"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 25 Agosto 2013, XXI Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 13,22-30.
Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose:
«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.
Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.
Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!
Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.
Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 363 pagina 476.
1Tommaso, che era in fondo alla comitiva e che parlava con Mannaen e con Bartolomeo, si stacca dai compagni e raggiunge il Maestro che è davanti con Marziame e Isacco. «Maestro, fra poco siamo vicini a Rama. Non verresti a benedire il bambino di mia sorella? Ella desidera tanto di vederti! Potremmo sostare lì. C’è posto per tutti. Accontentami, Signore!».
«Ti accontento. E con gioia! Domani entreremo in Gerusalemme riposati».
«Oh! Allora vado avanti ad avvertire! Mi lasci andare?».
«Va’. Ma ricordati che non sono l’amico mondano. Non obbligare i tuoi a molta spesa. Trattami da “Maestro”. Hai capito?».
«Sì, mio Signore. Lo dirò ai parenti. Vieni, Marziam, con me?».
«Se Gesù vuole...».
«Vai, vai, figlio».
Gli altri, che hanno visto Tommaso e Marziam andare in direzione di Rama, sita un poco a sinistra della strada che dalla Samaria, credo, va a Gerusalemme, affrettano il passo per chiedere cosa succede.
«Andiamo a casa della sorella di Toma. In tutte le case dei parenti vostri ho sostato. È giusto che vada anche da lui. E l’ho mandato avanti per questo».
«Allora, se permetti, oggi io pure andrò avanti. Per vedere un poco se non ci sono novità. Al tuo ingresso alla porta di Damasco ci sarò io se c’è del brutto. Altrimenti ti vedrò… Dove, Signore?» dice Mannaen.
«A Betania, Mannaen. Vado subito da Lazzaro. Ma le donne le lascerò a Gerusalemme. Vado da solo. Anzi. Te ne prego. Dopo la sosta di oggi, tu scorta le donne alle loro case».
«Come vuoi Tu, Signore».
«Avvisate il conducente di seguirci a Rama».
Infatti il carro viene in su lentamente per stare dietro alla comitiva apostolica. Isacco e lo Zelote restano fermi ad attenderlo mentre tutti gli altri prendono la strada secondaria che con una dolce pendenza conduce alla collinetta, molto bassa, sulla quale è Rama.
2Tommaso, che non sta nei suoi panni e appare anche più rubicondo per la gioia che gli splende in viso, è all’ingresso del paese, in attesa. Corre incontro a Gesù: «Che felicità, Maestro! Vi è tutta la mia famiglia! Mio padre che tanto che voleva vederti, la madre mia, i fratelli! Come sono contento!». E si mette a fianco di Gesù, passando attraverso il paese così impettito che sembra sia un conquistatore nell’ora del trionfo.
La casa della sorella di Tommaso è ad un crocevia verso l’est della città. È la caratteristica casa israelita benestante, dalla facciata quasi priva di finestre, il portone ferrato, col suo spioncino, la terrazza per tetto e le muraglie del giardino, alte e scure, che si prolungano dietro la casa sormontate dalle chiome degli alberi da frutto.
Ma oggi non ha bisogno la servente di guardare dallo spioncino. Il portone è tutto aperto e tutti gli abitanti della casa sono schierati nell’atrio, e si vede un continuo allungarsi di mani adulte che afferrano un fanciullo o una fanciulla dalla folta schiera dei bambini, i quali, irrequieti, esaltati dall’annunzio, rompono continuamente i ranghi e le gerarchie e sguizzano sul davanti della famiglia, ai posti d’onore, dove in prima fila sono i genitori di Tommaso e la sorella col marito.
Ma quando Gesù è sulla soglia, chi li tiene più o frugoli? Sembrano una chiocciata che esca dal nido dopo una notte di riposo. E Gesù riceve l’urto di questa schiera garrula e gentile, che si abbatte contro i suoi ginocchi e lo stringe, alzando le faccette in cerca di baci, e che non si stacca nonostante i richiami materni o paterni e neppure per qualche scappellotto che Tommaso amministra per rimettere ordine.
«Lasciali fare! Lasciali fare! Fosse tutto il mondo così!» esclama Gesù, curvo ad accontentare tutti quei frugolini.
3Infine può entrare fra i saluti più venerabondi degli adulti Ma quelli che mi piacciono particolarmente sono i saluti del padre di Tommaso, un vecchio caratteristicamente giudeo, il quale viene rialzato da Gesù, che lo vuole baciare «per riconoscenza alla sua generosità nel dargli un apostolo».
«Oh! Dio mi ha amato più di ogni altro in Israele, perché mentre ogni ebreo ha un maschio, il primogenito, sacro al Signore, io ne ho due, il primo e l’ultimo; e l’ultimo è ancor più sacro perché, senza essere levita né sacerdote, fa ciò che neppure il Sommo Sacerdote fa: vede costantemente Iddio e ne accoglie i comandi!» dice con la voce un poco tremula dei vecchi, fatta ancor più tremula dall’emozione. E termina: «Dimmi solo una cosa per far contenta l’anima mia. Tu che non menti, dimmi: questo mio figlio, per il modo come ti segue, è degno di servirti e meritare la Vita eterna?».
«Riposa in pace, padre. Il tuo Toma ha un grande posto nel cuore di Dio per il modo come si conduce, ed avrà un grande posto in Cielo per il modo come avrà servito Iddio fino all’ultimo respiro».
Tommaso boccheggia come un pesce per l’emozione di quanto sente dire.
Il vecchio alza le mani tremule, mentre due righe di pianto scendono fra le incisioni delle profonde rughe a sperdersi nel barbone patriarcale, e dice: «Su te la benedizione di Giacobbe, la benedizione del patriarca al giusto fra i figli: “L’Onnipotente ti benedica colle benedizioni del Cielo di sopra, colle benedizioni dell’abisso che giace di sotto, colle benedizioni delle mammelle e del seno. Le benedizioni di tuo padre sorpassino quelle dei padri di lui e, finché non venga il desiderio dei colli eterni, posino sul capo di Toma, sul capo di colui che è nazareo fra i tuoi fratelli!”».
E tutti rispondono: «Così sia».
«Ed ora benedici Tu, o Signore, questa casa e soprattutto questi che sono sangue del mio sangue» dice il vecchio accennando ai fanciulli.
E Gesù, aprendo le braccia, tuona la benedizione mosaica e la allunga dicendo: «Dio, alla cui presenza camminarono i vostri padri, Dio che mi pasce dalla mia adolescenza fino a questo giorno, l’angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi fanciulli, portino essi il mio Nome ed anche i nomi dei miei padri e si moltiplichino copiosamente sulla terra», e termina prendendo l’ultimo nato dalle braccia della madre per baciarlo sulla fronte dicendo: «E in te scendano come miele e burro le virtù elette che abitarono nel Giusto di cui ti è dato il nome, facendolo pingue per i Cieli e ornato come palma dai biondi datteri e cedro di regale fronda».
Sono tutti commossi ed estatici. Ma poi un trillo di gioia esplode da tutte le bocche e accompagna Gesù, che entra nella casa e non si ferma che quando è nel cortile, nel quale presenta agli ospiti la Madre, le discepole, gli apostoli e i discepoli.

4Non è più mattina, e non è più mezzogiorno. Il raggio malato di un sole che fora a fatica le nuvole scapigliate di un tempo che stenta a rimettersi, dice che il sole si avvia al tramonto e il giorno al crepuscolo.
Le donne non ci sono più e con loro non c’è più Isacco e Mannaen, mentre Marziam è rimasto ed è beato al fianco di Gesù, che esce di casa andando con gli apostoli e con tutti i parenti maschi di Tommaso a vedere alcune vigne che pare abbiano un pregio speciale. Tanto il vecchio come il cognato di Tommaso illustrano la posizione del vigneto e la rarità delle piante, che per ora non hanno che foglioline tenerelle.
E Gesù benignamente ascolta queste spiegazioni, interessandosi di potature e di sarchiamenti come della cosa più utile della terra. Alla fine dice sorridendo a Tommaso: «Te la devo benedire questa dote della tua gemella?».
«Oh! mio Signore! Io non sono Doras né Ismaele. So che il tuo alito, la tua presenza in un luogo è già una benedizione. Ma se vuoi alzare la tua destra su queste piante, fàllo, e certo santo sarà il loro frutto».
«E abbondante, no? Che ne dici, padre?».
«Basta santo. Santo basta! Ed io lo pigerò e te lo manderò per la Pasqua prossima, e lo userai nel calice del rito».
«È detto. Ci conto. Voglio nella Pasqua futura consumare il vino di un vero israelita».
Escono dalla vigna per tornare in paese.
5La notizia della presenza in paese di Gesù di Nazaret si è diffusa e quelli di Rama sono tutti sulle strade con una gran voglia di avvicinarsi.
Gesù vede e dice a Tommaso: «Perché non vengono? Hanno forse tema di Me? Di’ loro che li amo».
Oh! Tommaso non se lo fa dire due volte! Va da un crocchio all’altro, così svelto che pare un farfallone che voli di fiore in fiore: E non se lo fanno dire due volte neppure quelli che sentono l’invito. Corrono tutti, passandosi la voce, intorno a Gesù, di modo che, giunti al crocevia dove è la casa di Tommaso, vi è una discreta folla che parla con rispetto con gli apostoli e coi famigliari di Tommaso chiedendo questo o quello.
Comprendo che Tommaso ha lavorato molto nei mesi d’inverno, e molto della dottrina evangelica è nota in paese. Ma desiderano averne particolare spiegazione, e uno, al quale ha fatto grande impressione la benedizione data da Gesù ai piccoli della casa ospitale e quanto ha detto di Tommaso, chiede: «Saranno dunque tutti dei giusti per questa benedizione?».
«Non per essa. Ma per le loro azioni. Io ho dato ad essi la forza della benedizione per corroborarli nelle loro azioni. Ma sono essi che devono fare le azioni e fare soltanto giuste azioni per avere il Cielo. Io benedico tutti… ma non tutti si salveranno in Israele».
«Anzi, se ne salveranno molto pochi, se vanno avanti così come vanno» brontola Tommaso.
«Che dici?».
«Il vero. Chi perseguita il Cristo e lo calunnia, chi non pratica ciò che Egli insegna, non avrà parte al suo Regno» dice col suo vocione Tommaso.
6Uno lo tira per la manica: «È molto severo?» chiede accennando a Gesù.
«No. Anzi, è troppo buono».
«Io, che dici, mi salverò? Non sono fra i discepoli. Ma tu lo sai come sono e come ho sempre creduto a quello che tu mi dicevi. Ma più di così non so fare. Cosa devo fare di preciso per salvarmi, oltre quello che faccio già?».
«Chiediglielo a Lui. Avrà la mano e il giudizio più dolce e giusto del mio».
L’uomo si fa avanti. Dice: «Maestro, io sono osservante della Legge e da quando Toma mi ha ripetuto le tue parole cerco di esserlo di più. Ma sono poco generoso. Faccio ciò che devo fare assolutamente. Mi astengo dal fare ciò che non è bene fare, perché ho paura dell’Inferno. Ma amo però i miei comodi e… lo confesso, studio molto di fare le cose in modo di non peccare ma di non disturbare neppure tropo me stesso. Facendo così mi salverò?».
«Ti salverai. Ma perché essere avaro col buon Dio che è tanto generoso con te? Perché pretendere per sé solo la salvezza, carpita a fatica, e non la grande santità che dà subito eterna pace? Suvvia, uomo! Sii generoso con l’anima tua».
L’uomo dice umilmente: «Ci penserò, Signore. Ci penserò. Sento che Tu hai ragione e che io faccio torto all’anima mia obbligandola a lunga purgazione prima di avere pace».
«Bravo. Questo pensiero è già un principio di perfezionamento».
7Un altro di Rama chiede: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
«Se l’uomo sapesse condursi con rispetto verso se stesso e con amore reverenziale a Dio, tutti gli uomini si salverebbero, come Dio lo desidera. Ma l’uomo non procede così. E, come uno stolto, si trastulla con l’orpello invece di prendere l’oro vero. Siate generosi nel volere il Bene. Vi costa? In questo è il merito. Sforzatevi di entrare per la porta stretta. L’altra, ben larga e ornata, è una seduzione di Satana per traviarvi. Quella del Cielo è stretta, bassa, nuda e scabra. Per passarvi occorre essere agili, leggeri, senza pompa e senza materialità Occorre essere spirituali per poterlo fare. Altrimenti, venuta l’ora della morte, non riuscirete a varcarla. E in verità si vedranno molti che cercheranno di entrarvi senza potervi riuscire, tanto sono obesi di materialità, infronzolati di pompe mondane, irrigiditi da una crosta di peccato, incapaci a piegarsi per la superbia che fa loro da scheletro. E verrà allora il Padrone del Regno a chiudere la porta, e quelli fuori, quelli che non avranno potuto entrare al tempo giusto, stando fuori busseranno all’uscio gridando: “Signore, aprici. Ci siamo anche noi”. Ma Egli dirà: “In verità Io non vi conosco, né so da dove venite”. Ed essi: “Ma come? Non ti ricordi di noi? Noi abbiamo mangiato e bevuto con Te e noi ti abbiamo ascoltato quando Tu insegnavi nelle nostre piazze”. Ma Egli risponderà: “In verità Io non vi riconosco. Più vi guardo e più mi apparite fatti sazi di ciò che Io ho dichiarato cibo impuro. In verità più Io vi scruto e più vedo che voi non siete della mia famiglia. In verità, ecco, ora vedo di chi siete figli e sudditi: dell’Altro. Avete per padre Satana, per madre la Carne, per nutrice la Superbia, per servo l’Odio, per tesoro avete il peccato, per gemme i vizi. Sul vostro cuore è scritto: ‘Egoismo’. Le vostre mani sono sporche delle rapine fatte ai fratelli. Via di qui! Lontani da Me, voi tutti, operatori di iniquità!”. E allora, mentre dal profondo dei Cieli verranno fulgidi di gloria Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti e giusti del Regno di Dio, essi, quelli che non hanno avuto amore ma egoismo, non sacrificio ma mollezza, saranno cacciati lontano, confinati al luogo dove il pianto è eterno e dove non c’è che terrore. E i risorti gloriosi, venuti da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, si aduneranno alla mensa nuziale dell’Agnello, Re del Regno di Dio. E si vedrà allora che molti che parvero i “minimi” nell’esercito della terra saranno i primi nella cittadinanza del Regno. E così pure vedranno che non tutti i potenti d’Israele sono potenti in Cielo, e non tutti gli eletti dal Cristo alla sorte di suoi servi hanno saputo meritare di essere eletti alla mensa nuziale. Ma bensì vedranno che molti, creduti “i primi”, saranno non solo gli ultimi, ma non saranno neppure ultimi. Perché molti sono i chiamati, ma pochi quelli che dell’elezione sanno farsi una vera gloria».

8Mentre Gesù parla, con un pellegrinaggio diretto a Gerusalemme, o venuto da Gerusalemme sopra-affollata in cerca di alloggio, sopraggiungono dei farisei. Vedono l’assembramento e si avvicinano a vedere. Presto scorgono la testa bionda di Gesù splendere contro il muro oscuro della casa di Tommaso.
«Fate largo, ché vogliamo dire una parola al Nazareno» urlano prepotenti.
Con nessun entusiasmo la folla si apre e gli apostoli vedono venire verso di loro il gruppo farisaico.
«Maestro, pace a Te!».
«La pace a voi! Che volete?».
«Vai a Gerusalemme?».
«Come ogni fedele israelita».
«Non ci andare! Un pericolo ti aspetta là. Noi lo sappiamo perché veniamo di là, incontro alle nostre famiglie. E siamo venuti ad avvertirti perché abbiamo saputo che eri a Rama».
«Da chi, se è lecito chiederlo?» chiede Pietro, insospettito e pronto ad attaccare una disputa.
«Ciò non ti riguarda, uomo. Sappi solo, tu che ci chiami serpenti, che presso il Maestro i serpenti sono molti e che faresti bene a diffidare dei troppi, e dei troppo potenti, discepoli.
«Ohé! Non vorrai insinuare che Mannaen o…».
«Silenzio, Pietro. E tu, fariseo, sappi che nessun pericolo può distogliere un fedele dal suo dovere. Se si perde la vita è nulla. Quello che è grave è perdere la propria anima contravvenendo alla Legge. Ma tu lo sai. E sai che Io lo so. Perché allora mi tenti? Non sia forse che Io so perché lo fai?».
«Non ti tento. È la verità. Molti fra noi saranno tuoi nemici. Ma non tutti. Noi non ti odiamo. 9Sappiamo che Erode ti cerca e ti diciamo: parti. Vattene via di qua, perché se Erode ti cattura certo ti uccide. È ciò che desidera».
«È ciò che desidera, ma che non farà. Questo lo so Io. Del resto, andate a dire a quella vecchia volpe che Colui che egli cerca è a Gerusalemme. Infatti Io vengo cacciando i demoni, operando guarigioni senza nascondermi. E lo faccio e farò oggi, domani e dopodomani, finché il mio tempo non sarà finito. Ma bisogna che Io cammini finché non ho toccato il termine. E bisogna che oggi e poi un’altra e un’altra volta ancora, Io entri in Gerusalemme, perché non è possibile che il mio cammino si fermi prima. E deve compiersi in giustizia, ossia in Gerusalemme».
«Il Battista è morto altrove».
«È morto in santità, e santità vuol dire “Gerusalemme”. Ché se ora Gerusalemme vuol dire “Peccato”, ciò è solo per ciò che non è che terrestre e che presto non sarà più. Ma Io parlo di ciò che è eterno e spirituale, ossia della Gerusalemme dei Cieli. In essa, nella sua santità, muoiono tutti i giusti ed i profeti. In essa Io morirò e voi inutilmente volete indurmi al peccato. E morirò, anche, fra le colline di Gerusalemme, ma non per mano di Erode, sebbene per volere di chi mi odia più sottilmente di lui, perché vede in Me l’usurpatore del Sacerdozio ambito e il purificatore d’Israele da tutti i morbi che lo corrompono. Non addossate dunque a Erode tutta la smania di uccidere, ma prendete ognuno la vostra parte, ché, in verità, l’Agnello è su un monte sul quale salgono da ogni parte lupi e sciacalli, per sgozzarlo e...».
I farisei fuggono sotto la grandine delle scottanti verità…
10Gesù li guarda fuggire. Si volge poi a mezzogiorno, verso una luminosità più chiara che forse indica la zona di Gerusalemme, e mestamente dice: «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i tuoi profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quanto volte non ho voluto radunare i tuoi figli come fa l’uccello sul suo nido radunando i suoi piccoli sotto le sue ali, e tu non hai voluto! Ecco! Ti sarà lasciata deserta la Casa dal tuo vero Padrone. Egli verrà, farà, come vuole il rito, come deve fare il primo e l’ultimo d’Isarele, e poi se ne andrà. Non sosterà più fra le tue mura per purificarti con la sua presenza. E ti assicuro che tu e i tuoi abitanti non mi vedrete più, nella mia vera figura, finché non sia il giorno in cui diciate: “Benedetto Colui che viene in nome del Signore”… E voi di Rama ricordate queste parole e tutte le altre, onde non avere parte nel castigo di Dio. Siate fedeli… Andate. La pace sia con voi».
E Gesù si ritira nella casa di Tommaso con tutti i famigliari di esso e i suoi apostoli.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 11 Agosto 2013, XIX Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 12,32-48.
Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma.
Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;
siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!
Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.
Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.
In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi,
il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse;
quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 276 pagina 356.
[Stesso testo della settimana scorse] 1Gesù è su uno dei colli della riva occidentale del lago.
Ai suoi occhi si mostrano la città e i paesi sparsi sulle rive di questa e quella sponda, ma proprio sotto del colle sono Magdala e Tiberiade: la prima con il suo rione di lusso tutto sparso di giardini, separato nettamente dalle povere case dei pescatori, contadini e popolo minuto, da un torrentello ora asciutto del tutto; l’altra splendida in ogni sua parte, città che ignora ciò che è miseria e decadenza, e ride, bella e nuova, sotto al sole, di fronte al lago. Fra l’una e l’altra città, le ortaglie, poche ma ben tenute, della breve pianura, e poi l’ascendere degli ulivi alla conquista dei colli. Dietro alle spalle di Gesù, da questa cima, si vede la sella del monte delle Beatitudini, ai cui piedi è la via maestra che dal Mediterraneo va a Tiberiade.
Forse per questa vicinanza di una via maestra frequentatissima, Gesù ha scelto questa località alla quale le persone possono accedere da molte città del lago o della Galilea interna e da dove, a sera, è facile tornare alle case o trovare ospitalità in molti paesi. Il calore è anche temperato per l’altezza e per gli alberi di alto fusto che sulla vetta hanno preso il posto degli ulivi. Vi è infatti molta gente oltre gli apostoli e i discepoli. Gente che ha bisogno di Gesù per la salute o per dei consigli, gente venuta per curiosità, gente portata lì da amici o per spirito di imitazione. Molta, insomma. La stagione, non più canicolare ma tendente alle languide grazie dell’autunno, invita più che mai a pellegrinare in cerca del Maestro.
2Gesù ha già guarito i malati e parlato alla gente, e certo sul tema delle ricchezze ingiuste e del distacco da esse, necessario a tutti per guadagnarsi il Cielo ma indispensabile ad aversi in chi vuole essere discepolo suo. E ora sta rispondendo alle domande di questo o quello dei discepoli ricchi, che sono un poco turbati per questa cosa.
Lo scriba Giovanni dice: «Devo allora distruggere ciò che ho, spogliando i miei del loro?».
«No. Dio ti ha dato dei beni. Falli servire alla Giustizia e servitene con giustizia. Ossia, con essi soccorri la tua famiglia, è dovere; tratta umanamente i servi, è carità; benefica i poveri, sovvieni ai bisogni dei discepoli poveri. Ecco che le tue ricchezze non ti saranno di inciampo, ma aiuto».
E poi parlando a tutti dice: «In verità vi dico che lo stesso pericolo di perdere il Cielo per amore alle ricchezze può averlo anche il discepolo più povero se, divenuto mio sacerdote, mancherà a giustizia col patteggiare col ricco. Colui che è ricco o maligno molte volte tenterà sedurvi con donativi per avervi consenzienti al suo modo di vivere e al suo peccato. E vi saranno quelli fra i miei ministri che cederanno alla tentazione dei donativi. Non deve essere. Il Battista vi insegni. Veramente in lui, pur senza essere giudice e magistrato, era la perfezione del giudice e del magistrato quale la indica il Deuteronomio: “Tu non avrai riguardi personali, non accetterai donativi, perché essi acciecano gli occhi dei savi e alterano le parole dei giusti”. Troppe volte l’uomo si lascia levare il filo dalla spada della giustizia dall’oro che un peccatore vi passa sopra. No, non deve essere. Sappiate essere poveri, sappiate saper morire, ma non patteggiate mai con la colpa. Neppure con la scusa di usare quell’oro a pro’ dei poveri. È oro maledetto e non darebbe loro del bene. È oro di un compromesso infame. Voi siete costituiti discepoli per essere maestri, medici e redentori. Che sareste, se diveniste consenzienti al male per interesse? Maestri di mala scienza, medici che uccidono il malato, non redentori ma cooperatori della rovina dei cuori».
3Uno della folla si fa avanti e dice: «Io non sono discepolo. Ma ti ammiro. Rispondi dunque a questa mia domanda: è lecito ad uno trattenere il denaro di un altro?».
«No, uomo. Ciò è furto come lo è quello di levare la borsa ad un passante».
«Anche se è denaro della famiglia?».
«Anche. Non è giusto che uno si appropri del denaro di tutti gli altri».
«Allora, Maestro, vieni ad Abelmain sulla via di Damasco e ordina a mio fratello di spartire meco la eredità del padre morto senza avere lasciato scritto parola. Egli tutta se l’è presa. E nota che gemelli siamo, nati da primo ed unico parto. Io ho dunque gli stessi diritti che lui».
Gesù lo guarda e dice: «È una penosa situazione, e tuo fratello certo non agisce bene. Ma tutto quello che Io posso fare è pregare per te e più per lui, che si converta, e venire al tuo paese ad evangelizzare, toccandogli il cuore così. Non mi pesa il cammino se posso mettere pace fra voi».
L’uomo, inviperito scatta: «E che vuoi che me ne faccia delle tue parole? Ci vuol ben altro che parole in questo caso!».
«Ma non mi ha detto di ordinare a tuo fratello di…».
«Ordinare non è evangelizzare. Ordinare è sempre unito a minaccia. Minaccialo di percuoterlo nella persona se non mi dà il mio. Tu lo puoi fare. Come dai salute, puoi dare malattia».
«Uomo, Io sono venuto a convertire, non a percuotere. Ma se tu avrai fede nelle mie parole troverai pace».
«Quali parole?».
«Ti ho detto che pregherò per te e per tuo fratello, acciò tu sia consolato ed egli si converta».
«Storie! Storie! Io non ho la dabbenaggine di crederle. Vieni e ordina».
4Gesù, che era mite e paziente, si fa imponente e severo. Si raddrizza - prima stava un po’ curvo sull’ometto corpulento e acceso d’ira - e dice: «Uomo, e chi mi ha costituito giudice e arbitro fra di voi? Nessuno. Ma, per levare una scissura fra due fratelli, accettavo a venire per esercitare la mia missione di pacificatore e di redentore e, se tu avessi creduto nelle mie parole, tornando ad Abelmain avresti trovato già convertito il fratello. Tu non sai credere. E non avrai il miracolo. Tu, se per primo avessi potuto afferrare il tesoro, te lo saresti tenuto privandone il fratello, perché, in verità, come siete nati gemelli, così avete gemelle le passioni, e tu come tuo fratello avete solo un amore: l’oro; una fede: l’oro. Sta’ dunque con la tua fede. Addio».
L’uomo se ne va maledicendolo fra lo scandalo di tutti che lo vorrebbero punire.
Ma Gesù si oppone. Dice: «Lasciatelo andare. Perché volete sporcarvi le mani percuotendo un bruto? Io perdono perché è un posseduto dal demone dell’oro che lo travia. Fatelo voi pure. Piuttosto preghiamo per questo infelice che torni uomo dall’anima bella di libertà».
«È vero. Anche nel volto è divenuto orrendo nella sua cupidigia. Hai visto?» si chiedono l’un coll’altro discepoli e astanti che erano vicini all’avaro.
«È vero! È vero! Non pareva più quello di prima».
«Sì. Quando poi ha respinto il Maestro, per poco lo percuoteva mentre lo malediceva, è divenuto un demone nel volto».
«Un demone tentatore. Tentava il Maestro alla cattiveria…».
5«Udite» dice Gesù. «Veramente le alterazioni dell’animo si riflettono sul volto. È come se il demonio affiorasse alla superficie di quel suo possesso. Pochi sono quelli che, essendo demoni, o con atti o con aspetto non tradiscono ciò che sono. E questi pochi sono i perfetti nel male e i perfettamente posseduti. Il volto del giusto invece è sempre bello, anche se materialmente deforme, per una bellezza soprannaturale che si effonde dall’interno all’esterno. E, non per modo di dire, ma per verità di fatti, noi osserviamo nel puro dai vizi una freschezza anche di carni. L’anima è in noi e ci abbraccia tutti. E i fetori di un’anima corrotta corrompono anche le carni. Mentre i profumi di un’anima pura preservano. L’anima corrotta spinge la carne a peccati osceni, e questi invecchiano e deformano. L’anima pura spinge la carne a vita pura. E ciò conserva freschezza e comunica maestà.
Fate che in voi permanga giovinezza pura di spirito, o risorga se già perduta, e badate di guardarvi da ogni cupidigia, sia del senso che del potere. La vita dell’uomo non dipende dall’abbondanza dei beni che possiede. Né questa, né tanto meno l’altra: quella eterna. Ma dalla sua maniera di vivere. E, con la vita, la felicità di questa terra e del Cielo. Perché il vizioso non è mai felice, realmente felice. Mentre il virtuoso è sempre felice di una letizia celeste anche se povero e solo. Neppure la morte lo impressiona. Perché non ha colpe e rimorsi a fargli temere l’incontro con Dio, e non ha rimpianti per ciò che lascia sulla terra. Egli sa che in Cielo è il suo tesoro e, come uno che vada a prendere l’eredità che gli spetta, e eredità santa, va lieto, sollecito, incontro alla morte che gli apre le porte del Regno dove è il suo tesoro.
Fatevi subito il vostro tesoro. Iniziatelo dalla giovinezza, voi che giovani siete; indefessamente lavorate, voi anziani che, per l’età, avete più prossima la morte. Ma, posto che morte è scadenza ignota, e sovente cade il fanciullo prima del vegliardo, non rimandate il lavoro di farvi un tesoro di virtù e di buone opere per l’altra vita, onde non vi raggiunga la morte senza che voi abbiate messo un tesoro di meriti in Cielo. Molti sono quelli che dicono: “Oh! sono giovane e forte! Per ora godo sulla terra, poi mi convertirò”. Grande errore!
6Udite questa parabola. Ad un uomo ricco aveva fruttato molto bene la campagna. Proprio un raccolto da miracolo. Egli contempla felice tutta questa dovizia che si accumula sui suoi campi e le sue aie e che non trova posto nei granai, tanto che è ospitata sotto tettoie provvisorie e persino nelle stanze della casa, e dice: “Ho lavorato come uno schiavo, ma la terra non mi ha deluso. Ho lavorato per dieci raccolti e ora voglio riposare per altrettanto. Come farò a mettere a posto tutti questi raccolti? Venderne non voglio, perché mi costringerei a lavorare per avere il prossimo anno nuovo raccolto. Farò così: demolirò i miei granai e ne farò di più vasti, che c’entrino tutti i raccolti e i miei beni. E poi dirò all’anima mia: ‘Oh, anima mia! Tu hai ora da parte dei beni per molti anni. Riposati dunque, mangia e bevi e godi’ ”. Costui, come molti, confondeva il corpo con l’anima e mescolava il sacro al profano, perché realmente nelle gozzoviglie e nell’ozio l’anima non gode ma languisce, e anche costui, come molti, dopo il primo buon raccolto nei campi del bene, si fermava, parendogli di avere fatto tutto.
Ma non sapete che, posta la mano all’aratro, occorre perseverare uno e dieci e cent’anni, quanto la vita dura, perché fermarsi è delitto verso se stessi ai quali si nega una gloria maggiore, è regredire perché chi si ferma generalmente non solo non progredisce più, ma si volge indietro? Il tesoro del Cielo deve aumentare anno per anno per essere buono. Ché, se la Misericordia sarà benigna anche con chi ebbe pochi anni per formarlo, non sarà complice dei pigri che avendo lunga vita fanno poco. È un tesoro in continuo aumento. Se no non è più tesoro fruttifero, ma inerte, e ciò va a detrimento della pronta pace del Cielo.
Dio disse allo stolto: “Uomo stolto che confondi il corpo e beni della terra con ciò che è spirito, e di una grazia di Dio te ne fai un male, sappi che questa notte stessa ti sarà chiesta l’anima e levata, e il corpo giacerà senza vita. Quanto hai preparato di chi sarà? Lo porterai teco? No. Te ne verrai nudo di raccolti terreni e di opere spirituali al mio cospetto e povero sarai nell’altra vita. Meglio ti era dei tuoi raccolti farne opere di misericordia al prossimo e a te. Perché, essendo misericordioso agli altri, alla tua anima eri misericorde. E, invece di nutrire pensieri d’ozio, coltivare attività da cui trarre onesto utile al tuo corpo e grandi meriti alla tua anima finché Io ti avessi chiamato”. E l’uomo nella notte morì e fu severamente giudicato. In verità vi dico che così capita a chi tesoreggia per sé e non arricchisce agli occhi di Dio.
Ora andate e fate tesoro della dottrina che vi viene data. La pace sia con voi».
E Gesù benedice e si ritira in un folto bosco con gli apostoli e i discepoli per prendere cibo e ristoro. 7Ma, mentre mangiano, Egli ancora parla continuando la lezione di prima, ripetendo un tema già detto agli apostoli più volte e che credo sarà sempre insufficientemente detto, perché l’uomo è troppo preso dalle paure stolte.
«Credete» dice «Che solo di questo arricchimento di virtù occorre preoccuparsi. E badate: non sia mai la vostra una preoccupazione affannosa, inquieta. Il bene è nemico delle inquietudini, delle paure, delle frette che troppo risentono ancora di avarizia, di gelosia, di diffidenza umana. Il vostro lavoro sia costante, fiducioso, pacifico. Senza brusche partenze e bruschi arresti. Così fanno gli onagri selvaggi. Ma nessuno li usa, a meno che sia un matto, per fare del sicuro cammino. Pacifici nelle vittorie, pacifici nelle sconfitte. Anche il pianto per un errore fatto, che vi addolora perché con esso errore avete spiaciuto a Dio, deve essere pacifico, confortato dall’umiltà e dalla fiducia. L’accasciamento, il rancore verso se stesso, è sempre sintomo di superbia e così anche di sfiducia. Se uno è umile sa di essere un povero uomo soggetto alle miserie della carne che talora trionfa. Se uno è umile ha fiducia non tanto in sé quanto in Dio, e sta calmo anche nelle disfatte dicendo: “Perdonami, Padre. Io so che Tu sai la mia debolezza che mi prevale talora. Io credo che Tu mi compatisci. Io ho ferma fiducia che Tu mi aiuterai in avvenire ancor più di prima, nonostante io ti soddisfi così poco”. E non siate né apatici né avari dei beni di Dio. Di quanto avete di sapienza e virtù, date. Siate operosi nello spirito come gli uomini lo sono per le cose della carne.
8E riguardo alla carne non imitate quelli del mondo, che sempre tremano per il loro domani, per la paura che manchi loro il superfluo, che la malattia venga, che venga la morte, che i nemici possano nuocere e così via. Dio sa di che abbisognate. Non temete perciò per il vostro domani. Siate liberi dalle paure più pesanti delle catene dei galeotti. Non vi prendete pena della vostra vita, né per il mangiare, né per il bere, né per il vestire. La vita dello spirito è da più di quella del corpo, e il corpo è da più del vestito, perché col corpo, non con il vestito, voi vivete, e con la mortificazione del corpo aiutate lo spirito a conseguire la vita eterna. Dio sa fino a quando lasciarvi l’anima nel corpo, e fino a quell’ora vi darà ciò che è necessario. Lo dà ai corvi, animali impuri che si pascono di cadaveri e che hanno la loro ragione di esistere appunto in questa funzione di eliminatori di putrefazioni. E non la darà a voi? Essi non hanno dispense e granai, eppure Dio li nutre lo stesso. Voi siete uomini e non corvi. Presentemente, poi, siete il fior degli uomini, perché siete i discepoli del Maestro, gli evangelizzatori del mondo, i servi di Dio. E potete pensare che Iddio che ha cura dei gigli delle convalli e li fa crescere e li veste di veste che più bella non l’ebbe Salomone, senza che loro compiano altro lavoro che profumare, adorando, possa trascurare voi anche nella veste? Voi sì che da soli non potete aggiungere un dente alle bocche sdentate, né allungare di un pollice la gamba rattratta, né dare acutezza alla pupilla annebbiata. E, se non potete fare queste cose, potete pensare di poter respingere da voi miseria e malattia e far spuntare cibo dalla polvere? Non potete. Ma non siate gente di poca fede. Avrete sempre di che vi è necessario. Non vi appenate come le genti del mondo, che si arrabattano per provvedersi di che godere. Voi avete il Padre vostro che sa di che abbisognate. Voi dovete solo cercare - e sia la prima delle vostre cure - il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in più.
9Non temete, voi del mio piccolo gregge. Al Padre mio è piaciuto chiamarvi al Regno perché voi abbiate questo Regno. Potete perciò aspirare ad esso ed aiutare il Padre con la vostra buona volontà e santa operosità. Vendete i vostri beni, fatene elemosina se siete soli. Date ai vostri il viatico del vostro abbandono della casa per seguire Me, perché è giusto non levare il pane ai figli e alle spose. E, se non potete perciò sacrificare le ricchezze di denaro, sacrificate le ricchezze di affetto. Anche queste sono monete che Dio valuta per quello che sono: oro più puro d’ogni altro, perle più preziose di quelle rapite ai mari, e rubini più rari di quelli delle viscere del suolo. Perché rinunciare alla famiglia per Me è carità perfetta più di oro senza atomo impuro, è perla fatta di pianto, e rubino fatto di sangue che geme dalla ferita del cuore, lacerato dal distacco da padre e madre, sposa e figli. Ma queste borse non si logorano, questo tesoro non viene mai meno. I ladri no penetrano in Cielo. Il tarlo non corrode ciò che là è depositato. E abbiate il Cielo nel cuore e il cuore in Cielo presso il vostro tesoro. Perché il cuore, nel buono o nel malvagio, è là dove è ciò che vi sembra vostro caro tesoro. Perciò, come il cuore è là dove è il tesoro (in Cielo), così il tesoro è là dove è il cuore (ossia in voi), anzi il tesoro è nel cuore e col tesoro dei santi è nel cuore il Cielo dei santi.
10Siate sempre pronti come chi è in procinto di viaggio o in attesa del padrone. Voi siete servi del Padrone-Iddio. Ad ogni ora vi può chiamare dove Egli è, o venire dove voi siete. Siate perciò sempre pronti ad andare, o a fargli onore stando a fianchi cinti da cintura di viaggio e di lavoro, e con le lampade accese nelle mani. Uscendo da una festa di nozze con uno che vi abbia preceduto nei Cieli e nella consacrazione a Dio sulla terra, Dio può sovvenirsi di voi che attendete e può dire: “Andiamo da Stefano o da Giovanni, oppure da Giacomo e da Pietro”. E Dio è ratto nel venire o nel dire: “Vieni”. Perciò siate pronti ad aprirgli la porta quando Egli giungerà, o a partire se Egli vi chiama.
Beati quei servi che il Padrone, arrivando, troverà vigilanti. In verità, per ricompensarvi della attesa fedele, Egli si cingerà la veste e, fattili sedere a tavola, si metterà a servirli. Può venire alla prima vigilia, come alla seconda e alla terza. Voi non lo sapete. Siate perciò sempre vigilanti. E beati voi se lo sarete e così vi troverà il Padrone! Non vi lusingate col dire: “C’è tempo! Questa notte Egli non viene”. Ve ne accadrebbe male. Voi non sapete. Se uno sapesse quando il ladro viene, non lascerebbe incustodita la casa perché il malandrino possa forzarne la porta e i forzieri. Anche voi siate preparati, perché quando meno ve lo penserete, verrà il Figlio dell’uomo dicendo “È l’ora”».
11Pietro, che si è persino dimenticato di finire il suo cibo per ascoltare il Signore, vedendo che Gesù tace, chiede: «Questo che dici è per noi o per tutti?».
«È per voi e per tutti. Ma più è per voi, perché voi siete come intendenti preposti dal Padrone a capo dei servi e avete doppio dovere di stare pronti, e per voi come intendenti, e per voi come semplici fedeli. Che deve essere l’intendente preposto dal padrone a capo dei suoi famigli per dare a ciascuno, a suo tempo, la giusta porzione? Deve essere accorto e fedele. Per compiere il suo proprio dovere, per far compiere ai sottoposti il loro proprio dovere. Altrimenti ne soffrirebbero gli interessi del padrone, che paga perché l’intendente faccia in sua vece e ne tuteli gli interessi in sua assenza.
Beato quel servo che il padrone, tornando alla sua casa, trova ad operare con fedeltà, solerzia e giustizia. In verità vi dico che lo farà intendente anche di altre proprietà, di tutte le sue proprietà, riposando e giubilando in cuor suo per la sicurezza che quel servo gli dà. Ma se quel servo dice: “Oh! bene! Il padrone è molto lontano e mi ha scritto che tarderà a tornare. Perciò io posso fare ciò che mi pare e poi, quando penserò prossimo il ritorno, provvederò”. E comincerà a mangiare e a bere fino ad essere ubriaco e a dare ordini da ebbro e, perché i servi buoni, a lui sottoposti, si rifiutano di eseguirli per non danneggiare il padrone, si dà a battere servi e serve fino a farli cadere in malattia e languore. E crede di essere felice, e dice: “Finalmente gusto ciò che è essere padrone e temuto da tutti”. Ma che gli avverrà? Gli avverrà che il padrone giungerà quando meno egli se lo aspetta, magari sorprendendolo nell’atto di intascare denaro o di corrompere qualche servo fra i più deboli. Allora, Io ve lo dico, il padrone lo caccerà dal posto di intendente, e persino dalle file dei suoi servi, perché non è lecito tenere gli infedeli e traditori in mezzo agli onesti.
E tanto più sarà punito quanto più il padrone prima lo aveva amato e istruito. Perché chi più conosce la volontà e il pensiero del padrone più è tenuto a compierlo con esattezza. Se non fa così come il padrone ha detto, ampiamente, come a nessun altro, avrà molte percosse, mentre chi, come servo minore, ben poco sa e sbaglia credendo di far bene, avrà castigo minore. A chi molto fu dato molto sarà chiesto, e dovrà rendere molto chi molto ebbe in custodia, perché sarà chiesto conto ai miei intendenti anche dell’anima del pargolo di un’ora.
12La mia elezione non è fresco riposo in un boschetto fiorito. Io sono venuto a portare fuoco sulla terra; e che posso desiderare se non che si accenda? Perciò mi affatico e voglio vi affatichiate fino alla morte e finché la terra sia tutta un rogo di fuoco celeste. Io devo essere battezzato con un battesimo. E come sarò angustiato finché non sarà compiuto! Non vi chiedete perché? Perché per esso potrò di voi fare dei portatori del Fuoco, degli agitatori che si muoveranno in tutti e contro tutti gli strati sociali, per farne un’unica cosa: il gregge di Cristo.
Credete che Io sia venuto a metter pace sulla terra? E secondo il modo di vedere della terra? No. Ma anzi discordia e separazione. Perché d’ora innanzi, e fintanto che tutta la terra non sarà un unico gregge, di cinque che sono in una casa due saranno contro tre, e sarà il padre contro il figlio, e questo contro il padre, e la madre contro le figlie, e queste contro quella, e le suocere e le nuore avranno un motivo di più per non intendersi, perché un linguaggio nuovo sarà su certe labbra e accadrà come una Babele, perché un sommovimento profondo scuoterà il regno degli affetti umani e soprumani. Ma poi verrà l’ora in cui tutto si unificherà in una lingua nuova, parlata da tutti i salvati dal Nazareno, e si depureranno le acque dei sentimenti, andando sul fondo le scorie e brillando alla superficie le limpide onde dei laghi celesti.
In verità che non è riposo il servirmi, secondo quanto dà, l’uomo, di significato a questa parola. Occorre eroismo e instancabilità. Ma Io ve lo dico: alla fine sarà Gesù, sempre e ancora Gesù, che si cingerà la veste per servirvi, e poi si siederà con voi ad un banchetto eterno e sarà dimenticata fatica e dolore.
13Ora, posto che nessuno più ci ha cercato, andiamo al lago. Riposeremo in Magdala. Nei giardini di Maria di Lazzaro c’è posto per tutti, ed ella ha messo la sua casa a disposizione del Pellegrino e dei suoi amici. Non occorre che vi dica che Maria di Magdala è morta col suo peccato ed è rinata dal suo pentimento Maria di Lazzaro, discepola di Gesù di Nazaret. Voi lo sapete già, perché la notizia è corsa coma fremito di vento in una foresta. Ma Io vi dico ciò che non sapete: che tutti i beni personali di Maria di Lazzaro sono per i servi di Dio e per i poveri di Cristo. Andiamo…».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 4 Agosto 2013, XVIII Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 12,13-21.
Uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità».
Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni».
Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.
Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?
E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.
Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?
Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 276 pagina 356.
1Gesù è su uno dei colli della riva occidentale del lago.
Ai suoi occhi si mostrano la città e i paesi sparsi sulle rive di questa e quella sponda, ma proprio sotto del colle sono Magdala e Tiberiade: la prima con il suo rione di lusso tutto sparso di giardini, separato nettamente dalle povere case dei pescatori, contadini e popolo minuto, da un torrentello ora asciutto del tutto; l’altra splendida in ogni sua parte, città che ignora ciò che è miseria e decadenza, e ride, bella e nuova, sotto al sole, di fronte al lago. Fra l’una e l’altra città, le ortaglie, poche ma ben tenute, della breve pianura, e poi l’ascendere degli ulivi alla conquista dei colli. Dietro alle spalle di Gesù, da questa cima, si vede la sella del monte delle Beatitudini, ai cui piedi è la via maestra che dal Mediterraneo va a Tiberiade.
Forse per questa vicinanza di una via maestra frequentatissima, Gesù ha scelto questa località alla quale le persone possono accedere da molte città del lago o della Galilea interna e da dove, a sera, è facile tornare alle case o trovare ospitalità in molti paesi. Il calore è anche temperato per l’altezza e per gli alberi di alto fusto che sulla vetta hanno preso il posto degli ulivi. Vi è infatti molta gente oltre gli apostoli e i discepoli. Gente che ha bisogno di Gesù per la salute o per dei consigli, gente venuta per curiosità, gente portata lì da amici o per spirito di imitazione. Molta, insomma. La stagione, non più canicolare ma tendente alle languide grazie dell’autunno, invita più che mai a pellegrinare in cerca del Maestro.
2Gesù ha già guarito i malati e parlato alla gente, e certo sul tema delle ricchezze ingiuste e del distacco da esse, necessario a tutti per guadagnarsi il Cielo ma indispensabile ad aversi in chi vuole essere discepolo suo. E ora sta rispondendo alle domande di questo o quello dei discepoli ricchi, che sono un poco turbati per questa cosa.
Lo scriba Giovanni dice: «Devo allora distruggere ciò che ho, spogliando i miei del loro?».
«No. Dio ti ha dato dei beni. Falli servire alla Giustizia e servitene con giustizia. Ossia, con essi soccorri la tua famiglia, è dovere; tratta umanamente i servi, è carità; benefica i poveri, sovvieni ai bisogni dei discepoli poveri. Ecco che le tue ricchezze non ti saranno di inciampo, ma aiuto».
E poi parlando a tutti dice: «In verità vi dico che lo stesso pericolo di perdere il Cielo per amore alle ricchezze può averlo anche il discepolo più povero se, divenuto mio sacerdote, mancherà a giustizia col patteggiare col ricco. Colui che è ricco o maligno molte volte tenterà sedurvi con donativi per avervi consenzienti al suo modo di vivere e al suo peccato. E vi saranno quelli fra i miei ministri che cederanno alla tentazione dei donativi. Non deve essere. Il Battista vi insegni. Veramente in lui, pur senza essere giudice e magistrato, era la perfezione del giudice e del magistrato quale la indica il Deuteronomio: “Tu non avrai riguardi personali, non accetterai donativi, perché essi acciecano gli occhi dei savi e alterano le parole dei giusti”. Troppe volte l’uomo si lascia levare il filo dalla spada della giustizia dall’oro che un peccatore vi passa sopra. No, non deve essere. Sappiate essere poveri, sappiate saper morire, ma non patteggiate mai con la colpa. Neppure con la scusa di usare quell’oro a pro’ dei poveri. È oro maledetto e non darebbe loro del bene. È oro di un compromesso infame. Voi siete costituiti discepoli per essere maestri, medici e redentori. Che sareste, se diveniste consenzienti al male per interesse? Maestri di mala scienza, medici che uccidono il malato, non redentori ma cooperatori della rovina dei cuori».
3Uno della folla si fa avanti e dice: «Io non sono discepolo. Ma ti ammiro. Rispondi dunque a questa mia domanda: è lecito ad uno trattenere il denaro di un altro?».
«No, uomo. Ciò è furto come lo è quello di levare la borsa ad un passante».
«Anche se è denaro della famiglia?».
«Anche. Non è giusto che uno si appropri del denaro di tutti gli altri».
«Allora, Maestro, vieni ad Abelmain sulla via di Damasco e ordina a mio fratello di spartire meco la eredità del padre morto senza avere lasciato scritto parola. Egli tutta se l’è presa. E nota che gemelli siamo, nati da primo ed unico parto. Io ho dunque gli stessi diritti che lui».
Gesù lo guarda e dice: «È una penosa situazione, e tuo fratello certo non agisce bene. Ma tutto quello che Io posso fare è pregare per te e più per lui, che si converta, e venire al tuo paese ad evangelizzare, toccandogli il cuore così. Non mi pesa il cammino se posso mettere pace fra voi».
L’uomo, inviperito scatta: «E che vuoi che me ne faccia delle tue parole? Ci vuol ben altro che parole in questo caso!».
«Ma non mi ha detto di ordinare a tuo fratello di…».
«Ordinare non è evangelizzare. Ordinare è sempre unito a minaccia. Minaccialo di percuoterlo nella persona se non mi dà il mio. Tu lo puoi fare. Come dai salute, puoi dare malattia».
«Uomo, Io sono venuto a convertire, non a percuotere. Ma se tu avrai fede nelle mie parole troverai pace».
«Quali parole?».
«Ti ho detto che pregherò per te e per tuo fratello, acciò tu sia consolato ed egli si converta».
«Storie! Storie! Io non ho la dabbenaggine di crederle. Vieni e ordina».
4Gesù, che era mite e paziente, si fa imponente e severo. Si raddrizza - prima stava un po’ curvo sull’ometto corpulento e acceso d’ira - e dice: «Uomo, e chi mi ha costituito giudice e arbitro fra di voi? Nessuno. Ma, per levare una scissura fra due fratelli, accettavo a venire per esercitare la mia missione di pacificatore e di redentore e, se tu avessi creduto nelle mie parole, tornando ad Abelmain avresti trovato già convertito il fratello. Tu non sai credere. E non avrai il miracolo. Tu, se per primo avessi potuto afferrare il tesoro, te lo saresti tenuto privandone il fratello, perché, in verità, come siete nati gemelli, così avete gemelle le passioni, e tu come tuo fratello avete solo un amore: l’oro; una fede: l’oro. Sta’ dunque con la tua fede. Addio».
L’uomo se ne va maledicendolo fra lo scandalo di tutti che lo vorrebbero punire.
Ma Gesù si oppone. Dice: «Lasciatelo andare. Perché volete sporcarvi le mani percuotendo un bruto? Io perdono perché è un posseduto dal demone dell’oro che lo travia. Fatelo voi pure. Piuttosto preghiamo per questo infelice che torni uomo dall’anima bella di libertà».
«È vero. Anche nel volto è divenuto orrendo nella sua cupidigia. Hai visto?» si chiedono l’un coll’altro discepoli e astanti che erano vicini all’avaro.
«È vero! È vero! Non pareva più quello di prima».
«Sì. Quando poi ha respinto il Maestro, per poco lo percuoteva mentre lo malediceva, è divenuto un demone nel volto».
«Un demone tentatore. Tentava il Maestro alla cattiveria…».
5«Udite» dice Gesù. «Veramente le alterazioni dell’animo si riflettono sul volto. È come se il demonio affiorasse alla superficie di quel suo possesso. Pochi sono quelli che, essendo demoni, o con atti o con aspetto non tradiscono ciò che sono. E questi pochi sono i perfetti nel male e i perfettamente posseduti. Il volto del giusto invece è sempre bello, anche se materialmente deforme, per una bellezza soprannaturale che si effonde dall’interno all’esterno. E, non per modo di dire, ma per verità di fatti, noi osserviamo nel puro dai vizi una freschezza anche di carni. L’anima è in noi e ci abbraccia tutti. E i fetori di un’anima corrotta corrompono anche le carni. Mentre i profumi di un’anima pura preservano. L’anima corrotta spinge la carne a peccati osceni, e questi invecchiano e deformano. L’anima pura spinge la carne a vita pura. E ciò conserva freschezza e comunica maestà.
Fate che in voi permanga giovinezza pura di spirito, o risorga se già perduta, e badate di guardarvi da ogni cupidigia, sia del senso che del potere. La vita dell’uomo non dipende dall’abbondanza dei beni che possiede. Né questa, né tanto meno l’altra: quella eterna. Ma dalla sua maniera di vivere. E, con la vita, la felicità di questa terra e del Cielo. Perché il vizioso non è mai felice, realmente felice. Mentre il virtuoso è sempre felice di una letizia celeste anche se povero e solo. Neppure la morte lo impressiona. Perché non ha colpe e rimorsi a fargli temere l’incontro con Dio, e non ha rimpianti per ciò che lascia sulla terra. Egli sa che in Cielo è il suo tesoro e, come uno che vada a prendere l’eredità che gli spetta, e eredità santa, va lieto, sollecito, incontro alla morte che gli apre le porte del Regno dove è il suo tesoro.
Fatevi subito il vostro tesoro. Iniziatelo dalla giovinezza, voi che giovani siete; indefessamente lavorate, voi anziani che, per l’età, avete più prossima la morte. Ma, posto che morte è scadenza ignota, e sovente cade il fanciullo prima del vegliardo, non rimandate il lavoro di farvi un tesoro di virtù e di buone opere per l’altra vita, onde non vi raggiunga la morte senza che voi abbiate messo un tesoro di meriti in Cielo. Molti sono quelli che dicono: “Oh! sono giovane e forte! Per ora godo sulla terra, poi mi convertirò”. Grande errore!
6Udite questa parabola. Ad un uomo ricco aveva fruttato molto bene la campagna. Proprio un raccolto da miracolo. Egli contempla felice tutta questa dovizia che si accumula sui suoi campi e le sue aie e che non trova posto nei granai, tanto che è ospitata sotto tettoie provvisorie e persino nelle stanze della casa, e dice: “Ho lavorato come uno schiavo, ma la terra non mi ha deluso. Ho lavorato per dieci raccolti e ora voglio riposare per altrettanto. Come farò a mettere a posto tutti questi raccolti? Venderne non voglio, perché mi costringerei a lavorare per avere il prossimo anno nuovo raccolto. Farò così: demolirò i miei granai e ne farò di più vasti, che c’entrino tutti i raccolti e i miei beni. E poi dirò all’anima mia: ‘Oh, anima mia! Tu hai ora da parte dei beni per molti anni. Riposati dunque, mangia e bevi e godi’ ”. Costui, come molti, confondeva il corpo con l’anima e mescolava il sacro al profano, perché realmente nelle gozzoviglie e nell’ozio l’anima non gode ma languisce, e anche costui, come molti, dopo il primo buon raccolto nei campi del bene, si fermava, parendogli di avere fatto tutto.
Ma non sapete che, posta la mano all’aratro, occorre perseverare uno e dieci e cent’anni, quanto la vita dura, perché fermarsi è delitto verso se stessi ai quali si nega una gloria maggiore, è regredire perché chi si ferma generalmente non solo non progredisce più, ma si volge indietro? Il tesoro del Cielo deve aumentare anno per anno per essere buono. Ché, se la Misericordia sarà benigna anche con chi ebbe pochi anni per formarlo, non sarà complice dei pigri che avendo lunga vita fanno poco. È un tesoro in continuo aumento. Se no non è più tesoro fruttifero, ma inerte, e ciò va a detrimento della pronta pace del Cielo.
Dio disse allo stolto: “Uomo stolto che confondi il corpo e beni della terra con ciò che è spirito, e di una grazia di Dio te ne fai un male, sappi che questa notte stessa ti sarà chiesta l’anima e levata, e il corpo giacerà senza vita. Quanto hai preparato di chi sarà? Lo porterai teco? No. Te ne verrai nudo di raccolti terreni e di opere spirituali al mio cospetto e povero sarai nell’altra vita. Meglio ti era dei tuoi raccolti farne opere di misericordia al prossimo e a te. Perché, essendo misericordioso agli altri, alla tua anima eri misericorde. E, invece di nutrire pensieri d’ozio, coltivare attività da cui trarre onesto utile al tuo corpo e grandi meriti alla tua anima finché Io ti avessi chiamato”. E l’uomo nella notte morì e fu severamente giudicato. In verità vi dico che così capita a chi tesoreggia per sé e non arricchisce agli occhi di Dio.
Ora andate e fate tesoro della dottrina che vi viene data. La pace sia con voi».
E Gesù benedice e si ritira in un folto bosco con gli apostoli e i discepoli per prendere cibo e ristoro. 7Ma, mentre mangiano, Egli ancora parla continuando la lezione di prima, ripetendo un tema già detto agli apostoli più volte e che credo sarà sempre insufficientemente detto, perché l’uomo è troppo preso dalle paure stolte.
«Credete» dice «Che solo di questo arricchimento di virtù occorre preoccuparsi. E badate: non sia mai la vostra una preoccupazione affannosa, inquieta. Il bene è nemico delle inquietudini, delle paure, delle frette che troppo risentono ancora di avarizia, di gelosia, di diffidenza umana. Il vostro lavoro sia costante, fiducioso, pacifico. Senza brusche partenze e bruschi arresti. Così fanno gli onagri selvaggi. Ma nessuno li usa, a meno che sia un matto, per fare del sicuro cammino. Pacifici nelle vittorie, pacifici nelle sconfitte. Anche il pianto per un errore fatto, che vi addolora perché con esso errore avete spiaciuto a Dio, deve essere pacifico, confortato dall’umiltà e dalla fiducia. L’accasciamento, il rancore verso se stesso, è sempre sintomo di superbia e così anche di sfiducia. Se uno è umile sa di essere un povero uomo soggetto alle miserie della carne che talora trionfa. Se uno è umile ha fiducia non tanto in sé quanto in Dio, e sta calmo anche nelle disfatte dicendo: “Perdonami, Padre. Io so che Tu sai la mia debolezza che mi prevale talora. Io credo che Tu mi compatisci. Io ho ferma fiducia che Tu mi aiuterai in avvenire ancor più di prima, nonostante io ti soddisfi così poco”. E non siate né apatici né avari dei beni di Dio. Di quanto avete di sapienza e virtù, date. Siate operosi nello spirito come gli uomini lo sono per le cose della carne.
8E riguardo alla carne non imitate quelli del mondo, che sempre tremano per il loro domani, per la paura che manchi loro il superfluo, che la malattia venga, che venga la morte, che i nemici possano nuocere e così via. Dio sa di che abbisognate. Non temete perciò per il vostro domani. Siate liberi dalle paure più pesanti delle catene dei galeotti. Non vi prendete pena della vostra vita, né per il mangiare, né per il bere, né per il vestire. La vita dello spirito è da più di quella del corpo, e il corpo è da più del vestito, perché col corpo, non con il vestito, voi vivete, e con la mortificazione del corpo aiutate lo spirito a conseguire la vita eterna. Dio sa fino a quando lasciarvi l’anima nel corpo, e fino a quell’ora vi darà ciò che è necessario. Lo dà ai corvi, animali impuri che si pascono di cadaveri e che hanno la loro ragione di esistere appunto in questa funzione di eliminatori di putrefazioni. E non la darà a voi? Essi non hanno dispense e granai, eppure Dio li nutre lo stesso. Voi siete uomini e non corvi. Presentemente, poi, siete il fior degli uomini, perché siete i discepoli del Maestro, gli evangelizzatori del mondo, i servi di Dio. E potete pensare che Iddio che ha cura dei gigli delle convalli e li fa crescere e li veste di veste che più bella non l’ebbe Salomone, senza che loro compiano altro lavoro che profumare, adorando, possa trascurare voi anche nella veste? Voi sì che da soli non potete aggiungere un dente alle bocche sdentate, né allungare di un pollice la gamba rattratta, né dare acutezza alla pupilla annebbiata. E, se non potete fare queste cose, potete pensare di poter respingere da voi miseria e malattia e far spuntare cibo dalla polvere? Non potete. Ma non siate gente di poca fede. Avrete sempre di che vi è necessario. Non vi appenate come le genti del mondo, che si arrabattano per provvedersi di che godere. Voi avete il Padre vostro che sa di che abbisognate. Voi dovete solo cercare - e sia la prima delle vostre cure - il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in più.
9Non temete, voi del mio piccolo gregge. Al Padre mio è piaciuto chiamarvi al Regno perché voi abbiate questo Regno. Potete perciò aspirare ad esso ed aiutare il Padre con la vostra buona volontà e santa operosità. Vendete i vostri beni, fatene elemosina se siete soli. Date ai vostri il viatico del vostro abbandono della casa per seguire Me, perché è giusto non levare il pane ai figli e alle spose. E, se non potete perciò sacrificare le ricchezze di denaro, sacrificate le ricchezze di affetto. Anche queste sono monete che Dio valuta per quello che sono: oro più puro d’ogni altro, perle più preziose di quelle rapite ai mari, e rubini più rari di quelli delle viscere del suolo. Perché rinunciare alla famiglia per Me è carità perfetta più di oro senza atomo impuro, è perla fatta di pianto, e rubino fatto di sangue che geme dalla ferita del cuore, lacerato dal distacco da padre e madre, sposa e figli. Ma queste borse non si logorano, questo tesoro non viene mai meno. I ladri no penetrano in Cielo. Il tarlo non corrode ciò che là è depositato. E abbiate il Cielo nel cuore e il cuore in Cielo presso il vostro tesoro. Perché il cuore, nel buono o nel malvagio, è là dove è ciò che vi sembra vostro caro tesoro. Perciò, come il cuore è là dove è il tesoro (in Cielo), così il tesoro è là dove è il cuore (ossia in voi), anzi il tesoro è nel cuore e col tesoro dei santi è nel cuore il Cielo dei santi.
10Siate sempre pronti come chi è in procinto di viaggio o in attesa del padrone. Voi siete servi del Padrone-Iddio. Ad ogni ora vi può chiamare dove Egli è, o venire dove voi siete. Siate perciò sempre pronti ad andare, o a fargli onore stando a fianchi cinti da cintura di viaggio e di lavoro, e con le lampade accese nelle mani. Uscendo da una festa di nozze con uno che vi abbia preceduto nei Cieli e nella consacrazione a Dio sulla terra, Dio può sovvenirsi di voi che attendete e può dire: “Andiamo da Stefano o da Giovanni, oppure da Giacomo e da Pietro”. E Dio è ratto nel venire o nel dire: “Vieni”. Perciò siate pronti ad aprirgli la porta quando Egli giungerà, o a partire se Egli vi chiama.
Beati quei servi che il Padrone, arrivando, troverà vigilanti. In verità, per ricompensarvi della attesa fedele, Egli si cingerà la veste e, fattili sedere a tavola, si metterà a servirli. Può venire alla prima vigilia, come alla seconda e alla terza. Voi non lo sapete. Siate perciò sempre vigilanti. E beati voi se lo sarete e così vi troverà il Padrone! Non vi lusingate col dire: “C’è tempo! Questa notte Egli non viene”. Ve ne accadrebbe male. Voi non sapete. Se uno sapesse quando il ladro viene, non lascerebbe incustodita la casa perché il malandrino possa forzarne la porta e i forzieri. Anche voi siate preparati, perché quando meno ve lo penserete, verrà il Figlio dell’uomo dicendo “È l’ora”».
11Pietro, che si è persino dimenticato di finire il suo cibo per ascoltare il Signore, vedendo che Gesù tace, chiede: «Questo che dici è per noi o per tutti?».
«È per voi e per tutti. Ma più è per voi, perché voi siete come intendenti preposti dal Padrone a capo dei servi e avete doppio dovere di stare pronti, e per voi come intendenti, e per voi come semplici fedeli. Che deve essere l’intendente preposto dal padrone a capo dei suoi famigli per dare a ciascuno, a suo tempo, la giusta porzione? Deve essere accorto e fedele. Per compiere il suo proprio dovere, per far compiere ai sottoposti il loro proprio dovere. Altrimenti ne soffrirebbero gli interessi del padrone, che paga perché l’intendente faccia in sua vece e ne tuteli gli interessi in sua assenza.
Beato quel servo che il padrone, tornando alla sua casa, trova ad operare con fedeltà, solerzia e giustizia. In verità vi dico che lo farà intendente anche di altre proprietà, di tutte le sue proprietà, riposando e giubilando in cuor suo per la sicurezza che quel servo gli dà. Ma se quel servo dice: “Oh! bene! Il padrone è molto lontano e mi ha scritto che tarderà a tornare. Perciò io posso fare ciò che mi pare e poi, quando penserò prossimo il ritorno, provvederò”. E comincerà a mangiare e a bere fino ad essere ubriaco e a dare ordini da ebbro e, perché i servi buoni, a lui sottoposti, si rifiutano di eseguirli per non danneggiare il padrone, si dà a battere servi e serve fino a farli cadere in malattia e languore. E crede di essere felice, e dice: “Finalmente gusto ciò che è essere padrone e temuto da tutti”. Ma che gli avverrà? Gli avverrà che il padrone giungerà quando meno egli se lo aspetta, magari sorprendendolo nell’atto di intascare denaro o di corrompere qualche servo fra i più deboli. Allora, Io ve lo dico, il padrone lo caccerà dal posto di intendente, e persino dalle file dei suoi servi, perché non è lecito tenere gli infedeli e traditori in mezzo agli onesti.
E tanto più sarà punito quanto più il padrone prima lo aveva amato e istruito. Perché chi più conosce la volontà e il pensiero del padrone più è tenuto a compierlo con esattezza. Se non fa così come il padrone ha detto, ampiamente, come a nessun altro, avrà molte percosse, mentre chi, come servo minore, ben poco sa e sbaglia credendo di far bene, avrà castigo minore. A chi molto fu dato molto sarà chiesto, e dovrà rendere molto chi molto ebbe in custodia, perché sarà chiesto conto ai miei intendenti anche dell’anima del pargolo di un’ora.
12La mia elezione non è fresco riposo in un boschetto fiorito. Io sono venuto a portare fuoco sulla terra; e che posso desiderare se non che si accenda? Perciò mi affatico e voglio vi affatichiate fino alla morte e finché la terra sia tutta un rogo di fuoco celeste. Io devo essere battezzato con un battesimo. E come sarò angustiato finché non sarà compiuto! Non vi chiedete perché? Perché per esso potrò di voi fare dei portatori del Fuoco, degli agitatori che si muoveranno in tutti e contro tutti gli strati sociali, per farne un’unica cosa: il gregge di Cristo.
Credete che Io sia venuto a metter pace sulla terra? E secondo il modo di vedere della terra? No. Ma anzi discordia e separazione. Perché d’ora innanzi, e fintanto che tutta la terra non sarà un unico gregge, di cinque che sono in una casa due saranno contro tre, e sarà il padre contro il figlio, e questo contro il padre, e la madre contro le figlie, e queste contro quella, e le suocere e le nuore avranno un motivo di più per non intendersi, perché un linguaggio nuovo sarà su certe labbra e accadrà come una Babele, perché un sommovimento profondo scuoterà il regno degli affetti umani e soprumani. Ma poi verrà l’ora in cui tutto si unificherà in una lingua nuova, parlata da tutti i salvati dal Nazareno, e si depureranno le acque dei sentimenti, andando sul fondo le scorie e brillando alla superficie le limpide onde dei laghi celesti.
In verità che non è riposo il servirmi, secondo quanto dà, l’uomo, di significato a questa parola. Occorre eroismo e instancabilità. Ma Io ve lo dico: alla fine sarà Gesù, sempre e ancora Gesù, che si cingerà la veste per servirvi, e poi si siederà con voi ad un banchetto eterno e sarà dimenticata fatica e dolore.
13Ora, posto che nessuno più ci ha cercato, andiamo al lago. Riposeremo in Magdala. Nei giardini di Maria di Lazzaro c’è posto per tutti, ed ella ha messo la sua casa a disposizione del Pellegrino e dei suoi amici. Non occorre che vi dica che Maria di Magdala è morta col suo peccato ed è rinata dal suo pentimento Maria di Lazzaro, discepola di Gesù di Nazaret. Voi lo sapete già, perché la notizia è corsa coma fremito di vento in una foresta. Ma Io vi dico ciò che non sapete: che tutti i beni personali di Maria di Lazzaro sono per i servi di Dio e per i poveri di Cristo. Andiamo…».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/