Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perché fra Lui e il verde del prato vi è come un vaporare di luce, uno spazio dato unicamente da una luce sul quale pare Egli si eri ga. Ma è tanto viva che potrei anche ingannarmi, e il non vede re più il verde dell’erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser provocato da questa luce intensa che vibra e fa onde come si ve de talora nei grandi fuochi. Onde, qui, di un colore bianco, in candescente. Gesù sta col Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che lo sublima. Gli apostoli ne hanno quasi paura e lo chiamano, perché non pare più a loro che sia il loro Maestro tanto è trasfigurato. «Mae stro, Maestro», chiamano piano ma con ansia. Egli non sente. «È in estasi» dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?». I tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano. La Luce aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di Gesù. Quando sono stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due maestosi e lumi nosi personaggi. L’uno più anziano, dallo sguardo acuto e severo e da una lunga barba bipartita. Dalla sua fronte partono corni di luce che me lo indicano per Mosè. L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù come il Battista, al quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione e seve rità. Mentre la luce di Mosè è candida come è quella di Gesù, specie nei raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva. I due Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene Questi parli loro con famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente. Non comprendo nep pure una delle parole dette.I tre apostoli cadono a ginocchio tremanti, col volto fra le mani. Vorrebbero vedere, ma hanno paura.Finalmente Pietro parla: «Maestro, Maestro. Odimi». Gesù gira lo sguardo con un sorriso verso il suo Pietro, che si rinfran ca e dice: «È bello lo stare qui con Te, Mosè e Elia. Se vuoi fac ciamo tre tende per Te, per Mosè e per Elia, e noi stiamo qui a servirvi...». Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente. Guarda an che Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li abbraccia con amore. Anche Mosè e Elia guardano i tre fissamente. I loro oc chi balenano. Devono essere come raggi che penetrano i cuori.Gli apostoli non osano dire altro. Intimoriti, tacciono. Sem brano un poco ebbri come chi è sbalordito. Ma quando un velo che non è nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi dietro uno schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li nasconde alla vista dei tre, e una Voce potente e armonica vibra ed empie di sé lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba. «Questo è il mio Figliuolo diletto, nel quale mi sono compia ciuto. Ascoltatelo». Pietro nel gettarsi bocconi esclama: «Misericordia di me, peccatore! È la Gloria di Dio che scende!». Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse prossimo a sve nire: «Il Signore parla!». Nessuno osa alzare la testa anche quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il tornare della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto so lo e tornato il Gesù solito nella sua veste rossa. Egli cammina verso loro sorridendo e li scuote e tocca e chiama per nome. «Alzatevi. Sono Io. Non temete» dice, perché i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro peccati, temendo che sia l’Angelo di Dio che vuoi mostrarli all’Altissimo. «Levatevi, dunque. Ve lo comando» ripete Gesù con imperio. Essi alzano il volto e vedono Gesù che sorride. «Oh! Maestro, Dio mio!» esclama Pietro. «Come faremo a viverti accanto ora che abbiamo visto la tua gloria? Come fare mo a vivere fra gli uomini, e noi, uomini peccatori, ora che ab biamo udito la voce di Dio?». «Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fine. Siatene degni perché il tempo è vicino. Ubbidite al Padre mio e vostro. Torniamo ora fra gli uomini, perché sono venuto per stare fra essi e per portare essi a Dio. Andiamo. Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli. Avrete parte alla mia più completa gloria. Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno. Neppure ai compagni. Quando il Figlio dell’uomo sarà risuscitato dai morti e tornato nella gloria del Padre, allo ra parlerete. Perché allora occorrerà credere per aver parte nel mio Regno». «Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno? I rabbi dicono così». «Elia è già venuto ed ha preparato le vie al Signore. Tutto avviene come è stato rivelato. Ma coloro che insegnano la Rive lazione non la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei tempi e i messi di Dio. Elia è tornato una volta. La seconda verrà quando il tempo ultimo sarà vicino per preparare gli ultimi a Dio. Ma ora è venuto per preparare i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto riconoscere e lo hanno tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Fi glio dell’uomo, perché gli uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».I tre chinano la testa pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a Gesù.
[3 dicembre 1945]. ...Ed è ancora Pietro che dice, in una sosta a mezza via: «Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri: “Perché ci hai fatto questo?”.; e anche dico: “Perché ci hai detto questo?”. Le tue ultime parole hanno cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri cuori! Gran giorno di paure questo! Prima ci ha fatto paura la grande luce che ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a raggiare sul ripiano, sotto i nostri occhi; poi il tuo aspetto e il tuo staccarti dal suolo come fossi per volare via. Ho avuto paura che Tu, disgustato dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine dell’Altissimo. Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo tempo non potevano più vedere senza velo tanto splendeva sul suo volto il riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio, e Elia... Misericordia divina! Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e tut ti i peccati della mia vita, da quando rubavo le frutta nella di spensa da piccino, all’ultimo di averti mal consigliato giorni so no, mi sono venuti alla mente. Con che tremore me ne sono pentito! Poi mi parve che mi amassero quei due giusti... e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perché io non merito l’amore di simili spiriti. E dopo... e dopo!... La paura delle paure! La voce di Dio!... Geové che ha parlato! A noi! Ci ha detto: “Ascoltatelo!». Tu. E ti ha proclamato “suo Fi glio diletto nel quale Egli si compiace”. Che paura! Geové!... a noi!... Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!... Quando Tu ci hai toccato, e le tue dita ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato e che l’Angelo mi toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo... Ma come ha fatto tua Madre a vedere... a sentire... a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto ieri, senza morire, Lei che era sola, giovanetta, senza di Te?». «Maria, la Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio. Eva non ne aveva paura finché fu innocente. Ed Io c’ero. Io, il Padre e lo Spirito, Noi, che siamo in Cielo e in Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro Tabernacolo nel cuore di Maria» dice dolcemente Gesù. «Che cosa! Che cosa!... Ma dopo Tu hai parlato di morte... E ogni gioia è finita... Ma perché proprio a noi tre tutto questo? Non era bene darla a tutti questa visione della tua gloria?». «Appunto perché tramortite udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’uomo, l’Uomo-Dio vi ha vo luto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò che Io sarò dopo la Morte. Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo... Avete capito?». «Oh! sì, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile raccontare. Ci direbbero “ebbri”». Tornano ad andare verso la valle. Ma, giunti ad un punto, Gesù piega per un viottolo ripido in direzione di Endor, ossia dal lato opposto di quello nel quale ha lasciato i discepoli.«Non li troveremo» dice Giacomo. «Il sole inizia la discesa. Si staranno radunando in tua attesa nel luogo dove li lasciasti». «Vieni e non crearti stolti pensieri».Infatti, come la boscaglia si apre in una prateria che scende mollemente a toccare la via maestra, vedono tutta la massa dei discepoli, accresciuta da viandanti curiosi, da scribi venuti da non so dove, agitarsi alla base del monte. «Ohimè! Scribi!... E disputano già!» dice Pietro accennando li. E scende gli ultimi metri a malincuore.Ma anche quelli giù in basso li hanno visti e se li accennano e poi si danno a correre verso Gesù, gridando: «Come mai, Maestro, da questa parte? Stavamo per venire al posto detto. Ma ci hanno trattenuti in dispute gli scribi e in suppliche un padre affannato». «Di che disputavate fra voi?».«Per un indemoniato. Gli scribi ci hanno scherniti perché non abbiamo potuto liberarlo. Ci si è messo Giuda di Keriot da capo, di puntiglio. Ma fu inutile. Allora abbiamo detto: “Mettetevici voi”. Hanno risposto: “Non siamo esorcisti”. Per caso sono passati alcuni venienti da Caslot-Tabor, fra i quali erano due esorcisti. Ma anche loro niente. Ecco il padre che viene a pre garti. Ascoltalo». Un uomo, infatti, viene avanti supplichevole e si inginocchia davanti a Gesù rimasto sul prato in pendenza, di modo che è più alto della via di almeno tre metri e ben visibile a tutti, perciò. «Maestro» gli dice l’uomo, «io venivo a Cafarnao con il figlio mio per cercare Te. Te lo portavo, l’infelice figlio mio, perché Tu lo liberassi, Tu che cacci i demoni e guarisci ogni malattia. Egli è preso spesso da uno spirito muto. Quando lo prende, egli non può più che fare gridi rochi, come una bestia che si strozza. Lo spirito lo butta a terra ed egli là si rotola digrignando i denti, spumando come un cavallo che morda il morso, e si ferisce o ri schia di morire affogato o bruciato, oppure sfracellato, perché lo spirito più di una volta lo ha buttato nell’acqua, nel fuoco, o giù dalle scale. I tuoi discepoli ci si sono provati, ma non hanno potuto. Oh! Signore buono! Pietà di me e del mio fanciullo!». Gesù fiammeggia di potenza mentre grida: «O generazione perversa, o turba satanica, legione ribelle, popolo dell’inferno incredulo e crudele, fino a quando dovrò stare a contatto con te? Fino a quando ti dovrò sopportare?». È imponente, tanto che si fa un silenzio assoluto e cessano i sogghigni degli scribi. Gesù dice al padre: «Alzati e portami qui tuo figlio». L’uomo va e torna con altri uomini, al centro dei quali è un ragazzo sui dodici-quattordici anni. Un bel fanciullo, ma dallo sguardo un poco ebete, come fosse sbalordito. Sulla fronte ros seggia una lunga ferita e più sotto biancheggia una cicatrice antica. Non appena vede Gesù che lo fissa coi suoi occhi ma gnetici, ha un grido roco e un contorcimento convulsivo di tutto il corpo, mentre cade a terra spumando e rotando gli occhi, di modo che appare solo il bulbo bianco, mentre si rotola per terra nella caratteristica convulsione epilettica. Gesù viene avanti qualche passo per giungergli vicino e di ce: «Da quando gli avviene ciò? Parla forte, che tutti sentano». E l’uomo, urlando, mentre il cerchio della folla si stringe e gli scribi si mettono più in alto di Gesù per dominare la scena, dice: «Fin da bambino. Te l’ho detto: spesso cade nel fuoco, nell’acqua o giù dalle scale e dagli alberi, perché lo spirito lo as sale all’improvviso e lo scaraventa così per finirlo. È tutto pieno di cicatrici e di bruciature. Molto è se non è rimasto acciecato dalle fiamme del focolare. Nessun medico, nessun esorcista, neppure i tuoi discepoli lo hanno potuto guarire. Ma Tu, se, co me credo fermamente, puoi qualche cosa, abbi pietà di noi e soccorrici».«Se puoi credere così, tutto mi è possibile, perché tutto è concesso a chi crede».«Oh! Signore, se io credo! Ma se ancora non credo a suffi cienza, aumenta Tu la mia fede, perché sia completa e ottenga il miracolo» dice l’uomo piangendo, inginocchiato presso il fi glio più che mai in convulsione. Gesù si raddrizza, si tira indietro due passi e, mentre la folla più che mai stringe il suo cerchio, grida forte: «Spirito ma ledetto, che fai sordo e muto il fanciullo e lo tormenti, Io te lo comando: esci da lui e non rientrarvi mai più!». Il fanciullo, pur stando coricato al suolo, fa dei balzi paurosi, puntando testa e piedi ad arco, e ha gridi disumani; poi, dopo un ultimo balzo, nel quale si rivolta bocconi battendo la fronte e la bocca su un masso emergente dall’erba, che si fa rossa di sangue, resta immoto.«È morto!» gridano in molti. «Povero fanciullo!», «Povero padre!» compiangono i migliori. E gli scribi, ghignando: «Ti ha servito bene il Nazareno!», oppure: «Maestro, come è? Questa volta Belzebù ti ha fatto fare brutta figura...», e ridono veleno samente. Gesù non risponde a nessuno. Neppure al padre, che ha ri voltato il figlio e gli asciuga il sangue della fronte e delle labbra ferite, gemendo, invocando Gesù. Ma si china, il Maestro, e prende per mano il fanciullo. E questo apre gli occhi con un sospirone, come si destasse da un sonno, si siede e sorride. Gesù lo attira a Sé, lo fa alzare in piedi e lo consegna al padre, men tre la folla grida di entusiasmo e gli scribi fuggono, inseguiti dalle beffe della folla...«E ora andiamo» dice Gesù ai suoi discepoli. E, congedata la folla, gira il fianco del monte portandosi sulla via già fatta al mattino.
Dice Gesù:«E ora qui P M. può mettere il commento alla visione del 5 agosto 1944 (quaderno A 930) cominciando dalle parole: “Non ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve avere parte meco nel la gloria”. E tu riposa, fedele, piccolo Giovanni, ché il tuo riposo è ben meritato. La mia pace sia gioia in te».
[5 agosto 1944]. Dice Gesù: «Ti ho preparata a meditare la mia Gloria. Domani la Chiesa la celebra. Ma Io voglio che il mio piccolo Giovanni la veda nella sua verità per comprenderla meglio. Non ti eleggo soltan to a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve aver parte meco nella gioia. Voglio che tu, davanti al tuo Gesù che ti si mostra, abbia gli stessi sentimenti di umiltà e pentimento dei miei apostoli.Mai superbia. Saresti punita perdendomi.Continuo ricordo di Chi sono Io e di chi sei tu.Continuo pensiero alle tue manchevolezze e alla mia perfe zione per avere un cuore lavato dalla contrizione. Ma insieme anche tanta fiducia in Me.Io ho detto: “Non temete. Alzatevi. Andiamo. Andiamo fra gli uomini perché sono venuto per stare con essi. Siate santi, forti e fedeli per ricordo di quest’ora”. Lo dico anche a te e a tutti i miei prediletti fra gli uomini, a quelli che mi hanno in maniera speciale.Non temete di Me. Mi mostro per elevarvi, non per incene rirvi. Alzatevi: la gioia del dono vi dia vigoria e non vi ottunda nel sopore del quietismo, credendovi già salvi perché vi ho mostra to il Cielo.Andiamo insieme fra gli uomini. Vi ho invitati a sovrumane opere con sovrumane visioni e lezioni perché possiate essermi di maggiore aiuto. Vi associo alla mia opera. Ma Io non ho cono sciuto e non conosco riposo. Perché il Male non riposa mai e il Bene deve essere sempre attivo per annullare il più che si può l’opera del Nemico. Riposeremo quando il Tempo sarà compiu to. Ora occorre andare instancabilmente, operare continuamen te, consumarsi indefessamente per la messe di Dio. Il mio con tatto continuo vi santifichi, la mia lezione continua vi fortifichi, il mio amore di predilezione vi faccia fedeli contro ogni insidia.Non siate come gli antichi rabbini che insegnavano la Rive lazione e poi non le credevano al punto da non riconoscere i se gni dei tempi e i messi di Dio. Riconoscete i precursori del Cri sto nel suo secondo avvento, poiché le forze dell’Anticristo sono in marcia e, facendo eccezione alla misura che mi sono imposta, perché conosco che bevete a certe verità non per spirito sopran naturale ma per sete di curiosità umana, vi dico in verità che quello che molti crederanno vittoria sull’Anticristo, la pace or mai prossima, non sarà che sosta per dare tempo al Nemico del Cristo di ritemprarsi, medicarsi delle ferite, riunire il suo esercito per una più crudele lotta.Riconoscete, voi che siete le “voci” di questo vostro Gesù, del Re dei re, del Fedele e Verace che giudica e combatte con giusti zia e sarà il Vincitore della Bestia e dei suoi servi e profeti, ri conoscete il vostro Bene e seguitelo sempre. Nessun bugiardo aspetto vi seduca e nessuna persecuzione vi atterri. La vostra “voce” dica le mie parole. La vostra vita sia per quest’opera. E se avrete sorte, sulla terra, comune al Cristo, al suo Precursore e ad Elia, sorte cruenta o sorte tormentata da sevizie morali, sorridete alla vostra sorte futura e sicura che avrete comune con Cristo, con il suo Precursore, col suo Profeta.Pari nel lavoro, nel dolore e nella gloria. Qui Io Maestro ed Esempio. Là Io Premio e Re. Avermi sarà la vostra beatitudine. Sarà dimenticare il dolore. Sarà quanto ogni rivelazione è an cora insufficiente a farvi capire, perché troppo superiore è la gioia della vita futura alla possibilità di immaginare della crea tura ancora unita alla carne».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/