"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 3 ottobre 2021 - XXVII Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 10,2-16.
In quel tempo, avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?».
Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».
Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.
Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina;
per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
Sicché non sono più due, ma una sola carne.
L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse:
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei;
se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 357 pagina 418 - CD 5, traccia 62
[...]8È mattina. Una mattina di marzo. Perciò schiarite e nuvole si alternano nel cielo. Ma le nuvole soverchiano le schiarite, tendendo ad impossessarsi del cielo. Un’aria calda soffia a re­spiri sincopati e fa pesante l’aria, velandola di una polvere ve­nuta forse dalle zone dell’altipiano.
«Se non muta vento, questa è acqua!» sentenzia Pietro uscendo dalla casa con gli altri.
Ultimo esce Gesù, che si accomiata dalle padrone di casa, mentre il padrone si unisce a Lui. Si dirigono verso una piazza.
Dopo pochi passi li ferma un graduato romano che è insieme a dei militi. «Sei Tu Gesù di Nazaret?».
«Lo sono».
«Che fai?».
«Parlo alle turbe».
«Dove?».
«In piazza».
«Parole sediziose?».
«No. Precetti di virtù».
«Bada! Non mentire. Roma ne ha basta di falsi dèi».
«Vieni tu pure. Vedrai che non mento».
L’uomo che ha ospitato Gesù sente il dovere di interloquire: «Ma da quando tante domande a un rabbi?».
«Denunzia di uomo sedizioso».
«Sedizioso? Lui? Ma tu prendi abbaglio, Mario Severo! Que­sto è l’uomo più mite della terra. Te lo dico io».
Il graduato si stringe nelle spalle e risponde: «Meglio per Lui. Ma così ebbe denunzia il centurione. Vada pure. È avvisato». E si volta tutto di un pezzo, andandosene coi subalterni.
«Ma chi può essere stato? Io non capisco!» dicono in diversi.
Gesù risponde: «Lasciate di capire. Non serve. Andiamo mentre molti sono sulla piazza. Poi partiremo anche di qui».

9La piazza deve essere una piazza piuttosto commerciale. Non è un mercato ma poco meno, perché cinta di fondachi in cui sono depositi di merce di ogni genere. E la gente si affolla in essi. Perciò vi è molta gente sulla piazza e qualcuno ammicca a Gesù e presto un cerchio di gente è intorno al «Nazareno». Un cerchio composto di ogni genere e classe e nazione. Chi c’è per venerazione, chi per curiosità.
Gesù fa cenno di parlare.
«Udiamolo!» dice un romano che esce da un magazzino.
«Non ci sarà da sentire una lamentazione?» gli risponde un suo simile.
«Non lo credere, Costanzo. È meno indigesto di uno dei soli­ti retori nostri».
«A chi mi ascolta, pace! È detto nell’Esdra, nella preghiera di Esdra: “E che diremo ora, o Dio nostro, dopo le cose avvenu­te? Che, se abbiamo abbandonato i tuoi comandamenti da Te intimati a mezzo dei tuoi servi...”».
«Fermati, Tu che parli. Il soggetto te lo diamo noi» urla un pugno di farisei che si fanno largo fra la gente. Quasi subito riappare la scorta armata e si ferma all’angolo più vicino. I fa­risei sono ora di fronte a Gesù. «Sei Tu il Galileo? Gesù di Nazaret sei?».
«Lo sono!».
«Lode a Dio che ti abbiamo trovato!». Veramente hanno cer­ti ceffi così astiosi che non mostrano di essere in gioia per l’in­contro...
Il più vecchio parla: «Ti seguiamo da molti giorni, arrivando sempre dopo che Tu sei partito».
«Perché mi seguite?».
«Perché sei il Maestro e vogliamo essere ammaestrati in un punto oscuro della Legge».
«Non vi sono punti oscuri nella Legge di Dio».
«In essa no. Ma, eh! eh!... Ma sulla Legge sono venute le “so­vrapposizioni”, come Tu dici, eh! eh!... e hanno fatto oscurità».
«Penembra, al massimo. E basta volgere l’intelletto a Dio per distruggere esse pure».
«Non tutti lo sanno fare. Noi, per esempio, rimaniamo in penombra. Tu sei il Rabbi, eh! eh! Aiutaci dunque».

10«Che volete sapere?».
Volevamo sapere se è lecito all’uomo ripudiare per un motivo qualsiasi la propria moglie. È una cosa che spesso avviene, ed ogni volta crea molto rumore là dove avviene. Si rivolgono a noi per sapere se è lecito. E noi, a seconda del caso, rispondiamo».
«Approvando l’avvenuto nel novanta per cento dei casi. E il dieci per cento che resta disapprovato è nella categoria dei po­veri o dei nemici vostri».
«Come lo sai?».
«Perché così avviene in tutte le cose umane. E unisco nella categoria la terza classe, quella che, se fosse lecito il divorzio, più ne avrebbe diritto, perché quella dei veri casi penosi, quali una lebbra incurabile, oppure una condanna a vita, o malattie innominabili... ».
«Allora per Te non è mai lecito?».
«Né per Me, né per l’Altissimo, né per nessuno che sia di animo retto. Non avete letto che il Creatore, nel principio dei giorni, creò l’uomo e la donna? E li creò maschio e femmina; e non aveva bisogno di farlo, ché, se avesse voluto, avrebbe potu­to, per il re della creazione, fatto a sua immagine e somiglian­za, creare altro modo di procreazione, e ugualmente buono sa­rebbe stato, pur essendo dissimile da ogni altro naturale. E dis­se: “Così per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la moglie e i due saranno una sola carne”. Dunque Dio li congiunse in una sola unità. Non sono dunque più “due” ma “una” sola carne. Ciò che Dio ha congiunto, perché vide che “è buona cosa”, l’uomo non lo divida, perché se così avvenisse cosa non più buona sarebbe».

11«Ma perché allora Mosè disse: “Se un uomo ha preso una donna con sé, ma essa non ha trovato grazia ai suoi occhi per qualcosa di turpe, egli scriverà un libello di ripudio, glielo con­segnerà in mano e la manderà via di casa sua”?».
«Lo disse per la durezza del vostro cuore. Per evitare, con un ordine, dei disordini troppo gravi. Per questo vi permise di ripudiare le mogli. Ma dal principio non fu così. Perché la don­na è da più della bestia, la quale è, a seconda del capriccio del padrone o delle libere circostanze di natura, sottoposta a que­sto o a quel maschio, carne senz’anima che si accoppia per ri­produrre. Le vostre mogli hanno un’anima come voi l’avete, e non è giusto che voi la calpestiate senza sentirne compassione. Ché se è detto nella condanna: “Tu sarai sottoposta alla potestà del marito ed egli ti dominerà”, ciò deve avvenire secondo giu­stizia e non con prepotenza che lede i diritti dell’anima libera e degna di rispetto. Voi, ripudiando, come lecito non vi è, portate offesa all’anima della vostra compagna, alla carne gemella che alla vostra si è unita, al tutto che è la donna che avete sposata esigendo la sua onestà, mentre, o spergiuri, andate ad essa di­sonesti, menomati, talora corrotti, e continuate ad esserlo, co­gliendo ogni occasione per poterla colpire e dare maggior cam­po alla libidine insaziabile che è in voi. Prostitutori delle mogli vostre! Per nessun motivo potete separarvi dalla donna che vi è congiunta secondo la Legge e la Benedizione. Solo nel caso che la grazia vi tocchi, e comprendiate che la donna non è un pos­sesso ma un’anima, e perciò ha diritti uguali ai vostri di essere riconosciuta parte dell’uomo e non suo oggetto di piacere, e solo nel caso che sia tanto duro il vostro cuore da non sapere elevar­la a moglie, dopo averla goduta come una prostituta, solo nel caso di levare questo scandalo di due che convivono senza bene­dizione di Dio sulla loro unione, voi potete rimandarla. Perché allora la vostra non è unione ma fornicazione, e sovente senza onore di figli, perché disciolti contro natura o allontanati come vergogna. In nessun altro caso. In nessun altro. Perché se figli illegittimi avete dalla vostra concubina, avete il dovere di porre fine allo scandalo sposandola, se liberi siete. Non contemplo il caso dell’adulterio consumato ai danni della moglie ignara. Per quello sono sante le pietre della lapidazione e le fiamme dello Sceol. Ma per chi rimanda la propria moglie legittima perché di essa è sazio e ne prende un’altra, non c’è che una sentenza: co­stui è adultero. E adultero è chi prende la ripudiata, perché se l’uomo si è arrogato il diritto di separare ciò che Dio ha con­giunto, l’unione matrimoniale continua, agli occhi di Dio, e ma­ledetto è chi passa a seconda moglie senza essere vedovo. E ma­ledetto è chi riprende la donna prima sua e poi, rimandatala per ripudio e abbandonatala alle paure della vita, onde essa ce­de a nuove nozze per il suo pane, la riprende se resta vedova del secondo marito. Perché, anche che vedova sia, ella fu adul­tera per colpa vostra, e voi raddoppiereste il suo adulterio. Ave­te compreso, o farisei che mi tentate?».
Questi se ne vanno scornati, senza rispondere.

12«Severo è l’uomo. Se fosse a Roma vedrebbe però che il fango ribolle ancor più fetente» dice un romano.
Anche alcuni di Gadara brontolano: «Dura cosa essere uo­mini, se bisogna essere casti così!...».
E alcuni più forte: «Se tale è la condizione dell’uomo rispet­to alla donna, meglio stare senza nozze».
E questa ragione ripetono anche gli apostoli mentre ripiglia­no la via verso la campagna, dopo aver lasciato quelli di Gada­ra. Lo dice Giuda con scherno. Lo dice Giacomo di Zebedeo con rispetto e riflessione; e Gesù risponde all’uno e all’altro:
«Non tutti capiscono questo, né lo capiscono bene. Alcuni in­fatti preferiscono il celibato per essere liberi di secondare i vizi. Altri per evitare di poter peccare essendo mariti non buoni. Ma solo alcuni, ai quali è concesso, comprendono la bellezza di es­sere scevri di sensualità e di anche onesta fame di donna. E so­no i più santi, i più liberi, i più angelici sulla terra. Parlo di co­loro che si fanno eunuchi per il Regno di Dio. Ci sono negli uo­mini quelli che nascono tali. Altri che tali vengono fatti. I primi sono mostruosità che devono suscitare compassione, i secondi abusi che vanno repressi. Ma c’è infine la terza categoria: di eunuchi volontari che, senza usarsi violenza, e perciò con dop­pio merito, sanno aderire alla richiesta di Dio e vivono da ange­li perché l’abbandonato altare della terra abbia ancora fiori e incensi per il Signore. Costoro negano alla parte inferiore sod­disfacimento per crescere la parte superiore, onde fiorisca in Cielo nelle aiuole più prossime al trono del Re. E in verità vi di­co che non sono dei mutilati, ma sono degli esseri dotati di ciò che manca ai più fra gli uomini. Non oggetto perciò di stolto scherno, ma anzi di grande venerazione. Comprenda ciò chi de­ve, e rispetti, se può».
Gli ammogliati fra gli apostoli bisbigliano fra loro.
«Che avete?» chiede Gesù.
«E noi? Noi non sapevamo questo e abbiamo preso donna. Ma ci piacerebbe essere come Tu dici...» dice per tutti Bartolomeo.
«Né vi è interdetto farlo d’ora in poi. Vivete in continenza, vedendo nella compagna la sorella, e grande merito ne avrete agli occhi di Dio. Ma affrettate il passo. Per essere a Pella pri­ma della pioggia».

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 26 settembre 2021 - XXVI Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,38-43.45.47-48.
Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri».
Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me.
Chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare.
Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.
Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna.
Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna,
dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 352 pagina 372 - CD 5, traccia 57
[...] 13E guardatevi dallo scandalizzare uno di questi piccoli il cui occhio vede Iddio. Non si deve mai dare scandalo a nessuno. Ma guai, tre volte guai, chi sfiora il candore ignaro dei fanciulli! Lasciateli angeli più che potete. Troppo ripugnante è il mondo e la carne per l’anima che viene dai Cieli! E il fanciullo, per la sua innocenza, è ancora tutt’anima. Abbiate rispetto all’ani­ma del fanciullo e al suo stesso corpo, come avete rispetto al luogo sacro. Sacro è anche il fanciullo perché ha Dio in sé. In ogni corpo è il tempio dello Spirito. Ma il tempio del fanciullo è il più sacro e profondo, è oltre il doppio Velo. Non scuotete neppure le tende della sublime ignoranza della concupiscenza col vento delle vostre passioni.
Io vorrei un fanciullo in ogni famiglia, in mezzo ad ogni accolta di persone, perché fosse di freno alle passioni degli uomini. Il fanciullo santifica, dà ristoro e freschezza solo col raggio dei suoi occhi senza malizia.
Ma guai a coloro che levano santità al fanciullo col loro modo di agire scandaloso! Guai a coloro che con le loro licenze danno malizie ai fanciulli! Guai a coloro che con le loro parole e ironie ledono la fede in Me dei fanciulli! Sarebbe meglio che a tutti questi si legasse al collo una pietra da macina e si gettassero in mare perché affogassero col loro scandalo. Guai al mondo per gli scandali che dà agli innocenti! Perché se è inevitabile che avvengano scandali, guai all’uomo che per sua causa li provoca.
Nessuno ha il diritto di fare violenza al suo corpo e alla sua vita. Perché vita e corpo ci vengono da Dio, e solo Lui ha diritto di prenderne delle parti o il tutto. Ma però Io vi dico che se la vostra mano vi scandalizza è meglio che la mozziate, che se il vostro piede vi porta a dare scandalo è bene che voi lo mozziate. Meglio per voi entrare monchi o zoppi nella Vita che essere gettati nel fuoco eterno con le due mani e i due piedi. E se non basta avere mozzo un piede o una mano, fate che vi siano mozzati anche l’altra mano o l’altro piede, per non fare più scandalo e per avere tempo da pentirvi prima di essere lanciati dove il fuoco non si estingue, e rode come un verme in eterno. E se è il vostro occhio che vi è cagione di scandalo, cavatevelo. È meglio essere orbi di un occhio che essere nell’inferno con tutti e due. Con un occhio solo, o anche senz’occhi, giunti al Cielo vedreste la Luce, mentre coi due occhi scandalosi, tenebre e orrore vedreste nell’inferno. E questo solo.
14Ricordatevi tutto questo. Non disprezzate i piccoli, non scandalizzateli, non derideteli. Sono da più di voi, perché i loro angeli vedono sempre Iddio che dice loro le verità da rivelare ai fanciulli e a quelli dal cuor di fanciullo.
E voi come fanciulli amatevi fra di voi. Senza dispute, senza orgogli. State in pace fra voi. Abbiate spirito di pace con tutti. Fratelli siete, nel nome del Signore, e non nemici. Non ci sono, non ci devono essere dei nemici per i discepoli di Gesù. L’unico Nemico è Satana. Di quello siate nemici acerrimi, scendendo in battaglia contro di lui e contro i peccati che portano Satana nei cuori.
Siate instancabili nel combattere il Male quale che sia la forma che assume. E pazienti. Non c’è limitazione all’operare dell’apostolo, perché non c’è limitazione all’operare del Male. Il demonio non dice mai: “Basta. Ora sono stanco e mi riposo”. Egli è l’instancabile. Passa agile come il pensiero, e più ancora, da questo a quell’uomo, e tenta e prende, e seduce, e tormenta, e non dà pace. Assale proditoriamente e abbatte se non si è più che vigilanti. Delle volte si insedia da conquistatore per debolezza dell’assalito, altre vi entra da amico, perché il modo di vivere della preda cercata è già tale da essere alleanza col Nemico. Tal’altra, scacciato da uno, gira e piomba sul migliore, per farsi vendetta dello smacco avuto da Dio o da un servo di Dio. Ma voi dovete dire ciò che dice lui: “Io non riposo”. Lui non riposa per popolare l’inferno. Voi non dovete riposare per popolare il Paradiso. Non dategli quartiere. Io vi predìco che più lo combatterete più vi farà soffrire. Ma non dovete tenere conto di ciò. Egli può scorrere la terra. Ma nel Cielo non penetra. Perciò là non vi darà più noia. E là saranno tutti quelli che lo hanno combattuto...».
15Gesù si interrompe bruscamente e chiede: «Ma insomma, perché date sempre noia a Giovanni? Che vogliono da te?».
Giovanni si fa rosso come una fiamma e Bartolomeo, Tommaso, l’Iscariota chinano la testa vedendosi scoperti.
«Ebbene?» chiede con imperio Gesù.
«Maestro, i miei compagni vogliono che io ti dica una cosa».
«Dilla, dunque».
«Oggi, mentre Tu eri da quel malato, e noi giravamo per il paese come Tu avevi detto, abbiamo visto un uomo, che non è tuo discepolo e che neppure mai abbiamo notato fra quelli che ascoltano la tua dottrina, il quale cacciava dei demoni in tuo nome da un gruppo di pellegrini che andavano a Gerusalemme. E ci riusciva. Ha guarito uno che aveva un tremito che gli impediva ogni lavoro, e ha reso la favella ad una fanciulla che era stata assalita nel bosco da un demonio in forma di cane che le aveva legato la lingua. Egli diceva: “Vattene, demonio maledetto, in nome del Signore Gesù il Cristo, Re della stirpe di Davide, Re d’Israele. Egli è il Salvatore e Vincitore. Fuggi davanti al suo Nome!»., e il demonio fuggiva realmente. Noi ci siamo risentiti. E glielo abbiamo proibito. Ci ha detto: “Che faccio di male? Onoro il Cristo liberandogli la via dai demoni che non sono degni di vederlo”. Gli abbiamo risposto: “Non sei esorcista secondo Israele e non sei discepolo secondo Cristo. Non ti è lecito farlo”. Ha detto: “Fare il bene è sempre lecito”, e si è ribellato alla nostra ingiunzione dicendo: “E continuerò a fare ciò che faccio”. Ecco, volevano ti dicessi questo, specie ora che Tu hai detto che in Cielo saranno tutti quelli che hanno combattuto Satana».
16«Va bene. Quell’uomo sarà di questi. Lo è. Egli aveva ragione e voi torto. Infinite sono le vie del Signore e non è detto che solo quelli che prendono la via diretta giungano al Cielo. In ogni luogo e in ogni tempo, e con mille modi diversi, ci saranno creature che verranno a Me, magari da una strada inizialmente cattiva. Ma Dio vedrà la loro retta intenzione e li attirerà alla via buona. Ugualmente vi saranno alcuni che per ebbrezza concupiscente e triplice usciranno dalla via buona e prenderanno una via che li allontana o addirittura li dirotta. Non dovete perciò mai giudicare i vostri simili. Solo Dio vede. Fate di non uscire voi dalla via buona, dove, più che la vostra volontà, quella di Dio vi ci ha messi. E quando vedete uno che crede nel mio Nome e per esso opera, non lo chiamate straniero, nemico, sa­crilego. È sempre un mio suddito, amico e fedele, perché crede nel Nome mio, spontaneamente e meglio di molti fra voi. Per questo il mio Nome sulla sua bocca opera prodigi pari ai vostri e forse più. Dio lo ama perché mi ama, e finirà di portarlo al Cielo. Nessuno che faccia prodigi in mio Nome mi può essere nemico e dire male di Me. Ma col suo operare dà al Cristo onore e testimonianza di fede. In verità vi dico che credere al mio Nome è già sufficiente a salvare la propria anima. Perché il mio Nome è Salvezza. Perciò vi dico: se lo incontrerete ancora, non glielo proibite più. Ma anzi chiamatelo “fratello” perché tale è, anche se è ancora fuori del recinto del mio Ovile. Chi non è contro di Me è con Me. Chi non è contro di voi è con voi».
«Abbiamo peccato, Signore?» chiede attrito Giovanni.
«No. Avete agito per ignoranza, ma senza malizia. Perciò non c’è colpa. Però in avvenire sarebbe colpa, perché ora sapete. Ed ora andiamo alle nostre case. La pace sia con voi».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 19 settembre 2021 - XXV Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,30-37.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà».
Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?».
Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.
Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
«Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 355 pagina 405 - CD 5, traccia 60
1Gesù è tutto solo sulla terrazza della casa di Tommaso di Cafarnao. Il paese ozia nel sabato, già molto ridotto nei suoi abitanti, perché i più zelanti nelle pratiche di fede sono già partiti per Gerusalemme, e così pure quelli che vi si recano con le famiglie ed hanno bambini che non possono fare marce lun­ghe ed obbligano gli adulti a soste e a brevi tragitti. Così man­ca, nella giornata già di suo un po’ nuvolosa, la nota d’oro dell’infanzia giuliva. Gesù è molto pensieroso. Seduto su una panchetta bassa, in un angolo, presso il parapetto, le spalle alla scala, quasi nasco­sto da questo parapetto, tiene un gomito sul ginocchio e appog­gia la fronte sulla mano con mossa stanca, quasi di sofferenza.

2È interrotto nel suo meditare dalla venuta di un fanciullino che vuole salutarlo prima di partire per Gerusalemme. «Gesù! Gesù!» chiama ad ogni scalino, non vedendo Gesù perché il muretto lo nasconde alla vista di chi è in basso. E Gesù è così con­centrato che non sente la vocetta leggera e il passo da colombi­no... di modo che, quando il piccolo arriva sulla terrazza, Egli è ancora in quella posizione di sofferenza. E il bambino ne resta intimorito. Si ferma sul limitare della terrazza, si mette un di­tino fra le labbra e pensa... poi decide e lentamente viene avan­ti... ormai è quasi alle spalle di Gesù... si china per vedere ciò che fa... e dice: «No, bello! Non piangere! Perché? Per quei brut­ti omacci di ieri? Lo diceva il padre mio con Giairo che sono in­degni di Te. Ma Tu non devi piangere. Io ti voglio bene. E te ne vuole la mia sorellina e Giacomo e Tobiolo, e Giovanna e Maria e Michea e tutti, tutti i bambini di Cafarnao. Non piangere più...», e gli si stringe al collo, carezzoso, finendo: «Altrimenti piangerò anche io, e piangerò sempre... per tutto il viaggio...». «No, David, non piango più. Tu mi hai consolato. Sei solo? Quando partite?». «Dopo il tramonto. Colla barca fino a Tiberiade. Vieni con noi. Il padre mio ti vuole bene, sai?» «Lo so, caro. Ma devo andare da altri bambini... Io ti ringra­zio di essere venuto a salutarmi e ti benedico, piccolo Davide. Diamoci il bacio di addio e poi torna dalla mamma. Lo sa che sei qui?...». «No. Sono scappato via perché non ti ho visto coi tuoi disce­poli e ho pensato che piangevi». «Non piango più. Lo vedi. Va’, va’ dalla mamma che forse ti cerca con spavento. Addio. Sta’ attento agli asini delle carova­ne. Vedi? Ce ne sono fermi da ogni parte». «Ma non piangi proprio più?». «No. Non ho più dolore. Tu me lo hai levato. Grazie, bambi­no». Il bambino scende saltellando la scaletta e Gesù lo osserva. Poi crolla il capo e torna al suo posto nella penosa meditazione di prima.

3Passa del tempo. Il sole, nelle schiarite di nuvole, si mostra nella sua discesa. Un passo più pesante sulla scala. Gesù alza il viso. Vede Giairo che sta dirigendosi da Lui. Lo saluta. Ne è salutato con rispetto. «Come mai qui, Giairo?». «Signore! Io forse ho sbagliato. Ma Tu che vedi il cuore degli uomini vedrai che nel mio errore non era malanimo. Io non ti ho invitato alla sinagoga per parlare, oggi. Ma ho tanto sofferto per Te, ieri, e tanto ti ho visto soffrire che... non ho osato. Ho interrogato i tuoi. Mi hanno detto: “Vuole stare solo”... Ma poco fa è venuto Filippo, padre di Davide, dicendomi che il suo bam­bino ti ha visto piangere. Ha detto che Tu lo hai ringraziato di essere venuto da Te. Sono venuto io pure. Maestro, chi ancora è a Cafarnao sta per adunarsi alla sinagoga. E la sinagoga mia è tua, Signore». «Grazie, Giairo. Oggi parleranno altri in essa. Io verrò come semplice fedele...». «Né vi saresti tenuto. Tua sinagoga è il mondo. Non vieni proprio, Maestro?». «No, Giairo. Sto qui col mio spirito davanti al Padre che mi capisce e che non trova colpe in Me». Gesù ha un brillìo di la­crime nell’occhio mesto. «Io pure non trovo colpe in Te... Addio, Signore». «Addio, Giairo». E Gesù si siede di nuovo, sempre medita­bondo.

4Leggera come una colomba sale, nella sua veste bianca, la figlia di Giairo. Guarda... Chiama piano: «Salvatore mio!». Gesù volge il capo, la vede, le sorride, le dice: «Vieni a Me». «Sì, mio Signore. Ma io vorrei portarti agli altri. Perché deve essere muta la sinagoga, oggi?». «Vi è tuo padre e tanti altri per empirla di parole». «Ma sono parole... La tua è la Parola. Oh! mio Signore! Con la tua parola mi hai restituito alla mamma e al padre mio, ed ero morta. Ma guarda quelli che ora vanno verso la sinagoga! Molti sono più morti di me allora. Vieni a dare loro la Vita». «Figlia, tu la meritavi; essi... Nessuna parola può dare vita ad uno che per sé elegge la morte» «Sì, mio Signore. Ma vieni lo stesso. C’è anche chi vive sem­pre più, sentendoti... Vieni. Metti la tua mano nella mia e an­diamo. Io sono la testimonianza del tuo potere, e sono pronta a testimoniarlo anche davanti ai tuoi nemici, anche a prezzo che mi venga levata questa seconda vita, che d’altronde non è più mia. Tu me l’hai data, Maestro buono, per pietà di una madre e di un padre. Ma io...». La fanciulla, una bella fanciulla già don­nina, dai dolci occhioni splendenti nel viso puro e intelligente, si arresta per un’onda di pianto che la strozza, gocciando dalle lunghe ciglia sulle guance. «Perché piangi, ora?» chiede Gesù ponendole la mano sui capelli. «Perché... mi è stato detto che Tu dici che morrai...». «Tutti si muore, fanciulla». «Ma non così come Tu dici! Io... oh! ora io non avrei voluto essere tornata viva, per non vedere ciò, per non esserci quan­do... questo orrore sarà...». «Allora non ci saresti neppure stata per darmi la consola­zione che mi dài ora. Non sai che la parola, anche una sola, di un puro e di uno che mi ama, leva ogni pena da Me?». «Sì? Oh! allora Tu non ne devi più avere perché io ti amo più del padre, della madre e della mia vita!». «Così è». «Allora vieni. Non stare solo. Parla per me, per Giairo, per la mamma, per il piccolo Davide, per quelli che ti amano, in­somma. Siamo tanti e saremo più ancora. Ma non stare solo. Viene malinconia» e, materna d’istinto come ogni donna one­sta, termina dicendo: «Con me vicino nessuno ti farà male. Ed io, del resto, ti difenderò». Gesù si alza e l’accontenta. La mano nella mano, traversano le vie ed entrano nella sinagoga da una porta laterale.

5Giairo, che sta leggendo ad alta voce un rotolo, sospende la lettura e dice, inchinandosi profondamente: «Maestro, te ne prego, per i retti di cuore parla. Preparaci alla Pasqua con la tua santa parola». «Stai leggendo dei Re, non è vero?». «Sì, Maestro. Cercavo di fare riflettere che chi si separa dal Dio vero cade in idolatria di vitelli d’oro». «Bene hai detto. Nessuno ha da dire nulla?». Si alza un brusio fra la folla. Chi vuole che parli Gesù e chi urla: «Abbiamo fretta. Si dicano le preghiere e si cessi l’adu­nanza. Andiamo a Gerusalemme, d’altronde, e là udremo i rabbi», e chi urla così sono i molti disertori di ieri, che il sabato ha trattenuto a Cafarnao. Gesù li guarda con somma mestizia e dice: «Avete fretta. È vero. Anche Dio ha fretta di giudicarvi. Andate pure». Poi, vol­gendosi a quelli che li rimproverano, dice: «Non li sgridate. Ogni pianta dà il suo frutto». «Signore! Ripeti il gesto di Nehemia! Parla contro di loro, Tu, Sacerdote supremo!» grida sdegnato Giairo, e gli fanno co­ro gli apostoli, i discepoli fedeli e quelli di Cafarnao. Gesù apre le braccia a croce e, pallidissimo, un vero viso straziato eppure dolcissimo, grida: «Ricordati di Me, o mio Dio! E in bene! E ricordati pure in bene di loro! Io li perdono!».

6La sinagoga si svuota, rimanendo i fedeli a Gesù... E vi è uno straniero in un angolo. Un uomo robusto che nes­suno osserva, al quale nessuno parla. Del resto egli pure non parla con nessuno. Guarda solo fissamente Gesù, tanto che il Maestro volge il suo sguardo in quella direzione, lo vede e chie­de a Giairo chi sia. «Non so. Uno di passaggio certo». Gesù lo interpella: «Chi sei?». «Nicolai, proselite di Antiochia, diretto a Gerusalemme per la Pasqua». «Chi cerchi?». «Te, Signore Gesù di Nazaret. Ho desiderio di parlarti». «Vieni». E avutolo vicino esce con lui nell’orto dietro la sina­goga per ascoltarlo. «Ho parlato ad Antiochia con un tuo discepolo di nome Feli­ce. Ho ardentemente desiderato di conoscerai. Mi ha detto che luogo di sosta tua è Cafarnao, e hai la Madre a Nazaret. E an­che che vai al Getsemani o a Betania. L’Eterno fa che io ti trovi al primo luogo. C’ero ieri... E ti ero presso stamane mentre Tu piangevi pregando, presso la fonte... Ti amo, Signore. Perché sei santo e mite. Credo in Te. Le tue azioni, le tue parole mi avevano già fatto tuo. Ma la tua misericordia di poco fa, per i colpevoli, mi ha deciso. Signore, accoglimi al posto di chi ti ab­bandona! Vengo a Te con tutto quanto ho: la vita e i beni, tutto». Si è inginocchiato dicendo le ultime parole. Gesù lo guarda fissamente... poi dice: «Vieni. Da oggi sarai del Maestro. Andiamo dai tuoi compagni». Tornano nella sinagoga, dove è un grande parlare dei disce­poli e degli apostoli con Giairo. «Ecco un nuovo discepolo. Il Padre mi consola. Amatelo co­me un fratello. Andiamo con lui a dividere il pane e il sale. Poi nella notte voi partirete con lui per Gerusalemme e noi colle barche andremo a Ippo... E non dite la mia strada a nessuno, onde Io non sia trattenuto».

7Ma intanto il sabato è finito, e quelli che vogliono fuggire Gesù sono in folla sulla spiaggia, per contrattare i traghetti per Tiberiade. E litigano con Zebedeo che non vuole cedere la sua barca, già pronta, vicina a quella di Pietro, per la partenza nel­la notte di Gesù con i dodici. «Io vado ad aiutarlo!» dice Pietro che è irritato. Gesù, ad evitare urti troppo forti, lo trattiene dicendo: «An­diamo tutti, non tu solo».E vanno... E gustano l’amarezza di vedere che i fuggenti se ne vanno senza un saluto, tagliando netto ogni discussione pur di allontanarsi da Gesù... e sentono anche qualche epiteto spre­gevole e consigli acri ai fedeli discepoli... Gesù si volge per tornare a casa dopo che la turba ostile se ne è andata, e dice al nuovo discepolo: «Li senti? Questo è ciò che ti attende venendo a Me». «Lo so. Per questo resto. Ti avevo visto in un giorno glorioso fra folla che ti acclamava salutandoti “re”. Ho scosso le spalle dicendo: “Un altro povero illuso! Un’altra piaga per Israele!”, e non ti ho seguito perché parevi un re, e neppure a Te pensavo più. Ora ti seguo perché nelle tue parole e nella tua bontà vedo il promesso Messia». «In verità tu sei più giusto di molti altri. Però ancora una volta lo dico. Chi spera in Me un re terreno si ritiri. Chi sente che si vergognerà di Me nel cospetto del mondo accusatore si ri­tiri. Chi si scandalizzerà di vedermi trattato da malfattore si ri­tiri. Ve lo dico mentre ancora potete farlo senza essere compro­messi agli occhi del mondo. Imitate coloro che fuggono su quelle barche, se non vi sentite di condividere la mia sorte nell’obbro­brio per poterla condividere poi nella gloria. Perché questo sta per avvenire: il Figlio dell’uomo sta per essere accusato e messo poi nelle mani degli uomini, i quali lo uccideranno come un malfattore e crederanno averlo vinto. Ma inutilmente avranno fatto il loro delitto. Perché Io risorgerò dopo tre giorni e trion­ferò. Beati quelli che sapranno essere meco fino alla fine!».

8Sono giunti alla casa e Gesù affida ai discepoli il nuovo venuto, salendo da solo dove era prima. Anzi entra nella stanza superiore e si siede, pensando. Salgono dopo un poco l’Iscariota con Pietro. «Maestro, Giuda mi ha fatto riflettere a delle cose giuste». «Dille». «Tu prendi questo Nicolai, un proselite, e del quale ignoria­mo il passato. Già tante noie abbiamo avuto... e abbiamo. E ora? Che sappiamo di lui? Possiamo fidarci? Giuda giustamen­te dice che potrebbe essere una spia mandata dai nemici». «Ma sì! Un traditore! Perché non vuole dire da dove viene e chi lo manda? Io l’ho interrogato, ma dice solo: “Sono Nicolai di Antiochia, proselite”. Io ho fieri sospetti». «Ti ricordo che egli viene perché mi vede tradito». «Può essere menzogna! Può essere un tradimento!». «Chi dovunque vede menzogna o vede tradimento è anima capace di tali cose, perché si misura sul proprio modello» dice serio Gesù. «Signore, Tu mi offendi!» grida Giuda sdegnato. «Lasciami, dunque, e vai con chi mi abbandona». Giuda esce sbatacchiando la porta con mal modo. «Però, Signore, Giuda non ha tutti i torti... E poi non vorrei che... quell’uomo dicesse di Giovanni. Non può essere che l’uo­mo di Endor il Felice che ti manda questo...». «Così è certamente. Ma Giovanni di Endor è prudente ed ha ripreso il suo antico nome. Sta’ tranquillo, Simone. Un uomo che si fa discepolo, perché sente che la mia causa umana è già persa, non può essere che uno retto di spirito. Ben diverso è quello di colui che ora è uscito, e che è venuto a Me perché spe­rava di essere il principe di un re potente... e non si persuade che Io sono Re solo per lo spirito...». «Sospetti di lui, Signore?». «Di nessuno. Ma in verità ti dico che dove giungerà Nicolai, discepolo e proselite, Giuda di Simone apostolo, israelita e giudeo, non giungerà». «Signore, io avrei voglia di interrogare Nicolai su... Giovan­ni». «Non lo fare. Giovanni non gli ha dato incarichi perché è prudente. Non essere tu l’imprudente». «No, Signore. Te lo chiedevo soltanto...». «Scendiamo ad affrettare le cene. A notte alta partiremo... Simone... mi ami tu?». «Oh! Maestro! Ma che dici?». «Simone, il mio cuore è più scuro del lago in una notte di tempesta e tanto agitato come quello...». «Oh! Maestro mio!... Che ti devo dire, se io sono ancor più... scuro e agitato di Te? Ti dirò: “Ecco il tuo Simone. E se ti può dare conforto il mio cuore, prenditelo”. Non ho che questo, ma è sincero». Gesù gli pone per un momento la testa sul petto ampio e ro­busto e poi si alza e scende, con Pietro.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 12 settembre 2021 - XXIV Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 8,27-35.
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?».
Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti».
Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo».
E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.
Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo.
Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 343 pagina 309 - CD 5, traccia 48
1La pianura fiancheggia il Giordano prima che questo si getti nel lago di Merom. Una bella pianura su cui di giorno in giorno crescono più rigogliosi i cereali e s’infiorano gli alberi da frutto. I colli oltre i quali è Cedes sono ora alle spalle dei pellegrini, che infreddoliti camminano lesti nelle prime luci del giorno, guardando con desiderio il sole che ascende e cercandolo non appena il suo raggio tocca i prati e carezza le fronde. Devono aver dormito all’aperto, al massimo in un pagliaio, perché le vesti sono sgualcite e conservano festuche di paglia e foglie secche che essi si vanno levando man mano che le scoprono nella luce più forte.
Il fiume si annuncia per il suo fruscio, che pare forte nel silenzio mattutino della campagna e per una folta riga di alberi delle foglie novelle, che tremolano alla lieve brezza del mattino. Ma ancora non si vede, sprofondato come è nella pianura piatta. Quando le acque azzurre, ingrossate da numerosi torrentelli che scendono dai colli occidentali, si vedono luccicare fra il verde novello delle sponde, si è quasi sulla riva.
«Facciamo la riva fino al ponte, oppure passiamo il fiume qui?» chiedono a Gesù che era solo, meditabondo, e che si è fermato ad attenderli.
«Vedete se c’è barca per passare. È meglio andare di qui...».
«Sì. Al ponte che è proprio sulla via di Cesarea Paneade potremmo incontrare da capo qualcuno messo sulle tracce» osserva Bartolomeo accigliato, guardando Giuda.
«No. Non mi guardare male. Io non sapevo di venire qui e non ho detto nulla. Era facile capire che da Safet Gesù sarebbe andato alle tombe dei rabbi e a Cédès. Ma mai avrei pensato volesse spingersi fino alla capitale di Filippo. Perciò essi lo ignorano. E non li troveremo per mia colpa né per loro volontà. A meno che non abbiano Belzebù che li conduce» dice calmo e umile l’Iscariota.
«Questo è bene. Perché con certa gente… Bisogna avere occhio e misurare le parole, non lasciare indizi dei nostri progetti. Stare attenti a tutto si deve. Altrimenti la nostra evangelizzazione si tramuterà in perpetua fuga» ribatte Bartolomeo.
Tornano Giovanni e Andrea. Dicono: «Abbiamo trovato due barche. Ci passano per una dramma a barca. Scendiamo sull’argine».
E nelle due barchette, in due riprese, passano sull’altra sponda. La pianura piatta e fertile, li accoglie anche qui. Una pianura fertile, ma poco popolata. Solo i contadini che la coltivano hanno casa in essa.

2«Uhm! Come faremo per il pane? Io ho fame… E qui… non ci sono neppure le spighe filistee… Erba e foglie, foglie e fiori. Non sono una pecorella né un’ape» mormora Pietro ai compagni, che sorridono all’osservazione.
Giuda Taddeo si volta - era un poco più avanti - e dice: «Compreremo pane al primo paese».
«Sempre che non ci facciano fuggire» termina Giacomo di Zebedeo.
«Guardatevi, voi che dite di stare attenti a tutto, dal prendere il lievito dei farisei e dei sadducei. Mi sembra che lo stiate facendo, senza riflettere a ciò che fate di male. State attenti! Guardatevi!» dice Gesù.
Gli apostoli si guardano l’un l’altro e bisbigliano: «Ma che dice? Il pane ce lo ha dato quella donna del sordomuto e l’oste di Cedes. E questo è ancora qui. L’unico che abbiamo. Né sappiamo se potremo trovarne da prendere per la nostra fame. Come dunque dice che comperiamo da sadducei e farisei pane col loro lievito? Forse non vuole che si comperi in questi paesi...».
Gesù, che era di nuovo avanti tutto solo, torna a voltarsi.
«Perché avete paura di rimanere senza pane per la vostra fame? Anche se tutti qui fossero sadducei e farisei, non rimarreste senza cibo per il mio consiglio. Non è di quel lievito che è nel pane che Io parlo. Perciò potrete comperare dove vi pare il pane per i vostri ventri. E se nessuno ve lo volesse vendere, non rimarreste senza pane lo stesso. Non vi ricordate dei cinque pani con cui si sfamarono cinquemila persone? Non vi ricordate che ne raccoglieste dodici panieri colmi di avanzi? Potrei fare per voi, che siete dodici e avete un pane, ciò che feci per cinquemila con cinque pani. Non capite a quale lievito alludo? A quello che gonfia nel cuore dei farisei, sadducei e dottori, contro di Me. È odio, quello. Ed è eresia. Ora voi state andando verso l’odio come fosse entrato in voi parte del lievito farisaico. Non si deve odiare neppure chi ci è nemico. Non aprite neppure uno spiraglio a ciò che non è Dio. Dietro al primo entrerebbero altri elementi contrari a Dio. Talora, per troppo volere combattere con armi uguali i nemici, si finisce a perire o a essere vinti. E, vinti che siate, potreste per contatto assorbire le loro dottrine. No. Abbiate carità e riservatezza. Voi non avete in voi ancora tanto da poterle combattere, queste dottrine, senza esserne infettati. Perché alcuni elementi di esse li avete pure voi. E l’astio per loro ne è uno. Ancora vi dico che essi potrebbero cambiare metodo per sedurvi e levarvi a Me, usandovi mille gentilezze, mostrandosi pentiti, desiderosi di fare la pace. Non dovete sfuggirli. Ma quando essi cercheranno di darvi le loro dottrine, sappiate non accoglierle. Ecco quale è il lievito di cui parlo. Il malanimo che è contro l’amore e le false dottrine. Vi dico: siate prudenti».

3«Quel segno che i farisei chiedevano ieri era “lievito”, Maestro?» chiede Tommaso.
«Era lievito e veleno».
«Hai fatto bene a non darglielo».
«Ma glielo darò un giorno».
«Quando? Quando?» chiedono curiosi.
«Un giorno...».
«E che segno è? Non lo dici nemmeno a noi, tuoi apostoli? Perché lo si possa riconoscere subito» chiede voglioso Pietro.
«Voi non dovreste avere bisogno di un segno».
«Oh! non per poter credere in Te! Non siamo la gente che ha molti pensieri, noi. Noi ne abbiamo uno solo: amare Te» dice veementemente Giacomo di Zebedeo.

4«Ma la gente, voi che l’avvicinate, così alla buona, più di Me, e senza la soggezione che Io posso incutere, chi dice che Io sia? E come definisce il Figlio dell’uomo?».
«Chi dice che Tu sei Gesù, ossia il Cristo, e sono i migliori. Gli altri ti dicono Profeta, altri solo Rabbi, e altri, Tu la sai, ti dicono pazzo e indemoniato».
«Qualcuno però usa per Te il nome stesso che Tu ti dai, e ti dice “Figlio dell’uomo”».
«E alcuni anche dicono che ciò non può essere, perché il Figlio dell’uomo è ben altra cosa. Né è sempre negazione, questa. Perché in fondo essi ammettono che Tu sei da più del Figlio dell’uomo: sei il Figlio di Dio. Altri invece dicono che non sei neppure il Figlio dell’uomo, ma un povero uomo che Satana agita o che sconvolge la demenza. Tu vedi che i pareri sono molti e tutti diversi» dice Bartolomeo.
«Ma per la gente chi è dunque il Figlio dell’uomo?».
«È un uomo nel quale siano tutte le virtù più belle dell’uomo, un uomo che raduni in sé tutti i requisiti di intelligenza, sapienza, grazia che pensiamo fossero in Adamo, e taluni a questi requisiti aggiungono quello del non morire. Tu sai che già circola la voce che Giovanni Battista non sia morto. Ma solo trasportato altrove dagli angeli, e che Erode, per non dirsi vinto da Dio, e più ancora Erodiade, abbiano ucciso un servo e, sottratto il capo di lui, abbiano mostrato come cadavere del Battista il corpo mutilato del servo. Tante ne dice la gente! Perciò pensano in molti che il Figlio dell’uomo sia o Geremia, o Elia, o qualcuno dei Profeti e anche lo stesso Battista, nel quale era grazia e sapienza, e si diceva il Precursore del Cristo. Cristo: l’Unto di Dio. Il Figlio dell’uomo: un grande uomo nato dall’uomo. Non possono ammettere in molti, o non lo vogliono ammettere, che Dio abbia potuto mandare suo Figlio sulla terra. Tu lo hai detto ieri: “Crederanno solo coloro che sono convinti dell’infinita bontà di Dio”. Israele crede nel rigore di Dio più che nella sua bontà...» dice ancora Bartolomeo.
«Già. Si sentono infatti tanto indegni che giudicano impossibile che Dio sia tanto buono da mandare il suo Verbo per salvarli. Fa ostacolo al loro credere in ciò lo stato degradato della loro anima» conferma lo Zelote. E aggiunge: «Tu lo dici che sei il Figlio di Dio e dell’uomo. Infatti in Te è ogni grazia e sapienza come uomo. Ed io credo che realmente chi fosse nato da un Adamo in grazia ti avrebbe somigliato per bellezza e intelligenza ed ogni altra dote. E in Te brilla Dio per la potenza. Ma chi lo può credere fra coloro che si credono dèi e misurano Dio su se stessi, nella loro superbia infinita? Essi, i crudeli, gli odiatori, i rapaci, gli impuri, non possono certo pensare che Dio abbia spinto la sua dolcezza a dare Se stesso per redimerli, il suo amore a salvarli, la sua generosità a darsi in balìa dell’uomo, la sua purezza a sacrificarsi fra noi. Non lo possono, no, essi che sono così inesorabili e cavillosi nel cercare e punire le colpe».

5«E voi chi dite che Io sia? Ditelo proprio per vostro giudizio, senza tenere conto delle mie parole o di quelle altrui. Se foste obbligati a giudicarmi, che direste che Io sia?».
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» grida Pietro inginocchiandosi a braccia tese verso l’alto, verso Gesù, che lo guarda con un volto tutto luce e che si curva a rialzarlo per abbracciarlo dicendo:
«Te beato, o Simone, figlio di Giona! Perché non la carne né il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli. Dal primo giorno che venisti da Me ti sei fatto questa domanda, e poiché eri semplice e onesto hai saputo comprendere ed accettare la risposta che ti veniva dai Cieli. Tu non vedesti manifestazioni soprannaturali come tuo fratello e Giovanni e Giacomo. Tu non conoscevi la mia santità di figlio, di operaio, di cittadino come Giuda e Giacomo, miei fratelli. Tu non ricevesti miracolo né vedesti farne, né ti diedi segno di potenza come feci e come videro Filippo, Natanaele, Simon Cananeo, Tommaso, Giuda. Tu non fosti soggiogato dal mio volere come Levi il pubblicano. Eppure tu hai esclamato: “Egli è il Cristo!” Dalla prima ora che mi hai visto, hai creduto, né mai la tua fede fu scossa. Per questo Io ti ho chiamato Cefa. E per questo su te, Pietra, Io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Inferno non prevarranno contro di lei. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli. E qualunque cosa avrai legata sulla terra sarà legata anche nei Cieli. E qualunque cosa avrai sciolta sulla terra sarà sciolta anche nei Cieli, o uomo fedele e prudente di cui ho potuto provare il cuore. E qui, da questo momento, tu sei il capo, al quale va data ubbidienza e rispetto come ad un altro Me stesso. E tale lo proclamo davanti a tutti voi».

6Se Gesù avesse schiacciato Pietro sotto una grandine di rimproveri, il pianto di Pietro non sarebbe stato così alto. Piange tutto scosso dai singhiozzi, col volto sul petto di Gesù. Un pianto che avrà solo riscontro in quello infrenabile del suo dolore di rinnegatore di Gesù. Ora è pianto fatto di mille sentimenti umili e buoni… Un altro poco dell’antico Simone - il pescatore di Betsaida che al primo annuncio del fratello aveva riso dicendo: «Il Messia appare a te!.. Proprio!», incredulo e ridanciano - un poco tanto dell’antico Simone si sgretola sotto quel pianto per far apparire, sotto la crosta assottigliata della sua umanità, sempre più nettamente il Pietro, pontefice della Chiesa di Cristo.
Quando alza il viso, timido, confuso, non sa che fare un atto per dire tutto, per promettere tutto, per rinforzarsi tutto al nuovo ministero: quello di gettare le sue braccia corte e muscolose al collo di Gesù e obbligarlo a chinarsi per baciarlo, mescolando i suoi capelli, la sua barba, un poco ispidi e brizzolati, ai capelli e alla barba morbidi e dorati di Gesù, guardandolo poi con uno sguardo adorante, amoroso, supplichevole, degli occhi un poco bovini, lucidi e rossi delle lacrime sparse, tenendo nelle sue mani callose, larghe, tozze, il viso ascetico del Maestro curvo sul suo, come fosse un vaso da cui fluisse liquore vitale… e beve, beve, beve dolcezza e grazia, sicurezza e forza, da quel viso, da quegli occhi, da quel sorriso…

7Si sciolgono infine, tornando ad andare verso Cesarea di Filippo, e Gesù dice a tutti: «Pietro ha detto la verità. Molti l’intuiscono, voi la sapete. Ma voi, per ora, non dite ad alcuno ciò che è il Cristo nella verità completa di ciò che sapete. Lasciate che Dio parli nei cuori come parla nel vostro. In verità vi dico che quelli che alle mie asserzioni o alle vostre aggiungono la fede perfetta e il perfetto amore, giungono a sapere il vero significato delle parole “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio dell’uomo e di Dio”».

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/