"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 30 aprile 2017, III Domenica di Pasqua

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24, 13-35.
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus,
e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste;
uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;
come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro
e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.
Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!
Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».
E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.
Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.
Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».
E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,
i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 625 pagina 255.
1Per una strada montuosa due uomini, di media età, vanno lesti volgendo le spalle a Gerusalemme, le cui alture scompaiono sempre più dietro le altre che si susseguono con ondulazioni di cime e di valli continue.
Parlano fra di loro. E il più anziano dice all’altro, che avrà un trentacinque anni al massimo: «Credi che è stato meglio fare così. Io ho famiglia e tu ce l’hai. Il Tempio non scherza. Vuole proprio farla finita. Avrà ragione? Avrà torto? Non lo so. So che in esso è chiaro il pensiero di finirla per sempre con tutto questo».
«Con questo delitto, Simone. Dàgli il nome giusto. Perché almeno delitto lo è».
«Secondo. In noi l’amore fa lievito contro il Sinedrio. Ma forse... chissà!».
«Niente. L’amore illumina. Non porta all’errore».
«Anche il Sinedrio, anche i sacerdoti e i capi amano. Loro amano Jeovè, Colui che tutto Israele ha amato da quando il patto fu stretto fra Dio e i Patriarchi. Allora pure ad essi l’amore è luce e non porta errore!».
«Non è amore per il Signore il loro. Sì. Israele da secoli è in quella Fede. Ma dimmi. Puoi dire che è ancora una fede quella che ci dànno i capi del Tempio, i farisei, gli scribi, i sacerdoti? Tu lo vedi. Con l’oro sacro al Signore ‑ già si sapeva, o almeno si sospettava che ciò avvenisse ‑ con l’oro sacro al Signore essi hanno pagato il Traditore e ora pagano le guardie. Il primo perché tradisse il Cristo, le seconde perché mentano. Oh! Io non so come la Potenza eterna si sia limitata a scardinare le muraglie e a lacerare il Velo! Ti dico che io avrei voluto che sotto le macerie seppellisse i nuovi filistei. Tutti!».
«Clofa! Tu saresti tutto vendetta».
«Vendetta sarei. Perché, ammettiamo che Egli fosse solo un profeta, è egli lecito uccidere un innocente? Perché innocente era! Lo hai mai visto fare uno dei delitti di cui fu accusato per ucciderlo?».
«No. Nessuno.

2Però un errore lo ha fatto».
«Quale, Simone?».
«Quello di non sprigionare potenza dall’alto della sua Croce. Per confermare la nostra fede e per punire gli increduli sacrileghi. Egli doveva raccogliere la sfida e scendere di Croce».
«Ha fatto di più. È risorto».
«Sarà poi vero? Risorto come? Con lo Spirito solo o con lo Spirito e la Carne?».
«Ma lo spirito è eterno! Non ha bisogno di risorgere!», esclama Cleofa.
«Lo so anche io. Volevo dire: se è risorto con la sua unica natura di Dio, superiore ad ogni insidia dell’uomo. Perché ora il suo spirito fu insidiato col terrore dall’uomo. Hai sentito, eh? Marco ha detto che nel Getsemani, dove Egli andava a pregare contro un masso, è tutto sangue. E Giovanni, che ha parlato con Marco, gli ha detto: “Non far calpestare quel luogo, perché è sangue sudato dall’Uomo Dio”. Se ha sudato sangue prima della tortura, deve ben avere avuto terrore di essa!».
«Nostro povero Maestro!...».
Tacciono afflitti.

3Li raggiunge Gesù e chiede: «Di chi parlavate? Sentivo nel silenzio le vostre parole a intervalli. Chi fu ucciso?».
È un Gesù velato sotto una apparenza modesta di povero viandante frettoloso. I due non lo ravvisano.
«Sei d’altri luoghi, uomo? Non sostasti in Gerusalemme? La tua veste polverosa ed i sandali così ridotti ci paiono di instancabile pellegrino».
«Lo sono. Vengo da molto lontano...».
«Stanco sarai, allora. E vai lontano?».
«Molto, ancora più di quanto Io ne venga».
«Hai commerci da fare? Mercati?».
«Ho da acquistare un numero sterminato di greggi per il più grande Signore. Tutto il mondo devo girare per scegliere pecore e agnelli, e scendere anche fra greggi selvatiche che pure, quando saranno rese domestiche, saranno migliori di quelle che selvatiche ora non sono».
«Difficile lavoro. E hai proseguito senza sostare in Gerusalemme?».
«Perché lo chiedete?».
«Perché tu solo sembri ignorare quanto in essa è accaduto in questi giorni».
«Che vi è accaduto?».
Tu vieni da lontano e perciò forse non sai. Ma la tua parlata è pure galilea. Perciò, anche se servo di un re straniero o figlio di galilei espatriati, saprai, se sei circonciso, che da tre anni nella patria nostra era sorto un grande profeta di nome Gesù di Nazaret, potente in opere e in parole davanti a Dio e agli uomini, che andava predicando per tutto il Paese. E si diceva il Messia. Le sue parole e le sue opere erano realmente da Figlio di Dio, come Egli si diceva. Ma solo da Figlio di Dio. Tutto Cielo... Ora lo sai perché...

4Ma sei circonciso?».
«Primogenito sono e sacro al Signore».
«Allora sai la nostra Religione?».
«Non ne ignoro una sillaba. Conosco i precetti e gli usi. L’halascia, il midrascia a l’aggada mi sono note come gli elementi dell’aria, dell’acqua, del fuoco e della luce, che sono i primi a cui tende l’intelligenza, l’istinto, il bisogno dell’uomo che da poco è nato da seno».
«Orbene, allora tu sai che Israele ebbe promesso il Messia, ma come re potente che avrebbe riunito Israele. Questo invece così non era...».
«Come, dunque?».
«Egli non mirava a terreno potere. Ma di un regno eterno e spirituale si diceva re. Egli non ha riunito, ma anzi ha scisso Israele, perché ora esso è diviso fra coloro che in Lui credono e coloro che malfattore lo dicono. In verità, di re non aveva stoffa, perché voleva solo mitezza e perdono. E come soggiogare e vincere con queste armi?...».
«E allora?».
«E allora i capi dei Sacerdoti e gli Anziani d’Israele lo presero e lo hanno giudicato reo di morte... accusandolo, per verità, di colpe non vere. Sua colpa era essere troppo buono e troppo severo...».
«Come poteva, se era l’uno, essere l’altro».
«Poteva, perché era troppo severo nel dire le verità ai Capi d’Israele e troppo buono nel non fare su essi miracolo di morte, fulminando i suoi ingiusti nemici».
«Severo come il Battista era?».
«Ecco... non saprei. Duramente rimproverava, specie negli ultimi tempi, scribi e farisei, e minacciava quelli del Tempio come segnati dall’ira di Dio. Ma poi, se uno era peccatore e si pentiva, ed Egli vedeva nel suo cuore vero pentimento, perché il Nazareno leggeva nei cuori meglio che uno scriba nel testo, allora era più dolce di una madre».
«E Roma ha permesso fosse ucciso un innocente?».
«Lo ha condannato Pilato... Ma non voleva e lo diceva “Giusto”. Ma di accusarlo a Cesare lo minacciarono ed ebbe paura.

5Insomma fu condannato alla croce e vi morì. E questo, insieme al timore dei sinedristi, ci ha molto avviliti. Perché io sono Clofé figlio di Clofé e questo è Simone, ambedue di Emmaus, e parenti, perché io sono lo sposo della sua prima figlia, e discepoli del Profeta eravamo».
«E ora più non lo siete?».
«Noi speravamo che sarebbe Lui che libererebbe Israele e anche che, con un prodigio, confermasse le sue parole. Invece!...».
«Che parole aveva dette?».
«Te lo abbiamo detto: “Io sono venuto al Regno di Davide. Io sono il Re pacifico” e così via. E diceva: “Venite al Regno”, ma poi non ci ha dato il regno. E diceva: “Il terzo giorno risorgerò”. Ora è il terzo giorno che è morto. Anzi è già compiuto, perché l’ora di nona è già trascorsa, e Lui non è risorto. Delle donne e delle guardie dicono che sì, è risorto. Ma noi non lo abbiamo visto. Dicono le guardie, ora, che così hanno detto per giustificare il furto del cadavere fatto dai discepoli del Nazareno. Ma i discepoli!... Noi lo abbiamo tutti lasciato per paura mentre era vivo... e non certo lo abbiamo rapito ora che è morto. E le donne... chi ci crede ad esse? Noi ragionavamo di questo. E volevamo sapere se Egli si è inteso di risorgere solo con lo Spirito tornato divino, o se anche con la Carne. Le donne dicono che gli angeli ‑ perché dicono di avere visto anche gli angeli dopo il terremoto, e può essere, perché già il venerdì sono apparsi i giusti fuori dai sepolcri ‑ dicono che gli angeli hanno detto che Egli è come uno che non è mai morto. E tale infatti alle donne parve di vederlo. Ma però due di noi, due capi, sono andati al Sepolcro. E, se lo hanno visto vuoto, come le donne hanno detto, non hanno visto Lui, né lì, né altrove. Ed è una grande desolazione, perché non sappiamo più che pensare!».

6«Oh! come siete stolti e duri nel comprendere! e come lenti nel credere alle parole dei profeti! E non era ciò stato detto? L’errore di Israele è questo: dell’avere male interpretato la regalità del Cristo. Per questo Egli non fu creduto. Per questo Egli fu temuto. Per questo ora voi dubitate. In alto, in basso, nel Tempio e nei villaggi, ovunque si pensava ad un re secondo l’umana natura. La ricostruzione del regno d’Israele non era limitata, nel pensiero di Dio, nel tempo, nello spazio e nel mezzo, come fu in voi.
Non nel tempo: ogni regalità, anche la più potente, non è eterna. Ricordate i potenti Faraoni che oppressero gli ebrei ai tempi di Mosè. Quante dinastie non sono finite, e di esse restano mummie senz’anima in fondo ad ipogei secreti! E resta un ricordo, se pur resta quello, del loro potere di un’ora, e anche meno, se misuriamo i loro secoli sul Tempo eterno. Questo Regno è eterno.
Nello spazio. Era detto: regno di Israele. Perché da Israele è venuto il ceppo della razza umana; perché in Israele è, dirò così, il seme di Dio, e perciò, dicendo Israele, volevasi dire: il regno dei creati da Dio. Ma la regalità del Re Messia non è limitata al piccolo spazio della Palestina, ma si estende da settentrione a meridione, da oriente a occidente, dovunque è un essere che nella carne abbia uno spirito, ossia dovunque è un uomo. Come avrebbe potuto uno solo accentrare in sé tutti i popoli fra loro nemici e farne un unico regno senza spargere a fiumi il sangue e tenere tutti soggetti con crudeli oppressioni d’armati? E come allora avrebbe potuto essere il re pacifico di cui parlano i profeti?
Nel mezzo: il mezzo umano, ho detto, è l’oppressione. II mezzo sovrumano è l’amore. Il primo è sempre limitato, perché i popoli ben si rivoltano all’oppressore. Il secondo è illimitato, perché l’amore è amato o, se amato non è, è deriso. Ma, essendo cosa spirituale, non può mai essere direttamente aggredito. E Dio, l’Infinito, vuole mezzi che come Lui siano. Vuole ciò che finito non è perché eterno è: lo spirito; ciò che è dello spirito; ciò che porta allo Spirito. Questo è stato l’errore: di avere concepito nella mente un’idea messianica sbagliata nei mezzi e nella forma.
Quale è la regalità più alta? Quella di Dio. Non è vero? Or dunque, questo Ammirabile, questo Emmanuele, questo Santo, questo Germe sublime, questo Forte, questo Padre del secolo futuro, questo Principe della pace, questo Dio come Colui dal quale Egli viene, perché tale è detto e tale è il Messia, non avrà una regalità simile a quella di Colui che lo ha generato? Sì, che l’avrà. Una regalità tutta spirituale ed eterna, pura da rapine e sangue, ignara di tradimenti e soprusi. La sua Regalità! Quella che la Bontà eterna concede anche ai poveri uomini, per dare onore e gioia al suo Verbo.

7Ma non è detto da Davide che questo Re potente ha avuto messa sotto i suoi piedi ogni cosa a fargli da sgabello? Non è detta da Isaia tutta la sua Passione e da Davide numerate, potrebbesi dire, anche le torture? E non è detto che Egli è il Salvatore e Redentore, che col suo olocausto salverà l’uomo peccatore?
E non è precisato, e Giona ne è segno, che per tre giorni sarebbe ingoiato dal ventre insaziabile della Terra e poi ne sarebbe espulso come il profeta dalla balena? E non è stato detto da Lui: “Il Tempio mio, ossia il mio Corpo, il terzo dì dopo essere stato distrutto, sarà da Me (ossia da Dio) ricostruito”? E che pensavate? Che per magia Egli rialzasse le mura del Tempio? No. Non le mura. Ma Se stesso. E solo Dio poteva far sorgere Se stesso. Egli ha rialzato il Tempio vero: il suo Corpo di Agnello. Immolato, così come ne ebbe l’ordine e la profezia Mosè, per preparare il “passaggio” da morte a Vita, da schiavitù a libertà, degli uomini figli di Dio e schiavi di Satana.
“Come è risorto?”, vi chiedete. Io rispondo: È risorto con la sua vera Carne e col suo divino Spirito che l’abita, come in ogni carne mortale è l’anima abitante regina nel cuore. Così è risorto dopo avere tutto patito per tutto espiare, e riparare all’Offesa primigenia e alle infinite che ogni giorno dall’Umanità vengono compite. È risorto come era detto sotto il velo delle profezie. Venuto al suo tempo, vi ricordo Daniele, al suo tempo fu immolato. E, udite e ricordate, al tempo predetto dopo la sua morte la città deicida sarà distrutta.

8Io ve ne consiglio: leggete con l’anima, non con la mente superba, i profeti, dal principio del Libro alle parole del Verbo immolato; ricordate il Precursore che lo indicava Agnello; risovvenitevi quale era il destino del simbolico agnello mosaico. Per quel sangue furono salvati i primogeniti d’Israele. Per questo Sangue saranno salvati i primogeniti di Dio, ossia quelli che con la buona volontà si saranno fatti sacri al Signore. Ricordate e comprendete il messianico salmo di Davide e il messianico profeta Isaia. Ricordate Daniele, riportatevi alla memoria, ma alzando questa dal fango all’azzurro celeste, ogni parola sulla regalità del Santo di Dio, e comprenderete che altro segno più giusto non vi poteva essere dato più forte di questa vittoria sulla Morte, di questa Risurrezione da Se stesso compiuta.
Ricordatevi che disforme alla sua misericordia e alla sua missione sarebbe stato il punire dall’alto della Croce coloro che su essa lo avevano messo. Ancora Egli era il Salvatore, anche se era il Crocifisso schernito e inchiodato ad un patibolo! Crocifisse le membra, ma libero lo spirito e il volere. E con questi volle ancora attendere, per dare tempo ai peccatori di credere e di invocare, non con urlo blasfemo, ma con gemito di contrizione, il suo Sangue su loro.

9Ora è risorto. Tutto ha compiuto. Glorioso era avanti la sua incarnazione. Tre volte glorioso lo è ora che, dopo essersi annichilito per tanti anni in una carne, ha immolato Se stesso, portando l’Ubbidienza alla perfezione del saper morire sulla croce per compiere la Volontà di Dio. Gloriosissimo, in un con la Carne glorificata, adesso che Egli ascende al Cielo ed entra nella Gloria eterna, iniziando il Regno che Israele non ha compreso.
Ad esso Regno Egli, più che mai pressantemente, con l’amore e l’autorità di cui è pieno, chiama le tribù del mondo. Tutti, come videro e previdero i giusti di Israele ed i profeti, tutti i popoli verranno al Salvatore. E non vi saranno più Giudei o Romani, Sciti o Africani, Iberi o Celti, Egizi o Frigi. L’oltre Eufrate si unirà alle sorgenti del Fiume perenne. Gli iperborei a fianco dei numidi verranno al suo Regno, e cadranno razze e idiomi. Costumi e colori di pelle e capelli non avranno più luogo. Ma sarà uno sterminato popolo fulgido e candido, un unico linguaggio, un solo amore. Sarà il Regno di Dio. Il Regno dei Cieli. Monarca eterno: 1’Immolato Risorto. Sudditi eterni: i credenti nella sua Fede. Vogliate credere per essere di esso.
10Ecco Emrnaus, amici. Io vado oltre. Non è concessa sosta al Viandante che tanta strada ha da fare».
«Signore, tu sei istruito più di un rabbi. Se Egli non fosse morto, diremmo che Egli ci ha parlato. Ancora vorremmo udire da te altre a più estese verità. Perché ora, noi pecore senza pastore, turbate dalla bufera dell’odio d’Israele, più non sappiamo comprendere le parole del Libro. Vuoi che veniamo con te? Vedi, ci istruiresti ancora, compiendo l’opera del Maestro che ci fu tolto».
«L’avete avuto per tanto e non vi poté fare completi? Non è questa una sinagoga?».
«Sì. Io sono Cleofa, figlio di Cleofa il sinagogo, morto nella sua gioia di avere conosciuto il Messia».
«E ancora non sei giunto a credere senza nube? Ma non è colpa vostra. Ancora dopo il Sangue manca il Fuoco. E poi crederete, perché comprenderete. Addio».
«O Signore, già la sera si appressa e il sole si curva al suo declino. Stanco sei, e assetato. Entra. Resta con noi. Ci parlerai di Dio mentre divideremo il pane e il sale».

11Gesù entra e viene servito, con la solita ospitalità ebraica, di bevande e acque per i piedi stanchi.
Poi si mettono a tavola e i due lo pregano di offrire per loro il cibo.
Gesù si alza tenendo sulle palme il pane e, alzati gli occhi al cielo rosso della sera, rende grazie del cibo e si siede. Spezza il pane e ne dà ai suoi due ospiti. E nel farlo si disvela per quello che Egli è: il Risorto. Non è il fulgido Risorto apparso agli altri a Lui più cari. Ma è un Gesù pieno di maestà, dalle piaghe ben nette nelle lunghe Mani: rose rosse sull’avorio della pelle. Un Gesù ben vivo nella sua Carne ricomposta. Ma anche ben Dio nella imponenza degli sguardi e di tutto l’aspetto.
I due lo riconoscono e cadono in ginocchio... Ma, quando osano alzare il viso, di Lui non resta che il pane spezzato. Lo prendono e lo baciano. Ognuno prende il proprio pezzo e se lo mette, come reliquia, avvolto in un lino sul petto.
Piangono dicendo: «Egli era! E non lo conoscemmo. Eppure non sentivi tu arderti il cuore nel petto mentre ci parlava e ci accennava le Scritture?».
«Sì. E ora mi pare di vederle di nuovo. E nella luce che dal Cielo viene. La luce di Dio. E vedo che Egli è il Salvatore».
12«Andiamo. Io non sento più stanchezza e fame. Andiamo a dirlo a quelli di Gesù, in Gerusalemme».
«Andiamo. Oh! se il vecchio padre mio avesse potuto godere quest’ora!».
«Ma non lo dire! Egli più di noi ne ha goduto. Senza il velo usato per pietà della nostra debolezza carnale, egli, il giusto Clofé, ha visto col suo spirito il Figlio di Dio rientrare nel Cielo. Andiamo! Andiamo! Giungeremo a notte alta. Ma, se Egli lo vuole, ci darà maniera di passare. Se ha aperto le porte di morte, ben potrà aprire le porte delle mura! Andiamo».
E nel tramonto tutto porpureo vanno solleciti verso Gerusalemme.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 23 aprile 2017, II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,19-31.
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 627 pagina 267.
1Sono raccolti nel Cenacolo. La sera deve essere ben tarda, perché nessun rumore viene più dalla via né dalla casa. Penso the anche quelli the erano venuti prima si siano tutti ritirati o alle proprie case o a dormire, stanchi di tante emozioni.I dieci invece, dopo avere mangiato dei pesci, di cui ancora qualcuno sussiste su un vassoio posato sulla credenza, stanno parlando sotto la luce di una sola fiammella del lampadario, la più vicina alla tavola. Sono ancora seduti alla stessa. E hanno discorsi spezzati. Quasi dei monologhi, perché pare the ognuno, più the col compagno, parli con se stesso. E gli altri lo lasciano parlare, magari parlando a loro volta di tutt'altra cosa. Però questi discorsi slegati, the mi fanno l'impressione dei raggi di una ruota sfasciata, si sente the appartengono ad un solo argomento the li accentra, anche se così sparsi. E the è Gesù.
2«Non vorrei the Lazzaro avesse udito male, e meglio di lui avessero capito le donne...», dice Giuda d'Alfeo. «A the ora ha detto di averlo visto la romana?», chiede Matteo. Nessuno gli risponde. «Domani io vado a Cafarnao», dice Andrea. «Che meraviglia! Fare sì the esca proprio in quel momento la lettiga di Claudia!», dice Bartolomeo. «Abbiamo fatto male, Pietro, a venire via subito questa mattina... Fossimo rimasti, lo avremmo visto come la Maddalena», sospira Giovanni.«Io non capisco come poté essere a Emmaus e in palazzo insieme. E come qui dalla Madre, e dalla Maddalena e da Giovanna insieme...», dice a se stesso Giacomo di Zebedeo.«Non verrà. Non ho pianto abbastanza per meritarlo... Ha ragione. Io dico the per tre giorni mi fa aspettare per le mie tre negazioni. Ma come, come ho potuto fare quello?».«Come era trasfigurato Lazzaro! Vi dico: pareva lui un sole. Io penso gli sia successo come a Mosè dopo avere visto Dio. E subito vero, voi the eravate là? subito dopo avere offerto la sua vita!», dice lo Zelote. Nessuno lo ascolta.
3Giacomo d'Alfeo si volta da Giovanni e dice: «Come ha detto a quelli di Emmaus? Mi pare the ci abbia scusati, non è vero? Non ha detto the tutto è avvenuto per il nostro errore di israeliti sul modo di capire il suo Regno?».Giovanni non gli dà nessuna retta e, volgendosi a guardare Filippo, dice... all'aria, perché a Filippo non parla: «A me basta di saperlo risorto. E poi... E poi the il mio amore sia sempre più forte. Visto, eh! È andato, se voi guardate, in proporzione all'amore the avemmo: la Madre, Maria Maddalena, i bambini, mia madre e la tua, a poi Lazzaro e Marta... Quando a Marta? Io dico quando ella intonò il salmo davidico*: "Il Signore è mio pastore, non mi mancherà nulla. Egli mi ha posto in luogo di abbondanti pascoli, mi ha condotto ad acque ristoratrici. Ha richiamato a Sé l'anima mia...". Ricordi come ci fece sussultare con quell'inaspettato canto? E quelle parole si riconnettono a quanto ha detto: "Ha richiamato a Sé l'anima mia". Infatti Marta sembra avere ritrovato la sua via... Prima era smarrita, lei, la forte! Forse nel richiamo le ha detto il luogo dove la vuole. È certo anzi, perché, se le ha dato appuntamento, deve sapere dove lei sarà. Che avrà voluto dire dicendo: "sponsali compiuti?"». Filippo, the lo ha guardato un momento e poi lo ha lasciato monologare, geme: «Io non saprò the dirgli se viene... Io sono fuggito... e sento the fuggirò. Prima per paura degli uomini. Ora per paura di Lui».«Dicono tutti: "è bellissimo". Può mai essere più bello di quanto già era?», si chiede Bartolomeo. «Io gli dirò: "Mi hai perdonato senza parola quando ero pubblicano. Perdonami anche ora col tuo silenzio, perché non merita la mia viltà la tua parola"», dice Matteo.«Longino dice the ha pensato: "Devo chiedergli di guarire o di credere?". Ma ha detto il suo cuore: "Di credere", e allora la Voce ha detto: "Vieni a Me", ed egli ha sentito la volontà di credere e la guarigione insieme. Me lo ha proprio detto così», afferma Giuda d'Alfeo. «Io sono sempre fisso al pensiero di Lazzaro, premiato subito per la sua offerta... L'ho detto io pure: "La mia vita per la tua gloria". Ma non è venuto», sospira to Zelote.
4«Che dici, Simone? Tu the sei colto, dimmi: the gli devo dire per fargli capire the lo amo e chiedo perdono? E tu, Giovanni? Tu hai parlato molto con la Madre. Aiutami. Non è pietà lasciare solo il povero Pietro!».Giovanni si muove a compassione dell'avvilito compagno e dice: «Ma... ma io gli direi semplicemente: "Ti amo". Nell'amore è compreso anche il desiderio del perdono e il pentimento. Però... non so. Simone, the dici tu?».E lo Zelote: «Io direi quello the era il grido dei miracoli: "Gesù, pietà di me!". Direi: "Gesù". E basta. Perché è ben più del Figlio di Davide!».«È ben quello the penso e the mi fa tremare. Oh! io nasconderò il capo... Anche stamane avevo paura di vederlo e...».«...e poi sei entrato per primo. Ma non temere così. Sembra the tu non lo conosca», lo rincuora Giovanni.
5La stanza si illumina vivamente come per un lampo abbagliante. Gli apostoli si celano il viso temendo sia un fulmine. Ma non odono rumore e alzano il capo.Gesù è in mezzo alla stanza, presso la tavola. Apre le braccia dicendo: «La pace sia con voi».Nessuno risponde. Chi più pallido, chi più rosso, lo fissano tutti con paura e soggezione. Affascinati e nello stesso tempo vogliosi quasi di fuggire.Gesù fa un passo avanti, aumentando il suo sorriso. «Ma non temete così! Sono Io. Perché così turbati? Non mi desideravate? Non vi avevo fatto dire the sarei venuto? Non ve lo avevo detto fin dalla sera pasquale?».Nessuno osa aprire bocca. Pietro piange già e Giovanni già sorride, mentre i due cugini, con gli occhi lustri e un movimento di parola senza suono sulle labbra, sembrano due statue raffiguranti il desiderio.«Perché nei cuori avete pensieri così in contrasto fra il dubbio e la fede, l'amore e il timore? Perché ancora volete essere carne e non spirito, e con questo solo vedere, comprendere, giudicare, operare? Sotto la vampa del dolore non si è tutto arso il vecchio io, e non è sorto il nuovo io di una vita nuova?
6Sono Gesù. Il vostro Gesù, risorto come aveva detto. Guardate. Tu the le hai viste le ferite e voi the ignorate la mia tortura. Perché quanto sapete è ben diverso dalla conoscenza esatta the ne ha Giovanni. Vieni, tu per il primo. Sei già tutto mondo. Tanto mondo the mi puoi toccare senza tema. L'amore, l'ubbidienza, la fedeltà già ti avevano fatto mondo. Il mio Sangue, di cui fosti tutto rorido quando mi deponesti dal patibolo, ti ha finito di purificare. Guarda. Sono vere mani e vere ferite. Osserva i miei piedi. Vedi come il segno è quello del chiodo? Sì. Sono proprio Io e non un fantasma. Toccatemi. Gli spettri non hanno corpo. Io ho vera carne sopra un vero scheletro». Posa la Mano sul capo di Giovanni the ha osato andargli vicino: «Senti? È calda e pesante». Gli alita in volto: «E questo è respiro».«Oh! mio Signore! », Giovanni mormora piano, così... «Sì. Il vostro Signore. Giovanni, non piangere di timore e di desiderio. Vieni a Me. Sono sempre quello the ti amo. Sediamo, come sempre, alla tavola. Avete nulla più da mangiare? Datemelo, dunque».Andrea e Matteo, con mosse da sonnambuli, prendono dalle credenze il pane e i pesci e un vassoio con un favo appena sbocconcellato in un angolo.Gesù offre il cibo e mangia, a dà ad ognuno un poco di quanto mangia. E li guarda. Tanto buono. Ma tanto maestoso the essi ne sono paralizzati.
7Osa parlare per primo Giacomo, fratello di Giovanni: «Perché ci guardi così?». «Perché voglio conoscervi». «Non ci conosci ancora?». «Come voi non conoscete Me. Se mi conosceste, sapreste Chi sono e come vi amo, e trovereste le parole per dirmi il vostro tormento. Voi tacete. Come di fronte ad un estraneo potente di cui temete. Poco fa parlavate... Sono quasi quattro giorni the parlate con voi stessi dicendo: "Gli dirò questo...", dicendo allo Spirito mio: "Torna, Signore, the io ti possa dire questo". Ora sono venuto e voi tacete? Tanto mutato sono the più non vi paio Io? O tanto mutati siete da non amarmi più?». Giovanni, seduto presso al suo. Gesù, ha l'atto abituale di posargli la testa sul petto mentre mormora: «Io ti amo, mio Dio», ma si irrigidisce vietandosi questo abbandono per rispetto allo sfolgorante Figlio di Dio. Perché Gesù pare emanare una luce pur essendo di una carne pari alla nostra. Ma Gesù se lo attira sul Cuore, e allora Giovanni apre la diga al suo pianto beato. Ed è il segnale a tutti di farlo.
8Pietro, due posti dopo Giovanni, scivola fra la tavola a il sedile e piange gridando: «Perdono, perdono! Levami da questo inferno in cui sono da tante ore. Dimmi the hai visto il mio errore per quello the fu. Non dello spirito. Ma della carne the mi ha soverchiato il cuore. Dimmelo the hai visto il mio pentimento... Esso durerà fino alla morte. Ma Tu... ma Tu dimmi the come Gesù non ti devo temere... e io, e io... io cercherò di fare così bene da farmi perdonare anche da Dio... e morire... avendo solo un gran purgatorio da fare». «Vieni qui, Simone di Giona». «Ho paura». «Vieni qui. Non essere oltre vile». «Non lo merito di venirti accosto». «Vieni qui. Che ti ha detto la Madre? "Se non lo guardi su questo sudario non avrai cuore di guardarlo mai più". O uomo stolto! Quel Volto non ti ha detto col suo sguardo doloroso the ti capivo e the ti perdonavo? Eppure l'ho dato quel lino per conforto, per guida, per assoluzione, per benedizione... Ma the vi ha fatto Satana per accecarvi tanto? Ora Io ti dico: se non mi guardi ora the sulla mia gloria ho ancora steso un velo per adeguarmi alla vostra debolezza, non potrai mai più venire senza paura al tuo Signore. E the ti avverrà allora? Per presunzione peccasti. Vuoi ora tornare a peccare per ostinazione? Vieni, ti dico». Pietro si trascina sui ginocchi, fra il tavolo e i sedili, con le mani sul volto piangente. Lo ferma Gesù, quando è ai suoi piedi, mettendogli la Mano sul capo. Pietro, con un pianto anche più forte, prende quella Mano e la bacia fra un vero singhiozzare senza freno. Non sa the dire: «Perdono! Perdono!». Gesù si libera dalla sua stretta e, facendo leva della sua mano sotto il mento dell'apostolo, lo obbliga ad alzare il capo e lo fissa negli occhi arrossati, bruciati, straziati dal pentimento, coi suoi fulgidi Occhi sereni. Pare gli voglia trivellare l'anima. Poi dice: «Andiamo. Levami l'obbrobrio di Giuda. Baciami dove egli baciò. Lava col tuo bacio il segno del tradimento». Pietro alza il capo, mentre Gesù si china ancora di più, e sfiora la guancia... poi china il capo sulle ginocchia di Gesù e sta così... come un vecchio bambino the ha fatto del male ma the è perdonato.
9Gli altri, ora the vedono la bontà del loro Gesù, ritrovano un po' di ardire e si accostano come possono.Vengono prima i cugini... Vorrebbero dire tanto e non riescono a dire nulla. Gesù li carezza e rincuora col suo sorriso.Viene Matteo con Andrea. Matteo dicendo: «Come a Cafarnao...», e Andrea: «Io, io... ti amo io».Viene Bartolomeo gemendo: «Non sapiente fui. Ma stolto. Questo è sapiente», e accenna allo Zelote, al quale Gesù sorride già.Giacomo di Zebedeo viene e sussurra a Giovanni: «Diglielo tu...»; a Gesù si volge a dice: «Da quattro sere lo hai detto e da tanto Io ti ho compatito».Filippo, per ultimo, viene tutto curvo. Ma Gesù lo forza ad alzare il capo e gli dice: «Per predicare il Cristo occorre maggior coraggio».
10Ora sono tutti intorno a Gesù. Si rinfrancano piano piano. Ritrovano quanto hanno perduto o temuto di avere per sempre perduto. Riaffiora la confidenza, la tranquillità e, per quanto Gesù sia tanto maestoso da tenere in un rispetto nuovo i suoi apostoli, essi trovano finalmente il coraggio di parlare. È il cugino Giacomo the sospira: «Perché ci hai fatto questo, Signore? Tu lo sapevi the noi non siamo nulla e the ogni cosa da Dio viene. Perché non ci hai dato la forza di essere al tuo fianco?».Gesù lo guarda e sorride. «Ora tutto è avvenuto. E nulla più Tu devi patire. Ma non mi chiedere più questa ubbidienza. Sono invecchiato ad ogni ora di un lustro, e le tue sofferenze, the l'amore a Satana ugualmente aumentavano nella mia immaginazione di cinque volte quel the già non fossero, hanno proprio consumato ogni mia forza. Non me ne è rimasta altro the per continuare ad ubbidire, tenendo, come un the affoga con le mani spezzate, la mia forza con la volontà come fossero i denti afferranti una tavola, per non perire... Oh! non chiedere più questo al tuo lebbroso!». Gesù guarda Simone Zelote e sorride. «Signore, Tu lo sai quello the voleva il mio cuore. Ma poi non ho più avuto cuore... come me lo avessero strappato i manigoldi the ti hanno preso... e mi è rimasto un buco da cui fuggiva ogni mio pensiero antecedente. Perché hai permesso questo, Signore?», chiede Andrea. «Io... tu dici il cuore? Io dico the fui uno senza più ragione. Come chi prende un colpo di clava sulla nuca. Quando, a notte fatta, io mi trovai a Gerico... oh! Dio! Dio!... Ma può un uomo perire così? Io credo the così è la possessione. Ora la capisco cosa è questa cosa tremenda!...». Filippo sbarra ancora gli occhi al ricordo del suo soffrire. «Ha ragione Filippo. Io guardavo indietro. Vecchio sono e non povero di sapienza. E più nulla sapevo di quanto avevo saputo fino a quell'ora.
11Guardavo Lazzaro, così straziato ma così sicuro, e mi dicevo: "Ma come può essere the egli sappia ancora trovare una ragione ed io nulla più?"», dice Bartolomeo. «Io pure guardavo Lazzaro. E poiché io so appena ciò the Tu ci hai spiegato, non pensavo al sapere. Ma dicevo: "Almeno nel cuore fossi uguale!"; invece io non avevo the dolore, dolore, dolore. Lazzaro aveva dolore e pace... Perché a lui tanta pace?».Gesù guarda a turno prima Filippo, poi Bartolomeo, poi Giacomo di Zebedeo. Sorride e tace.Giuda dice: «Io speravo giungere a vedere ciò the certo Lazzaro vedeva. Per questo gli stavo sempre presso... Il suo viso!... Uno specchio. Un poco prima del terremoto del Venerdì egli era come uno the muore stritolato. E poi divenne di colpo maestoso nel suo dolore. Vi ricordate quando disse: "Il dovere compiuto dà pace"? Noi tutti credemmo fosse solo un rimprovero per noi o un'approvazione per se stesso. Ora penso the lo dicesse per Te. Era un faro nelle nostre tenebre, Lazzaro. Quanto gli hai dato, Signore! ». Gesù sorride a tace. «Sì. La vita. E forse con quella gli hai dato un'anima diversa. Perché, infine, the è lui di diverso da noi? Eppure non è più un uomo. È già qualcosa di più dell'uomo e, per quello the era in passato, avrebbe dovuto essere ancora meno di noi perfetto di spirito. Ma lui si è fatto, e noi... Signore, il mio amore è stato vuoto come certe spighe. Solo pula ho dato», dice Andrea. E Matteo: «Io nulla posso chiedere. Perché già tanto ho avuto con la mia conversione. Ma sì! Avrei voluto avere ciò the ebbe Lazzaro. Un'anima data da Te. Perché penso anche io come Andrea...».«Anche Maddalena e Marta furono dei fari. Sarà la razza. Voi non le avete viste. Una era pietà e silenzio. L'altra! Oh! se siamo stati tutti un fascio intorno alla Benedetta, è perché Maria di Magdala ci ha stretti con le fiamme del suo coraggioso amore. Sì. Ho detto: la razza. Ma devo dire: l'amore. Ci hanno superati nell'amore. Per questo sono stati quelli the furono», dice Giovanni. Gesù sorride a tace sempre. «Ne hanno avuto gran premio però...». «A loro apparisti». «A tutti a tre». «A Maria subito dopo tua Madre...». È chiaro negli apostoli un rimpianto per queste apparizioni di privilegio. «Maria ti sa risorto già da tante ore. E noi solo ora ti possiamo vedere...». «Non più dubbi in loro. In noi, invece, ecco... solo ora sentiamo the nulla è finito. Perché a loro, Signore, se ancora ci ami e non ci ripudi?», chiede Giuda d'Alfeo.«Sì. Perché alle donne, a specie a Maria? L'hai anche toccata sulla fronte, a lei dice the le pare di portare un serto eterno. E a noi, i tuoi apostoli, nulla...».
12Gesù non sorride più. Il suo Volto non è turbato, ma cessa il suo sorriso. Guarda serio Pietro the ha parlato per ultimo, riprendendo ardire man mano the la paura gli passa, e dice:«Avevo dodici apostoli. E li amavo con tutto il mio Cuore. Io li avevo scelti e come una madre ne avevo curato la crescita nella mia Vita. Non avevo segreti per loro. Tutto dicevo, tutto spiegavo, tutto perdonavo. E le umanità, e le sventatezze, e le caparbietà... tutto. E avevo dei discepoli. Dei ricchi e dei poveri discepoli. Avevo donne dal fosco passato o dalla debole costituzione. Ma i prediletti erano gli apostoli. È venuta la mia ora. Uno mi ha tradito e consegnato ai carnefici. Tre hanno dormito mentre Io sudavo sangue. Tutti, meno due, sono fuggiti per viltà. Uno mi ha rinnegato avendo paura, nonostante avesse l'esempio dell'altro, giovane e fedele. E, quasi non bastasse, fra i dodici ho avuto un suicida disperato e uno the ha dubitato tanto del mio perdono da non credere the a fatica, e per materna parola, alla Misericordia di Dio. Di modo che, se avessi guardato alla mia schiera, se l'avessi guardata con occhio umano, avrei dovuto dire: "Meno Giovanni, fedele per amore, e Simone, fedele all'ubbidienza, Io non ho più apostoli". Questo avrei dovuto dire mentre soffrivo nel recinto del Tempio, nel Pretorio, per le vie a sulla Croce.
13Avevo delle donne... E una, la più colpevole in passato, è stata, come Giovanni ha detto, la fiamma the ha saldato le spezzate fibre dei cuori. Quella donna è Maria di Magdala. Tu mi hai rinnegato e sei fuggito. Ella ha sfidato la morte per starmi vicino. Insultata, ha scoperto il suo volto, pronta a ricevere sputi e ceffoni, pensando di assomigliare così di più al suo Re crocifisso. Schernita nel fondo dei cuori per la sua tenace fede nella mia Risurrezione, ha saputo continuare a credere. Straziata, ha agito. Desolata, stamane, ha detto: "Di tutto mi spoglio, ma datemi il mio Maestro". Puoi osare ancora la domanda: "Perché a lei?". Avevo dei discepoli poveri: dei pastori. Poco li ho avvicinati, eppure come seppero confessarmi con la loro fedeltà!Avevo delle discepole timide, come tutte le donne ebree. Eppure hanno saputo lasciare la casa e venire fra la marea di un popolo the mi bestemmiava, per darmi quel soccorso the i miei apostoli mi avevano negato.Avevo delle pagane the ammiravano il "filosofo". Per loro ero tale. Ma seppero scendere ad usi ebrei, le potenti romane, per dirmi, nell'ora dell'abbandono di un mondo d'ingrati: "Noi ti siamo amiche".
14Avevo il volto coperto di sputi e sangue. Lacrime e sudore gocciavano sulle ferite. Lordure e polvere me lo incrostavano. Di chi la mano the mi deterse? La tua? o la tua? o la tua? Nessuna delle vostre mani. Costui era presso alla Madre. Costui riuniva le pecore sperse. Voi. E se sperse erano le mie pecore, come potevano darmi soccorso? Tu nascondevi il tuo volto per paura del disprezzo del mondo, mentre il tuo Maestro veniva coperto del disprezzo di tutto il mondo, Lui the era innocente. Avevo sete. Sì. Sappi anche questo. Morivo di sete. Non avevo più the febbre e dolore. Il sangue era già corso nel Getsemani, tratto dal dolore di essere tradito, abbandonato, rinnegato, percosso, sommerso dalle colpe infinite e dal rigore di Dio. Ed era corso nel Pretorio... Chi mi volle dare una stilla per le fauci arse? Una mano d'Israele? No. La pietà di un pagano. La stessa mano che, per decreto eterno, mi apri il petto per mostrare the il Cuore aveva già una ferita mortale, ed era quella the il non amore, la viltà, il tradimento, vi avevano fatta. Un pagano. Vi ricordo: "Ebbi sete e mi desti da bere". Non uno the mi desse un conforto in tutto Israele. O per impossibilità di farlo, come la Madre e le donne fedeli, o per mala volontà di farlo. E un pagano trovò per lo Sconosciuto la pietà the il mio popolo mi aveva negato. Troverà in Cielo il sorso a Me dato. In verità vi dico che, se Io ho rifiutato ogni conforto, perché quando si è Vittima non bisogna temperare la sorte, non ho voluto respingere il pagano, nella cui offerta ho sentito il miele di tutto l'amore the dai Gentili mi verrà dato a compenso dell'amarezza the mi dette Israele. Non mi ha levato la sete. Ma lo sconforto, sì. Per questo ho preso quel sorso ignorato. Per attirare a Me colui the già verso il Bene piegava. Sia benedetto dal Padre per la sua pietà!
15Non parlate più? Perché non chiedete ancora il perché ho così agito? Non osate di chiederlo? Io ve lo dirò. Tutto vi dirò dei perché di quest'ora.Chi siete voi? I miei continuatori. Sì. Lo siete nonostante il vostro smarrimento. Che dovete fare? Convertire il mondo a Cristo. Convertire! È la cosa più delicata e difficile, amici miei. Gli sdegni, i ribrezzi, gli orgogli, gli zeli esagerati sono tutti deleteri alla riuscita. Ma, poiché nulla e nessuno vi avrebbe persuaso alla bontà, alla condiscendenza, alla carità per quelli the sono nelle tenebre, è stato necessario comprendete? - necessario è stato the voi aveste, una buona volta, frantumato il vostro orgoglio di ebrei, di maschi, di apostoli, per dare luogo solo alla vera sapienza del ministero vostro. Alla mitezza, pazienza, pietà, amore senza borie e ribrezzi. Voi vedete the tutti vi hanno superato nel credere e nell'agire, fra quelli the voi guardavate con sprezzo o con compatimento orgoglioso. Tutti. E la peccatrice di un giorno. E Lazzaro, intinto di cultura profana, il primo the in mio Nome ha perdonato e guidato. E le donne pagane. E la debole moglie di Cusa. Debole? Invero ella tutti vi supera! Prima martire della mia fede. E i soldati di Roma. E i pastori. E l'erodiano Mannaen. E persino Gamaliele, il rabbino. Non sussultare, Giovanni. Credi tu the il mio Spirito fosse nelle tenebre? Tutti. E questo perché domani, ricordando il vostro errore, non chiudiate il cuore a chi viene alla Croce. Ve lo dico. E già so che, nonostante lo dica, non lo farete the quando la Forza del Signore vi piegherà come fuscelli al mio Volere, the è quello di avere dei cristiani di tutta la Terra. Ho vinto la Morte. Ma è meno dura del vecchio ebraismo. Ma vi piegherò.
16Tu, Pietro, in luogo di stare piangente e avvilito, tu the devi essere la Pietra della mia Chiesa, scolpisciti queste amare verità nel cuore. La mirra è usata per preservare dalla corruzione. Intriditi di mirra, dunque. E quando vorrai chiudere il cuore e la Chiesa ad uno d'altra fede, ricorda the non Israele, non Israele, non Israele, ma Roma mi difese e volle avere pietà. Ricordati the non tu, ma una peccatrice seppe stare ai piedi della Croce e meritò di vedermi per prima. E per non essere degno di biasimo sii imitatore del tuo Dio. Apri il cuore e la Chiesa dicendo: "Io, il povero Pietro, non posso sprezzare, perché se sprezzerò sarò sprezzato da Dio ed il mio errore tornerà vivo agli occhi suoi". Guai se non ti avessi spezzato così! Non un pastore ma un lupo saresti divenuto».
17Gesù si alza. Maestosissimo. «Figli miei. Ancora vi parlerò nel tempo the fra voi resterò. Ma per intanto vi assolvo e perdono. Dopo la prova che, se fu avvilente e crudele, è stata anche salutare e necessaria, venga in voi la pace del perdono. E, con essa in cuore, tornate i miei amici fedeli e forti. Il Padre mi ha mandato nel mondo. Io mando voi nel mondo a continuare la mia evangelizzazione. Miserie di ogni sorta verranno a voi chiedendo sollievo. Siate buoni pensando alla miseria vostra quando rimaneste senza il vostro Gesù. Siate illuminati. Nelle tenebre non è lecito vedere. Siate mondi per dare mondezza. Siate amore per amare. Poi verrà Colui the è Luce, Purificazione e Amore. Ma intanto, per prepararvi a questo ministero, Io vi comunico lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi. A chi li riterrete saranno ritenuti. L'esperienza vostra vi faccia giusti per giudicare. Lo Spirito Santo vi faccia santi per santificare. Il sincero volere di superare il vostro mancamento vi faccia eroici per la vita the vi aspetta. Quanto ancora è da dire ve lo dirò quando l'assente sarà venuto. Pregate per lui. Rimanete con la mia pace e senza orgasmo di dubbio sul mio amore».E Gesù scompare così come era entrato, lasciando fra Giovanni e Pietro un posto vuoto. Scompare in un bagliore the fa chiudere gli occhi tanto è forte. E, quando gli occhi abbacinati si riaprono, trovano solo the la pace di Gesù è rimasta, fiamma the brucia e the medica e the consuma le amarezze del passato in un unico desiderio: di servire.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 16 aprile 2017, Domenica di Pasqua: Risurrezione del Signore

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9.
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 619 pagina 227.
1Le donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre nell’ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano parlare. «Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna. «Certo. Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al mercato», risponde Salome. «Ci diranno nulla?», chiede ancora Susanna. «Chi?», domanda la Maddalena. «I soldati, alla porta Giudiziaria. Di lì... entrano pochi ed escono meno ancora... Daremo sospetti...». «E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la Pasqua, andiamo ai nostri paesi». «Però... Per non dare nell’occhio a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un’altra porta e poi giriamo rasente alle mura?...». «Allungheremo la strada». «Ma saremo più sicure. Prendiamo la porta dell’Acqua...». «Oh! Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». È la Maddalena questa così recisa. «Allora un’altra, ma non quella Giudiziaria. Sii buona...», pregano tutte. «E va bene.
2Allora, posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei...». «Oh! sì. Anche per le guardie messe là... Lei è nota e temuta...». «Io direi di passare anche da Giuseppe d’Arimatea. È il padrone del luogo». «Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare nell’occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta? Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c’è del pericolo, e mi vedrete. E torneremo indietro. Ma vi assicuro che le guardie, davanti a questo io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete) ci lasceranno fare tutto». «Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione». «Allora andate, che io vado» . «Vai sola, Maria? Io vengo con te», dice Marta timorosa per la sorella. «No. Tu va’ con Maria d’Alfeo da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte insieme. Addio». E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in seno. Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo rosare dell’aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più presto. Né nessuno la ferma...
3Le altre la guardano andare, poi volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono un’altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria d’Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino (spioncino) che il portinaio socchiude. Entrano e vanno da Giovanna che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla nutrice e ad una servente.«Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non foste venute, sarei andata da me... Per trovare conforto... Perché molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non sentirmi sola devo andare contro quella pietra a bussare e dire: “Maestro, sono la povera Giovanna... Non mi lasciare sola anche Tu...”». Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle della padrona, intanto che le mette il mantello. «Io vado, Ester». «Dio ti conforti!». Escono dal palazzo per raggiungere le compagne. È in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli avvenimenti del Venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi, precipitosamente, e nell’ampio vestibolo, fra le serve e i servi urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuove scosse...
4...La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo che porta all’orto dell’Arimatea quando la coglie il boato potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce appena rosata dell’aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l’aria fino allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig zag l’aria quieta. Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo. Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre verso l’ortaglia. Vi entra veloce, andando, come un uccello inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. Ma, per quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa da leva e da fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra cade, dando uno scuotio che si unisce a quello del terremoto che, se è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come morte. Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma, vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade a ginocchio dicendo: «Ahimé! Lo hanno rapito!». È veramente desolata e piange come una bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi invece vuota la dimora.
5Poi si alza e corre via per andare da Pietro e Giovanni. E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate, si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo scuote furiosamente. Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni a Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena. «Là», e la donna indica il Cenacolo. Maria di Magdala entra e, appena è dentro, davanti ai due stupiti dice, e nella voce tenuta bassa per pietà della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove lo hanno messo!», e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra dove può. «Ma come? Che dici?», chiedono i due. E lei, con affanno: «Sono andata avanti... per comperare le guardie... perché ci lasciassero fare. Loro sono là come morte... Il Sepolcro è aperto, la pietra per terra... Chi? Chi sarà stato? Oh! venite! Corriamo...». Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto: «Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta della stanza di Maria). Ricòrdati che io sono la tua padrona. Ubbidisci e taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro...
6...Susanna e Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e quella di scappare presso Giovanna. Ma l’amore vince la paura e vanno verso il Sepolcro. Entrano ancora sbigottite nell’ortaglia e vedono le guardie tramortite... vedono una grande luce uscire dal Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell’unzione, che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore. Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore. Ma l’angelo dolcemente parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l’angelo del divino Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazaret, il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. Dite a Pietro e ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo vedrete ancora per poco, secondo che ha detto». Le donne cadono col volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto l’angelo del Signore!». Si calmano un poco in aperta campagna a si consigliano. Che fare? Se dicono ciò che hanno visto, non saranno credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né agli amici, né ai nemici... Pavide, ammutolite, tornano da altra via verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di vedere Maria... E là pensano che quanto hanno visto non sia che un inganno del Demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È Satana che le ha volute impaurire per allontanarle di là».Piangono e pregano come due bambine impaurite da un incubo...
7...Il terzo gruppo, quello di Giovanna, Maria d’Alfeo e Marta, visto che nulla succede di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono. Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche quello che non c’è. «Meglio se sono tutti spauriti! Forse e o saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria d’Alfeo. E vanno svelte verso le mura.
8Ma, mentre loro vanno là, all’ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla Maddalena. E Giovanni, più svelto, giunge per primo al Sepolcro. Le guardie non ci sono più. E più non c’è l’angelo. Giovanni si inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non vede che ammucchiati per terra i pannilini messi sopra la sindone. «Non c’è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra, guarda». Pietro, col fiato grosso per il gran correre fatto, entra nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il Maestro. E lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in qualche angolo buio. L’oscurità, in questa ora mattutina, è ancora forte nel profondo del Sepolcro, a cui dà luce solo la piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la Maddalena... E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a vedere... Tocca, a trema, il tavolo dell’unzione e lo sente vuoto... «Non c’è, Giovanni! Non c’è!... Oh! vieni anche tu! Io ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce». Giovanni si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata con cura. «Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma per fare questo... E noi l’abbiamo lasciato fare. Coll’andarcene lo abbiamo permesso!...». «Oh! dove lo avranno messo?». «Pietro! Pietro! Ora... è proprio finita!». I due discepoli escono annientati. «Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre...». «Io non vengo via. Sto qui... Qualcuno verrà... Oh! io non vengo... Qui c’è ancora qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre... Respirare l’aria dove Egli fu è l’unico sollievo che ci resta». «L’unico sollievo... Ora lo vedi tu pure che era fola sperare...», dice Pietro. Maria neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e piange, mentre gli altri vanno via lentamente.
9Poi alza il capo e guarda dentro, e fra le lacrime vede due angeli seduti a capo e a piedi della pietra dell’unzione. È tanto intontita la povera Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha resistito da eroina. «Perché piangi, donna?», chiede uno dei due luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno l’aspetto. «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove me lo hanno messo». Maria non ha paura a parlare con loro, non chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore. Tutto quanto può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno. Il giovinetto angelico guarda il compagno e sorride. E l’altro pure. E in un balenare di letizia angelica ambedue guardano fuori, verso l’ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono aperte al primo sole sui meli fitti del pometo.
10Maria si volta per vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È vero che è un Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma proprio mi chiedo come possa non riconoscerlo. E Maria fra i singhiozzi: «Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per imbalsamarlo in attesa che sorgesse... Ho tenuto raccolto tutto il mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore... e ora non lo trovo più... Anzi ho messo il mio amore intorno alla fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli uomini... Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e con esso tutto mi hanno levato... O mio signore, se sei tu che lo hai portato via, dimmi dove lo hai messo. Ed io lo prenderò... Non lo dirò a nessuno... Sarà un segreto fra me a te. Guarda: sono la figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant’oro e gemme per quanto esso pesa. Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo scontare a me. Ma rendimelo. Oh! non mi fare povera di questa miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!... Per me non vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e lo porterò come un bambino in salvo. Signore... signore... tu lo vedi... da tre giorni siamo percossi dall’ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di Dio... Non aggiungere Profanazione a Delitto...». «Maria!». Gesù sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante. «Rabboni!». Il grido di Maria è veramente “il grande grido” che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell’odio fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci dell’amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido che empie l’ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare. Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la fronte: «Non mi toccare! Non sono ancora salito al Padre mio con questa veste. Va’ dai miei fratelli e amici, e di’ loro che Io salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da loro». E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile.
11Maria bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo, perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando: «È risorto! È risorto!», e piange beata. E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo avanzano le spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco entrare anche, dalla via, Maria d’Alfeo con Marta e Giovanna, che a fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto due angeli che si dicevano il Custode dell’Uomo Dio e l’angelo del suo Dolore, e che hanno dato loro l’ordine di dire ai discepoli che Egli era risorto». E poiché Pietro scrolla il capo, insistono dicendo: «Sì. Hanno detto: “Perché cercate il Vivente fra i morti? Egli non è qui. È risorto, come disse quando ancora era in Galilea. Non ricordate? Disse: ‘Il Figlio dell’uomo deve essere dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo giorno risusciterà’ “». Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate». La Maddalena alza il capo dal petto di Maria e dice: «L’ho visto! Gli ho parlato. Mi ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato. Ma Pietro, e anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro occhio dice: «Immaginazione di donne!». Anche Susanna e Salome osano allora parlare. Ma la stessa inevitabile diversità nei particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci sono, degli angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la persuasione degli apostoli cresca sempre più.
12Maria, la Madre beata, tace sorreggendo la Maddalena... Non comprendo il mistero di questo silenzio materno. Maria d’Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi due. Vediamo se siamo tutte ebbre...». E corrono fuori. Le altre restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace, assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno comprende che è estasi.Tornano le due attempate donne: «È vero! È vero! Noi lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l’orto di Barnaba: “La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là staremo ancora insieme”. Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più fidi, ai pastori, andare, fare, fare... Oh! è risorto!...», piangono tutte beate. «Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate. La luce vi è parsa angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col Cadavere involato». «Ma se lo dicono le guardie stesse che è risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei Sacerdoti sono folli d’ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono credere, molti altri credono...». «Uhm! Le donne!...». Pietro alza le spalle a fa per andarsene.
13Allora la Madre, che ha sempre sul cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un’acquata per la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il viso trasfigurato e dice una breve frase: «È realmente risorto. Io l’ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe». E poi si curva sui capelli dell’appassionata e dice: «Sì, la gioia è ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la ragione hai fatto parlare lo spirito». Pietro non osa più negare... e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse il ritardo: «Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli altri. A quelli dispersi per le campagne... cercare... fare... Su, muovetevi. Se dovesse proprio venire... che ci trovi almeno», e non si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua Risurrezione.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 9 aprile 2017, Domenica delle Palme "De Passione Domini"

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 26,14-75.27,1-66.
Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti
e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento.
Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?».
Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli».
I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.
Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà».
Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».
Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.
Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».
Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo».
Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti,
perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.
Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».
E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Allora Gesù disse loro: «Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge,
ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea».
E Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai».
Gli disse Gesù: «In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte».
E Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».
E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.
Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me».
E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?
Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà».
E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.
E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.
Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.
Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina».
Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.
Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!».
E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò.
E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.
Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
Allora Gesù gli disse: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.
Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?
Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?».
In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.
Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale gia si erano riuniti gli scribi e gli anziani.
Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;
ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.
Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».
Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».
Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio».
«Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;
che ve ne pare?». E quelli risposero: «E' reo di morte!».
Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,
dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».
Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!».
Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire».
Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno».
Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell'uomo».
Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!».
Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò.
E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: «Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.
Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani
dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!».
Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.
Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue».
E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.
Perciò quel campo fu denominato "Campo di sanguè'fino al giorno d'oggi.
Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,
e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.
Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose «Tu lo dici».
E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante cose attestano contro di te?».
Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.
Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.
Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: «Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?».
Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua».
Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.
Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!».
Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?». Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!».
Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!».
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!».
E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli».
Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.
Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto
e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!».
E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.
Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.
Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,
gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.
Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte.
E sedutisi, gli facevano la guardia.
Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo:
«Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!».
Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:
«Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E' il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.
Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!».
Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.
Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia».
E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere.
Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!».
E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,
i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.
E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.
Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.
Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.
Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo
e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.
Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:
«Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.
Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E' risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!».
Pilato disse loro: «Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete».
Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 600 pagina 453 - CD 9, traccia 46
1Comincia la sofferenza del Giovedì Santo.
Gli apostoli, e sono dieci, si dànno un gran da fare a preparare il Cenacolo.
Giuda, arrampicato sul tavolo, osserva se l’olio è in tutti i palloncini del grande lampadario, che pare una corolla di fucsia doppia, perché ha uno stelo circondato da cinque lumi in ampolle simili a petali, poi un secondo giro, più in basso, che è tutta una coroncina di fiammelle, poi ha, per ultimo, tre esili lampadine sospese a catenelle che sembrano i pistilli del luminoso fiore. (E non rida del mio disegno.) Poi scende con un salto e aiuta Andrea a disporre con arte le stoviglie sulla tavola, su cui viene stesa una finissima tovaglia. Sento Andrea che dice: «Che splendido lino!».
E l’Iscariota: «Uno dei migliori di Lazzaro. Marta l’ha voluta portare per forza».
«E questi calici? e queste anfore, allora?», osserva Tommaso che ha messo il vino nelle anfore preziose e le rimira, specchiandosi nelle loro pance snelle, e ne carezza i manici a cesello con occhio d’intenditore.
«Chissà che valore, eh?», chiede Giuda Iscariota.
«È lavorato a martello. Mio padre ne andrebbe pazzo. L’argento e l’oro in foglia si piega, quando è caldo, con facilità. Ma trattato così... È un momento rovinare tutto. Basta un colpo mal dato. Ci vuole forza e leggerezza insieme. Vedi i manici? Tratti dal blocco. Non saldati. Cose da ricchi... Pensa che tutta la limatura e lo sbozzato si perdono. Non so se mi capisci».
«Eh! se capisco! Insomma è come uno che fa scoltura».
«Proprio così».
Tutti ammirano. Poi tornano al loro lavoro. Chi dispone i sedili e chi fa pronte le credenze.
2Entrano insieme Pietro e Simone.
«Oh! siete venuti finalmente! Dove siete andati di nuovo? Dopo essere giunti col Maestro e noi, siete da capo fuggiti», dice l’Iscariota.
«Ancora un’incombenza prima dell’ora», risponde breve Simone.
«Hai delle malinconie?».
«Credo che, con quello che si è udito in questi giorni, e da quelle labbra che mai trovammo menzognere, ce ne sia ben ragione».
«E con quel puzzo di... Bene, sta’ zitto, Pietro», borbotta Pietro fra i denti.
«Anche tu!... Mi sembri folle da qualche giorno. Hai la faccia di un coniglio selvatico che si sente dietro lo sciacallo», risponde Giuda Iscariota.
«E tu hai il muso della faina. Anche tu non sei molto bello da qualche giorno. Guardi in un modo... Hai persino l’occhio storto... Chi aspetti, o che speri vedere? Sembri sicuro, vuoi farlo parere, ma assomigli a chi ha paura», rimbecca Pietro.
«Oh! Quanto a paura!... Non sei certo un eroe neppure tu!».
«Nessuno lo siamo, Giuda. Tu porti il nome del Maccabeo, ma non lo sei. Io dico, col mio, “Dio fa grazie”, ma ti giuro che ho in me il tremito di chi sa di portare disgrazia e di essere soprattutto in disgrazia di Dio. Simone di Giona, ribattezzato “la pietra”, è ora molle come cera al fuoco. Non si agguanta più col suo volere. E sì che mai lo vidi pauroso nelle più fiere tempeste! Matteo, Bartolmai e Filippo sembrano sonnambuli. Mio fratello e Andrea non fanno che sospirare. I due cugini, in cui è il dolore del sangue con quello dell’amore al Maestro, guardali. Sembrano uomini già vecchi. Tommaso ha perduto la sua giocondità. E Simone sembra tornato il lebbroso sfinito di or sono tre anni, tanto è scavato da un dolore, direi corroso, livido, avvilito», gli risponde Giovanni.
3«Sì. Ci ha suggestionati tutti con la sua melanconia», osserva l’Iscariota.
«Mio cugino Gesù, il mio e vostro Maestro e Signore, è e non è melanconico. Se vuoi dire, con questo nome, che è triste per il troppo dolore che tutto Israele gli sta dando, e che noi vediamo, e per l’altro occulto dolore che Egli solo vede, ti dico: “Hai ragione”. Ma se usi quel termine per dirlo folle, te lo proibisco», dice Giacomo di Alfeo.
«E non è follia un’idea fissa di malinconia? Io ho studiato anche il profano. E so. Egli troppo ha dato di Sé. Ora è uno stanco di mente».
«Il che significa demente. Non è vero?», chiede l’altro cugino Giuda, in apparenza calmo.
«Proprio così! Aveva visto bene tuo padre, giusto di santa memoria, al quale tanto tu somigli in giustizia e sapienza! Gesù, triste destino di una illustre casa troppo vecchia e colpita da senilità psichica, ha sempre avuto una tendenza a questa malattia. Dolce dapprima, poi sempre più aggressiva. Tu hai visto come ha attaccato farisei e scribi, sadducei ed erodiani. Si è resa impossibile la vita come un cammino sparso di schegge di quarzo. E da Sé se le è sparse. Noi... lo amammo tanto che l’amore ci fu velo. Ma quelli che l’amarono non idolatramente - tuo padre, tuo fratello Giuseppe, e Simone dapprima - videro giusto... Dovevamo aprire gli occhi alle loro parole. Invece siamo stati tutti sedotti dal suo dolce fascino di malato. Ed ora... Mah!».
Giuda Taddeo, che, alto come l’Iscariota, gli è proprio di fronte e pare udirlo con pace, ha uno scatto violento e, con un manrovescio potente, getta Giuda supino su uno dei sedili, e con una collera contenuta nella voce gli fischia, curvandosi sul volto del vigliacco, che non reagisce forse temendo che il Taddeo sia a conoscenza del suo crimine: «Questo per la demenza, rettile! E solo perché Egli è di là, ed è sera di Pasqua, non ti strozzo. Ma pensa, pensalo bene! Se gli avviene del male, e non c’è più Lui a fermare la mia forza, nessuno ti salva. È come tu già avessi il capestro al collo, e saranno queste mie mani oneste e forti, di artiere galileo e di discendente del frombolatore di Golia, che te lo faranno. Alzati, smidollato libertino! E regolati!».
Giuda si alza, livido, senza la minima reazione. E, ciò che mi stupisce, nessuno ha una reazione al gesto nuovo del Taddeo. Anzi!... È chiaro che tutti approvano.
4È appena ricomposto l’ambiente che entra Gesù. Si affaccia sulla soglia della porticina, dalla quale la sua alta persona appena passa, mette piede sul ballatoio di così poco spazio e col suo mite, mesto sorriso dice, aprendo le braccia: «La pace sia con voi». La sua voce è stanca, come quella di uno che languisce nel fisico o nel morale.
Scende. Carezza sul capo biondo Giovanni che gli è corso vicino. Sorride, come ignaro, al cugino Giuda e dice all’altro cugino: «Tua madre ti prega di essere dolce con Giuseppe. Ha chiesto di Me e di te poco fa alle donne. Mi spiace non averlo salutato».
«Lo farai domani».
«Domani?... Ma avrò sempre tempo di vederlo... Oh! Pietro! Staremo un poco insieme, finalmente! Da ieri mi sembri un fuoco fatuo. Ti vedo, poi non ti vedo più. Oggi quasi posso dire che ti ho perso. Anche tu, Simone».
«I nostri capelli più bianchi che neri ti possono fare sicuro che non fummo assenti per fame di carne», dice serio Simone.
«Per quanto... a tutte le età si possa avere quella fame... I vecchi! Peggio dei giovani...», dice l’Iscariota offensivo.
Simone lo guarda e sta per ribattere. Ma lo guarda anche Gesù e dice: «Ti duole un dente? Hai la guancia destra gonfia e rossa».
«Sì. Ho male. Ma non merita occuparsene».
Gli altri non dicono nulla e la cosa muore così.
5«Avete fatto tutto quanto era da fare? Tu, Matteo? E tu, Andrea? E tu, Giuda, hai pensato all’offerta al Tempio?».
Tanto i due primi come l’Iscariota dicono: «Tutto fatto di quello che avevi detto da farsi per oggi. Sta’ quieto».
«Io ho portato le primizie di Lazzaro a Giovanna di Cusa. Per i bambini. Mi hanno detto: “Erano più buone quelle mele!”. Avevano il sapore della fame, quelle! Ed erano le tue mele», dice sorridente e sognante Giovanni.
Anche Gesù sorride ad un ricordo...
«Io ho visto Nicodemo e Giuseppe», dice Tommaso.
«Li hai visti? Hai parlato con loro?», chiede l’Iscariota con interesse esagerato.
«Sì. Che c’è di strano? Giuseppe è un buon cliente del padre mio».
«Non lo avevi detto prima... Mi sono stupito per questo!...». Giuda cerca rimediare all’impressione, data prima, di affanno per l’incontro di Giuseppe e Nicodemo con Tommaso.
«Mi fa strano che non siano venuti qui a venerarti. Non loro, non Cusa, non Mannanen... Nessuno dei...».
Ma l’Iscariota ride con una falsa risata, interrompendo Bartolomeo, e dice: «Il coccodrillo si rintana nell’ora buona».
«Che vuoi dire? Che insinui?», interroga Simone, aggressivo quanto non fu mai.
«Pace, pace! Ma che avete? È sera pasquale! Mai avemmo sì degno apparato alla consumazione dell’agnello. Consumiamo dunque la cena con spirito di pace. Vedo che vi ho molto turbato con le mie istruzioni di queste ultime sere. Ma, vedete? Ho finito! Ora non vi turberò più. Non tutto è detto di quanto a Me si riferisce. Solo l’essenziale. Il resto... lo capirete poi. Vi sarà detto... Sì. Verrà Chi ve lo dirà. 6Giovanni, vai con Giuda e qualche altro a prendere le coppe per la purificazione. E poi sediamo alla mensa». Gesù è di una dolcezza straziante.
Giovanni con Andrea, Giuda Taddeo con Giacomo, portano l’ampia coppa, vi mescono acqua e offrono l’asciugamani a Gesù e ai compagni, i quali poi fanno lo stesso con loro. La coppa (che è un bacile di metallo) viene messa in un angolo.
«Ed ora ai propri posti. Io qui, e qui (alla destra) Giovanni, e dall’altro lato il mio fedele Giacomo. I due primi discepoli. Dopo Giovanni la mia Pietra forte, e dopo Giacomo colui che è come l’aria. Non si avverte. Ma è sempre presente e dà conforto: Andrea. Vicino a lui, mio cugino Giacomo. Tu non ti rammarichi, dolce fratello, se do il primo posto ai primi? Sei il nipote del Giusto, il cui spirito palpita e aleggia su Me, in questa sera, più che mai. Abbi pace, padre della mia debolezza di fanciullino, quercia alla cui ombra ebbero ristoro la Madre e il Figlio! Abbi pace!... Dopo Pietro, Simone... Simone, vieni un momento qui. Voglio fissare il tuo volto leale. Dopo non ti vedrò che male, perché altri mi copriranno la tua onesta faccia. Grazie, Simone. Di tutto», e lo bacia.
Simone, quando è lasciato, va al suo posto portandosi per un attimo le mani al volto con atto di afflizione.
«Di fronte a Simone, il mio Bartolmai. Due onestà e due sapienze che si rispecchiano. Stanno bene insieme. E vicino, tu, Giuda, fratello mio. Così ti vedo,... e mi sembra di essere a Nazaret... quando qualche festa ci riuniva tutti ad una mensa... Anche a Cana... Ricordi? Eravamo insieme. Una festa... una festa di nozze... il primo miracolo... l’acqua mutata in vino... Anche oggi una festa... e anche oggi vi sarà un miracolo... il vino cambierà natura... e sarà...». Gesù si immerge nel suo pensiero. A capo chino, è come isolato nel suo mondo segreto. Gli altri lo guardano e non parlano.
Rialza il capo e fissa Giuda Iscariota, al quale dice: «Tu mi starai di fronte».
«Tanto mi ami? Più di Simone, che mi vuoi avere sempre di fronte?».
«Tanto. Lo hai detto».
«Perché, Maestro?».
«Perché tu sei quello che hai fatto più di tutti per quest’ora».
Giuda guarda con un mutevolissimo sguardo il Maestro e i compagni. Il primo con un che di ironica compassione, gli altri con aria di trionfo.
«E vicino a te, da una parte Matteo, dall’altra Tommaso».
«Allora Matteo alla mia sinistra e Toma a destra».
«Come vuoi, come vuoi», dice Matteo. «Mi basta aver bene di fronte il mio Salvatore».
«Ultimo, Filippo. Ecco, vedete? Chi non è al mio fianco nel lato d’onore, ha l’onore di essermi di fronte».
7Gesù, ritto al suo posto, mesce nell’ampio calice collocato a Lui davanti (tutti hanno alti calici, ma Lui ne ha uno molto più ampio, oltre quello che hanno tutti. Deve essere il calice di rito). Mesce in esso il vino. Lo alza, lo offre. Lo posa.
Poi tutti insieme chiedono con tono di salmo: «Perché questa cerimonia?». Domanda formale, si capisce. Di rito.
Alla quale Gesù, come capo famiglia, risponde: «Questo giorno ricorda la nostra liberazione dall’Egitto. Sia benedetto Geové che ha creato il frutto della vigna».
Beve un sorso di questo vino offerto e passa il calice agli altri. Poi offre il pane, lo spezza, lo distribuisce, indi le erbe intinte nella salsa rossastra che è in quattro salsiere.
Finita questa parte di pasto, cantano dei salmi, tutti in coro.
Viene portato dalla credenza sulla mensa, e posto di fronte a Gesù, il capace vassoio dell’agnello arrostito.
Pietro, che ha il ruolo di... prima parte, di coro, se più le piace, chiede: «Perché quest’agnello, così?».
«A ricordo di quando Israele fu salvo per l’agnello immolato. Non morì primogenito dove il sangue splendeva sugli stipiti e l’architrave. E dopo, mentre tutto l’Egitto piangeva sui primogeniti maschi morti, dalla reggia ai tuguri, gli ebrei, capitanati da Mosè, si mossero verso la terra della liberazione e della promessa. Coi fianchi già cinti, i calzari al piede, in mano il bordone, fu sollecito il popolo di Abramo a porsi in marcia cantando gli inni della gioia».
Tutti si alzano in piedi e intonano: «Quando Israele uscì dall’Egitto e la casa di Giacobbe di mezzo ad un popolo barbaro, la Giudea divenne il suo santuario», ecc. ecc. (se trovo giusto, è il salmo 113).
Ora Gesù taglia l’agnello, mesce un nuovo calice, lo passa dopo averne bevuto. Poi cantano ancora: «Fanciulli, lodate il Signore, sia benedetto il nome dell’Eterno ora e sempre nei secoli. Dall’oriente all’occidente deve essere lodato», ecc. (ma non riesco a trovarlo).
Gesù dà le parti, badando che ognuno sia ben servito, proprio come un padre di famiglia fra figli a lui tutti cari. È solenne, un po’ triste, mentre dice: «Ho ardentemente desiderato di mangiare con voi questa Pasqua. È stato il mio desiderio dei desideri da quando, in eterno, Io fui “il Salvatore”. Sapevo che quest’ora precede quella. E la gioia di darmi metteva in anticipo questo sollievo al mio patire... Ho ardentemente desiderato di mangiare con voi questa Pasqua, perché mai più gusterò del frutto della vite finché sia venuto il Regno di Dio. Allora mi assiderò nuovamente cogli eletti al Banchetto dell’Agnello, per le nozze dei viventi col Vivente. Ma ad esso verranno soltanto coloro che sono stati umili e mondi di cuore come Io sono».
8«Maestro, poco fa Tu hai detto che chi non ha l’onore del posto ha quello d’esserti di fronte. Come allora possiamo sapere chi è il primo fra noi?», chiede Bartolomeo.
«Tutti e nessuno. Una volta... tornavamo stanchi... nauseati per l’astio farisaico. Ma stanchi non eravate per disputare fra di voi chi fosse il più grande... Un bambino mi corse vicino... un mio piccolo amico... E la sua innocenza temperò il mio disgusto di tante cose. Non ultima la vostra umanità pervicace. Dove sei ora,
piccolo Beniamino dalla sapiente risposta, a te venuta dal Cielo perché, angelo come eri, lo Spirito ti parlava? Io vi ho detto allora: “Se uno vuole essere il primo
sia l’ultimo e servo di tutti”. E vi ho dato ad esempio il fanciullo saggio. Ora vi dico: “I re delle nazioni le signoreggiano. E i popoli oppressi, pur odiandoli, li acclamano e i re vengono detti ‘Benefattori’, ‘Padri della Patria’. Ma l’odio cova sotto il bugiardo ossequio”. Ma fra voi così non sia. Il maggiore sia come il minore, il capo come colui che serve. Chi infatti è più grande? Chi sta a mensa, o chi serve? È colui che sta a mensa. Eppure Io vi servo. E fra poco più vi servirò. Voi siete quelli che siete stati con Me nelle prove. Ed Io dispongo per voi un posto nel mio Regno, così come Io sarò in esso Re secondo il volere del Padre, acciocché mangiate e beviate alla mia mensa eterna e siate assisi sui troni giudicando le dodici tribù di Israele. Siete rimasti con Me nelle mie prove... Solo questo è quello che vi dà grandezza agli occhi del Padre».
«E quelli che verranno? Non avranno posto nel Regno? Noi soli?».
«Oh! quanti principi nella mia Casa! Tutti coloro che saranno stati fedeli al Cristo nelle prove della vita saranno principi nel Regno mio. Perché coloro che avranno perseverato sino alla fine nel martirio dell’esistenza saranno pari a voi, che con Me siete rimasti nelle mie prove. Io mi identifico nei miei credenti. Il Dolore che Io abbraccio per voi e per tutti gli uomini Io lo do come insegna ai più eletti. Chi nel Dolore mi sarà fedele sarà un mio beato pari a voi, o miei diletti».
9«Noi abbiamo perseverato fino alla fine».
«Lo credi, Pietro? Ed Io ti dico che l’ora della prova ha ancora da venire. Simone, Simone di Giona, ecco che Satana ha chiesto di vagliarvi come il grano. Io ho pregato per te, perché la tua fede non vacilli. Tu, quando sarai ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
«Lo so di essere un peccatore. Ma fedele a Te lo sarò fino alla morte. Non ho questo peccato. Mai l’avrò».
«Non essere superbo, Pietro mio. Quest’ora muterà infinite cose, che prima erano così ed ora saranno diverse. Quante!... Esse portano e importano necessità nuove. Voi lo sapete. Io vi ho sempre detto, anche quando andavamo per luoghi remoti percorsi dai banditi: “Non temete. Nulla ci accadrà di male perché gli angeli del Signore sono con noi. Non preoccupatevi di nulla”. Vi ricordate quando vi dicevo: “Non abbiate sollecitudini per ciò che dovete mangiare e per le vesti. Il Padre sa di che abbiamo bisogno”? Vi dicevo anche: “L’uomo è molto più di un passero e del fiore che oggi è erba e domani è fieno. Eppure il Padre ha cura anche del fiore e dell’uccellino. Potete allora dubitare che non abbia cura di voi?”. Vi dicevo ancora: “Date a chiunque vi chiede, a chi vi offende presentate l’altra guancia”. Vi dicevo: “Non abbiate borsa ne bastone”. Perché Io ho insegnato amore e fiducia. Ma ora... Ora non è più quel tempo. Ora Io vi dico: “Vi è mai mancato nulla fino ad ora? Foste mai offesi?”».
«Nulla, Maestro. E solo Tu fosti offeso».
«Vedete dunque che la mia parola era verità. Ma ora gli angeli sono tutti richiamati dal loro Signore. È ora di demoni... Con le ali d’oro essi, gli angeli del Signore, si coprono gli occhi, si fasciano e si dolgono che non siano ali di colore cruccioso, perché è ora di lutto, e lutto crudele, sacrilego... Non ci sono angeli sulla Terra questa sera. Sono presso il trono di Dio per coprire col loro canto le bestemmie del mondo deicida e il pianto dell’Innocente. E noi siamo soli... Io e voi: soli. E i demoni sono i padroni dell’ora. Perciò ora prenderemo le apparenze e le misure dei poveri uomini che diffidano e non amano. Ora, chi ha una borsa prenda anche una bisaccia, chi non ha spada venda il suo mantello e ne comperi una. Perché anche questo è detto di Me nella Scrittura e si deve compiere: “Egli è stato annoverato fra i malfattori”. In verità tutto ciò che mi riguarda ha il suo fine».
10Simone, che si è alzato andando alla cassapanca dove ha deposto il suo ricco mantello - perché questa sera sono tutti con gli abiti migliori e perciò hanno pugnali, damaschinati ma molto corti, più coltelli che pugnali, alle ricche cinture - prende due spade, due vere spade, lunghe, lievemente ricurve, e le porta a Gesù: «Io e Pietro ci siamo armati questa sera. Queste abbiamo. Ma gli altri non hanno che il corto pugnale».
Gesù prende le spade, le osserva, ne snuda una e ne prova il taglio sull’unghia. È una strana vista e fa una ancora più strana impressione vedere quell’arnese feroce nelle mani di Gesù.
«Chi ve le ha date?», chiede l’Iscariota mentre Gesù osserva e tace. E pare sulle spine Giuda...
«Chi? Ti ricordo che mio padre era nobile e potente».
«Ma Pietro...».
«Ebbene? Da quando devo rendere conto dei doni che voglio fare ai miei amici?».
Gesù alza il capo dopo avere ringuainato l’arma. Le rende allo Zelote.
«Va bene. Bastano. Hai fatto bene a prenderle. 11Ma ora, avanti la bevuta al terzo calice, attendete un momento. Vi ho detto che il più grande è pari al più piccolo e che Io ho veste di servo a questa tavola, e più vi servirò. Finora vi ho dato cibo. Servizio per il corpo. Ora vi voglio dare un cibo per lo spirito. Non è un piatto del rito antico. È del nuovo rito. Io mi sono voluto battezzare prima di essere il “Maestro”. Per spargere la Parola bastava quel battesimo. Ora verrà sparso il Sangue. Ci vuole un altro lavacro anche su voi, che pure vi siete purificati dal Battista, a suo tempo, e anche oggi nel Tempio. Ma non basta ancora. Venite, che Io vi purifichi. Sospendete il pasto. Vi è qualcosa di più alto e necessario del cibo dato al ventre perché si empia, anche se è cibo santo come questo del rito pasquale. Ed è uno spirito puro, pronto a ricevere il dono del Cielo, che già scende per farsi trono in voi e darvi la Vita. Dare la Vita a chi è mondo».
Gesù si alza in piedi, fa alzare Giovanni per uscire meglio dal suo posto, va ad una cassapanca e si leva la veste rossa deponendola piegata sul già piegato mantello, si cinge alla vita un ampio asciugamani, poi va ad un altro bacile, ancora vuoto e mondo. Vi versa dell’acqua, lo porta in mezzo alla stanza, presso la tavola, e lo mette su uno sgabello. Gli apostoli lo guardano stupefatti.
«Non mi chiedete che faccio?».
«Non sappiamo. Ti dico che siamo già purificati», risponde Pietro.
«Ed Io ti ripeto che non importa. La mia purificazione servirà a chi è già puro ad essere più puro».
Si inginocchia. Slaccia i sandali all’Iscariota ed uno per volta gli lava i piedi. È facile farlo, perché i letti-sedili sono fatti in modo che i piedi sono verso l’esterno. Giuda è sbalordito e non dice niente. Solo quando Gesù, prima di calzare il piede sinistro e alzarsi, fa l’atto di baciargli il piede destro già calzato, Giuda ritrae violentemente il piede e colpisce con la suola la bocca divina. Lo fa senza volere. Non è un colpo forte. Ma mi dà tanto dolore. Gesù sorride, e all’apostolo che gli chiede: «Ti ho fatto male? Non volevo... Perdona», dice: «No, amico. L’hai fatto senza malizia e non fa male». Giuda lo guarda... Uno sguardo turbato, sfuggente...
Gesù passa a Tommaso, poi a Filippo... Gira il lato stretto della tavola e viene al cugino Giacomo. Lo lava e lo bacia, nell’alzarsi, in fronte. Passa ad Andrea, che è rosso di vergogna e fa sforzi per non piangere, lo lava, lo carezza come un bambino. Poi c’è Giacomo di Zebedeo, che non fa che mormorare: «Oh! Maestro! Maestro! Maestro! Annichilito, sublime Maestro mio!». Giovanni si è già slacciato i sandali e, mentre Gesù sta curvo ad asciugargli i piedi, si china e lo bacia sui capelli.
Ma Pietro!... Non è facile persuaderlo a quel rito! «Tu lavare i piedi a me? Non te lo pensare! Sinché sono vivo, non te lo permetterò. Io sono il verme, Tu sei Dio. Ognuno a suo posto».
«Ciò che Io faccio tu non lo puoi comprendere per ora. Ma poi lo comprenderai. Lasciami fare».
«Tutto quello che vuoi, Maestro. Vuoi tagliarmi il collo? Fàllo. Ma lavarmi i piedi non lo farai».
«Oh! mio Simone! Tu non sai che, se non ti lavo, non avrai parte nel mio Regno? Simone, Simone! Tu hai bisogno di quest’acqua per la tua anima e per il tanto cammino che devi fare. Non vuoi venire con Me? Se non ti lavo, non vieni nel mio Regno».
«Oh! Signor mio benedetto! Ma allora lavami tutto! Piedi, mani e capo!».
«Chi ha fatto come voi un bagno non ha bisogno che di lavarsi i piedi, giacché è interamente puro. I piedi... L’uomo coi piedi va nelle lordure. E poco ancora sarebbe perché, ve l’ho detto, non è ciò che entra ed esce col cibo quello che sporca, e non è quello che si posa sui piedi per via ciò che contamina l’uomo. Ma è quanto incuba e matura nel suo cuore e di lì esce a contaminare le sue azioni e le sue membra. E i piedi dell’uomo dall’animo impuro vanno alle crapule, alle lussurie, agli illeciti commerci, ai delitti... Perciò sono, fra le membra del corpo, quelle che hanno molta parte da purificare... con gli occhi, con la bocca... Oh! uomo! uomo! Perfetta creatura un giorno: il primo! E poi così corrotto dal Seduttore! E non c’era in te malizia, o uomo, e non peccato!... Ed ora? Sei tutto malizia e peccato, e non c’è parte di te che non pecchi!».
Gesù ha lavato i piedi a Pietro, li bacia, e Pietro piange e prende con le sue grosse mani le due mani di Gesù, se le passa sugli occhi e le bacia poi.
Anche Simone si è levato i sandali e senza parola si lascia lavare. Ma poi, quando Gesù sta per passare da Bartolomeo, Simone si inginocchia e gli bacia i piedi dicendo: «Mondami dalla lebbra del peccato come mi mondasti dalla lebbra del corpo, acciocché io non sia confuso nell’ora del giudizio, mio Salvatore!».
«Non temere, Simone. Verrai nella Città celeste bianco come neve alpina».
«Ed io, Signore? Al tuo vecchio Bartolmai che dici? Tu mi hai visto sotto l’ombra del fico e mi hai letto nel cuore. Ed ora che vedi, e dove mi vedi? Rassicura un povero vecchio, che teme non avere forza e tempo per giungere a come Tu vuoi che si sia». Bartolomeo è molto commosso.
«Anche tu non temere. Ho detto allora: “Ecco un vero israelita in cui non è frode”. Ora dico: “Ecco un vero cristiano degno del Cristo”. Dove ti vedo? Su un trono eterno, vestito di porpora. Io sarò sempre con te».
È la volta di Giuda Taddeo. Questo, quando si vede ai piedi Gesù, non sa trattenersi, curva il capo sul braccio appoggiato sulla tavola e piange.
«Non piangere, dolce fratello. Ora sei come uno che deve sopportare lo strappo di un nervo e ti pare di non poterlo sopportare. Ma sarà un breve dolore. Poi... oh! tu sarai felice, perché mi ami, tu. Ti chiami Giuda. E sei come il nostro grande Giuda: come un gigante. Sei colui che protegge. Le tue azioni sono da leone e lioncello che rugge. Tu scoverai gli empi che davanti a te indietreggeranno, e saranno atterriti gli iniqui. Io so. Sii forte. Un’eterna unione stringerà e renderà perfetta la nostra parentela in Cielo». Bacia anche lui sulla fronte come l’altro cugino.
«Io sono peccatore, Maestro. Non a me...».
«Tu eri peccatore, Matteo. Ora sei l’Apostolo. Sei una mia “voce”. Ti benedico. Questi piedi quanta strada hanno fatto per venire sempre avanti, verso Dio... L’anima li spronava ed essi hanno lasciato ogni via che non fosse la mia via. Procedi. Sai dove finisce il sentiero? Sul seno del Padre mio e tuo».
Gesù ha finito. Si leva il telo, si lava in acqua pulita le mani, si riveste, torna al suo posto e dice, mentre si siede al suo posto: «Ora siete puri, ma non tutti. Solo coloro che ebbero volontà di esserlo».
Fissa Giuda di Keriot che mostra di non udire, intento a spiegare al compagno Matteo come suo padre si decise a mandarlo a Gerusalemme. Un discorso inutile, che ha l’unico scopo di dare un contegno a Giuda che, per quanto audace, si deve sentire a disagio.
12Gesù mesce per la terza volta nel calice comune. Beve, fa bere. Poi intona, e gli altri fanno coro: «Amo perché il Signore ascolta la voce della mia preghiera, perché piega il suo orecchio verso di me. Io lo invocherò per tutta la vita. Mi avevano circondato dolori di morte», ecc. (Salmo 114, mi pare).
Un attimo di sosta. Poi riprende a cantare: «Ebbi fede, per questo ho parlato. Ma ero fortemente umiliato. E dicevo nel mio smarrimento: “Ogni uomo è menzognero”». Guarda fisso Giuda.
La voce, stanca questa sera, del mio Gesù riprende lena quando esclama: «È preziosa al cospetto di Dio la morte dei santi», e «Tu hai spezzato le mie catene. A Te sacrificherò ostia di lode invocando il nome del Signore», ecc. ecc. (Salmo 115).
Un’altra breve sosta nel canto e poi riprende: «Lodate tutte il Signore, o nazioni, tutti i popoli lodatelo. Perché si è affermata su noi la sua misericordia e la verità del Signore dura in eterno».
Altra breve sosta e poi un lungo inno: «Celebrate il Signore, perché Egli è buono, perché la sua misericordia dura in eterno...».
Giuda di Keriot canta stonato tanto che per due volte Tommaso lo rimette in tono col suo potente vocione baritonale e lo guarda fisso. Anche altri lo guardano, perché generalmente è sempre ben intonato, e della sua voce ho capito che se ne tiene come del resto. Ma questa sera! Certe frasi lo turbano al punto che stecca, e così certi sguardi di Gesù che sottolineano le frasi. Una è: «Meglio confidare nel Signore che confidare nell’uomo». Un’altra è: «Urtato, vacillavo e stavo per cadere. Ma il Signore mi ha sorretto». Un’altra è: «Io non morrò ma vivrò e narrerò le opere del Signore». E infine queste due, che dico ora, fanno strozzare la voce in gola al Traditore: «La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra angolare», e «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
Finito il salmo, mentre Gesù taglia e porge di nuovo dell’agnello, Matteo chiede a Giuda di Keriot: «Ma ti senti male?».
«No. Lasciami stare. Non ti occupare di me».
Matteo si stringe nelle spalle.
Giovanni, che ha udito, dice: «Anche il Maestro non sta bene. Che hai, Gesù mio? La tua voce è fioca. Come di malato o di chi ha molto pianto», e lo abbraccia stando col capo sul petto di Gesù.
«Non ha che molto parlato, come io non ho che molto camminato e preso fresco», dice Giuda nervoso.
E Gesù, senza rispondere a lui, dice a Giovanni: «Tu mi conosci ormai... e sai cosa è che mi stanca...».
13L’agnello è quasi consumato. Gesù, che ha mangiato pochissimo, bevendo solo un sorso di vino ad ogni calice e bevendo in compenso molt’acqua come fosse febbrile, riprende a parlare: «Voglio che voi comprendiate il mio gesto di dianzi. Vi ho detto che il primo è come l’ultimo e che vi darò un cibo non corporale. Un cibo di umiltà vi ho dato. Per lo spirito vostro. Voi chiamate Me: Maestro e Signore. Dite bene, perché tale Io sono. Se dunque Io ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete farvelo l’un l’altro. Io vi ho dato l’esempio affinché, come Io ho fatto, voi facciate. In verità vi dico: il servo non è da più del padrone, né l’apostolo è più di Colui che tale lo ha fatto. Cercate di comprendere queste cose. Se poi, comprendendole, le metterete in pratica, sarete beati. Ma non sarete tutti beati. Io vi conosco. So chi ho scelto. Non parlo di tutti ad un modo. Ma dico ciò che è vero. D’altra parte, deve compiersi ciò che è scritto a mio riguardo: “Colui che mangia il pane con Me ha levato il suo calcagno su Me”. Tutto Io vi dico prima che avvenga, perché non abbiate dubbi su Me. Quando tutto sarà compiuto, voi crederete ancor più che Io sono Io. Chi accoglie Me accoglie Colui che mi ha mandato: il Padre santo che è nei Cieli; e chi accoglierà coloro che Io manderò, accoglierà Me stesso. Perché Io sono col Padre e voi siete con Me... Ma ora compiamo il rito».
Versa di nuovo vino nel calice comune e, prima di berne e di farne bere, si alza, e con Lui si alzano tutti, e canta di nuovo uno dei salmi di prima: «Ebbi fede e per questo parlai...», e poi uno che non finisce mai. Bello... ma eterno! Credo di ritrovarlo, per l’inizio e la lunghezza, nel salmo 118. Lo cantano così. Un pezzo tutti insieme. Poi, a turno, uno ne dice un distico e gli altri insieme un pezzo, e così via sino alla fine. Lo credo che alla fine abbiano sete!
14Gesù si siede. Non si mette sdraiato. Resta seduto, Come noi. E parla: «Ora che l’antico rito è compiuto, Io celebro il nuovo rito. Vi ho promesso un miracolo d’amore. È l’ora di farlo. Per questo ho desiderato questa Pasqua. Da ora in poi questo è l’ostia che sarà consumata in perpetuo rito d’amore. Vi ho amato per tutta la vita della Terra, amici diletti. Vi ho amato per tutta l’eternità, figli miei. E amare vi voglio sino alla fine. Non vi è cosa più grande di questa. Ricordatevelo. Io me ne vado. Ma resteremo per sempre uniti mediante il miracolo che ora Io compio».
Gesù prende un pane ancora intiero, lo pone sul calice colmo. Benedice e offre questo e quello, poi spezza il pane e ne prende tredici pezzi e ne dà uno per uno agli apostoli dicendo: «Prendete e mangiate. Questo è il mio Corpo. Fate questo in memoria di Me che me ne vado». Dà il calice e dice: «Prendete e bevete. Questo è il mio Sangue. Questo è il calice del nuovo patto nel Sangue e per il Sangue mio, che sarà sparso per voi per la remissione dei vostri peccati e per darvi la Vita. Fate questo in memoria di Me».
Gesù è tristissimo. Ogni sorriso, ogni traccia di luce, di colore lo hanno abbandonato. Ha già un volto d’agonia. Gli apostoli lo guardano angosciati.
15Gesù si alza dicendo: «Non vi muovete. Torno subito». Prende il tredicesimo pezzetto di pane, prende il calice ed esce dal Cenacolo.
«Va dalla Madre», sussurra Giovanni.
E Giuda Taddeo sospira: «Misera donna!».
Pietro chiede in un soffio: «Credi che sappia?».

«Tutto sa. Tutto ha sempre saputo».
Parlano tutti a voce bassissima, come davanti ad un morto.
«Ma credete che proprio...», chiede Tommaso che non vuole ancora credere.
«E ne hai dubbi? È la sua ora», risponde Giacomo di Zebedeo.
«Dio ci dia la forza di essere fedeli», dice lo Zelote.
«Oh! io...», sta per parlare Pietro.
Ma Giovanni, che è all’erta, dice: «Sss. È qui».
Gesù rientra. Ha in mano il calice vuoto. Appena sul fondo vi è un’ombra di vino, e sotto la luce del lampadario pare proprio sangue.
Giuda Iscariota, che ha davanti il calice, lo guarda come affascinato e poi ne torce lo sguardo.
Gesù l’osserva ed ha un brivido che Giovanni, appoggiato come è al suo petto, sente. «Ma dillo! Tu tremi...», esclama.
«No. Non tremo per febbre... 16Io tutto vi ho detto e tutto vi ho dato. Di più non potevo darvi. Me stesso vi ho dato». Ha il suo dolce gesto delle mani che, prima congiunte, ora si disgiungono e si allargano, mentre la testa si china come per dire: «Scusate se non posso di più. Così è».
«Tutto vi ho detto e tutto vi ho dato. E ripeto. Il nuovo rito è compiuto. Fate questo in memoria di Me. Io vi ho lavato i piedi per insegnarvi ad essere umili e puri come il Maestro vostro. Perché in verità vi dico che, come è il Maestro, così devono essere i discepoli. Ricordatelo, ricordatelo. Anche quando sarete in alto, ricordatelo. Non vi è discepolo da più del Maestro. Come Io vi ho lavato, voi fatelo fra voi. Ossia amatevi come fratelli, aiutandovi l’un l’altro, venerandovi a vicenda, essendo l’un coll’altro d’esempio. E siate puri. Per essere degni di mangiare il Pane vivo disceso dal Cielo ed avere in voi e per Esso la forza d’essere i miei discepoli nel mondo nemico, che vi odierà per il mio Nome. Ma uno di voi non è puro. Uno di voi mi tradirà. Di questo sono fortemente conturbato nello spirito... La mano di colui che mi tradisce è meco su questa tavola, e non il mio amore, non il mio Corpo e il mio Sangue, non la mia parola lo ravvedono e lo fanno pentito. Io lo perdonerei, andando alla morte anche per lui».
I discepoli si guardano esterrefatti. Si scrutano, in sospetto l’un dell’altro. Pietro fissa l’Iscariota in un risveglio di tutti i suoi dubbi. Giuda Taddeo scatta in piedi per guardare a sua volta l’Iscariota al disopra del corpo di Matteo.
Ma l’Iscariota è così sicuro! A sua volta guarda fisso Matteo come sospettasse di lui. Poi fissa Gesù e sorride chiedendo: «Son forse io quello?». Pare il più sicuro della sua onestà e che dica così, tanto per non lasciare cadere la conversazione.
Gesù ripete il suo gesto dicendo: «Tu lo dici, Giuda di Simone. Non Io. Tu lo dici. Io non ti ho nominato. Perché ti accusi? Interroga il tuo interno ammonitore, la tua coscienza di uomo, la coscienza che Dio Padre ti ha data per condurti da uomo, e senti se ti accusa. Tu lo saprai prima di tutti. Ma se essa ti rassicura, perché dici una parola e pensi un fatto che è anatema anche a dirlo o a pensarlo per giuoco?».
Gesù parla con calma. Sembra sostenga la tesi proposta come lo può fare un dotto alla sua scolaresca. Il subbuglio è forte. Ma la calma di Gesù lo placa.
17Però Pietro, che è il più sospettoso di Giuda - forse lo è anche il Taddeo, ma lo pare meno, disarmato come è dalla disinvoltura dell’Iscariota - tira Giovanni per la manica e quando Giovanni, che si è tutto stretto a Gesù udendo parlare di tradimento, si volge, gli sussurra: «Chiedigli chi è».
Giovanni riprende la sua posizione, solo alza lievemente il capo come per baciare Gesù, e intanto gli mormora all’orecchio: «Maestro, chi è?».
E Gesù pianissimo, rendendogli il bacio fra i capelli: «Colui a cui darò un pezzo di pane intinto».
E preso un pane ancora intero, non il resto di quello usato per l’Eucarestia, ne stacca un grosso boccone, lo intinge nel succo lasciato dall’agnello nel vassoio, allunga al disopra della tavola il braccio e dice: «Prendi, Giuda. Questo a te piace».
«Grazie, Maestro. Mi piace, sì», e ignaro di ciò che è quel boccone se lo mangia, mentre Giovanni, inorridito, chiude persino gli occhi per non vedere l’orrido riso dell’Iscariota mentre coi denti forti morde il pane accusatore.
«Bene. Ora che ti ho fatto felice, va’», dice Gesù a Giuda. «Tutto è compiuto qui (marca molto la parola). Quello che resta ancora da fare altrove fàllo presto, Giuda di Simone».
«Ti ubbidisco subito, Maestro. Poi ti raggiungerò al Getsemani. Vai là, vero? Come sempre?».
«Vado là... come sempre... sì».
«Che ha da fare?», chiede Pietro. «Va solo?».
«Non sono un pargolo», motteggia Giuda che si sta mettendo il mantello.
«Lascialo andare. Io e lui sappiamo ciò che si deve fare», dice Gesù.
«Sì, Maestro». Pietro tace. Forse pensa di avere peccato di sospetto verso il compagno. Con la mano sulla fronte, pensa.
Gesù si stringe al cuore Giovanni e torna a sussurrargli fra i capelli: «Non dire nulla a Pietro, per ora. Sarebbe un inutile scandalo».
«Addio, Maestro. Addio, amici». Giuda saluta.
«Addio», dice Gesù.
E Pietro: «Ti saluto, ragazzo».
Giovanni, col capo quasi nel grembo di Gesù, mormora: «Satana!». Solo Gesù l’ode e sospira.
Qui mi cessa tutto, ma Gesù dice: «Sospendo per pietà di te. Ti darò la fine della Cena in altro momento».

18(continua la Cena)
Vi è qualche minuto di assoluto silenzio. Gesù sta a capo chino, carezzando macchinalmente i capelli biondi di Giovanni.
Poi si scuote. Alza la testa, gira lo sguardo, ha un sorriso che conforta i discepoli. Dice: «Lasciamo la tavola. E sediamo tutti ben vicini, come tanti figli intorno al padre».
Prendono i letti-sedili che erano dietro la tavola (quelli di Gesù, Giovanni, Giacomo, Pietro, Simone, Andrea ed il cugino Giacomo) e li portano dall’altro lato.
Gesù prende posto sul suo, sempre fra Giacomo e Giovanni. Ma, quando vede che Andrea sta per sedersi al posto lasciato dall’Iscariota, grida: «No, là no». Un grido impulsivo, che la sua somma prudenza non riesce a impedire. Poi modifica dicendo così: «Non occorre tanto spazio. Stando seduti, si può stare su questi soli. Bastano. Vi voglio molto vicini».
Ora, rispetto alla tavola, sono messi così: [Disegno]
ossia sono in questa forma a U con Gesù al centro e avendo di fronte la tavola, spoglia di vivande ormai, e il posto di Giuda.
Giacomo di Zebedeo chiama Pietro: «Siediti qui. Io mi siedo su questo sgabelletto, ai piedi di Gesù».
«Che Dio ti benedica, Giacomo! Ne avevo tanta voglia!», dice Pietro e si serra al suo Maestro, che è così fra la stretta di Giovanni e Pietro, avendo ai piedi Giacomo.
Gesù sorride:
«Vedo che comincia ad operare la parola detta prima. I buoni fratelli si amano. Anche Io ti dico, Giacomo: “Che Dio ti benedica”. Anche questo tuo atto non sarà dimenticato dall’Eterno e lo troverai lassù.
19Tutto Io posso di quanto Io chiedo. Voi lo avete visto. È bastato un mio desiderio perché il Padre concedesse al Figlio di darsi in Cibo all’uomo. Con quanto è accaduto adesso è stato glorificato il Figlio dell’uomo, perché è testimonianza di potere il miracolo che non è che possibile agli amici di Dio. Più è grande il miracolo e più è sicura e profonda questa divina amicizia. Questo è un miracolo che, per la sua forma, durata e natura, per gli estremi di esso ed i limiti che tocca, più forte non ce ne può essere. Io ve lo dico: tanto è potente, soprannaturale, inconcepibile all’uomo superbo, che ben pochi lo comprenderanno come va compreso, e molti lo negheranno. Che dirò allora? Condanna per loro? No. Dirò: pietà!
Ma più grande è il miracolo, più grande è la gloria che all’autore dello stesso viene. È Dio stesso che dice: “Ecco, questo mio diletto ciò che ha voluto ha avuto, ed Io l’ho concesso perché egli ha grande grazia agli occhi miei”. E qui dice; “Ha una grazia senza limiti così come è infinito il miracolo da Lui compiuto”. Parimenti alla gloria che si riversa sull’autore del miracolo da parte di Dio è la gloria che da esso autore si riversa sul Padre. Perché ogni gloria soprannaturale, essendo veniente da Dio, alla sua sorgente ritorna. E la gloria di Dio, per quanto già infinita, sempre più si aumenta e sfavilla per la gloria dei suoi santi. Onde Io dico: come è stato glorificato il Figlio dell’uomo da Dio, così Dio è stato glorificato dal Figlio dell’uomo. Io ho glorificato Dio in Me stesso. A sua volta, Dio glorificherà il suo Figlio in Lui. Ben presto lo glorificherà.
20Esulta, Tu che torni alla tua Sede, o Essenza spirituale della Seconda Persona! Esulta, o Carne che torni ad ascendere dopo tanto esilio nel fango! E non già il Paradiso d’Adamo, ma l’eccelso Paradiso del Padre sta per esserti dato a dimora. Ché, se è stato detto che per lo stupore di un comando di Dio, dato per bocca di un uomo, si arrestò il sole, che non avverrà negli astri quando vedranno il prodigio della Carne dell’Uomo ascendere e sedersi alla destra del Padre nella sua Perfezione di materia glorificata?
Figliolini miei, per poco ancora Io resto con voi. E voi, dopo, mi cercherete come gli orfani cercano il morto genitore. E piangendo andrete parlando di Lui e picchierete invano al muto sepolcro, e poi ancora picchierete alle porte azzurre dei Cieli, con l’anima vostra lanciata in supplice ricerca d’amore, dicendo: “Dove il nostro Gesù? Lo vogliamo. Senza Lui non è più luce nel mondo, non letizia, né amore. O ce lo rendete, oppure lasciateci entrare. Noi vogliamo essere dove Egli è”. Ma non potete per ora venire dove Io vado. L’ho detto anche ai giudei: “Poi mi cercherete, ma dove Io vado voi non potete venire”. Lo dico anche a voi.
21Pensate alla Madre... Neppure Lei potrà venire dove Io vado. Eppure Io ho lasciato il Padre per venire a Lei e farmi Gesù nel suo seno senza macchia. Eppure dall’Inviolata Io sono venuto, nell’estasi luminosa del mio Natale. E del suo amore, divenuto latte, mi sono nutrito. Io sono fatto di purità e di amore perché Maria mi ha nutrito della sua verginità fecondata dall’Amore perfetto che vive in Cielo. Eppure per Lei Io sono cresciuto, costandole fatiche e lacrime... Eppure Io le chiedo un eroismo quale mai fu compito, e rispetto al quale quello di Giuditta e Giaele sono eroismi di povere femmine contrastanti colla rivale presso la fonte del paese. Eppure nessuno pari a Lei è nell’amarmi. E, ciononostante, Io la lascio e vado dove Lei non verrà che fra molto tempo. Per Lei non è il comando che do a voi: “Santificatevi anno per anno, mese per mese, giorno per giorno, ora per ora, per potere venire a Me quando sarà la vostra ora”. In Lei è ogni grazia e santità. È la creatura che ha tutto avuto e che tutto ha dato. Nulla vi è da aggiungere o da levare. È la santissima testimonianza di ciò che può Iddio.
22Ma per essere certo che in voi sia capacità di potermi raggiungere e di dimenticare il dolore del lutto della separazione dal vostro Gesù, Io vi do un comandamento nuovo. Ed è che vi amiate gli uni con gli altri. Così come Io ho amato voi, ugualmente voi amatevi l’uno con l’altro. Da questo si conoscerà che siete miei discepoli. Quando un padre ha molti figli, da che si conosce che tali sono? Non tanto per l’aspetto fisico - perché vi sono uomini che sono in tutto simili ad un altro uomo, col quale non vi è nessun rapporto di sangue e neppure di nazione - quanto per il comune amore alla famiglia, al padre loro, e fra loro. Ed anche morto il padre non si disgrega la buona famiglia, perché il sangue è uno ed è sempre quello avuto dal seme del padre, e annoda legami che neppure la morte scioglie, perché più forte della morte è l’amore. Ora, se voi vi amerete anche dopo che Io vi avrò lasciati, tutti riconosceranno che voi siete miei figli, e perciò miei discepoli, e fra voi fratelli avendo avuto un unico padre».
23«Signore Gesù, ma dove vai?», chiede Pietro.
«Vado dove tu per ora non mi puoi seguire. Ma più tardi mi seguirai».
«E perché non adesso? Ti ho seguito sempre da quando Tu mi hai detto: “Seguimi”. Ho tutto lasciato senza rimpianto... Ora, andartene senza il tuo povero Simone, lasciandomi privo di Te, mio Tutto, dopo che per Te ho lasciato il mio poco bene di prima, non è giusto né bello da parte tua. Vai alla morte? Sta bene. Ma io pure vengo. Andremo insieme nell’altro mondo. Ma prima ti avrò difeso. Io sono pronto a dare la vita per Te».
«Tu darai la tua vita per Me? Ora? Ora no. In verità - oh! che in verità te lo dico - non avrà ancora cantato il gallo che tu mi avrai rinnegato tre volte. Ora è ancora la prima vigilia. Poi verrà la seconda... e poi la terza. Prima che scocchi il gallicinio, tu avrai per tre volte rinnegato il tuo Signore».
«Impossibile, Maestro! Credo a tutto ciò che dici. Ma non a questo. Sono sicuro di me».
«Ora, per ora sei sicuro. Ma perché ora hai ancora Me. Hai con te Iddio. Fra poco l’incarnato Iddio sarà preso e non l’avrete più. E Satana, dopo avervi già appesantiti - la tua stessa sicurezza è una astuzia di Satana, zavorra per appesantirti - vi spaurirà. Vi insinuerà: “Dio non è. Io sono”. E siccome, per quanto ottusi dallo spavento, ancora ragionerete, voi capirete che quando è Satana il padrone dell’ora è morto il Bene ed è operante il Male, abbattuto lo spirito e trionfante l’umano. Allora resterete come guerrieri senza duce, inseguiti dal nemico, e nello sbigottimento dei vinti curverete le schiene al vincitore, e per non essere uccisi rinnegherete il caduto eroe.
24Ma, ve ne prego. Il vostro cuore non si turbi. Credete in Dio. E credete anche in Me. Contro tutte le apparenze, credete in Me. Creda nella mia misericordia e in quella del Padre tanto colui che resta come colui che fugge. Tanto colui che tace come colui che aprirà la bocca per dire: “Io non lo conosco”. Ugualmente credete nel mio perdono. E credete che, quali che siano in futuro le vostre azioni, nel Bene e nella mia Dottrina, nella mia Chiesa perciò, esse vi daranno un uguale posto in Cielo.
Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se così non fosse, Io ve lo avrei detto. Perché Io vado avanti. A preparare un posto per voi. Non fanno forse così i buoni padri quando devono portare altrove la loro piccola prole? Vanno avanti, preparano la casa, le suppellettili, le provviste. E poi tornano a prendere le loro creature più care. Così fanno per amore. Perché ai piccoli nulla manchi, e non provino disagio nel nuovo paese. Ugualmente così Io faccio. E per lo stesso motivo. Ora vado. E quando avrò preparato ad ognuno il posto nella Gerusalemme celeste, verrò di nuovo, vi prenderò con Me perché siate con Me dove Io sono, dove non ci sarà più né morte, né lutti, né lacrime, né grida, né fame, né dolore, né tenebre, né arsione, ma solo luce, pace, beatitudine e canto.
Oh! canto dei Cieli altissimi quando i dodici eletti saranno sui troni coi dodici patriarchi delle tribù d’Israele, e nell’ardenza del fuoco dell’amore spirituale canteranno, eretti sul mare della beatitudine, il cantico eterno che avrà ad arpeggio l’eterno alleluia dell’esercito angelico...
25Io voglio che dove Io sarò voi siate. E voi sapete dove Io vado e ne conoscete la via».
«Ma Signore! Noi non sappiamo nulla. Tu non ci dici dove vai. Come possiamo noi sapere la via da prendere per venire verso Te e abbreviare l’attesa?», chiede Tommaso.
«Io sono la Via, la Verità, la Vita. Me lo avete sentito dire e spiegare più volte, ed in verità alcuni, che neppure sapevano esservi un Dio, si sono incamminati avanti, per la mia via, e sono già avanti di voi. Oh! dove sei tu, pecora spersa di Dio che Io ho ricondotta all’ovile? E dove tu, risorta d’anima?».
«Chi? Di chi parli? Di Maria di Lazzaro? È di là, con tua Madre. La vuoi? O vuoi Giovanna? Certo è nel suo palazzo. Ma, se vuoi, te l’andiamo a chiamare...».
«No. Non loro... Penso a quella che sarà disvelata solo in Cielo... e a Fotinai... Esse mi hanno trovato. E non hanno più lasciato la mia via. Ad una ho indicato il Padre come Dio vero e lo spirito come levita in questa individuale adorazione. All’altra, che neppur sapeva di avere uno spirito, ho detto: “Il mio nome è Salvatore, salvo chi ha buona volontà di salvarsi. Io sono Colui che cerca i perduti, che dà la Vita, la Verità e la Purezza. Chi mi cerca mi trova”. E ambedue hanno trovato Iddio... Vi benedico, deboli Eve divenute più forti di Giuditta... Vengo, dove voi siete vengo... Voi mi consolate... Siate benedette!...».
26«Mostraci il Padre, Signore, e saremo pari a queste», dice Filippo.
«Da tanto tempo Io sono con voi, e tu, Filippo, non mi hai ancora conosciuto? Chi vede Me vede il Padre mio. Come puoi dunque dire: “Mostraci il Padre”? Non riesci a credere che Io sono nel Padre e il Padre è in Me? Le parole che Io vi dico non le dico da Me. Ma il Padre che dimora in Me compie ogni mia opera. E voi non credete che Io sono nel Padre e Lui è in Me? Che devo dire per farvi credere? Ma se non credete alle parole, credete almeno alle opere.
Io vi dico, e ve lo dico con verità: chi crede in Me farà le opere che Io faccio, e ancor di maggiori ne farà, perché Io vado al Padre. E tutto quanto domanderete al Padre in mio nome Io lo farò, perché il Padre sia glorificato nel suo Figlio. E farò quanto mi domanderete in nome del mio Nome. Il mio Nome è noto, per quello che realmente è, a Me solo, al Padre che mi ha generato e allo Spirito che dal nostro amore procede. E per quel Nome tutto è possibile. Chi pensa al mio Nome con amore mi ama e ottiene.
Ma non basta amare Me, occorre osservare i miei comandamenti per avere il vero amore. Sono le opere quelle che testificano dei sentimenti. E per questo amore Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore che resti per sempre con voi, Uno su cui Satana e il mondo non può infierire, lo Spirito di Verità che il mondo non può ricevere e non può colpire, perché non lo vede e non lo conosce.
Lo deriderà. Ma Egli è tanto eccelso che lo scherno non lo potrà ferire, mentre, pietosissimo sopra ogni misura, sarà sempre con chi lo ama, anche se povero e debole. Voi lo conoscerete, perché già dimora con voi e presto sarà in voi.
27Io non vi lascerò orfani. Già ve l’ho detto: “Ritornerò a voi”. Ma, prima che sia l’ora di venirvi a prendere per andare nel mio Regno, Io verrò. A voi verrò. Fra poco il mondo non mi vedrà più. Ma voi mi vedete e mi vedrete. Perché Io vivo e voi vivete. Perché Io vivrò e voi pure vivrete. In quel giorno voi conoscerete che Io sono nel Padre mio, e voi in Me ed Io in voi. Perché chi accoglie i miei precetti e li osserva, quello è colui che mi ama, e colui che mi ama sarà amato dal Padre mio e possederà Iddio, perché Dio è carità e chi ama ha in sé Dio. Ed Io lo amerò, perché in lui vedrò Iddio, e mi manifesterò a lui facendomi conoscere nei segreti del mio amore, della mia sapienza, della mia Divinità incarnata. Saranno i miei ritorni fra i figli dell’uomo, che Io amo nonostante siano deboli e anche nemici. Ma costoro saranno solo deboli. Ed Io li fortificherò; dirò loro: “Sorgi!”, dirò: “Vieni fuori!”, dirò: “Seguimi”, dirò: “Odi”, dirò: “Scrivi”... e voi siete fra questi».
«Perché, Signore, Tu ti manifesti a noi e non al mondo?», chiede Giuda Taddeo.
«Perché mi amate e osservate le mie parole. Chi così farà, sarà amato dal Padre e Noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui, in lui. Mentre chi non mi ama non osserva le mie parole e fa secondo la carne e il mondo. Ora sappiate che ciò che Io vi ho detto non è parola di Gesù Nazareno ma parola del Padre, perché Io sono il Verbo del Padre che mi ha mandato. Io vi ho detto queste cose parlando così, con voi, perché voglio Io stesso prepararvi al possesso completo della Verità e Sapienza. Ma ancora non potete capire né ricordare. Però, quando verrà a voi il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà in mio Nome, allora voi potrete capire, ed Egli tutto vi insegnerà, e vi ricorderà quanto Io vi ho detto.
28Io vi lascio la mia pace. Io vi do la mia pace. Ve la do non come la dà il mondo. E neppure come fino ad ora ve l’ho data: saluto benedetto del Benedetto ai benedetti. Più profonda è la pace che ora vi do. In questo addio. Io vi comunico Me stesso, il mio Spirito di pace, così come vi ho comunicato il mio Corpo e il mio Sangue, perché in voi resti una forza nella imminente battaglia. Satana e il mondo sferrano guerra al vostro Gesù. È la loro ora. Abbiate in voi la Pace, il mio Spirito che è spirito di pace, perché Io sono il Re della pace. Abbiatela per non essere troppo derelitti. Chi soffre con la pace di Dio in sé soffre, ma non bestemmia e dispera.
Non piangete. Avete pure sentito che ho detto: “Vado al Padre e poi tornerò”. Se mi amaste sopra la carne, vi rallegrereste, perché Io vado dal Padre dopo tanto esilio... Vado da Colui che è maggiore di Me e che mi ama. Io ve l’ho detto ora, prima che ciò si compia, così come vi ho detto tutte le sofferenze del Redentore prima di andare ad esse, affinché, quando tutto si compia, voi crediate sempre più in Me. Non turbatevi così! Non sgomentatevi. Il vostro cuore ha bisogno di equilibrio...
29Poco più ho da parlarvi... e ancora tanto ho da dire! Giunto al termine di questa mia evangelizzazione, mi pare di non avere ancora nulla detto e che tanto, tanto, tanto ancora resti da fare. Il vostro stato aumenta questa mia sensazione. E che dirò allora? Che Io ho mancato al mio ufficio? O che voi siete così duri di cuore che a nulla esso è valso? Dubiterò? No. Mi affido a Dio, e a Lui affido voi, miei diletti. Egli compirà l’opera del suo Verbo. Non sono come un padre che muore e non ha altra luce che l’umana. Io spero in Dio. E pure sentendo in Me urgere tutti i consigli di cui vi vedo bisognosi e sentendo fuggire il tempo, vado tranquillo alla mia sorte. So che sui semi caduti in voi sta per scendere una rugiada che li farà tutti germogliare, e poi verrà il sole del Paraclito, ed essi diverranno albero potente. Sta per venire il principe di questo mondo, colui col quale Io non ho nulla a che fare. E, se non fosse per fine di redenzione, non avrebbe potuto nulla su Me. Ma ciò avviene affinché il mondo conosca che Io amo il Padre e lo amo fino alla ubbidienza di morte, e perciò faccio ciò che mi ha ordinato.
30È l’ora di andare. Alzatevi. E udite le ultime parole.
Io sono la vera Vite. Il Padre ne è il Coltivatore. Ogni tralcio che non porta frutto Egli lo recide e quello che porta frutto lo pota perché ne porti più ancora. Voi siete già purificati per la mia parola. Rimanete in Me ed Io in voi per continuare ad essere tali. Il tralcio staccato dalla vite non può fare frutto. Così voi se non rimanete in Me. Io sono la Vite e voi i tralci. Colui che resta unito a Me porta abbondanti frutti. Ma se uno si stacca diviene ramo secco e viene buttato nel fuoco e là brucia. Perché, senza l’unione con Me, voi nulla potete fare. Rimanete dunque in Me e le mie parole restino in voi, poi domandate quanto volete e vi sarà fatto. Il Padre mio sarà sempre più glorificato quanto più voi porterete frutto e sarete miei discepoli.
31Come il Padre mi ha amato, così Io con voi. Rimanete nel mio amore che salva. Amandomi sarete ubbidienti, e l’ubbidienza aumenta il reciproco amore. Non dite che Io mi ripeto. So la vostra debolezza. E voglio che vi salviate. Io vi dico queste cose perché la gioia che vi ho voluto dare sia in voi e sia completa. Amatevi, amatevi! Questo è il mio comandamento nuovo. Amatevi scambievolmente più di quanto ognuno ami se stesso. Non vi è maggior amore di quello di colui che dà la sua vita per i suoi amici. Voi siete i miei amici ed Io do la vita per voi. Fate ciò che Io vi insegno e comando.
Non vi chiamo più servi. Perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone, mentre voi sapete ciò che Io faccio. Tutto di Me sapete. Vi ho manifestato non solo Me stesso, ma anche il Padre ed il Paraclito e tutto quanto ho sentito da Dio.
Non siete stati voi che vi siete scelti. Ma Io vi ho scelti e vi ho eletti, perché andiate fra i popoli, e facciate frutto in voi e nei cuori degli evangelizzati, e il vostro frutto rimanga e il Padre vi dia tutto ciò che gli chiederete in mio Nome.
32Non dite: “E allora, se Tu ci hai scelti, perché hai scelto un traditore? Se tutto Tu sai, perché hai fatto questo?”. Non chiedetevi neppure chi è costui. Non è un uomo. È Satana. L’ho detto all’amico fedele e l’ho lasciato dire dal figlio diletto. È Satana. Se Satana non si fosse incarnato, l’eterno scimmiottatore di Dio, in una carne mortale, questo posseduto non avrebbe potuto sfuggire al mio potere di Gesù. Ho detto: “posseduto”. No. È molto di più: è un annullato in Satana».
«Perché, Tu che hai cacciato i demoni, non lo hai liberato?», chiede Giacomo d’Alfeo.
«Lo chiedi per amore di te, temendo essere tu quello? Non lo temere».
«Io, allora?».
«Io?».
«Io?».
«Tacete. Non dico quel nome. Uso misericordia e voi fate ugualmente».
«Ma perché non lo hai vinto? Non potevi?».
«Potevo. Ma, per impedire a Satana di incarnarsi per uccidermi, avrei dovuto sterminare la razza dell’uomo avanti la Redenzione. Che avrei allora redento?».
«Dimmelo, Signore, dimmelo!». Pietro è scivolato in ginocchio e scuote freneticamente Gesù come fosse in preda a delirio. «Sono io? Sono io? Mi esamino? Non mi pare. Ma Tu... Tu hai detto che ti rinnegherò... Ed io tremo... Oh! che orrore essere io!…».
«No, Simone di Giona. Non tu».
«Perché mi hai levato il mio nome di “Pietra”? Sono dunque tornato Simone? Lo vedi? Tu lo dici!... Sono io! Ma come ho potuto? Ditelo... ditelo voi... Quando è che ho potuto divenire traditore?… Simone?… Giovanni?… Ma parlate!…».
«Pietro, Pietro, Pietro! Ti chiamo Simone perché penso al primo incontro, quando eri Simone. E penso come sei sempre stato leale dal primo momento. Non sei tu. Lo dico Io: Verità».
«Chi, allora?».
«Ma è Giuda di Keriot! Non lo hai ancora capito?», urla il Taddeo che non riesce più a contenersi.
«Perché non me lo hai detto prima? Perché?», urla anche Pietro.
«Silenzio. È Satana. Non ha altro nome. Dove vai, Pietro?».
«A cercarlo» .
«Posa subito quel mantello e quell’arma. O ti devo scacciare e maledire?».
«No, no! Oh! Signor mio! Ma io... ma io... Sono forse malato di delirio, io? Oh! Oh!». Pietro piange, gettato per terra ai piedi di Gesù.
33«Io vi do comando di amarvi. E di perdonare. Avete capito? Se anche nel mondo è l’odio, in voi sia solo l’amore. Per tutti. Quanti traditori troverete sulla vostra via! Ma non li dovete odiare e rendere loro male per male. Altrimenti il Padre odierà voi. Prima di voi fui odiato e tradito Io. Eppure, voi lo vedete, Io non odio. Il mondo non può amare ciò che non è come esso. Perciò non vi amerà. Se foste suoi, vi amerebbe; ma non siete del mondo, avendovi Io presi da mezzo al mondo. E per questo siete odiati.
Vi ho detto: il servo non è da più del padrone. Se hanno perseguitato Me, perseguiteranno voi pure. Se avranno ascoltato Me, ascolteranno pure voi. Ma tutto faranno per causa del mio Nome, perché non conoscono, non vogliono conoscere Colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato, non sarebbero colpevoli. Ma ora il loro peccato è senza scusa. Hanno visto le mie opere, udito le mie parole, eppure mi hanno odiato, e con Me il Padre. Perché Io e il Padre siamo una sola Unità con l’Amore. Ma era scritto: “Mi odiasti senza ragione”. Però, quando sarà venuto il Consolatore, lo Spirito di verità che dal Padre procede, sarà da Lui resa testimonianza di Me, e voi pure mi testimonierete, perché dal principio foste con Me.
Questo vi dico perché, quando sarà l’ora, non rimaniate accasciati e scandalizzati. Sta per venire il tempo in cui vi cacceranno dalle sinagoghe e in cui chi vi ucciderà penserà di fare culto a Dio con ciò. Non hanno conosciuto né il Padre né Me. In ciò è la loro scusante. Non ve le ho dette così ampie prima di ora, queste cose, perché eravate come bambini pur mo’ nati. Ma ora la madre vi lascia. Io vado. Dovete assuefarvi ad altro cibo. Voglio lo conosciate.
34Nessuno più mi chiede: “Dove vai?”. La tristezza vi fa muti. Eppure è bene anche per voi che Io me ne vada. Altrimenti non verrà il Consolatore. Io ve lo manderò. E quando sarà venuto, attraverso la sapienza e la parola, le opere e l’eroismo che infonderà in voi, convincerà il mondo del suo peccato deicida e di giustizia sulla mia santità. E il mondo sarà nettamente diviso nei reprobi, nemici di Dio, e nei credenti. Questi saranno più o meno santi, a seconda del loro volere. Ma il giudizio del principe del mondo e dei suoi servi sarà fatto. Di più non posso dirvi, perché ancora non potete intendere. Ma Egli, il divino Paraclito, vi darà la Verità intera, perché non parlerà di Se stesso. Ma dirà tutto quello che avrà udito dalla Mente di Dio e vi annunzierà il futuro. Prenderà ciò che da Me viene, ossia ciò che ancora è del Padre, e ve lo dirà.
Ancora un poco da vedersi. Poi non mi vedrete più. E poi ancora un poco, e poi mi vedrete.
35Voi mormorate fra voi ed in cuor vostro. Udite una parabola. L’ultima del vostro Maestro.
Quando una donna ha concepito e giunge all’ora del parto, è in grande afflizione perché soffre e geme. Ma quando il piccolo figlio è dato alla luce ed ella lo stringe sul cuore, ogni pena cessa e la tristezza si muta in gioia, perché un uomo è venuto al mondo.
Così voi. Voi piangerete e il mondo riderà di voi. Ma poi la vostra tristezza si muterà in gioia. Una gioia che il mondo mai conoscerà. Voi ora siete tristi. Ma, quando mi rivedrete, il vostro cuore diverrà pieno di un gaudio che nessuno avrà più potere di rapirvi. Una gioia così piena che vi offuscherà ogni bisogno di chiedere e per la mente e per il cuore e per la carne. Solo vi pascerete di rivedermi, dimenticando ogni altra cosa. Ma proprio da allora potrete tutto chiedere in mio Nome, e vi sarà dato dal Padre perché abbiate sempre più gioia. Domandate, domandate. E riceverete.

Viene l’ora in cui potrò parlarvi apertamente del Padre. Sarà perché sarete stati fedeli nella prova e tutto sarà superato. Perfetto quindi il vostro amore, perché vi avrà dato forza nella prova. E quanto a voi mancherà Io ve lo aggiungerò prendendolo dal mio immenso tesoro e dicendo: “Padre, lo vedi. Essi mi hanno amato credendo che Io venni da Te”. Sceso nel mondo, ora lo lascio e vado al Padre, e pregherò per voi».
36«Oh! ora Tu ti spieghi. Ora sappiamo ciò che vuoi dire e che Tu sai tutto e rispondi senza che nessuno ti interroghi. Veramente Tu vieni da Dio!».
«Adesso credete? All’ultima ora? È tre anni che vi parlo! Ma già in voi opera il Pane che è Dio e il Vino che è Sangue non venuto da uomo, e vi dà il primo brivido di deificazione. Voi diverrete dèi se sarete perseveranti nel mio amore e nel mio possesso. Non come lo disse Satana ad Adamo ed Eva, ma come Io ve lo dico. È il vero frutto dell’albero del Bene e della Vita. Il Male è vinto in chi se ne pasce, ed è morta la Morte. Chi ne mangia vivrà in eterno e diverrà “dio” nel Regno di Dio. Voi sarete dèi se permarrete in Me. Eppure ecco... pur avendo in voi questo Pane e questo Sangue, poiché sta venendo l’ora in cui sarete dispersi, voi ve ne andrete per vostro conto e mi lascerete solo... Ma non sono solo. Ho il Padre con Me. Padre, Padre! Non mi abbandonare! Tutto vi ho detto... Per darvi pace. La mia pace. Ancora sarete oppressi. Ma abbiate fede. Io ho vinto il mondo».
37Gesù si alza, apre le braccia in croce e dice con volto luminoso la sublime preghiera al Padre. Giovanni la riporta integralmente.
Gli apostoli lacrimano più o meno palesemente e rumorosamente. Per ultimo cantano un inno.
38Gesù li benedice. Poi ordina: «Mettiamoci i mantelli, ora. E andiamo. Andrea, di’ al capo di casa di lasciare tutto così, per mio volere. Domani... vi farà piacere rivedere questo luogo». Gesù lo guarda. Pare benedire le pareti, i mobili, tutto. Poi si ammantella e si avvia, seguito dai discepoli.
Al suo fianco è Giovanni, al quale si appoggia. «Non saluti la Madre?», gli chiede il figlio di Zebedeo.
«No. È tutto già fatto. Fate, anzi, piano».
Simone, che ha acceso una torcia alla lumiera, illumina l’ampio corridoio che va alla porta. Pietro apre cauto il portone ed escono tutti nella via e poi, facendo giocare un ordigno, chiudono dal di fuori. E si pongono in cammino.

[17 febbraio 1944]
39Dice Gesù:
«Dall’episodio della Cena, oltre la considerazione della carità di un Dio che si fa Cibo agli uomini, risaltano quattro ammaestramenti principali.
Primo: la necessità per tutti i figli di Dio di ubbidire alla Legge.
La Legge diceva che si doveva per Pasqua consumare l’agnello secondo il rituale dato dall’Altissimo a Mosè, ed Io, Figlio vero del Dio vero, non mi sono riputato, per la mia qualità divina, esente dalla Legge. Ero sulla Terra: Uomo fra gli uomini e Maestro degli uomini. Dovevo perciò fare il mio dovere di uomo verso Dio come e meglio degli altri. I favori divini non esimono dall’ubbidienza e dallo sforzo verso una sempre maggiore santità. Se paragonate la santità più eccelsa alla perfezione divina, la trovate sempre piena di mende, e perciò obbligata a sforzare se stessa per eliminarle e raggiungere un grado di perfezione per quanto più è possibile simile a quello di Dio.
40Secondo: la potenza della preghiera di Maria.
Io ero Dio fatto Carne. Una Carne che, per essere senza macchia, possedeva la forza spirituale per signoreggiare la carne. Eppure non ricuso, anzi invoco l’aiuto della Piena di Grazia, la quale anche in quell’ora di espiazione avrebbe trovato, è vero, sul suo capo il Cielo chiuso, ma non tanto che non riuscisse a strapparne un angelo, Lei, Regina degli angeli, per il conforto del suo Figlio. Oh! non per Lei, povera Mamma! Anche Lei ha assaporato l’amaro dell’abbandono del Padre, ma per questo suo dolore offerto alla Redenzione m’ha ottenuto di potere superare l’angoscia dell’orto degli Ulivi e di portare a termine la Passione in tutta la sua multiforme asprezza, di cui ognuna era volta a lavare una forma e un mezzo di peccato.
41Terzo: il dominio su se stessi e la sopportazione dell’offesa, carità sublime su tutte, la possono avere unicamente quelli che fanno vita della loro vita la legge di carità che Io avevo bandita. E non bandita solo, ma praticata realmente.
Cosa sia stato per Me aver meco alla mia tavola il mio Traditore, il dovere darmi ad esso, il dovere umiliarmi ad esso, il dovere dividere con esso il calice di rito e posare le labbra là dove egli le aveva posate, e farle posare a mia Madre, voi non potete pensare. I vostri medici hanno discusso e discutono sulla mia rapida fine e le dànno origine in una lesione cardiaca dovuta alle percosse della flagellazione. Sì, anche per queste il mio cuore divenne malato. Ma lo era già dalla Cena. Spezzato, spezzato nello sforzo di dover subire al mio fianco il mio Traditore. Ho cominciato a morire allora, fisicamente. Il resto non è stato che aumento della già esistente agonia.
Quanto ho potuto fare l’ho fatto perché ero uno con la Carità. Anche nell’ora in cui Dio-Carità si ritirava da Me, ho saputo esser carità, perché ero vissuto, nei miei trentatré anni, di carità. Non si può giungere ad una perfezione, quale si richiede per perdonare e sopportare il nostro offensore, se non si ha l’abito della carità. Io l’avevo, e ho potuto perdonare e sopportare questo capolavoro di Offensore che fu Giuda.
42Quarto: il Sacramento opera quanto più uno è degno di riceverlo. Se ne è fatto degno con una costante volontà, che spezza la carne e fa signore lo spirito, vincendo le concupiscenze, piegando l’essere alle virtù, tendendolo come arco verso la perfezione delle virtù e soprattutto della carità.
Perché, quando uno ama, tende a far lieto chi ama. Giovanni, che mi amava come nessuno e che era puro, ebbe dal Sacramento il massimo della trasformazione. Cominciò da quel momento ad essere l’aquila, a cui è famigliare e facile l’altezza nel Cielo di Dio e l’affissare il Sole eterno. Ma guai a chi riceve il Sacramento senza esserne affatto degno, ma anzi avendo accresciuto la sua sempre umana indegnità con le colpe mortali. Allora esso diviene non germe di preservazione e di vita ma di corruzione e di morte. Morte dello spirito e putrefazione della carne, per cui essa “crepa”, come dice Pietro di quella di Giuda. Non sparge il sangue, liquido sempre vitale e bello nella sua porpora, ma le sue interiora, nere di tutte le libidini, marciume che si riversa fuori dalla carne marcita come da carogna di animale immondo, oggetto di ribrezzo per i passanti.
La morte del profanatore del Sacramento è sempre la morte di un disperato, e perciò non conosce il placido trapasso proprio di chi è in grazia, né l’eroico trapasso della vittima che soffre acutamente ma con lo sguardo fisso al Cielo e l’anima sicura della pace. La morte del disperato è atroce di contorsioni e di terrori, è una convulsione orrenda dell’anima già ghermita dalla mano di Satana, che la strozza per svellerla dalla carne e che la soffoca col suo nauseabondo fiato.
Questa la differenza fra chi trapassa all’altra vita dopo essersi nutrito in essa di carità, fede, speranza e d’ogni altra virtù e dottrina celeste e del Pane angelico che l’accompagna coi suoi frutti - meglio se con la sua reale presenza - nel viaggio estremo, e chi trapassa dopo una vita di bruto con morte da bruto che la Grazia e il Sacramento non confortano. La prima è la serena fine del santo, a cui la morte apre il Regno eterno. La seconda è la spaventosa caduta del dannato, che si sente precipitare nella morte eterna e conosce in un attimo ciò che ha voluto perdere, né più può riparare. Per uno acquisto, per l’altro spogliamento. Per uno gioia, per l’altro terrore.
Questo è quanto vi date a seconda del vostro credere ed amare, o non credere e deridere il dono mio. E questo è l’insegnamento di questa contemplazione».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/