"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 3 settembre 2017, XXII Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 16,21-27.
Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.
Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai».
Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?
Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 346 pagina 327.
1Gesù deve avere lasciato la città di Cesarea di Filippo alle prime luci del mattino, perché ora essa è già lontana coi suoi monti e la pianura è di nuovo intorno a Gesù, che si dirige ver­so il lago di Meron per poi andare verso quello di Gennezaret. Sono con Lui gli apostoli e tutti i discepoli che erano a Cesarea. Ma che una carovana così numerosa sia per la via non fa stupo­re a nessuno, perché altre carovane si incontrano già, dirette a Gerusalemme, di israeliti o proseliti che vengono da tutti i luo­ghi della Diaspora e che desiderano sostare per qualche tempo nella Città Santa per sentire i rabbi e respirare a lungo l’aria del Tempio.
Vanno lesti sotto un sole ormai alto ma che non da ancora noia, perché è un sole di primavera che scherza con le fronde novelle e con le ramaglie fiorite e suscita fiori, fiori, fiori da ogni parte. La pianura che precede il lago è tutta un tappeto fiorito e l’occhio, volgendosi ai colli che la circondano, li vede pezzati dei ciuffi candidi, tenuamente rosei, o rosa deciso, o ro­sa quasi rosso, degli svariati alberi da frutto, e, passando pres­so le rare case dei contadini o presso le mascalcie seminate per la via, la vista si rallegra sui primi rosai fioriti negli orti, lungo le siepi o contro i muri delle case.
«I giardini di Giovanna devono essere tutti in fiore» osserva Simone Zelote.
«Anche l’orto di Nazaret deve parere un cesto pieno di fiori. Maria ne è la dolce ape che va da roseto a roseto e da questi ai gelsomini che presto fioriranno, ai gigli che già hanno i bocci sullo stelo, e coglierà il ramo del mandorlo come sempre fa, anzi ora coglierà quello del pero o del melograno per metterlo nell’anfora nella sua stanzetta. Quando eravamo bambini le chiedevamo ogni anno: “Perché tieni sempre lì un ramo di albe­ro in fiore e non ci metti invece le prime rose?»; e Lei risponde­va: “Perché su quei petali io vedo scritto un ordine che mi ven­ne da Dio e sento l’odore puro dell’aura celeste”. Te lo ricordi, Giuda?» chiede Giacomo d’Alfeo al fratello.
«Sì. Me lo ricordo. E ricordo che, divenuto uomo, io attende­vo con ansia la primavera per vedere Maria camminare per il suo orto sotto le nuvole dei suoi alberi in fiore e fra le siepi delle prime rose. Non vedevo mai spettacolo più bello di quella eterna fanciulla trasvolante fra i fiori, fra voli di colombi…».

2«Oh! andiamoci presto a vederla. Signore! Che veda anche io tutto questo!» supplica Tommaso.
«Non abbiamo che affrettare la marcia e sostare ben poco, nelle notti, per giungere a Nazaret in tempo» risponde Gesù.
«Mi accontenti proprio, Signore?».
«Sì, Tommaso. Andremo a Betsaida tutti, e poi a Cafarnao, e lì ci separeremo, noi andando con la barca a Tiberiade e poi a Nazaret. Così ognuno, meno voi giudei, prenderemo le vesti più leggere. L’inverno è finito».
«Sì. E noi andiamo a dire alla Colomba: “Alzati, affrettati, o mia diletta, e vieni perché l’inverno è passato, la pioggia è finita, i fiori sono sulla terra… Sorgi, o mia amica, e vieni, colomba che stai nascosta, mostrami il tuo viso e fammi sentire la tua voce”».
«E bravo Giovanni! Sembri un innamorato che canti la sua canzone alla sua bella!» dice Pietro.
Lo sono. Di Maria lo sono. Non vedrò altre donne che sveglino il mio amore. Solo Maria, l’amata da tutto me stesso».
«Lo dicevo anche io un mese fa. Vero, Signore?» dice Tommaso.
«Io credo che siano tutti innamorati di Lei. Un amore così alto, così celestiale!… Quale solo quella Donna può ispirarlo. E l’anima ama completamente la sua anima, la mente ama e ammira il suo intelletto, l’occhio mira e si bea nella sua grazia pura che dà diletto senza dare fremito, così come si guarda un fiore… Maria, la Bellezza della terra e, credo, la Bellezza del Cielo…» dice Matteo.
«È vero! È vero! Tutti vediamo in Maria quanto è di più dolce nella donna. E la fanciulla pura, e la madre dolcissima. E non si sa se la si ama più per l’una o l’altra grazia…» dice Filippo.
«La si ama perché è “Maria”. Ecco! Sentenzia Pietro.

3Gesù li ha ascoltati parlare e dice: «Avete detto tutti bene. Benissimo ha detto Simon Pietro. Maria si ama perché è “Maria”. Vi ho detto, andando a Cesarea, che solo coloro che uniranno fede perfetta ad amore perfetto giungeranno a sapere il vero significato delle parole: “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio di Dio e il Figlio dell’uomo”. Ma ora vi dico che c’è un altro nome denso di significati. Ed è quello di mia Madre. Solo coloro che uniranno perfetta fede a perfetto amore giungeranno a sapere il vero significato del nome “Maria”, della Madre del Fi­glio di Dio. E il vero significato comincerà ad apparire chiaro ai veri credenti e ai veri amorosi in un’ora tremenda di strazio, quando la Genitrice sarà suppliziata col suo Nato, quando la Redentrice redimerà col Redentore, agli occhi di tutto il mondo e per tutti i secoli dei secoli».
«Quando?» chiede Bartolomeo, mentre si sono fermati sulle sponde di un grosso ruscello nel quale bevono molti discepoli.
«Fermiamoci qui a spartire il pane. Il sole è a mezzogiorno. A sera saremo al lago di Merom e potremo abbreviare la via con delle barchette» risponde Gesù evasivamente.
Si siedono tutti sulla erbetta tenera e tiepida di sole delle ri­ve del ruscello, e Giovanni dice: «È un dolore sciupare questi fiorellini così gentili. Sembrano pezzettini di cielo caduti qui sui prati». Sono centinaia e centinaia di miosotis.
«Rinasceranno più belli domani. Sono fioriti per fare, delle zolle, una sala di convito al loro Signore» lo consola Giacomo, suo fratello.
Gesù offre e benedice il cibo e tutti si danno a mangiare al­legramente. I discepoli, come tanti girasoli, guardano tutti in direzione di Gesù, che è seduto al centro della fila dei suoi apo­stoli.

4I1 pasto è presto finito, condito di serenità e di acqua pura. Ma, posto che Gesù resta seduto, nessuno si muove. Anzi i di­scepoli si spostano per venire più vicino, per sentire ciò che dice Gesù, che gli apostoli interrogano. E interrogano ancora su quanto ha detto prima di sua Madre.
«Sì. Perché essermi madre per la carne sarebbe già grande cosa. Pensate che è ricordata Anna di Elcana come madre di Samuele. Ma egli non era che un profeta. Eppure la madre è ri­cordata per averlo generato. Perciò ricordata, e con lodi altissi­me, lo sarebbe Maria per avere dato al mondo Gesù il Salvato­re. Ma sarebbe poco, rispetto al tanto che Dio esige da Lei per completare la misura richiesta per la redenzione del mondo. Maria non deluderà il desiderio di Dio. Non lo ha mai deluso. Dalle richieste di amore totale a quelle di sacrificio totale, Ella si è data e si darà. E quando avrà consumato il massimo sacri­ficio, con Me, per Me, e per il mondo, allora i veri fedeli e i veri amorosi capiranno il vero significato del suo Nome. E nei secoli dei secoli, ad ogni vero fedele, ad ogni vero amoroso, sarà con­cesso di saperlo. Il Nome della Grande Madre, della Santa Nutrice, che allatterà nei secoli dei secoli i pueri di Cristo col suo pianto per crescerli alla Vita dei Cieli».
«Pianto, Signore? Deve piangere tua Madre?» chiede l’Iscariota.
«Ogni madre piange. E la mia piangerà più di ogni altra».
«Ma perché? Io ho fatto piangere la mia qualche volta, per­ché non sono sempre un buon figlio. Ma Tu! Tu non dài mai do­lore a tua Madre».
«No. Io non le do infatti dolore come Figlio suo. Ma gliene darò tanto come Redentore. Due saranno quelli che faranno piangere di un pianto senza fine la Madre mia: Io per salvare l’Umanità, e l’Umanità col suo continuo peccare. Ogni uomo vissuto, vivente, o che vivrà, costa lacrime a Maria».
«Ma perché?» chiede stupito Giacomo di Zebedeo.
«Perché ogni uomo costa torture a Me per redimerlo».
«Ma come puoi dire questo di quelli già morti o non ancora nati? Ti faranno soffrire quelli viventi, gli scribi, i farisei, i sad­ducei, con le loro accuse, le loro gelosie, le loro malignità. Ma non più di così» asserisce sicuro Bartolomeo.
«Giovanni Battista fu anche ucciso... e non è il solo profeta che Israele abbia ucciso e il solo sacerdote, del Volere eterno, ucciso perché inviso ai disubbidienti a Dio».
«Ma Tu sei da più di un profeta e dello stesso Battista, tuo Precursore. Tu sei il Verbo di Dio. La mano d’Israele non si al­zerà su di Te» dice Giuda Taddeo.
«Lo credi, fratello? Sei in errore» gli risponde Gesù.
«No. Non può essere! Non può avvenire! Dio non lo permet­terà! Sarebbe un avvilire per sempre il suo Cristo!». Giuda Taddeo è tanto agitato che si alza in piedi.
Anche Gesù lo imita e lo guarda fisso nel volto impallidito, negli occhi sinceri. Dice lentamente: «Eppure sarà», e abbassa il braccio destro, che aveva alto, come se giurasse.

5Tutti si alzano e si stringono più ancora intorno a Lui - una corona di visi addolorati ma più ancora increduli - e mormorii vanno per il gruppo:
«Certo... se così fosse... il Taddeo avrebbe ragione».
«Quello che avvenne del Battista è male. Ma ha esaltato l’uomo, eroico fino alla fine. Se ciò avvenisse al Cristo sarebbe uno sminuirlo».
«Cristo può essere perseguitato, ma non avvilito».
«L’unzione di Dio è su di Lui».
«Chi potrebbe più credere se ti vedessero in balìa degli uomini?».
«Noi non lo permetteremo».
L’unico che tace è Giacomo di Alfeo.
Suo fratello lo investe: «Tu non parli? Non ti muovi? Non senti? Difendi il Cristo contro Se stesso!».
Giacomo, per tutta risposta, si porta le mani al viso e si sco­sta alquanto, piangendo.
«È uno stolto!» sentenzia suo fratello.
«Forse meno di quanto lo credi» gli risponde Ermasteo. E continua: «Ieri, spiegando la profezia, il Maestro ha parlato di un corpo disfatto che si reintegra e di uno che da sé si resusci­ta. Io penso che uno non può risorgere se prima non è morto».
«Ma può essere morto di morte naturale, di vecchiaia. Ed è già molto ciò per il Cristo!» ribatte il Taddeo, e molti gli danno ragione.
«Sì, ma allora non sarebbe un segno dato a questa genera­zione che è molto più vecchia di Lui» osserva Simone Zelote.
«Già. Ma non è detto che parli di Se stesso» ribatte il Tad­deo, ostinato nel suo amore e nel suo rispetto.
«Nessuno che non sia il Figlio di Dio può da Se stesso risu­scitarsi, così come nessuno che non sia il Figlio di Dio può esse­re nato come Egli è nato. Io lo dico. Io che ho visto la sua gloria natale» dice Isacco con sicura testimonianza.
Gesù, con le braccia conserte, li ha ascoltati parlare guar­dandoli a turno. Ora fa Lui cenno di parlare e dice: «Il Figlio dell’uomo sarà dato in mano degli uomini perché Egli è il Figlio di Dio ma è anche il Redentore dell’uomo. E non c’è redenzione senza sofferenza. La mia sofferenza sarà del corpo, della carne e del sangue, per riparare i peccati della carne e del sangue. Sarà morale per riparare ai peccati della mente e delle passio­ni. Sarà spirituale per riparare alle colpe dello spirito. Comple­ta sarà. Perciò all’ora fissata Io sarò preso, in Gerusalemme, e dopo molto avere già sofferto per colpa degli Anziani e dei Som­mi Sacerdoti, degli scribi e dei farisei, sarò condannato a morte infamante. E Dio lascerà fare perché così deve essere, essendo Io l’Agnello di espiazione per i peccati di tutto il mondo. E in un mare di angoscia, condivisa da mia Madre e da poche altre per­sone, morirò sul patibolo, e tre giorni dopo, per mio solo volere divino, risusciterò a vita eterna e gloriosa come Uomo e tornerò ad essere Dio in Cielo col Padre e con lo Spirito. Ma prima dovrò patire ogni obbrobrio ed avere il cuore trafitto dalla Menzo­gna e dall’Odio».

6Un coro di grida scandalizzate si leva per l’aria tiepida e profumata di primavera.
Pietro, con un viso sgomento, e scandalizzato lui pure, pren­de Gesù per un braccio e lo tira un poco da parte dicendogli piano all’orecchio: «Ohibò, Signore! Non dire questo. Non sta bene. Tu vedi? Essi si scandalizzano. Tu decadi dal loro concet­to. Per nessuna cosa al mondo Tu devi permettere questo; ma già una simile cosa non ti avverrà mai. Perché dunque prospet­tarla come vera? Tu devi salire sempre più nel concetto degli uomini, se ti vuoi affermare, e devi terminare magari con un ultimo miracolo, quale quello di incenerire i tuoi nemici. Ma mai avvilirti a renderti uguale ad un malfattore punito». E Pietro pare un maestro o un padre afflitto che rimproveri, amo­revolmente affannato, un figlio che ha detto una stoltezza.
Gesù, che era un poco curvo per ascoltare il bisbiglio di Pie­tro, si alza severo, con dei raggi negli occhi, ma raggi di corruc­cio, e grida forte, che tutti sentano e la lezione serva per tutti: «Va’ lontano da Me, tu che in questo momento sei un satana che mi consigli a venir meno all’ubbidienza del Padre mio! Per questo Io sono venuto! Non per gli onori! Tu, col consigliarmi alla superbia, alla disubbidienza e al rigore senza carità, tenti sedurmi al Male. Va’! Mi sei scandalo! Tu non capisci che la grandezza sta non negli onori ma nel sacrificio e che nulla è ap­parire un verme agli uomini se Dio ci giudica angeli? Tu, uomo stolto, non capisci ciò che è grandezza di Dio e ragione di Dio e vedi, giudichi, senti, parli, con quel che è dell’uomo».
Il povero Pietro resta annichilito sotto il rimprovero severo; si scansa mortificato e piange... E non è il pianto gioioso di po­chi giorni prima. Ma un pianto desolato di chi capisce di avere peccato e di avere addolorato chi ama.
E Gesù lo lascia piangere. Si scalza, rialza le vesti e passa a guado il ruscello. Gli altri lo imitano in silenzio. Nessuno osa dire una parola. In coda a tutti è il povero Pietro, invano conso­lato da Isacco e dallo Zelote.

7Andrea si volge più di una volta a guardarlo e poi mormora qualcosa a Giovanni, che è tutto afflitto. Ma Giovanni scuote il capo con cenni di diniego. Allora Andrea si decide. Corre avan­ti. Raggiunge Gesù. Chiama piano, con apparente tremore: «Maestro! Maestro!...».
Gesù lo lascia chiamare più volte. Infine si volge severo e chiede: «Che vuoi?».
«Maestro, mio fratello è afflitto... piange...».
«Se lo è meritato».
«È vero, Signore. Ma egli è sempre un uomo... Non può sem­pre parlare bene».
«Infatti oggi ha parlato molto male» risponde Gesù. Ma è già meno severo e una scintilla di sorriso gli molce l’occhio divino.
Andrea si rinfranca e aumenta la sua perorazione a pro del fratello. «Ma Tu sei giusto e sai che amore di Te lo fece erra­re...».
«L’amore deve essere luce, non tenebre. Egli lo ha fatto tene­bre e se ne è fasciato lo spirito».
«È vero, Signore. Ma le fasce si possono levare quando si vo­glia. Non è come avere lo spirito stesso tenebroso. Le fasce sono l’esterno. Lo spirito è l’interno, il nucleo vivo... L’interno di mio fratello è buono».
«Si levi allora le fasce che vi ha messo».
«Certamente che lo farà, Signore! Lo sta già facendo. Volgiti a guardarlo come è sfigurato dal pianto che Tu non consoli. Perché severo così con lui?».
«Perché egli ha il dovere di essere “il primo” così come Io gli ho dato l’onore di esserlo. Chi molto riceve molto deve dare...».
«Oh! Signore! È vero, sì. Ma non ti ricordi di Maria di Laz­zaro? Di Giovanni di Endor? Di Aglae? Della Bella di Corozim? Di Levi? A questi Tu hai tutto dato... ed essi non ti avevano da­to ancora che l’intenzione di redimersi... Signore!... Tu mi hai ascoltato per la Bella di Corozim e per Aglae... Non mi ascolte­resti per il tuo e mio Simone, che peccò per amore di Te?».
Gesù abbassa gli occhi sul mite che si fa audace e pressante in favore del fratello come lo fu, silenziosamente, per Aglae e la Bella di Corozim, e il suo viso splende di luce: «Va’ a chiamar­mi tuo fratello» dice, «e portamelo qui».
«Oh! grazie, mio Signore! Vado...», e corre via, lesto come una rondine.

8«Vieni, Simone. Il Maestro non è più in collera con te. Vie­ni, ché te lo vuole dire».
«No, no. Io mi vergogno... Da troppo poco tempo mi ha rim­proverato... Deve volermi per rimproverarmi ancora...».
«Come lo conosci male! Su, vieni! Ti pare che io ti porterei ad un’altra sofferenza? Se non fossi certo che ti attende là una gioia, non insisterei. Vieni».
«Ma che gli dirò mai?» dice Pietro, avviandosi un poco re­calcitrante, frenato dalla sua umanità, spronato dal suo spirito che non può stare senza la condiscendenza di Gesù e senza il suo amore. «Che gli dirò?» continua a chiedere.
«Ma nulla! Mostragli il tuo volto e basterà» lo rincuora il fratello.
Tutti i discepoli, man mano che i due li sorpassano, guarda­no i due fratelli e sorridono, comprendendo ciò che avviene.
Gesù è raggiunto. Ma Pietro si arresta all’ultimo momento. Andrea non fa storie. Con una energica spinta, uso quelle che dà alla barca per spingerla al largo, lo butta avanti. Gesù si ferma... Pietro alza il viso... Gesù abbassa il viso... Si guarda­no... Due lacrimoni rotolano giù per le guance arrossate di Pie­tro...
«Qui, grande bambino irriflessivo, che ti faccia da padre asciugando questo pianto» dice Gesù e alza la mano, sulla qua­le è ancora ben visibile il segno della sassata di Giscala, e asciuga con le sue dita quelle due lacrime.
«Oh! Signore! Mi hai perdonato?» chiede Pietro tremebon­do, afferrando la mano di Gesù fra le sue e guardandolo con due occhi di cane fedele che vuole farsi perdonare dal padrone inquieto.
«Non ti ho mai colpito di condanna...».
«Ma prima...».
«Ti ho amato. È amore non permettere che in te prendano radice deviazioni di sentimento e di sapienza. Devi essere il pri­mo in tutto, Simon Pietro».
«Allora... allora Tu mi vuoi bene ancora? Tu mi vuoi anco­ra? Non che io voglia il primo posto, sai? Mi basta anche l’ulti­mo, ma essere con Te, al tuo servizio... e morirci al tuo servizio, Signore, mio Dio!».
Gesù gli passa il braccio sulle spalle e se lo stringe al fianco.
Allora Simone, che non ha mai lasciato andare l’altra mano di Gesù, la copre di baci... felice. E mormora: «Quanto ho sof­ferto!... Grazie, Gesù».
«Ringrazia tuo fratello, piuttosto. E sappi in futuro portare il tuo peso con giustizia ed eroismo.

9Attendiamo gli altri. Dove sono?».
Sono fermi dove erano quando Pietro aveva raggiunto Gesù, per lasciare libero il Maestro di parlare al suo apostolo mortifi­cato. Gesù accenna loro di venire avanti. E con loro sono un branchetto di contadini che avevano lasciato di lavorare nei campi per venire ad interrogare i discepoli.
Gesù, tenendo sempre la mano sulla spalla di Pietro, dice:
«Da quanto è avvenuto voi avete compreso che è cosa severa essere al mio servizio. L’ho dato a lui il rimprovero. Ma era per tutti. Perché gli stessi pensieri erano nella maggioranza dei cuori, o ben formati o solo in seme. Così Io ve li ho stroncati, e chi ancora li coltiva mostra di non capire la mia Dottrina, la mia Missione, la mia Persona.
Io sono venuto per essere Via, Verità e Vita. Vi dò la Verità con ciò che insegno. Vi spiano la Via col mio sacrificio, ve la traccio, ve la indico. Ma la Vita ve la dò con la mia Morte. E ri­cordate che chiunque risponde alla mia chiamata e si mette nelle mie file per cooperare alla redenzione del mondo deve es­sere pronto a morire per dare ad altri la Vita. Perciò chiunque voglia venire dietro a Me deve essere pronto a rinnegare se stesso, il vecchio se stesso con le sue passioni, tendenze, usi, tradizioni, pensieri, e seguirmi col suo nuovo se stesso.
Prenda ognuno la sua croce come Io la prenderò. La prenda se anche gli sembra troppo infamante. Lasci che il peso della sua croce stritoli il suo se stesso umano per liberare il se stesso spirituale, al quale la croce non fa orrore ma anzi è oggetto di appoggio e di venerazione perché lo spirito sa e ricorda. E con la sua croce mi segua. Lo attenderà alla fine della via la morte ignominiosa come Me attende? Non importa. Non si affligga, ma anzi giubili, perché l’ignominia della terra si muterà in grande gloria in Cielo, mentre sarà disonore l’essere vili di fronte agli eroismi spirituali.
Voi sempre dite di volermi seguire fino alla morte. Seguite­mi allora, e vi condurrò al Regno per una via aspra ma santa e gloriosa, al termine della quale conquisterete la Vita senza mu­tazione in eterno. Questo sarà “vivere”. Seguire, invece, le vie del mondo e della carne è “morire”. Di modo che se uno vorrà salvare la sua vita sulla terra la perderà, mentre colui che per­derà la vita sulla terra per causa mia e per amore al mio Van­gelo la salverà. Ma considerate: che gioverà all’uomo guada­gnare tutto il mondo se poi perde la sua anima?

10E ancora guardatevi bene, ora e in futuro, di vergognarvi delle mie parole e delle mie azioni. Anche questo sarebbe “morire”. Perché chi si vergognerà di Me e delle mie parole in mez­zo alla generazione stolta, adultera e peccatrice, di cui ho par­lato, e sperando averne protezione e vantaggio la adulerà rin­negando Me e la mia Dottrina e gettando le perle avute nelle gole immonde dei porci e dei cani per averne in compenso escrementi al posto di monete, sarà giudicato dal Figlio dell’uo­mo quando verrà nella gloria del Padre suo e cogli angeli e i santi a giudicare il mondo. Egli allora si vergognerà di questi adulteri e fornicatori, di questi vili e di questi usurai e li caccerà dal suo Regno, perché non c’è posto nella Gerusalemme celeste per gli adulteri, i vili, i fornicatori, bestemmiatori e ladri. E in verità vi dico che ci sono alcuni dei presenti fra i miei discepoli e discepole che non gusteranno la morte prima di avere veduto il Regno di Dio fondarsi, col suo Re incoronato e unto».
Riprendono ad andare parlando animatamente, mentre il sole cala lentamente nel cielo...

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 27 agosto 2017, XXI Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 16,13-20.
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 343 pagina 309.
1La pianura fiancheggia il Giordano prima che questo si getti nel lago di Merom. Una bella pianura su cui di giorno in giorno crescono più rigogliosi i cereali e s’infiorano gli alberi da frutto. I colli oltre i quali è Cedes sono ora alle spalle dei pellegrini, che infreddoliti camminano lesti nelle prime luci del giorno, guardando con desiderio il sole che ascende e cercandolo non appena il suo raggio tocca i prati e carezza le fronde. Devono aver dormito all’aperto, al massimo in un pagliaio, perché le vesti sono sgualcite e conservano festuche di paglia e foglie secche che essi si vanno levando man mano che le scoprono nella luce più forte.
Il fiume si annuncia per il suo fruscio, che pare forte nel silenzio mattutino della campagna e per una folta riga di alberi delle foglie novelle, che tremolano alla lieve brezza del mattino. Ma ancora non si vede, sprofondato come è nella pianura piatta. Quando le acque azzurre, ingrossate da numerosi torrentelli che scendono dai colli occidentali, si vedono luccicare fra il verde novello delle sponde, si è quasi sulla riva.
«Facciamo la riva fino al ponte, oppure passiamo il fiume qui?» chiedono a Gesù che era solo, meditabondo, e che si è fermato ad attenderli.
«Vedete se c’è barca per passare. È meglio andare di qui...».
«Sì. Al ponte che è proprio sulla via di Cesarea Paneade potremmo incontrare da capo qualcuno messo sulle tracce» osserva Bartolomeo accigliato, guardando Giuda.
«No. Non mi guardare male. Io non sapevo di venire qui e non ho detto nulla. Era facile capire che da Safet Gesù sarebbe andato alle tombe dei rabbi e a Cédès. Ma mai avrei pensato volesse spingersi fino alla capitale di Filippo. Perciò essi lo ignorano. E non li troveremo per mia colpa né per loro volontà. A meno che non abbiano Belzebù che li conduce» dice calmo e umile l’Iscariota.
«Questo è bene. Perché con certa gente… Bisogna avere occhio e misurare le parole, non lasciare indizi dei nostri progetti. Stare attenti a tutto si deve. Altrimenti la nostra evangelizzazione si tramuterà in perpetua fuga» ribatte Bartolomeo.
Tornano Giovanni e Andrea. Dicono: «Abbiamo trovato due barche. Ci passano per una dramma a barca. Scendiamo sull’argine».
E nelle due barchette, in due riprese, passano sull’altra sponda. La pianura piatta e fertile, li accoglie anche qui. Una pianura fertile, ma poco popolata. Solo i contadini che la coltivano hanno casa in essa.

2«Uhm! Come faremo per il pane? Io ho fame… E qui… non ci sono neppure le spighe filistee… Erba e foglie, foglie e fiori. Non sono una pecorella né un’ape» mormora Pietro ai compagni, che sorridono all’osservazione.
Giuda Taddeo si volta - era un poco più avanti - e dice: «Compreremo pane al primo paese».
«Sempre che non ci facciano fuggire» termina Giacomo di Zebedeo.
«Guardatevi, voi che dite di stare attenti a tutto, dal prendere il lievito dei farisei e dei sadducei. Mi sembra che lo stiate facendo, senza riflettere a ciò che fate di male. State attenti! Guardatevi!» dice Gesù.
Gli apostoli si guardano l’un l’altro e bisbigliano: «Ma che dice? Il pane ce lo ha dato quella donna del sordomuto e l’oste di Cedes. E questo è ancora qui. L’unico che abbiamo. Né sappiamo se potremo trovarne da prendere per la nostra fame. Come dunque dice che comperiamo da sadducei e farisei pane col loro lievito? Forse non vuole che si comperi in questi paesi...».
Gesù, che era di nuovo avanti tutto solo, torna a voltarsi.
«Perché avete paura di rimanere senza pane per la vostra fame? Anche se tutti qui fossero sadducei e farisei, non rimarreste senza cibo per il mio consiglio. Non è di quel lievito che è nel pane che Io parlo. Perciò potrete comperare dove vi pare il pane per i vostri ventri. E se nessuno ve lo volesse vendere, non rimarreste senza pane lo stesso. Non vi ricordate dei cinque pani con cui si sfamarono cinquemila persone? Non vi ricordate che ne raccoglieste dodici panieri colmi di avanzi? Potrei fare per voi, che siete dodici e avete un pane, ciò che feci per cinquemila con cinque pani. Non capite a quale lievito alludo? A quello che gonfia nel cuore dei farisei, sadducei e dottori, contro di Me. È odio, quello. Ed è eresia. Ora voi state andando verso l’odio come fosse entrato in voi parte del lievito farisaico. Non si deve odiare neppure chi ci è nemico. Non aprite neppure uno spiraglio a ciò che non è Dio. Dietro al primo entrerebbero altri elementi contrari a Dio. Talora, per troppo volere combattere con armi uguali i nemici, si finisce a perire o a essere vinti. E, vinti che siate, potreste per contatto assorbire le loro dottrine. No. Abbiate carità e riservatezza. Voi non avete in voi ancora tanto da poterle combattere, queste dottrine, senza esserne infettati. Perché alcuni elementi di esse li avete pure voi. E l’astio per loro ne è uno. Ancora vi dico che essi potrebbero cambiare metodo per sedurvi e levarvi a Me, usandovi mille gentilezze, mostrandosi pentiti, desiderosi di fare la pace. Non dovete sfuggirli. Ma quando essi cercheranno di darvi le loro dottrine, sappiate non accoglierle. Ecco quale è il lievito di cui parlo. Il malanimo che è contro l’amore e le false dottrine. Vi dico: siate prudenti».

3«Quel segno che i farisei chiedevano ieri era “lievito”, Maestro?» chiede Tommaso.
«Era lievito e veleno».
«Hai fatto bene a non darglielo».
«Ma glielo darò un giorno».
«Quando? Quando?» chiedono curiosi.
«Un giorno...».
«E che segno è? Non lo dici nemmeno a noi, tuoi apostoli? Perché lo si possa riconoscere subito» chiede voglioso Pietro.
«Voi non dovreste avere bisogno di un segno».
«Oh! non per poter credere in Te! Non siamo la gente che ha molti pensieri, noi. Noi ne abbiamo uno solo: amare Te» dice veementemente Giacomo di Zebedeo.

4«Ma la gente, voi che l’avvicinate, così alla buona, più di Me, e senza la soggezione che Io posso incutere, chi dice che Io sia? E come definisce il Figlio dell’uomo?».
«Chi dice che Tu sei Gesù, ossia il Cristo, e sono i migliori. Gli altri ti dicono Profeta, altri solo Rabbi, e altri, Tu la sai, ti dicono pazzo e indemoniato».
«Qualcuno però usa per Te il nome stesso che Tu ti dai, e ti dice “Figlio dell’uomo”».
«E alcuni anche dicono che ciò non può essere, perché il Figlio dell’uomo è ben altra cosa. Né è sempre negazione, questa. Perché in fondo essi ammettono che Tu sei da più del Figlio dell’uomo: sei il Figlio di Dio. Altri invece dicono che non sei neppure il Figlio dell’uomo, ma un povero uomo che Satana agita o che sconvolge la demenza. Tu vedi che i pareri sono molti e tutti diversi» dice Bartolomeo.
«Ma per la gente chi è dunque il Figlio dell’uomo?».
«È un uomo nel quale siano tutte le virtù più belle dell’uomo, un uomo che raduni in sé tutti i requisiti di intelligenza, sapienza, grazia che pensiamo fossero in Adamo, e taluni a questi requisiti aggiungono quello del non morire. Tu sai che già circola la voce che Giovanni Battista non sia morto. Ma solo trasportato altrove dagli angeli, e che Erode, per non dirsi vinto da Dio, e più ancora Erodiade, abbiano ucciso un servo e, sottratto il capo di lui, abbiano mostrato come cadavere del Battista il corpo mutilato del servo. Tante ne dice la gente! Perciò pensano in molti che il Figlio dell’uomo sia o Geremia, o Elia, o qualcuno dei Profeti e anche lo stesso Battista, nel quale era grazia e sapienza, e si diceva il Precursore del Cristo. Cristo: l’Unto di Dio. Il Figlio dell’uomo: un grande uomo nato dall’uomo. Non possono ammettere in molti, o non lo vogliono ammettere, che Dio abbia potuto mandare suo Figlio sulla terra. Tu lo hai detto ieri: “Crederanno solo coloro che sono convinti dell’infinita bontà di Dio”. Israele crede nel rigore di Dio più che nella sua bontà...» dice ancora Bartolomeo.
«Già. Si sentono infatti tanto indegni che giudicano impossibile che Dio sia tanto buono da mandare il suo Verbo per salvarli. Fa ostacolo al loro credere in ciò lo stato degradato della loro anima» conferma lo Zelote. E aggiunge: «Tu lo dici che sei il Figlio di Dio e dell’uomo. Infatti in Te è ogni grazia e sapienza come uomo. Ed io credo che realmente chi fosse nato da un Adamo in grazia ti avrebbe somigliato per bellezza e intelligenza ed ogni altra dote. E in Te brilla Dio per la potenza. Ma chi lo può credere fra coloro che si credono dèi e misurano Dio su se stessi, nella loro superbia infinita? Essi, i crudeli, gli odiatori, i rapaci, gli impuri, non possono certo pensare che Dio abbia spinto la sua dolcezza a dare Se stesso per redimerli, il suo amore a salvarli, la sua generosità a darsi in balìa dell’uomo, la sua purezza a sacrificarsi fra noi. Non lo possono, no, essi che sono così inesorabili e cavillosi nel cercare e punire le colpe».

5«E voi chi dite che Io sia? Ditelo proprio per vostro giudizio, senza tenere conto delle mie parole o di quelle altrui. Se foste obbligati a giudicarmi, che direste che Io sia?».
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» grida Pietro inginocchiandosi a braccia tese verso l’alto, verso Gesù, che lo guarda con un volto tutto luce e che si curva a rialzarlo per abbracciarlo dicendo:
«Te beato, o Simone, figlio di Giona! Perché non la carne né il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli. Dal primo giorno che venisti da Me ti sei fatto questa domanda, e poiché eri semplice e onesto hai saputo comprendere ed accettare la risposta che ti veniva dai Cieli. Tu non vedesti manifestazioni soprannaturali come tuo fratello e Giovanni e Giacomo. Tu non conoscevi la mia santità di figlio, di operaio, di cittadino come Giuda e Giacomo, miei fratelli. Tu non ricevesti miracolo né vedesti farne, né ti diedi segno di potenza come feci e come videro Filippo, Natanaele, Simon Cananeo, Tommaso, Giuda. Tu non fosti soggiogato dal mio volere come Levi il pubblicano. Eppure tu hai esclamato: “Egli è il Cristo!” Dalla prima ora che mi hai visto, hai creduto, né mai la tua fede fu scossa. Per questo Io ti ho chiamato Cefa. E per questo su te, Pietra, Io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Inferno non prevarranno contro di lei. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli. E qualunque cosa avrai legata sulla terra sarà legata anche nei Cieli. E qualunque cosa avrai sciolta sulla terra sarà sciolta anche nei Cieli, o uomo fedele e prudente di cui ho potuto provare il cuore. E qui, da questo momento, tu sei il capo, al quale va data ubbidienza e rispetto come ad un altro Me stesso. E tale lo proclamo davanti a tutti voi».

6Se Gesù avesse schiacciato Pietro sotto una grandine di rimproveri, il pianto di Pietro non sarebbe stato così alto. Piange tutto scosso dai singhiozzi, col volto sul petto di Gesù. Un pianto che avrà solo riscontro in quello infrenabile del suo dolore di rinnegatore di Gesù. Ora è pianto fatto di mille sentimenti umili e buoni… Un altro poco dell’antico Simone - il pescatore di Betsaida che al primo annuncio del fratello aveva riso dicendo: «Il Messia appare a te!.. Proprio!», incredulo e ridanciano - un poco tanto dell’antico Simone si sgretola sotto quel pianto per far apparire, sotto la crosta assottigliata della sua umanità, sempre più nettamente il Pietro, pontefice della Chiesa di Cristo.
Quando alza il viso, timido, confuso, non sa che fare un atto per dire tutto, per promettere tutto, per rinforzarsi tutto al nuovo ministero: quello di gettare le sue braccia corte e muscolose al collo di Gesù e obbligarlo a chinarsi per baciarlo, mescolando i suoi capelli, la sua barba, un poco ispidi e brizzolati, ai capelli e alla barba morbidi e dorati di Gesù, guardandolo poi con uno sguardo adorante, amoroso, supplichevole, degli occhi un poco bovini, lucidi e rossi delle lacrime sparse, tenendo nelle sue mani callose, larghe, tozze, il viso ascetico del Maestro curvo sul suo, come fosse un vaso da cui fluisse liquore vitale… e beve, beve, beve dolcezza e grazia, sicurezza e forza, da quel viso, da quegli occhi, da quel sorriso…

7Si sciolgono infine, tornando ad andare verso Cesarea di Filippo, e Gesù dice a tutti: «Pietro ha detto la verità. Molti l’intuiscono, voi la sapete. Ma voi, per ora, non dite ad alcuno ciò che è il Cristo nella verità completa di ciò che sapete. Lasciate che Dio parli nei cuori come parla nel vostro. In verità vi dico che quelli che alle mie asserzioni o alle vostre aggiungono la fede perfetta e il perfetto amore, giungono a sapere il vero significato delle parole “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio dell’uomo e di Dio”».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 20 Agosto 2017, XX Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 15,21-28.
Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.
Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio».
Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro».
Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».
Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!».
Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini».
«E' vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 331 pagina 223.
1«Il Maestro è con te?» chiede il vecchio contadino Giona a Giuda Taddeo che entra nella cucina, dove il fuoco già splende per scaldare del latte e per scaldare l’ambiente, che è freddino in queste prime ore di una bellissima mattina di fine gennaio, credo, o di primi di febbraio, bellissima, ma alquanto pungente.
«Sarà uscito a pregare. Esce sovente all’alba, mentre sa di poter stare solo. Fra poco verrà. Perché lo chiedi?».
«L’ho chiesto anche agli altri, che ora si sono sparsi a cercarlo, perché c’è una donna di là, con mia moglie. È una del paese d’oltre confine, e proprio non so dire come possa aver saputo che qui è il Maestro. Ma lo sa. E vuole parlargli».
«Va bene, gli parlerà. Forse è quella che Egli attende, con una figlioletta malata. L’avrà guidata qui lo spirito suo».
«No. È sola. Non ha figli con sé. La conosco perché i paesi sono così vicini… e la valle è di tutti. Io, poi, penso che non occorre essere crudeli coi vicini, se fenici, per servire il Signore. Sbaglierò, ma…».
«Lo dice sempre anche il Maestro che bisogna essere pietosi con tutti».
«Lui lo è, non è vero?».
«Lo è».
«Mi ha detto Anna che anche ora è stato trattato male. Male, sempre male!… In Giudea, come in Galilea, in ogni luogo. Perché mai Israele è così cattivo col suo Messia? Voglio dire i più grandi fra noi d’Israele. Perché il popolo lo ama”.
«Tu come sai queste cose?».
«Oh! vivo qui, lontano. Ma sono un fedele israelita. Basta andare per le feste di precetto al Tempio per sapere tutto il bene e tutto il male! E il bene si sa meno del male. Perché il bene è umile e da sé non si loda. Dovrebbero essere i beneficati che lo proclamano. Ma pochi sono quelli che sono grati dopo aver avuto grazia. L’uomo accetta il beneficio e lo dimentica… Il male invece suona forte le sue trombe e fa sentire le sue parole anche a chi non le vuole sentire. Voi, che siete i suoi discepoli, non sapete quanto si sparli e si accusi nel Tempio contro il Messia! Non si tengono più lezioni dagli scribi altro che su questo. Io credo che si sono fatti un libro di lezioni sul come accusare il Maestro e di fatti che presentano come credibili oggetti di accusa. E occorre avere la coscienza molto retta, e ferma, e libera, per sapere resistere e giudicare con sapienza. Lui le sa queste manovre?».
«Tutte le sa. E anche noi, più o meno, le sappiamo. Ma Lui non si scuote. Continua la sua opera e i discepoli o i credenti in Lui crescono ogni giorno».
«Dio voglia che tali restino sino alla fine. Ma l’uomo è mutevole nel suo pensiero. E debole… 2Ecco, il Maestro viene verso la casa con tre discepoli».
E il vecchio esce fuori, seguito da Giuda Taddeo, per venerare Gesù che, pieno di maestà, viene verso casa.
«La pace sia con te in questo giorno e sempre, Giona”.
«Gloria e pace con Te, Maestro, sempre».
«La pace a te, Giuda. Andrea e Giovanni non sono ancora tornati?».
«No. E non li ho sentiti uscire. Nessuno. Ero stanco e dormivo sodo».
«Entra, Maestro. Entrate. L’aria è fresca questa mattina. Nel bosco doveva esservi molto freddo. Là vi è latte caldo per tutti».
Stanno bevendo il latte e, meno Gesù, tutti vi inzuppano delle robuste porzioni di pane, quando sopraggiungono Andrea e Giovanni insieme ad Anna, il pastore.
«Ah! sei qui? Tornavamo a dire che non ti avevamo trovato…» esclama Andrea.
Gesù dà il suo saluto di pace ai tre e aggiunge: «Presto. Prendete la vostra parte e partiamo, perché voglio entro sera essere almeno alle falde del monte di Aczib. Questa sera si inizia il sabato».
«Ma le mie pecore?» domanda perplesso il pastore.
Gesù sorride e risponde: «Saranno guarite dopo che benedette sono».
«Ma io sto ad oriente del monte! Tu vai a ponente per andare da quella donna…».
«Lascia fare a Dio, ed Egli a tutto provvederà».
3Il pasto è finito e gli apostoli salgono a prendere le sacche da viaggio, apprestandosi a partire.
«Maestro… quella donna che è di là… non l’ascolti?».
«Non ho tempo, Giona. La via è lunga e del resto sono venuto per le pecore d’Israele. Addio, Giona. Dio ti remuneri della tua carità. La mia benedizione su te e su tutti i tuoi parenti. Andiamo».
Ma il vecchio si dà ad urlare a squarciagola: «Figli! Donne! Il Maestro parte! Accorrete!».
E, come una nidiata di pulcini sparsa per un pagliaio accorre al grido della chioccia che la richiama, così da ogni parte della casa accorrono donne e uomini in faccende o ancora mezzi assonnati, e bambini seminudi, sorridenti nel visetto appena uscito dal sonno... Si stringono attorno a Gesù che è in mezzo all’aia, e le madri avvolgono nelle loro ampie gonne i fanciulli per proteggerli dall’aria, oppure li stringono fra le braccia finché una servente accorre con le vesticciole che sono presto messe.
4Ma accorre anche una non della casa. Una povera donna piangente, vergognosa… Procede curva, quasi strisciando, e giunta presso il gruppo al cui centro è Gesù si dà a gridare: «Abbi pietà di me, o Signore, Figlio di Davide! La mia figliola è molto tormentata dal demonio che le fa fare cose vergognose. Abbi pietà, perché io soffro tanto e sono schernita da tutti per questo. Quasi che la mia creatura ne abbia colpa di fare ciò che fa… Abbi pietà, Signore, Tu che tutto puoi. Alza la tua voce e la tua mano e comanda allo spirito immondo di uscire da Palma. Non ho che questa creatura, e vedova sono… Oh! non te ne andare! Pietà!…».
Gesù, infatti, finito di benedire i singoli componenti della famiglia, dopo aver redarguito gli adulti per aver parlato della sua venuta - ed essi si scusano dicendo: «Noi non parlammo, credilo, Signore!» - se ne va, inspiegabilmente duro verso la povera donna, che si trascina sui ginocchi con le braccia tese in supplica affannosa mentre dice: «Io ti ho visto ieri mentre passavi il torrente, e ho sentito dirti “Maestro”. Vi sono venuta dietro, fra i cespugli, e ho sentito i discorsi di costoro. Ho capito chi sei… E questa mattina sono venuta che era ancora notte a stare qui, sulla soglia, come un cagnolino, finché si è alzata Sara e mi ha fatto entrare. Oh! Signore, pietà! Pietà! Di una madre e di una fanciulla!».
Ma Gesù va lesto, sordo ad ogni richiamo.
Quelli della casa dicono alla donna: «Rassegnati! Non ti vuole ascoltare. Lo ha detto: è per quelli di Israele che è venuto…».
Ma lei si alza disperata e nello stesso tempo piena di fede, e risponde: «No. Tanto pregherò che mi ascolterà». E si dà ad inseguire il Maestro sempre gridando le sue suppliche, che attirano sugli usci delle case del villaggio tutti coloro che sono desti e che, come quelli della casa di Giona, si dànno a seguirla per vedere come va a finire la cosa.
5Gli apostoli intanto si guardano stupiti fra di loro e mormorano: «Perché mai fa così? Non lo ha mai fatto!…».
E Giovanni dice: «Ad Alessandroscene ha pure guarito quei due».
«Erano proseliti, però» risponde il Taddeo.
«E questa che va a curare ora?».
«È proselite essa pure» dice il pastore Anna.
«Oh! ma quante volte ha curato anche gentili o pagani! La bambina romana allora?…» dice desolato Andrea, che non sa darsi pace della durezza di Gesù verso la donna cananea.
«Io vi dico cosa è» esclama Giacomo di Zebedeo. «È che il Maestro si è sdegnato. La sua pazienza ha termine davanti a tanti assalti di cattiveria umana. Non vedete come è mutato? Ha ragione! D’ora in poi si dedicherà solo a chi ben conosce. E fa bene!».
«Sì. Ma intanto questa ci viene dietro urlando e un bel codazzo di gente la segue. Lui, se vuole passare inosservato, ha trovato il modo di attirare l’attenzione anche delle piante…» brontola Matteo.
«Andiamo a mandarla via… Guardate qui che bel corteo abbiamo alle spalle! Se arriviamo così sulla via consolare, si sta freschi! E questa, se Egli non la caccia, non ci lascia…» dice seccato il Taddeo, che anche si volge e intima alla donna: «Taci e va’ via!». E questo fa anche Giacomo d’Alfeo, solidale con il fratello. Ma quella non si impressiona delle minacce e delle ingiunzioni, e continua a supplicare.
«Andiamo a dirlo al Maestro, che la cacci Lui, posto che non la vuole esaudire. Così non può durare!». dice Matteo, mentre Andrea mormora: «Poveretta!», e Giovanni ripete senza tregua: «Io non capisco… Io non capisco…». È sbalordito, Giovanni, del modo di agire di Gesù.
Ma ormai hanno, affrettando il passo, raggiunto il Maestro che va lesto come uno inseguito. «Maestro! Ma licenzia quella donna! È uno scandalo! Ci grida dietro! Ci addita a tutti! La via sempre più si affolla di passeggeri… e molti si mettono dietro a lei. Dille che se ne vada”.
«Diteglielo voi. Io le ho già risposto».
«Non ci ascolta. Suvvia! Diglielo Tu. E severamente».
6Gesù si ferma e si volta. La donna prende ciò per un segno di grazia, accelera il passo e alza il tono già acuto della voce, col viso che si sbianca per la cresciuta speranza.
«Taci, donna. E torna a casa. Io l’ho già detto: “Sono venuto per le pecore d’Israele”. Per guarire le malate e ricercare le perdute fra esse. Tu non sei d’Israele».
Ma la donna è già ai suoi piedi e li bacia, adorandolo, tenendolo stretto ai malleoli come fosse una naufraga che ha trovato uno scoglio di salvezza, e geme: «Signore, aiutami! Tu lo puoi, Signore. Comanda al demonio, Tu che santo sei… Signore, Signore, Tu sei padrone di tutto, della grazia come del mondo. Tutto ti è soggetto, Signore. Io lo so. Io lo credo. Prendi dunque ciò che è tuo potere e usalo per la mia creatura”.
«Non è bene prendere il pane dei figli della casa e gettarlo ai cani della via”.
«Io credo in Te. Credendo, da cane della via sono divenuta cane della casa. Te l’ho detto: sono venuta avanti l’alba ad accucciarmi sulla soglia della casa dove Tu eri, e se fossi uscito di lì avresti inciampato in me. Ma Tu sei uscito dall’altro lato e non mi hai vista. Non hai visto questo povero cane straziato, affamato della tua grazia, che aspettava di entrare, strisciando, dove Tu eri, per baciarti i piedi così, chiedendoti di non cacciarlo…».
«Non è bene gettare il pane dei figli ai cani» ripete Gesù.
«Ma però i cani entrano nella stanza dove il padrone mangia coi figli, e mangiano ciò che cade dalla tavola, o gli avanzi che dànno loro i famigliari, ciò che non serve più. Io non ti chiedo di trattarmi da figlia e di farmi sedere alla tua mensa. Ma dàmmi almeno le briciole...».
7Gesù sorride. Oh! come si trasfigura il suo viso in questo sorriso di gaudio!…
La gente, gli apostoli, la donna lo guardano ammirati… sentendo che qualcosa sta per accadere.
E Gesù dice: «Oh! donna! Grande è la tua fede! E con questa tu consoli lo spirito mio. Va’, dunque, e ti sia fatto come tu vuoi. Da questo momento il demonio è uscito dalla tua figliola. Va’ in pace. E, come da cane disperso hai saputo voler essere cane della casa, così sappi in futuro essere figlia, seduta alla mensa del Padre. Addio».
«Oh! Signore! Signore! Signore!… Vorrei correre via, a vedere la mia Palma diletta… Vorrei stare con Te, seguirti! Benedetto! Santo!».
«Va’, va’, donna. Va’ in pace».
E Gesù riprende la sua via mentre la cananea, più svelta di una fanciulla, corre via per la strada già fatta, seguita dalla folla curiosa di vedere il miracolo…
«Ma perché, Maestro, l’hai fatta pregare tanto per poi ascoltarla?» chiede Giacomo di Zebedeo.
«Per causa tua e di tutti voi. Questa non è una sconfitta, Giacomo. Qui non sono stato cacciato, deriso, maledetto… Ciò rialzi il vostro spirito abbattuto. Io ho già avuto oggi il mio cibo dolcissimo. E ne benedico Iddio. 8Ed ora andiamo da quest’altra che sa credere e attendere con fede sicura”.
«E le mie pecore, Signore? Fra poco io dovrei prendere una via che non è la tua per andare nel mio pascolo…» domanda di nuovo il pastore Anna.
Gesù sorride ma non risponde.
È bello andare ora che il sole scalda l’aria e fa splendere come smeraldi le fogliette novelle dei boschi e le erbe dei prati, cambiando in castone ogni calice di fiore per le gocce di rugiada che brillano nelle raggiere multicolori dei fioretti dei campi. E Gesù va, sorridendo. E gli apostoli, subito rincuorati, lo seguono sorridendo…
Giungono al bivio. Il pastore Anna, mortificato, dice: «E qui ti dovrei lasciare… Non vieni proprio a guarire le mie pecore? Anche io ho fede, e proselite sono… Mi prometti, almeno, di venire dopo il sabato?».
«Oh! Anna! Ma non hai capito ancora che le tue pecore sono guarite da quando ho alzato la mano verso Lesemdan? Va’ dunque tu pure a vedere il miracolo e a benedire il Signore».
Credo che la moglie di Lot, dopo la sua pietrificazione in sale, non sarà stata diversa dal pastore che è rimasto così come era, un poco curvo ad inchino, col capo volto in su per guardare Gesù, un braccio semiteso a mezz’aria… Sembra una statua. E potrebbe avere sotto il cartello: “Il supplicatore”. Ma poi si ridesta e si prosterna dicendo: «Te benedetto! Te buono! Te santo!… Ma ti ho promesso molto denaro, e qui non ho che poche dramme… Vieni, vieni da me dopo il sabato…».
«Verrò. Non per il denaro, ma per benedirti ancora per la tua semplice fede. Addio, Anna. La pace sia con te».
E si separano…
«E anche questa non è una sconfitta, amici! E anche qui non sono stato deriso, cacciato e maledetto… 9Su, lesti! Vi è una madre che ci attende da giorni…».
E la marcia continua, con una lieve sosta per mangiare pane e formaggio e bere ad una fonte…
Il sole è al mezzodì quando si vede apparire la biforcazione della via:
«Ecco l’inizio della scala di Tiro, là in fondo» dice Matteo. E si rallegra pensando che il più del percorso è fatto.
Proprio addossata al cippo romano è una donna. Ai suoi piedi, su uno strapuntino, è una fanciullina sui sette, otto anni. La donna guarda in tutte le direzioni. Verso la scala nel masso. Verso la via di Tolemaide. Verso questa che fa Gesù; e ogni tanto si china ad accarezzare la sua bambina, a ripararle con un telo la testa dal sole, ricoprirle i piedi e le mani con uno scialle…
«Ecco la donna! Ma dove avrà dormito in questi giorni?». chiede Andrea.
«Forse in quella casa prossima al bivio. Non ci sono altre case vicine» risponde Matteo.
«O alla guazza» dice Giacomo d’Alfeo.
«No. Per la bambina, no» risponde suo fratello.
«Oh! pur di avere la grazia!…» dice Giovanni.
10Gesù non parla. Ma sorride. Tutti in fila, con Lui al centro, tre di qua, tre di là, tengono tutta la strada in quest’ora di sosta dei passeggeri, fermi a mangiare là dove li ha presi il mezzodì. Gesù sorride, alto, bello, al centro della fila. E sembra che tutta la luce del sole si sia concentrata sul suo viso, tanto è radioso. Sembra emani raggi.
La donna alza gli occhi… Sono ormai alla distanza di una cinquantina di metri. Forse ha attirato la sua attenzione, distratta da un pianto della figlia, lo sguardo di Gesù fissato su di lei. Guarda… Si porta le mani al cuore in un atto involontario di ansia, di sussulto.
Gesù aumenta il suo sorriso. E quel sorriso fulgido, inesprimibile, deve dire tanto alla donna che, non più ansiosa, ma sorridente, come già fosse felice, si china a prendere la sua bambina e, sorreggendola sul suo strapunto, a braccia tese, come se l’offrisse a Dio, viene avanti e, giunta ai piedi di Gesù, si inginocchia alzando più che può la fanciulla distesa, che guarda estatica il bellissimo viso di Gesù.
La donna non dice una parola. E che deve dire di più profondo di quanto non dica con tutto il suo aspetto?…
E Gesù non dice che una parola, piccola, ma potente, ma letificante come il «Fiat» di Dio nella creazione del mondo: «Sì». E posa la mano sul piccolo petto della fanciulla distesa.
E la creatura, con un grido di calandra liberata dalla gabbia, grida: «Mamma!», e si siede di colpo, e scivola in piedi, e abbraccia la madre che, questa sì, esausta vacilla e sta per cadere riversa, in un deliquio dato dalla stanchezza, dall’ansia che si placa, dalla gioia che sovraffatica le forze del cuore già indebolite da tanto dolore passato.
Gesù è pronto a sorreggerla. Un aiuto più valido di quello della fanciullina che, aggravando del suo peso le membra materne, non è certo il più valido coefficiente per sorreggere la madre sui ginocchi. Gesù la fa sedere e le trasfonde forza… E la guarda mentre lacrime mute scendono sul viso, stanco e beato insieme, della donna.
11Poi vengono le parole: «Grazie, mio Signore! Grazie e benedizioni! La mia speranza è stata coronata… Ti ho tanto atteso… Ma ora sono felice…».
La donna, superato il suo semideliquio, torna ad inginocchiarsi, adorando, tenendo davanti a sé la fanciullina guarita che Gesù carezza. E spiega: «Erano due anni che le marciva un osso nella schiena, paralizzandola e conducendola a morte lentamente e con grandi dolori. L’abbiamo fatta vedere a medici di Antiochia, di Tiro, di Sidone e anche di Cesarea e di Paneade, consumando tanto per medici e medicine da vendere la casa che avevamo in città per ritirarci in quella di campagna, congedando i servi della casa e tenendo solo quelli dei campi, vendendo i prodotti che prima consumavamo noi… E nulla le giovava! Ti ho visto. Sapevo di ciò che fai altrove. Ho sperato grazia anche per me… E l’ho avuta! Ora torno a casa, leggera, ilare… e allo sposo darò gioia… Al mio Giacomo che mi ha messo lui in cuore la speranza, raccontandomi ciò che avviene per tuo potere in Galilea e in Giudea. Oh! se non avessimo temuto di non trovarti saremmo venuti con la bambina. Ma Tu sei sempre in cammino!…».
«Camminando sono venuto da te… Ma dove hai sostato in questi giorni?».
«In quella casa… Ma alla notte vi era soltanto la fanciulla. Vi è là una buona donna che me la sorvegliava. Io sono rimasta sempre qui, per paura che Tu passassi di notte».
Gesù le pone la mano sul capo: «Sei una buona madre. Dio ti ama per questo. Lo vedi che ti ha aiutato in tutto».
«Oh! sì! L’ho sentito proprio mentre venivo. Ero venuta da casa in città credendo di trovarti, perciò con poco denaro, e sola. Poi, secondo il consiglio dell’uomo, ho proseguito per questo luogo. Ho mandato a dirlo a casa e sono venuta… e non mi è mai mancato nulla. Né pane né ricovero, né forza”.
«Sempre con quel peso sulle braccia? Non potevi usare un carro?…» chiede impietosito Giacomo d’Alfeo.
«No. Avrebbe sofferto troppo, da morirne. Sulle braccia della mamma sua è venuta la mia Giovanna alla Grazia”.
Gesù le carezza sui capelli tutte e due: «Ora andate pure e siate sempre fedeli al Signore. Il Signore sia con voi e con voi sia la mia pace».
Gesù riprende ad andare sulla strada che va a Tolemaide.
«E anche questa non è una sconfitta, amici. E anche qui non sono stato né cacciato, né deriso, né maledetto».
12Tenendo la via diretta, è presto raggiunta la mascalcia presso il ponte. Il maniscalco romano si riposa al sole, seduto contro il muro della casa. Riconosce Gesù e lo saluta.
Gesù ricambia il saluto e soggiunge: «Mi lasci sostare qui, per riposare un poco e mangiare un poco di pane?».
«Sì, Rabbi. Mia moglie ti voleva vedere… perché le ho detto anche quello che lei non aveva sentito del tuo discorso dell’altra volta. Ester è ebrea. Ma non osavo dirtelo io, romano. Ti avrei mandato dietro lei…».
«Chiamala dunque». E Gesù si siede sulla panca che è contro la parete, mentre Giacomo di Zebedeo distribuisce pane e cacio…
Esce una donna sulla quarantina, confusa, rossa di vergogna.
«La pace a te, Ester. Ti è venuto desiderio di conoscere Me? Perché?».
«Per quello che Tu hai detto… I rabbi ci sprezzano, noi, sposate a un romano… Ma io, i figli io li ho tutti portati al Tempio, e i maschi tutti circoncisi. L’ho detto prima a Tito, quando mi voleva… Lui è buono… Mi lascia sempre fare coi figli. Usi, riti, tutto ebraico qui!… Ma i rabbi, gli arcisinagoghi, ci maledicono. Tu no… Tu hai parole di pietà per noi… Oh! sai cosa è questo per noi? È come sentirsi intorno le braccia del padre e della madre che ci hanno ripudiate e maledette, o che sono severi con noi… È come rimettere piede nella casa lasciata, e non sentirsi straniere in essa… Tito è buono… Per le nostre feste chiude la mascalcia, con grande perdita di denaro, e mi accompagna coi figli al Tempio. Perché dice che senza religione non si può stare. Lui dice che la sua è quella della famiglia e del lavoro, come prima era quella del dovere di soldato… Ma io… Signore… io ti ho voluto parlare per una cosa... Tu hai detto che i seguaci del vero Dio devono levare un poco del loro lievito santo e metterlo nella buona farina per farla lievitare santamente. Io l’ho fatto con il mio sposo. Ho cercato, in questi venti anni che siamo insieme, di lavorargli l’anima, che è buona, con il lievito d’Israele. Ma egli non si decide mai… e vecchio è… Io lo vorrei con me nell’altra vita… Uniti dalla fede come lo siamo dall’amore… Io non ti chiedo ricchezze, benessere, salute. Ciò che abbiamo è sufficiente, ne sia lode a Dio! Ma questo lo vorrei… Prega per il mio sposo! Che sia del vero Dio…».
«Lo sarà. Stànne sicura. Tu chiedi cosa santa e l’avrai. Tu hai compreso i doveri della moglie verso Dio e verso lo sposo. Così fosse di tutte le spose! In verità ti dico che molte dovrebbero imitarti. Continua ad essere così, e avrai la gioia di avere il tuo Tito al tuo fianco, nella preghiera e nel Cielo. 13Mostrami i tuoi figli».
La donna chiama la numerosa prole: «Giacobbe, Giuda, Levi, Maria, Giovanni, Anna, Elisa, Marco». E poi entra in casa e ne esce con uno che cammina appena e uno di tre mesi al massimo: «E questo è Isacco, e questa piccolina è Giuditta» dice finendo la presentazione.
«Abbondanza!» dice ridendo Giacomo di Zebedeo.
E Giuda esclama: «Sei maschi! E tutti circoncisi! E con nomi puri! Brava!».
La donna è felice, e fa gli elogi di Giacobbe, Giuda e Levi, che aiutano il padre «tutti i giorni meno il sabato, giorno in cui Tito lavora da solo a mettere i ferri già fatti» dice. Ed elogia Maria e Anna «aiuto della mamma loro». Ma non manca di elogiare anche i quattro più piccoli, «buoni e senza capricci. Tito mi aiuta ad educarli, lui che è stato un milite disciplinato» dice guardando con sguardo affettuoso l’uomo che, addossato allo stipite, con una mano sul fianco, ha ascoltato tutto quanto ha detto la moglie con uno schietto sorriso sul volto aperto, e che ora si ringalluzzisce tutto sentendo ricordare i suoi meriti di soldato.
«Molto bene. La disciplina delle armi non è invisa a Dio quando sia fatto con umanità il proprio dovere di soldato. Tutto sta ad essere sempre moralmente onesti, in ogni lavoro, per essere sempre virtuosi. Questa tua passata disciplina, che tu trasfondi nei figli, ti deve preparare ad entrare in un servizio più alto, in quello di Dio. Ora lasciamoci. Appena faccio a tempo a giungere ad Aczib prima che sia compiuto il tramonto. Pace a te, Ester, e alla tua casa. Siate, fra poco, tutti del Signore».
La madre e i figli si inginocchiano mentre Gesù alza la mano benedicendo. L’uomo, come fosse di nuovo il soldato di Roma davanti al suo imperatore, si irrigidisce sull’attenti, salutando romanamente.
14E vanno… Dopo qualche metro Gesù posa la mano sulla spalla di Giacomo: «E ancora una volta, la quarta del giorno, ti faccio notare che questa non è una sconfitta, non è essere cacciato, deriso, maledetto… E ora che dici?».
«Che sono uno stolto, Signore» dice impetuosamente Giacomo di Zebedeo.
«No. Tu, come tutti voi, siete ancora e sempre troppo umani e avete tutte le alternative di chi è dominato più da umanità che da spirito. Lo spirito, quando è sovrano, non si altera per ogni soffio di vento, che non può essere sempre brezza profumata… Potrà soffrire, ma non si altera. Io prego sempre perché voi giungiate a questa sovranità dello spirito. Ma voi mi dovete aiutare col vostro sforzo… Ebbene! Il viaggio è terminato. In esso ho seminato quel tanto che necessita a prepararvi il lavoro per quando sarete voi gli evangelizzatori. Ora possiamo andare al riposo sabatico con la coscienza di avere fatto il nostro dovere. E attenderemo gli altri… Poi andremo… ancora… sempre… finché tutto sia compiuto…».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 13 Agosto 2017, XIX Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 14,22-33.
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.
Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
La barca intanto distava gia qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.
Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.
I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «E' un fantasma» e si misero a gridare dalla paura.
Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura».
Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque».
Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.
Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».
E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò.
Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 274 pagina 334.
1È tarda sera, quasi notte, perché ci si vede appena sul sentiero che si inerpica su un poggio su cui sono sparse delle piante che mi paiono di ulivo. Ma, data la luce, non posso assicurare. Insomma sono piante non troppo alte, fronzute e contorte come di solito sono gli ulivi.
Gesù è solo. Vestito di bianco e col suo manto azzurro cupo. Sale e si interna fra le piante. Cammina di un passo lungo e sicuro. Non sveltamente, ma per la lunghezza del passo fa molta strada anche andando senza fretta. Cammina sinché giunge ad una specie di balcone naturale, dal quale ci si affaccia sul lago tutto quieto sotto al lume delle stelle, che ormai gremiscono il cielo coi loro occhi di luce. Il silenzio avvolge Gesù col suo abbraccio riposante e lo stacca e smemora dalle folle e dalla terra congiungendolo al cielo, che pare scendere più basso per adorare il Verbo di Dio e carezzarlo con la luce dei suoi astri.
Gesù prega nella sua posa abituale: in piedi e con le braccia aperte a croce. Ha dietro alle sue spalle un ulivo e pare già crocifisso su questo tronco scuro. Le fronde lo sovrastano di poco, alto come è, e sostituiscono con una parola consona al Cristo il cartello della Croce. Là: Re dei Giudei. Qui: Principe della pace. Il pacifico ulivo dice giusto a chi sa intendere.
Prega a lungo. Poi si siede sulla balza che fa base all’ulivo, su un radicone che sporge, e prende la sua attitudine solita, con le mani intrecciate e i gomiti posati sui ginocchi. Medita. Chissà quale divina conversazione Egli intreccia col Padre e lo Spirito in quest’ora in cui è solo e può esser tutto di Dio. Dio con Dio!
Mi pare che molte ore passino così, perché vedo che le stelle cambiano zona e molte già sono tramontate ad occidente.
2Proprio mentre una larva di luce, anzi di luminosità, perché non si può ancora chiamare luce, si disegna all’estremo orizzonte dell’est, un brivido di vento scuote l’ulivo. Poi calma. Poi riprende più forte. A pause sincopate e sempre più violente. La luce dell’alba, appena appena iniziata, stenta a farsi strada per un accumulo di nubi scure che vengono ad occupare il cielo, spinte da raffiche di vento sempre più forte. Anche il lago non è più quieto. Ma, anzi, mi pare che stia mettendo insieme una burrasca come quella già vista nella visione della tempesta. Il rumore delle fronde e il brontolio delle acque empiono ora lo spazio, poco prima tanto quieto.
Gesù si scuote della sua meditazione. Si alza. Guarda il lago. Cerca su esso alla luce delle superstiti stelle e della povera alba malata, e vede la barca di Pietro che arranca faticosamente verso la sponda opposta, ma che non ce la fa. Gesù si avvolge strettamente nel mantello sollevando il lembo, che cade e che gli darebbe noia nello scendere, sul capo come fosse un cappuccio, e scende di corsa, non per la strada già fatta ma per un sentierucolo rapido che va direttamente al lago. Va così velocemente che pare che voli.
Giunto sulla riva schiaffeggiata dalle acque, che fanno sul greto un orlo di spuma sonante e fioccosa, prosegue il suo cammino veloce come non camminasse su un elemento liquido e tutto in movimento, ma sul più liscio e solido pavimento della terra. Ora diventa Egli luce. Sembra che tutta la poca luce, che ancora viene dalle rare e morenti stelle e dall’alba burrascosa, si converga su di Lui e ne venga raccolta come fosforescenza intorno al suo corpo slanciato. Vola sulle onde, sulle creste spumose, nelle pieghe scure fra onda e onda, a braccia tese in avanti, col manto che si gonfia intorno alle sue gote e che svolazza, per quanto può, così stretto come è al corpo, con un palpito d’ala.
3Gli apostoli lo vedono e gettano un grido di paura che il vento porta verso Gesù.
«Non temete. Sono Io». La voce di Gesù, per quanto abbia il vento contrario, si spande sul lago senza fatica.
«Sei proprio Tu, Maestro?» chiede Pietro. «Se sei Tu, dimmi di venirti incontro camminando come Te sulle acque».
Gesù sorride: «Vieni» dice semplicemente, come fosse la cosa più naturale del modo camminare sull’acqua.
E Pietro, seminudo come è, ossia con una tunichella corta e senza maniche, fa un salto soprabordo e va verso Gesù.
Ma, quando è lontano una cinquantina di metri dalla barca e quasi altrettanto da Gesù, viene preso dalla paura. Fin lì l’ha sorretto il suo impulso d’amore. Ora l’umanità lo soverchia e… trema per la propria pelle. Come uno messo su un suolo scivoloso, o meglio su una sabbia mobile, egli comincia a traballare, ad annaspare, a sprofondare. E più annaspa e ha paura, e più sprofonda.
4Gesù si è fermato e lo guarda. Serio. Attende. Ma non stende neppure una mano, che ha anzi conserte al petto, e non fa più passo o parola.
Pietro sprofonda. Scompaiono i malleoli, gli stinchi, i ginocchi. Le acque son quasi all’inguine, lo superano, montano verso la cintura. E il terrore è sul suo viso. Un terrore che lo paralizza anche nel pensiero. Non è più che una carne che ha paura di affogare. Non pensa neppure di gettarsi a nuoto. Nulla. È inebetito dalla paura.
Finalmente si decide a guardare Gesù. E basta che lo guardi perché la sua mente cominci a ragionare, a capire dove è la salvezza. «Maestro, Signore, salvami».
Gesù disserra le braccia e, quasi portato dal vento o dall’onda, si precipita verso l’apostolo e gli tende la mano dicendo: «Oh, che uomo di poca fede! Perché hai dubitato di Me? Perché hai voluto fare da te?».
Pietro, che si è afferrato convulsamente alla mano di Gesù, non risponde. Lo guarda soltanto per vedere se è in collera, lo guarda con un misto di restante paura e di sorgente di pentimento.
Ma Gesù sorride e lo tiene ben stretto per il polso, sino a che, raggiunta la barca, ne scavalcano il bordo e vi entrano. E Gesù comanda: «Andate a riva. Costui è tutto bagnato». E sorride guardando l’umiliato discepolo.
Le onde si spianano per facilitare l’approdo, e la città, vista altra volta dall’alto di una collina, si delinea oltre la riva.
La visione mi cessa qui.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 6 agosto 2017, Trasfigurazione del Signore, festa

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9.
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.
E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.
Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete».
Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 349 pagina 354 - CD 5, traccia 54 
Chi mai fra gli uomini non ha visto, almeno per una volta, un’alba serena di marzo? Se quest’uno c’è, è un grande infelice, perché ignora una delle grazie più belle della natura risveglia ta da primavera, tornata vergine, fanciulla, quale doveva esserlo nel primo giorno.In questa grazia, che è pura in ogni suo aspetto e cosa - dalle erbe novelle e rugiadose ai fioretti che si dischiudono, co me bimbi che nascono, al primo ridere della luce del giorno; agli uccelli che si destano con un frullo d’ali e dicono il primo cip? interrogativo, preludio a tutti i loro canori discorsi della giornata; all’odore stesso dell’aria che ha perduto nella notte, per il lavacro delle rugiade e l’assenza dell’uomo, ogni corruzio ne di polvere, fumo e sentore di corpi umani -vanno Gesù, gli apostoli e i discepoli. È con essi anche Simone d’Alfeo. Vanno in direzione sud est, valicando i colli che fanno coro na a Nazaret, superando un torrente, traversando una pianura stretta fra i colli nazareni e un gruppo di monti verso est. Questi monti sono preceduti dal cono semitronco del Tabor che mi ricorda stranamente, nella sua vetta, la lucerna dei nostri ca rabinieri vista di profilo.Lo raggiungono. Gesù si ferma e dice: «Pietro, Giovanni e Giacomo di Zebedeo vengano con Me sul monte. Voi spargetevi alla sua base, dividendovi verso le strade che la costeggiano, e predicate il Signore. Verso sera voglio essere di nuovo a Naza ret. Non allontanatevi dunque molto. La pace sia con voi». E volgendosi ai tre chiamati dice: «Andiamo». E prende la salita senza più volgersi indietro e con un passo così sollecito che fa faticare Pietro a stargli dietro.In un momento di sosta Pietro, rosso e sudato, gli chiede col fiato grosso: «Ma dove andiamo? Non ci sono case sul monte. Sul la cima quella vecchia fortezza. Vuoi andare a predicare là?».«Avrei preso l’altro versante. Ma tu vedi che gli volgo le spalle. Non andremo alla fortezza, e chi è in essa non ci vedrà neppure. Vado ad unirmi col Padre mio, e vi ho voluti con Me perché vi amo. Su, lesti!». «Oh! mio Signore! Non potremmo andare un poco più ada gio, invece, e parlare di quanto abbiamo sentito e visto ieri, che ci ha tenuti desti tutta la notte per parlarne?». «Agli appuntamenti di Dio si va sempre veloci. Forza, Simon Pietro! Lassù vi farò riposare». E riprende a salire...
(Dice Gesù: «Qui innestate la Trasfigurazione avuta il 5 agosto 1944, ma senza il dettato unito alla stessa. Finito di copiare la Trasfigurazione dello scorso anno, P. M. copierà ciò che ti mostro ora»).
5 agosto 1944.
Sono col mio Gesù su un alto monte. Con Gesù sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Salgono ancor più in alto e l’occhio spazia per aperti orizzonti che un bel giorno sereno rende netti nei particolari fino nelle lontananze. Il monte non fa parte di un sistema montano come è quello della Giudea; sorge isolato avendo, rispetto al luogo dove ci tro viamo, l’oriente in faccia, il nord alla sinistra, il sud a destra e dietro, a ovest, la vetta che si alza di ancora qualche centinaio di passi. È molto elevato e l’occhio è libero di vedere per un lar go raggio. Il lago di Genezaret pare un lembo di cielo sceso a incasto narsi fra il verde della terra, una turchese ovale chiusa da sme raldi di diverse gradazioni, uno specchio che tremula e si incre spa a un vento lieve e sul quale scivolano, con agilità di gabbia ni, le barche dalle vele spiegate, leggermente curvate verso l’onda azzurrina, proprio con la grazia del volo candido di un alcione, scorrente l’onda in cerca di preda. Poi ecco che dalla vasta turchese esce una vena, di un azzurro più pallido là dove il greto è più ampio, e più scuro là dove le rive si stringono e l’acqua è più profonda e cupa per l’ombra che vi gettano gli al beri che crescono vigorosi presso il fiume, nutriti dal suo umo re. Il Giordano pare una pennellata quasi rettilinea nel verde della pianura.Dei paeselli sono sparsi per la pianura al di qua e al di là del fiume. Alcuni sono proprio un pugno di case, altri sono più vasti, già arieggianti a cittadine. Le vie maestre sono rughe giallognole fra il verde. Ma qua, dalla parte del monte, la pia nura è molto più coltivata e fertile, molto bella. Si vedono le di verse colture coi loro diversi colori ridere al bel sole che scende dal cielo sereno.Deve essere primavera, forse marzo, se calcolo la latitudine della Palestina, perché vedo i grani già alti, ma ancora verdi, ondulare come un mare glauco, e vedo i pennacchi dei più pre coci fra gli alberi da frutto mettere come delle nuvolette bianche e rosee su questo piccolo mare vegetale, poi prati tutti in fiore per gli alti fieni sui quali pecorelle pascolanti paiono mucchietti di neve ammucchiata qua e là sul verde.Proprio vicino al monte, sulle colline che ne sono la base, basse e brevi colline, sono due cittadine, una verso sud, una verso nord. La pianura fertilissima si estende specialmente e più ampiamente verso il sud. Gesù, dopo una breve sosta al fresco di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite fatica palese mente, riprende a salire. Va fin quasi sulla vetta, là dove è un pianoro erboso che ha un semicerchio di alberi verso la costa. «Riposate, amici. Io vado là a pregare». E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che affiora dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’interno, la vetta.Gesù si inginocchia sulla terra erbosa e appoggia le mani e il capo al masso, nella posa che prenderà anche nella preghiera del Getsemani. Il sole non lo colpisce perché la vetta lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso è tutto lieto di sole, sino al limi te d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si sono seduti gli apostoli. Pietro si leva i sandali e ne scuote via polvere e sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba fresca, quasi steso, col ca po su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla come un guanciale. Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco d’albero al quale appoggia il suo mantello e su questo le spalle. Giovanni resta seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco, il silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto e così le pal pebre sugli occhi. Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.6Li scuote una luminosità così viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei cespugli e alberi sotto cui si sono messi. Aprono gli occhi stupiti e vedono Gesù trasfigurato. Egli è ora tale e quale come lo vedo nelle visioni del Paradiso. Natu ralmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce. Ma la maestà del Volto e del Corpo è uguale, uguale ne è la lumino sità, e uguale la veste che da un rosso cupo si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto immateriale che lo veste in Cielo. Il suo Viso è un sole dalla luce siderale ma intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro. Sembra più alto ancora, come la sua glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la luminosità, che rende persino fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul suo Signore tutta la luce che è nell’universo e nei cieli. So che è qualche cosa di indescrivibile. Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perché fra Lui e il verde del prato vi è come un vaporare di luce, uno spazio dato unicamente da una luce sul quale pare Egli si eri ga. Ma è tanto viva che potrei anche ingannarmi, e il non vede re più il verde dell’erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser provocato da questa luce intensa che vibra e fa onde come si ve de talora nei grandi fuochi. Onde, qui, di un colore bianco, in candescente. Gesù sta col Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che lo sublima. Gli apostoli ne hanno quasi paura e lo chiamano, perché non pare più a loro che sia il loro Maestro tanto è trasfigurato. «Mae stro, Maestro», chiamano piano ma con ansia. Egli non sente. «È in estasi» dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?». I tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano. La Luce aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di Gesù. Quando sono stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due maestosi e lumi nosi personaggi. L’uno più anziano, dallo sguardo acuto e severo e da una lunga barba bipartita. Dalla sua fronte partono corni di luce che me lo indicano per Mosè. L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù come il Battista, al quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione e seve rità. Mentre la luce di Mosè è candida come è quella di Gesù, specie nei raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva. I due Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene Questi parli loro con famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente. Non comprendo nep pure una delle parole dette.I tre apostoli cadono a ginocchio tremanti, col volto fra le mani. Vorrebbero vedere, ma hanno paura.Finalmente Pietro parla: «Maestro, Maestro. Odimi». Gesù gira lo sguardo con un sorriso verso il suo Pietro, che si rinfran ca e dice: «È bello lo stare qui con Te, Mosè e Elia. Se vuoi fac ciamo tre tende per Te, per Mosè e per Elia, e noi stiamo qui a servirvi...». Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente. Guarda an che Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li abbraccia con amore. Anche Mosè e Elia guardano i tre fissamente. I loro oc chi balenano. Devono essere come raggi che penetrano i cuori.Gli apostoli non osano dire altro. Intimoriti, tacciono. Sem brano un poco ebbri come chi è sbalordito. Ma quando un velo che non è nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi dietro uno schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li nasconde alla vista dei tre, e una Voce potente e armonica vibra ed empie di sé lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba. «Questo è il mio Figliuolo diletto, nel quale mi sono compia ciuto. Ascoltatelo». Pietro nel gettarsi bocconi esclama: «Misericordia di me, peccatore! È la Gloria di Dio che scende!». Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse prossimo a sve nire: «Il Signore parla!». Nessuno osa alzare la testa anche quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il tornare della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto so lo e tornato il Gesù solito nella sua veste rossa. Egli cammina verso loro sorridendo e li scuote e tocca e chiama per nome. «Alzatevi. Sono Io. Non temete» dice, perché i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro peccati, temendo che sia l’Angelo di Dio che vuoi mostrarli all’Altissimo. «Levatevi, dunque. Ve lo comando» ripete Gesù con imperio. Essi alzano il volto e vedono Gesù che sorride. «Oh! Maestro, Dio mio!» esclama Pietro. «Come faremo a viverti accanto ora che abbiamo visto la tua gloria? Come fare mo a vivere fra gli uomini, e noi, uomini peccatori, ora che ab biamo udito la voce di Dio?». «Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fine. Siatene degni perché il tempo è vicino. Ubbidite al Padre mio e vostro. Torniamo ora fra gli uomini, perché sono venuto per stare fra essi e per portare essi a Dio. Andiamo. Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli. Avrete parte alla mia più completa gloria. Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno. Neppure ai compagni. Quando il Figlio dell’uomo sarà risuscitato dai morti e tornato nella gloria del Padre, allo ra parlerete. Perché allora occorrerà credere per aver parte nel mio Regno». «Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno? I rabbi dicono così». «Elia è già venuto ed ha preparato le vie al Signore. Tutto avviene come è stato rivelato. Ma coloro che insegnano la Rive lazione non la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei tempi e i messi di Dio. Elia è tornato una volta. La seconda verrà quando il tempo ultimo sarà vicino per preparare gli ultimi a Dio. Ma ora è venuto per preparare i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto riconoscere e lo hanno tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Fi glio dell’uomo, perché gli uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».I tre chinano la testa pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a Gesù.
[3 dicembre 1945]. ...Ed è ancora Pietro che dice, in una sosta a mezza via: «Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri: “Perché ci hai fatto questo?”.; e anche dico: “Perché ci hai detto questo?”. Le tue ultime parole hanno cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri cuori! Gran giorno di paure questo! Prima ci ha fatto paura la grande luce che ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a raggiare sul ripiano, sotto i nostri occhi; poi il tuo aspetto e il tuo staccarti dal suolo come fossi per volare via. Ho avuto paura che Tu, disgustato dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine dell’Altissimo. Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo tempo non potevano più vedere senza velo tanto splendeva sul suo volto il riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio, e Elia... Misericordia divina! Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e tut ti i peccati della mia vita, da quando rubavo le frutta nella di spensa da piccino, all’ultimo di averti mal consigliato giorni so no, mi sono venuti alla mente. Con che tremore me ne sono pentito! Poi mi parve che mi amassero quei due giusti... e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perché io non merito l’amore di simili spiriti. E dopo... e dopo!... La paura delle paure! La voce di Dio!... Geové che ha parlato! A noi! Ci ha detto: “Ascoltatelo!». Tu. E ti ha proclamato “suo Fi glio diletto nel quale Egli si compiace”. Che paura! Geové!... a noi!... Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!... Quando Tu ci hai toccato, e le tue dita ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato e che l’Angelo mi toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo... Ma come ha fatto tua Madre a vedere... a sentire... a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto ieri, senza morire, Lei che era sola, giovanetta, senza di Te?». «Maria, la Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio. Eva non ne aveva paura finché fu innocente. Ed Io c’ero. Io, il Padre e lo Spirito, Noi, che siamo in Cielo e in Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro Tabernacolo nel cuore di Maria» dice dolcemente Gesù. «Che cosa! Che cosa!... Ma dopo Tu hai parlato di morte... E ogni gioia è finita... Ma perché proprio a noi tre tutto questo? Non era bene darla a tutti questa visione della tua gloria?». «Appunto perché tramortite udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’uomo, l’Uomo-Dio vi ha vo luto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò che Io sarò dopo la Morte. Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo... Avete capito?». «Oh! sì, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile raccontare. Ci direbbero “ebbri”». Tornano ad andare verso la valle. Ma, giunti ad un punto, Gesù piega per un viottolo ripido in direzione di Endor, ossia dal lato opposto di quello nel quale ha lasciato i discepoli.«Non li troveremo» dice Giacomo. «Il sole inizia la discesa. Si staranno radunando in tua attesa nel luogo dove li lasciasti». «Vieni e non crearti stolti pensieri».Infatti, come la boscaglia si apre in una prateria che scende mollemente a toccare la via maestra, vedono tutta la massa dei discepoli, accresciuta da viandanti curiosi, da scribi venuti da non so dove, agitarsi alla base del monte. «Ohimè! Scribi!... E disputano già!» dice Pietro accennando li. E scende gli ultimi metri a malincuore.Ma anche quelli giù in basso li hanno visti e se li accennano e poi si danno a correre verso Gesù, gridando: «Come mai, Maestro, da questa parte? Stavamo per venire al posto detto. Ma ci hanno trattenuti in dispute gli scribi e in suppliche un padre affannato». «Di che disputavate fra voi?».«Per un indemoniato. Gli scribi ci hanno scherniti perché non abbiamo potuto liberarlo. Ci si è messo Giuda di Keriot da capo, di puntiglio. Ma fu inutile. Allora abbiamo detto: “Mettetevici voi”. Hanno risposto: “Non siamo esorcisti”. Per caso sono passati alcuni venienti da Caslot-Tabor, fra i quali erano due esorcisti. Ma anche loro niente. Ecco il padre che viene a pre garti. Ascoltalo». Un uomo, infatti, viene avanti supplichevole e si inginocchia davanti a Gesù rimasto sul prato in pendenza, di modo che è più alto della via di almeno tre metri e ben visibile a tutti, perciò. «Maestro» gli dice l’uomo, «io venivo a Cafarnao con il figlio mio per cercare Te. Te lo portavo, l’infelice figlio mio, perché Tu lo liberassi, Tu che cacci i demoni e guarisci ogni malattia. Egli è preso spesso da uno spirito muto. Quando lo prende, egli non può più che fare gridi rochi, come una bestia che si strozza. Lo spirito lo butta a terra ed egli là si rotola digrignando i denti, spumando come un cavallo che morda il morso, e si ferisce o ri schia di morire affogato o bruciato, oppure sfracellato, perché lo spirito più di una volta lo ha buttato nell’acqua, nel fuoco, o giù dalle scale. I tuoi discepoli ci si sono provati, ma non hanno potuto. Oh! Signore buono! Pietà di me e del mio fanciullo!». Gesù fiammeggia di potenza mentre grida: «O generazione perversa, o turba satanica, legione ribelle, popolo dell’inferno incredulo e crudele, fino a quando dovrò stare a contatto con te? Fino a quando ti dovrò sopportare?». È imponente, tanto che si fa un silenzio assoluto e cessano i sogghigni degli scribi. Gesù dice al padre: «Alzati e portami qui tuo figlio». L’uomo va e torna con altri uomini, al centro dei quali è un ragazzo sui dodici-quattordici anni. Un bel fanciullo, ma dallo sguardo un poco ebete, come fosse sbalordito. Sulla fronte ros seggia una lunga ferita e più sotto biancheggia una cicatrice antica. Non appena vede Gesù che lo fissa coi suoi occhi ma gnetici, ha un grido roco e un contorcimento convulsivo di tutto il corpo, mentre cade a terra spumando e rotando gli occhi, di modo che appare solo il bulbo bianco, mentre si rotola per terra nella caratteristica convulsione epilettica. Gesù viene avanti qualche passo per giungergli vicino e di ce: «Da quando gli avviene ciò? Parla forte, che tutti sentano». E l’uomo, urlando, mentre il cerchio della folla si stringe e gli scribi si mettono più in alto di Gesù per dominare la scena, dice: «Fin da bambino. Te l’ho detto: spesso cade nel fuoco, nell’acqua o giù dalle scale e dagli alberi, perché lo spirito lo as sale all’improvviso e lo scaraventa così per finirlo. È tutto pieno di cicatrici e di bruciature. Molto è se non è rimasto acciecato dalle fiamme del focolare. Nessun medico, nessun esorcista, neppure i tuoi discepoli lo hanno potuto guarire. Ma Tu, se, co me credo fermamente, puoi qualche cosa, abbi pietà di noi e soccorrici».«Se puoi credere così, tutto mi è possibile, perché tutto è concesso a chi crede».«Oh! Signore, se io credo! Ma se ancora non credo a suffi cienza, aumenta Tu la mia fede, perché sia completa e ottenga il miracolo» dice l’uomo piangendo, inginocchiato presso il fi glio più che mai in convulsione. Gesù si raddrizza, si tira indietro due passi e, mentre la folla più che mai stringe il suo cerchio, grida forte: «Spirito ma ledetto, che fai sordo e muto il fanciullo e lo tormenti, Io te lo comando: esci da lui e non rientrarvi mai più!». Il fanciullo, pur stando coricato al suolo, fa dei balzi paurosi, puntando testa e piedi ad arco, e ha gridi disumani; poi, dopo un ultimo balzo, nel quale si rivolta bocconi battendo la fronte e la bocca su un masso emergente dall’erba, che si fa rossa di sangue, resta immoto.«È morto!» gridano in molti. «Povero fanciullo!», «Povero padre!» compiangono i migliori. E gli scribi, ghignando: «Ti ha servito bene il Nazareno!», oppure: «Maestro, come è? Questa volta Belzebù ti ha fatto fare brutta figura...», e ridono veleno samente. Gesù non risponde a nessuno. Neppure al padre, che ha ri voltato il figlio e gli asciuga il sangue della fronte e delle labbra ferite, gemendo, invocando Gesù. Ma si china, il Maestro, e prende per mano il fanciullo. E questo apre gli occhi con un sospirone, come si destasse da un sonno, si siede e sorride. Gesù lo attira a Sé, lo fa alzare in piedi e lo consegna al padre, men tre la folla grida di entusiasmo e gli scribi fuggono, inseguiti dalle beffe della folla...«E ora andiamo» dice Gesù ai suoi discepoli. E, congedata la folla, gira il fianco del monte portandosi sulla via già fatta al mattino.
Dice Gesù:«E ora qui P M. può mettere il commento alla visione del 5 agosto 1944 (quaderno A 930) cominciando dalle parole: “Non ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve avere parte meco nel la gloria”. E tu riposa, fedele, piccolo Giovanni, ché il tuo riposo è ben meritato. La mia pace sia gioia in te».
[5 agosto 1944]. Dice Gesù: «Ti ho preparata a meditare la mia Gloria. Domani la Chiesa la celebra. Ma Io voglio che il mio piccolo Giovanni la veda nella sua verità per comprenderla meglio. Non ti eleggo soltan to a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve aver parte meco nella gioia. Voglio che tu, davanti al tuo Gesù che ti si mostra, abbia gli stessi sentimenti di umiltà e pentimento dei miei apostoli.Mai superbia. Saresti punita perdendomi.Continuo ricordo di Chi sono Io e di chi sei tu.Continuo pensiero alle tue manchevolezze e alla mia perfe zione per avere un cuore lavato dalla contrizione. Ma insieme anche tanta fiducia in Me.Io ho detto: “Non temete. Alzatevi. Andiamo. Andiamo fra gli uomini perché sono venuto per stare con essi. Siate santi, forti e fedeli per ricordo di quest’ora”. Lo dico anche a te e a tutti i miei prediletti fra gli uomini, a quelli che mi hanno in maniera speciale.Non temete di Me. Mi mostro per elevarvi, non per incene rirvi. Alzatevi: la gioia del dono vi dia vigoria e non vi ottunda nel sopore del quietismo, credendovi già salvi perché vi ho mostra to il Cielo.Andiamo insieme fra gli uomini. Vi ho invitati a sovrumane opere con sovrumane visioni e lezioni perché possiate essermi di maggiore aiuto. Vi associo alla mia opera. Ma Io non ho cono sciuto e non conosco riposo. Perché il Male non riposa mai e il Bene deve essere sempre attivo per annullare il più che si può l’opera del Nemico. Riposeremo quando il Tempo sarà compiu to. Ora occorre andare instancabilmente, operare continuamen te, consumarsi indefessamente per la messe di Dio. Il mio con tatto continuo vi santifichi, la mia lezione continua vi fortifichi, il mio amore di predilezione vi faccia fedeli contro ogni insidia.Non siate come gli antichi rabbini che insegnavano la Rive lazione e poi non le credevano al punto da non riconoscere i se gni dei tempi e i messi di Dio. Riconoscete i precursori del Cri sto nel suo secondo avvento, poiché le forze dell’Anticristo sono in marcia e, facendo eccezione alla misura che mi sono imposta, perché conosco che bevete a certe verità non per spirito sopran naturale ma per sete di curiosità umana, vi dico in verità che quello che molti crederanno vittoria sull’Anticristo, la pace or mai prossima, non sarà che sosta per dare tempo al Nemico del Cristo di ritemprarsi, medicarsi delle ferite, riunire il suo esercito per una più crudele lotta.Riconoscete, voi che siete le “voci” di questo vostro Gesù, del Re dei re, del Fedele e Verace che giudica e combatte con giusti zia e sarà il Vincitore della Bestia e dei suoi servi e profeti, ri conoscete il vostro Bene e seguitelo sempre. Nessun bugiardo aspetto vi seduca e nessuna persecuzione vi atterri. La vostra “voce” dica le mie parole. La vostra vita sia per quest’opera. E se avrete sorte, sulla terra, comune al Cristo, al suo Precursore e ad Elia, sorte cruenta o sorte tormentata da sevizie morali, sorridete alla vostra sorte futura e sicura che avrete comune con Cristo, con il suo Precursore, col suo Profeta.Pari nel lavoro, nel dolore e nella gloria. Qui Io Maestro ed Esempio. Là Io Premio e Re. Avermi sarà la vostra beatitudine. Sarà dimenticare il dolore. Sarà quanto ogni rivelazione è an cora insufficiente a farvi capire, perché troppo superiore è la gioia della vita futura alla possibilità di immaginare della crea tura ancora unita alla carne».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/