"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 24 febbraio 2019, VII Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 6,27-38.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,
benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.
A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.
Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.
Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.
E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.
E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.
Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;
date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio ».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 3 Capitolo 171 pagina 99 - CD 3, traccia 12
Continua il discorso del Monte.
Il luogo e l'ora sono sempre gli stessi. La gente è ancora più aumentata. In un angolo, presso un sentiero, come volesse udire ma non eccitare ripugnanze fra la folla, è un romano. Lo distinguo per la veste corta e il mantello diverso. Ancora vi sono Stefano ed Erma.
E Gesù va lentamente al suo posto e riprende a parlare.
«Con quanto vi ho detto ieri non dovete giungere al pensiero che Io sia venuto per abolire la Legge. No. Solo, poiché sono l'Uomo e comprendo le debolezze dell'uomo, Io ho voluto rincuorarvi a seguirla col dirigere il vostro occhio spirituale non all'abisso nero, ma all'Abisso luminoso. Perché, se la paura di un castigo può trattenere tre volte su dieci, la certezza di un premio slancia sette volte su dieci. Perciò più che la paura fa la fiducia. Ed Io voglio che voi l'abbiate piena, sicura, per potere fare non sette parti di bene su dieci, ma dieci parti su dieci e conquistare questo premio santissimo del Cielo.
Io non muto un iota della Legge. E chi l'ha data fra i fulmini del Sinai? L'Altissimo.
Chi è l'Altissimo? Il Dio uno e trino.
Da dove l'ha tratta? Dal suo Pensiero.
Come l'ha data? Con la sua Parola.
Perché l'ha data? Per il suo Amore.
Vedete dunque che la Trinità era presente. Ed il Verbo, ubbidiente come sempre al Pensiero e all'Amore, parlò per il Pensiero e per l'Amore.
Potrei smentire Me stesso? Non potrei. Ma posso, poiché tutto Io posso, completare la Legge, farla divinamente completa, non quale la fecero gli uomini che durante i secoli non la fecero completa ma soltanto indecifrabile, inadempibile, sovrapponendo leggi e precetti, e precetti e leggi, tratti dal loro pensiero, secondo il loro utile, e gettando tutta questa macia a lapidare e soffocare, a sotterrare e sterilire la Legge santissima data da Dio. Può una pianta sopravvivere se la sommergono per sempre valanghe, macerie e innondazioni? No. La pianta muore. La Legge è morta in molti cuori, soffocata sotto le valanghe di troppe soprastrutture. Io sono venuto a levarle tutte e, disseppellita la Legge, risuscitata la Legge, ecco che Io la faccio non più legge ma regina.

2 Le regine promulgano le leggi. Le leggi sono opera delle regine, ma non sono da più delle regine. Io invece faccio della Legge la regina: la completo, l'incorono, mettendo sul suo sommo il serto dei consigli evangelici. Prima era l'ordine. Ora è più dell'ordine. Prima era il necessario. Ora è più del necessario. Ora è la perfezione. Chi la disposa, così come Io ve la dono, all'istante è re perché ha raggiunto il "perfetto", perché non è stato soltanto ubbidiente ma eroico, ossia santo, essendo la santità la somma delle virtù portate al vertice più alto che possa esser raggiunto da creatura, eroicamente amate e servite col distacco completo da tutto quanto è appetito e riflessione umana verso qual che sia cosa. Potrei dire che il santo è colui al quale l'amore e il desiderio fanno da ostacolo ad ogni altra vista che Dio non sia. Non distratto da viste inferiori, egli ha le pupille del cuore ferme nello Splendore Ss. che è Dio e nel quale vede, poiché tutto è in Dio, agitarsi i fratelli e tendere le mani supplici. E senza staccare gli occhi da Dio, il santo si effonde ai fratelli supplicanti. Contro la carne, contro le ricchezze, contro le comodità, egli drizza il suo ideale: servire. Povero il santo? Menomato? No. E’ giunto a possedere la sapienza e la ricchezza vere. Possiede perciò tutto. Né sente fatica perché, se è vero che è un produttore continuo, è pur anche vero che è un nutrito di continuo. Perché, se è vero che comprende il dolore del mondo, è anche vero che si pasce della letizia del Cielo. Di Dio si nutre, in Dio si allieta. È la creatura che ha compreso il senso della vita.
Come vedete, Io non muto e non mutilo la Legge, come non la corrompo con le sovrapposizioni di fermentanti teorie umane. Ma la completo. Essa è quello che è, e tale sarà fino all'estremo giorno, senza che se ne muti una parola o se ne levi un precetto. Ma è incoronata del perfetto. Per avere salute basta accettarla così come fu data. Per avere immediata unità con Dio occorre viverla come Io la consiglio. Ma poiché gli eroi sono l'eccezione, Io parlerò per le anime comuni, per la massa delle anime, acciò non si dica che per volere il perfetto rendo ignoto il necessario. Però di quanto dico ritenete bene questo: colui che si permette di violare uno fra i minimi di questi comandamenti sarà tenuto minimo nel Regno dei Cieli. E colui che indurrà altri a violarli sarà ritenuto minimo per lui e per colui che egli indusse alla violazione. Mentre colui che con la vita e le opere, più ancora che con la parola, avrà persuaso altri all'ubbidienza, costui grande sarà nel Regno dei Cieli, e la sua grandezza si aumenterà per ognuno di quelli che egli avrà portato ad ubbidire e a santificarsi così.

3 Io so che ciò che sto per dire sarà agro alla lingua di molti. Ma Io non posso mentire anche se la verità che sto per dire mi farà dei nemici.
In verità vi dico che se la vostra giustizia non si ricreerà, distaccandosi completamente dalla povera e ingiustamente definita giustizia che vi hanno insegnata scribi e farisei; che se non sarete molto più, e veramente, giusti dei farisei e scribi, che credono esserlo con l'aumentare delle formule ma senza mutazione sostanziale degli spiriti, voi non entrerete nel Regno dei Cieli.
Guardatevi dai falsi profeti e dai dottori d'errore. Essi vengono a voi in veste d'agnelli e lupi rapaci sono, vengono in veste di santità e sono derisori di Dio, dicono di amare la verità e si pascono di menzogne. Studiateli prima di seguirli.
L'uomo ha la lingua e con questa parla, ha gli occhi e con questi guarda, ha le mani e con esse accenna. Ma ha un'altra cosa che testimonia con più verità del suo vero essere: ha i suoi atti. E che volete che sia un paio di mani congiunte in preghiera se poi l'uomo è ladro e fornicatore? E che due occhi che volendo fare gli ispirati si stravolgono in ogni senso, se poi, cessata l'ora della commedia, si sanno fissare ben avidi sulla femmina, o sul nemico, per lussuria o per omicidio? E che volete che sia la lingua che sa zufolare la bugiarda canzone delle lodi e sedurvi con i suoi detti melati, mentre poi alle vostre spalle vi calunnia ed è capace di spergiurare pur di farvi passare per gente spregevole? Che è la lingua che fa lunghe orazioni ipocrite e poi veloce uccide la stima del prossimo o seduce la sua buona fede? Schifo è! Schifo sono gli occhi e le mani menzognere.
Ma gli atti dell'uomo, i veri atti, ossia il suo modo di comportarsi in famiglia, nel commercio, verso il prossimo ed i servi, ecco quello che testimoniano: "Costui è un servo del Signore". Perché le azioni sante sono frutto di una vera religione. Un albero buono non dà frutti malvagi e un albero malvagio non dà frutti buoni. Questi pungenti roveti potranno mai darvi uva saporita? E quegli ancora più tribolanti cardi potranno mai maturarvi morbidi fichi? No, che in verità poche e aspre more coglierete dai primi e immangiabili frutti verranno da quei fiori, spinosi già pur essendo ancora fiori. L'uomo che non è giusto potrà incutere rispetto con l'aspetto, ma con quello solo. Anche quel piumoso cardo sembra un fiocco di sottili fili argentei che la rugiada ha decorato di diamanti. Ma se inavvertitamente lo toccate, vedete che fiocco non è, ma mazzo di aculei, penosi all'uomo, nocivi alle pecore, per cui i pastori lo sterpano dai loro pascoli e lo gettano a perire nel fuoco acceso nella notte perché neppure il seme si salvi. Giusta e previdente misura. Io non vi dico: "Uccidete i falsi profeti e gli ipocriti fedeli". Anzi vi dico: "Lasciatene a Dio il compito". Ma vi dico: "Fate attenzione, scostatevene per non intossicarvi dei loro succhi".

4 Come debba essere amato Dio, ieri l'ho detto. Insisto a come debba essere amato il prossimo.
Un tempo era detto: "Amerai il tuo amico e odierai il tuo nemico" No. Non così. Questo è buono per i tempi in cui l'uomo non aveva il conforto del sorriso di Dio. Ma ora vengono i tempi nuovi, quelli in cui Dio tanto ama l'uomo da mandargli il suo Verbo per redimerlo. Ora il Verbo parla. Ed è già Grazia che si effonde. Poi il Verbo consumerà il sacrificio di pace e di redenzione e la Grazia non solo sarà effusa, ma sarà data ad ogni spirito credente nel Cristo. Perciò occorre innalzare l'amore di prossimo a perfezione che unifica l'amico al nemico.
Siete calunniati? Amate e perdonate. Siete percossi? Amate e porgete l'altra guancia a chi vi schiaffeggia pensando che è meglio che l'ira si sfoghi su voi, che la sapete sopportare, anziché su un altro che si vendicherebbe dell'affronto. Siete derubati? Non pensate: "Questo mio prossimo è un avido", ma pensate caritativamente: "Questo mio povero fratello è bisognoso" e dategli anche la tunica se già vi ha levato il mantello. Lo metterete nella impossibilità di fare un doppio furto perché non avrà più bisogno di derubare un altro della tunica.
Voi dite: "Ma potrebbe essere vizio e non bisogno". Ebbene, date ugualmente. Dio ve ne compenserà e l'iniquo ne sconterà. Ma molte volte, e ciò richiama quanto ho detto ieri sulla mansuetudine, vedendosi così trattato, cade dal cuore del peccatore il suo vizio, ed egli si redime giungendo a riparare il furto col rendere la preda.
Siate generosi con coloro che, più onesti, vi chiedono, anziché derubarvi, ciò di cui abbisognano. Se i ricchi fossero realmente poveri di spirito come ho insegnato ieri, non vi sarebbero le penose disuguaglianze sociali, cause di tante sventure umane e sovrumane. Pensate sempre: "Ma se io fossi nel bisogno, che effetto mi farebbe la ripulsa di un aiuto?", e in base alla risposta del vostro io agite. Fate agli altri ciò che vorreste vi fosse fatto e non fate agli altri ciò che non vorreste fatto a voi.
L'antica parola: "Occhio per occhio, dente per dente", che non è nei dieci comandi ma che è stata messa perché l'uomo privo della Grazia è tal belva che non può che comprendere la vendetta, è annullata, questa sì che è annullata, dalla nuova parola: "Ama chi ti odia, prega per chi ti perseguita, giustifica chi ti calunnia, benedici chi ti maledice, benefica chi ti fa danno, sii pacifico col rissoso, condiscendente con chi ti è molesto, soccorri di buon grado chi a te ricorre e non fare usura, non criticare, non giudicare". Voi non sapete gli estremi delle azioni degli uomini. In tutti i generi di soccorso siate generosi, misericordiosi siate. Più darete più vi sarà dato, e una misura colma e premuta sarà versata da Dio in grembo a chi fu generoso. Dio non solo vi darà per quanto avete dato, ma più e più ancora. Cercate di amare e di farvi amare. Le liti costano più di un accomodamento amichevole e la buona grazia è come un miele che a lungo resta col suo sapore sulla lingua.

5 Amate, amate! Amate amici e nemici per essere simili al Padre vostro che fa piovere sui buoni e sui cattivi e fa scendere il sole sui giusti e sugli ingiusti riservandosi di dare sole e rugiade eterne, e fuoco e grandine infernali, quando i buoni saranno scelti, come elette spighe, fra i covoni del raccolto. Non basta amare coloro che vi amano e dai quali sperate un contraccambio. Questo non è un merito, è una gioia, e anche gli uomini naturalmente onesti lo sanno fare. Anche i pubblicani lo fanno e anche i gentili. Ma voi amate a somiglianza di Dio e amate per rispetto a Dio, che è Creatore anche di quelli che vi sono nemici o poco amabili. Io voglio in voi la perfezione dell'amore e perciò vi dico: "Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli.
Tanto è grande il precetto d'amore verso il prossimo, il perfezionamento del precetto d'amore verso il prossimo, che Io più non vi dico come era detto: "Non uccidete", perché colui che uccide sarà condannato dagli uomini. Ma vi dico: "Non vi adirate" perché un più alto giudizio è su voi e calcola anche le azioni immateriali. Chi avrà insultato il fratello sarà condannato dal Sinedrio. Ma chi lo avrà trattato da pazzo, e perciò danneggiato, sarà condannato da Dio. Inutile fare offerte all'altare se prima non si è sacrificato nell'interno del cuore i propri rancori per amore di Dio e non si è compito il rito santissimo del saper perdonare. Perciò se quando stai per offrire a Dio tu ti sovvieni di avere mancato verso il tuo fratello o di avere in te rancore per una sua colpa, lascia la tua offerta davanti all'altare, fa' prima l'immolazione del tuo amor proprio, riconciliandoti col tuo fratello, e poi vieni all'altare, e santo sarà allora, solo allora, il tuo sacrificio. Il buon accordo è sempre il migliore degli affari. Precario è il giudizio dell'uomo, e chi ostinato lo sfida potrebbe perdere la causa e dovere pagare all'avversario fino all'ultima moneta o languire in prigione. Alzate in tutte le cose lo sguardo a Dio. Interrogatevi dicendo: "Ho io il diritto di fare ciò che Dio non fa con me?". Perché Dio non è così inesorabile e ostinato come voi siete. Guai a voi se lo fosse! Non uno si salverebbe. Questa riflessione vi induca a sentimenti miti, umili, pietosi. E allora non vi mancherà da parte di Dio, qui e oltre, la ricompensa.

6 Qui, a Me davanti, è anche uno che mi odia e che non osa dirmi: "Guariscimi", perché sa che Io so i suoi pensieri. Ma Io dico: "Sia fatto ciò che tu vuoi. E come ti cadono le scaglie dagli occhi così ti cadano dal cuore il rancore e le tenebre".
Andate tutti con la mia pace. Domani ancora vi parlerò».
La gente sfolla lentamente, forse in attesa di un grido di miracolo che non viene. Anche gli apostoli e i discepoli più antichi, che restano sul monte, chiedono: «Ma chi era? Non è guarito forse?» e insistono presso il Maestro che è rimasto in piedi, a braccia conserte, a veder scendere la gente.
Ma Gesù sulle prime non risponde; poi dice: «Gli occhi sono guariti. L'anima no. Non può perché è carica di odio».
«Ma chi è? Quel romano forse?».
«No. Un disgraziato».
«Ma perché lo hai guarito, allora? » chiede Pietro.
«Dovrei fulminare tutti i suoi simili?».
«Signore... io so che Tu non vuoi che dica: "sì ", e perciò non lo dico.. - ma lo penso.. - ed è lo stesso...» 
«E’ lo stesso, Simone di Giona. Ma sappi che allora... Oh! quanti cuori pieni di scaglie d'odio intorno a Me! Vieni. Andiamo proprio là in cima, a guardare dall'alto il nostro bel mare di Galilea. Io e te soli».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 17 febbraio 2019, VI Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 6,17.20-26.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete gia la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 3 Capitolo 166 pagina 39 - CD 3, traccia 7
Gesù, scendendo a mezza costa, trova molti discepoli e molti altri ancora che si sono uniti piano piano ai discepoli, portati qui, in questo luogo fuori via, dal bisogno del miracolo, dal desiderio della parola di Gesù, venuti sicuri per indicazioni di gente o per istinto d’anima. Io penso che gli angeli degli uomini guidassero gli stessi, desiderosi di Dio, al Figlio di Dio. Né credo di fare con ciò della leggenda. Se si pensa con quale pronta e astuta costanza Satana portava i nemici a Dio e al suo Verbo, nei momenti in cui lo spirito demonico poteva fare apparire agli uomini una parvenza di colpa nel Cristo, è lecito poter pensare, più che lecito è giusto, che anche gli angeli non fossero inferiori ai demoni e portassero gli spiriti non demonici al Cristo.
E Gesù, a tutti questi che lo hanno atteso senza stanchezze e timori, si prodiga in soccorsi di miracoli e in soccorsi di parola. Quanti miracoli! Una fioritura pari a quella che decora le balze del monte: grandi come è quello di un fanciullo, estratto ustionato atrocemente da un pagliaio in fiamme, portato qui su una barella, mucchio di carne arsa che mugola lamentosamente sotto al lino di cui lo hanno ricoperto tanto è atroce il suo aspetto arso, morente ormai, e che Gesù risana alitandogli sopra e risarcendo le bruciature che si annullano completamente, tanto che il fanciullo sorge nudo affatto, e corre felice verso la mamma che ne carezza piangendo di gioia le carni tutte guarite, senza tracce di fuoco, ne bacia gli occhi che si pensavano arsi e invece sono vivi e scintillanti di gioia, i capelli che sono appena corti, ma non distrutti, quasi la vampa avesse fatto da rasoio e non da distruzione; fino al piccolo miracolo di un vecchietto tossicoloso che dice: “Non per me, ma perché devo fare da padre ai nipotini orfani e non posso lavorare il suolo con questo umore fermo qui, in gola, e che mi affoga”…
E poi il miracolo non visibile, ma certo esistente, che provocano le parole di Gesù: “Fra voi è uno che piange con l’anima e non osa dire con la parola: “Abbi pietà!”. Io rispondo: “Sia come tu chiedi. Tutta la pietà. Perché tu sappia che Io sono la Misericordia”. Solo, a mia volta, ti dico: “Abbi generosità”. Sii generoso con Dio. Strappa ogni legame col passato. Dio lo senti e a Lui che senti vieni allora con libero cuore, con totale amore”. Chi sia, fra la folla, colui o colei al quale vanno queste parole, non so.
Gesù dice ancora: “Questi sono i miei apostoli. Altrettanti Cristi sono, perché Io tali li ho eletti. Rivolgetevi ad essi con fiducia. Essi sanno da Me tutto quanto vi abbisogna per le anime vostre…”. Gli apostoli guardano Gesù perfettamente spaventati. Ma Egli sorride e prosegue: “…e daranno alle vostre anime luce di stella e ristoro di rugiada tanto da impedirvi di languire nelle tenebre. E poi Io verrò e vi darò pienezza di sole e di onde, tutta la sapienza per farvi forti e felici di soprannaturale fortezza e gioia. La pace a voi, figli. Sono atteso da altri, più infelici e poveri di voi. Ma soli non vi lascio. Vi lascio i miei apostoli, ed è come lasciassi i figli del mio amore affidati alle cure delle più amorose e fidate delle nutrici”.
Gesù fa un gesto di addio e di benedizione e si avvia, fendendo la folla che non lo vuole lasciare partire; ed è allora che si ha l’ultimo miracolo, quello di una vecchierella semiparalizzata, condotta qui dal nipote e che agita festosa il braccio destro prima inerte e grida: “Egli mi ha sfiorata col suo manto, nel passare, e sono guarita! Neppure lo chiedevo, perché vecchia sono… Ma Egli ha avuto pietà anche del mio desiderio segreto. E col manto, un lembo di esso che mi ha sfiorato il braccio perduto, mi ha guarita! Oh! che grande Figlio ha avuto il santo Davide nostro! Gloria al suo Messia! Ma guardate! Ma guardate! Anche la gamba è spedita come il braccio… Oh! come a vent’anni sono!”.
Il convergere di molti verso la vecchietta, che strilla con tutto il suo fiato la sua felicità, fa sì che Gesù possa svignarsela senza essere più oltre impedito. E gli apostoli dietro.
Quando sono in un luogo deserto, quasi al piano, fra una
folta brughiera che va verso il lago, si fermano un momento. Gesù per dire: “Vi benedico! Tornate al vostro lavoro e fatelo finché Io verrò come ho detto”.
Pietro, fino ad allora sempre zitto, prorompe: “Ma, Signor mio, che hai fatto? Perché dire che noi abbiamo tutto quanto abbisogna alle anime? È vero! Tu ci hai detto molto. Ma noi siamo zucconi, io almeno, e… e di quello che mi hai dato me ne è rimasto poco, molto poco mi è rimasto. È come uno che, di un pasto, ha ancora nello stomaco il più greve. Il resto non c’è più”.
Gesù sorride apertamente: “E dove è allora il resto del cibo?”.
“Ma… non so. So che, se io mangio piattini delicati, dopo un’ora non mi sento più niente nello stomaco. Mentre se mangio radici pesanti o lenticchie con l’olio, eh! ci vuole a mandarle giù!”.
“Ci vuole. Ma credi che radici e lenticchie, che sembra ti empiano di più, sono quelle che meno ti lasciano di sostanza: tutta scoria che passa con poco utile. Mentre i piattini che in un’ora non ti senti più, sono non nello stomaco dopo un’ora, ma nel tuo stesso sangue. Quando un cibo è digerito non è più nello stomaco, ma il suo succo è nel sangue e giova di più. Ora a te e ai tuoi compagni vi pare che di quanto vi ho detto più nulla o ben poco sia in voi. Forse vi ricordate bene le parti che più sono consone alla vostra particolare natura: i violenti le parti violente, i meditativi le parti meditative, gli amorosi le parti tutto amore. Senza forse è così. Ma credete: tutto è in voi. Anche se vi pare che sia dileguato. Lo avete assorbito. Il pensiero vi si dipanerà come un filo multicolore portandovi le tinte dolci o severe a seconda che ne avete bisogno. Non abbiate paura. Pensate pure che Io so e che mai vi manderei se vi sapessi incapaci di fare. Addio, Pietro. Su! Sorridi! Abbi fede! Un bell’atto di fede nella Sapienza onnipresente. Addio a tutti. Il Signore resta con voi”. E rapido li lascia, ancora stupiti e agitati di quanto hanno udito dire di dover fare.
“Eppure bisogna ubbidire”, dice Tommaso.
“Eh!… già!… Oh! povero me! Quasi gli corro dietro…”, mormora Pietro.
“No. Non lo fare. L’ubbidienza è amore a Lui”, dice Giacomo di Alfeo.
“E cominciare mentre ancora Egli ci è presso, e può consigliarci se sbagliamo, è elementare e anche santa prudenza. Aiutarlo dobbiamo”, consiglia lo Zelote.
“È vero. Gesù è piuttosto affaticato. Bisogna sollevarlo un poco, come possiamo. Non basta portare le sacche, preparare i letti e il cibo. Questo chiunque lo può fare. Ma aiutarlo, come Egli vuole, nella sua missione”, conferma Bartolomeo.
“Tu dici bene perché sei dotto. Ma io… Quasi ignorante sono io…”, geme Giacomo di Zebedeo.
“O Dio! Ecco che arrivano quelli che erano lassù! Come facciamo?”, esclama Andrea.
E Matteo: “Scusate se io, il più miserabile, consiglio. Ma non sarebbe meglio pregare il Signore, invece di stare qui a lamentarsi su ciò che coi lamenti non si ripara? Su, Giuda, tu che sai tanto bene la Scrittura, di’ per tutti la preghiera di Salomone per ottenere la sapienza. Presto! Prima che ci raggiungano”.
E il Taddeo con la sua bella voce baritonale inizia: “Dio dei miei padri, Signore di misericordia che tutto hai creato…” ecc… ecc…, fino al punto: “… per la sapienza furono salvati tutti quelli che a Te, Signore, piacquero fin dal principio”.
Appena in tempo prima che la gente li raggiunga, li attorni, li assalga con mille domande sul dove è andato il Maestro, sul quando tornerà, e, più difficile ad essere accontentata, con la richiesta: “Ma come si fa a seguire il Maestro non con le gambe, ma con l’anima, per le vie della Via che Egli indica?”.
A questa domanda gli apostoli restano imbarazzati. Si guardano fra di loro e l’Iscariota risponde: “Col seguire la perfezione”, quasi fosse una risposta che possa spiegare tutto!…
Giacomo di Alfeo, più umile e più pacato, pensa e poi dice: “La perfezione a cui accenna il mio compagno si raggiunge ubbidendo alla Legge. Perché la Legge è giustizia e la giustizia è perfezione”.
Ma la gente ancora non è contenta e chiede per bocca di uno che pare un capo: “Ma noi siamo piccoli come fanciulli nel Bene. I fanciulli non sanno ancora il significato del Bene e del Male, non distinguono. E noi, in questa Via che Egli indica, siamo così informi da essere incapaci di distinguere. Avevamo una via nota. Quella antica che ci è stata insegnata nelle scuole. Così difficile, lunga, paurosa! Ora, dalle sue parole, sentiamo che è come quell’acquedotto che vediamo di qui. Sotto c’è la via delle bestie e dell’uomo; sopra, sugli archi leggeri, alta nel sole e nell’azzurro, presso ai rami più alti che frusciano e cantano per il vento e gli uccelli, vi è un’altra via, liscia, pulita, luminosa quanto quella inferiore è scabra, sporca, oscura, una via, per l’acqua che è limpida e sonante, che è benedizione, per l’acqua che viene da Dio e che è accarezzata da ciò che è di Dio: raggi di sole e di stelle, fronde novelle, fiori, ali di rondine. Noi vorremmo salire a quella via più alta, e che è la sua, e non sappiamo, perché siamo confitti qui, in basso, sotto il peso di tutta la costruzione antica. Come facciamo?”.
Colui che ha parlato è un giovane sui venticinque anni, bruno, robusto, dallo sguardo intelligente e l’aspetto meno popolano della maggioranza dei presenti. Si appoggia ad un altro più maturo.
L’Iscariota, che alto come è lo vede, sussurra ai compagni: “Presto, parlate bene. Vi è Erma con Stefano, Stefano, amato da Gamaliele!”. Cosa che finisce di imbarazzare del tutto gli apostoli.
Infine lo Zelote risponde:
“L’arco non sarebbe se non ci fosse la base nella via oscura. Questa è la matrice di quello, che da essa si lancia e sale nell’azzurro di cui tu sei voglioso. Le pietre confitte nel suolo, e che sorreggono il peso senza godere dei raggi e dei voli, non ignorano però che essi ci sono, perché talora una rondine cala con uno strido fino al fango e carezza la base dell’arco, e scende un raggio di sole o di stella a dire quanto è bello il firmamento. Così nei secoli passati è scesa, di tempo in tempo, una parola celeste di promessa, un raggio celeste di sapienza, per carezzare le pietre oppresse dal corruccio divino. Perché le pietre erano necessarie. Non sono, non furono e non saranno mai inutili. Su esse si è elevato lentamente il tempo e la perfezione del conoscere umano fino a raggiungere la libertà del tempo presente e la sapienza del conoscere sovrumano.
Già leggo la tua obbiezione, ti è scritta in volto. È quella che tutti abbiamo avuto, prima di saper comprendere che questa è la Nuova Dottrina, la Buona Novella predicata a coloro che per un processo a ritroso non sono divenuti adulti con l’elevarsi delle pietre del sapere, ma si sono sempre più oscurati come muro che sprofonda in un abisso cieco.
Noi, per uscire da questa malattia di oscuramento soprannaturale, dobbiamo liberare coraggiosamente la pietra fondamentale da tutte le pietre sovrapposte. Non abbiate tema di demolire quello che è un alto muro ma che non porta la linfa pura della sorgente eterna. Tornate alla base. Quella non va mutata. È da Dio. Ed immobile è. Ma prima di scartare le pietre, perché non tutte sono malvagie e inutili, provatele una ad una, al suono della parola di Dio. Se le sentite non discordi, ritenetele, riusatele per ricostruire. Ma se in esse sentite il suono discorde della voce umana o quello lacerante della voce satanica — e non vi potete sbagliare perché se è voce di Dio è suono d’amore, se è voce umana è suono di senso, se voce satanica è voce d’odio — allora frantumate le pietre malvagie. Dico: frantumate, perché è carità non lasciare indietro germi od oggetti di male che possano sedurre il viandante ed indurlo ad usarle per suo danno. Frantumate letteralmente ogni cosa non buona che fu vostra in opere, scritti, insegnamenti o atti. Meglio restare con poco, elevarsi appena di un cubito ma con buone pietre, che per dei metri ma con pietre malvagie. I raggi e le rondini scendono anche sulle muricce appena elevate dal suolo, e i fioretti umili della proda con facilità giungono ad accarezzare le pietre basse. Mentre le superbe pietre che vogliono elevarsi inutili e scabre non hanno che schiaffi di rovi e abbracci di tossici. Demolite per ricostruire e per salire provando la bontà delle vostre antiche pietre alla voce di Dio”.
“Bene parli, uomo. Ma salire! Come? Ti abbiamo detto che meno di pargoli siamo. Chi ci fa salire sull’erta colonna? Proveremo le pietre al suono di Dio, frantumeremo le meno buone. Ma come salire? È vertigine solo a pensarlo!”, dice Stefano.
Giovanni, che ha ascoltato a capo chino sorridendo a se stesso, alza un volto luminoso e prende la parola.
“Fratelli! Vertigine è pensare di salire. È vero. Ma chi vi dice che è necessario attaccare l’altezza direttamente? Questo non i pargoli, ma neppure gli adulti lo possono fare. Solo gli angeli possono lanciarsi negli azzurri, perché hanno libertà da ogni peso di materia. E negli uomini solo gli eroi della santità lo possono fare.
Abbiamo un vivente che tuttora, in questo mondo avvilito, sa essere eroe di santità come gli antichi di cui si infiora Israele, quando i Patriarchi erano amici di Dio e la parola del Codice eterno era la sola, ma la ubbidita da ogni retta creatura. Giovanni, il Precursore, insegna come si attacca l’altezza direttamente. È un uomo, Giovanni. Ma la Grazia che il Fuoco di Dio gli ha comunicata, mondandolo dal ventre della madre, così come fu mondato dal serafino il labbro del Profeta, perché potesse precedere il Messia senza lasciare fetore di colpa d’origine sulla via regale del Cristo, ha dato a Giovanni ali di angelo e la penitenza le ha fatte crescere, abolendo insieme quel peso di umanità che la sua natura di nato di donna aveva conservato. Onde Giovanni, dal suo speco dove predica penitenza, e dal suo corpo dove arde lo spirito sposato alla Grazia, lancia, può lanciare se stesso al sommo dell’arco oltre il quale è Dio, l’altissimo Signore Iddio nostro, e può, dominando i secoli passati, il giorno presente, il tempo futuro, annunciare, con voce di profeta, con occhio d’aquila che può fissare il Sole eterno e riconoscerlo: “Ecco l’Agnello di Dio. Colui che leva i peccati del mondo”, e morire dopo questo suo canto sublime, che sarà usato non solo nel tempo limitato ma nel tempo senza fine, nella Gerusalemme per sempre eterna e beata, per acclamare la Seconda Persona, per invocarla sulle miserie umane, per osannarla nei fulgori eterni.
Ma l’Agnello di Dio, il dolcissimo Agnello che ha lasciato la sua luminosa dimora dei Cieli nei quali è Fuoco di Dio in abbraccio di fuoco — oh! eterna generazione del Padre che concepisce col Pensiero illimitato e santissimo il suo Verbo, e se lo assorbe producendo una fusione d’amore che crea lo Spirito di Amore in cui si accentra la Potenza e la Sapienza! — ma l’Agnello di Dio che ha lasciato la sua purissima, incorporea forma, per chiudere la sua purezza infinita, la sua santità, la sua natura divina in carne mortale, sa che noi non siamo i mondati dalla Grazia, ancora non lo siamo, e sa che non potremmo, come l’aquila che è Giovanni, lanciarci nelle altezze, sul culmine dove è Dio Uno e Trino. Noi siamo i piccoli passeri del tetto e della via, siamo le rondini che toccano l’azzurro ma si cibano di insetti, siamo le calandre che vogliono cantare per imitare gli angeli ma rispetto al cui canto il nostro è fremito discorde di cicala estiva. Questo, il dolce Agnello di Dio, venuto per levare i peccati del mondo, lo sa. Perché, se non è più lo Spirito infinito dei Cieli, avendo costretto Se stesso in carne mortale, la sua infinità non è menomata per questo, e tutto sa essendo sempre infinita la sua sapienza.
Ed ecco allora che ci insegna la sua via. La via dell’amore. Egli è l’Amore che per misericordia di noi si fa carne. Ecco allora che questo Amore misericordioso ci crea la via che anche i piccoli possono salire. Ed Egli, non per bisogno proprio, ma per insegnarcela, la percorre per primo. Egli neppure avrebbe bisogno di aprire le ali per rifondersi col Padre. Il suo spirito, io ve lo giuro, è chiuso qui, sulla misera Terra, ma è sempre col Padre, perché tutto può Dio, e Dio Egli è. Ma va avanti, lasciando dietro di Sé gli aromi della sua santità, l’oro e il fuoco del suo amore. Osservate la sua via. Oh! ben giunge all’arco sommo! Ma come è placida e sicura! Non è una retta: è una spirale. Più lunga, e il suo sacrificio di amore misericordioso si svela in questa lunghezza su cui Egli trattiene Se stesso per amore di noi deboli. Più lunga, ma più adatta alla nostra miseria. La salita all’Amore, a Dio, è semplice come è semplice l’Amore. Ma è profonda perché Dio è un abisso che direi irraggiungibile se Egli non si abbassasse per farsi raggiungere, per sentirsi baciare dalle anime di Lui innamorate (Giovanni parla e piange sorridendo con la bocca, nell’estasi del suo svelare Dio). È lunga la semplice via dell’Amore, perché l’Abisso che è Dio non ha fondo, e tanto uno potrebbe salire quanto volesse. Ma l’Abisso mirabile chiama il nostro abisso miserabile. Chiama con le sue luci e dice: “Venite a Me!”. Oh! Invito di Dio! Invito di Padre!
Udite! Udite! Dai Cieli lasciati aperti, perché il Cristo ne ha spalancato le porte — mettendo a tenerle tali gli angeli della Misericordia e del Perdono, perché in attesa della Grazia sugli uomini ne fluissero almeno luci, profumi, canti e sereni, atti a sedurre santamente i cuori umani — vengono incontro a noi parole soavissime. È la voce di Dio che parla. E la voce dice: “La vostra puerizia? Ma è la vostra moneta migliore! Vorrei che tutt’affatto piccoli diveniste per avere in voi l’umiltà, la sincerità e l’amore dei pargoli, il confidente amore dei pargoli verso il padre. La vostra incapacità? Ma è la mia gloria! Oh! venite. Neppure vi chiedo che voi da voi stessi proviate il suono delle pietre buone e cattive. Ma datele a Me! Io le sceglierò e voi vi ricostruirete. La scalata alla perfezione? Oh! no, piccoli figli miei. Qui la mano nella mano del Figlio mio, fratello vostro, ora e così, al suo fianco ascendete…”.
Ascendere! Venire a Te, eterno Amore! Prendere la tua somiglianza, ossia l’Amore! Amare! Ecco il segreto!… Amare! Darsi… Amare! Abolirsi… Amare! Fondersi… La carne? Un nulla. Il dolore? Un nulla. Il tempo? Un nulla. Il peccato stesso diviene nulla se io lo sciolgo nel tuo fuoco, o Dio! L’Amore solo è. L’Amore! L’Amore, che ci ha dato l’incarnato Iddio, ci darà ogni perdono. E amare è atto che nessuno sa meglio dei pargoli fare. E nessuno è amato più di un pargolo.
O tu che non conosco, ma che vuoi conoscere il Bene per distinguerlo dal Male, per avere l’azzurro, il sole celeste, tutto quanto è letizia soprannaturale, ama e l’avrai. Ama Cristo. Morirai nella vita, ma risusciterai nello spirito. Con uno spirito nuovo, senza più avere bisogno di usare le pietre, sarai per l’eternità un fuoco che non muore. La fiamma sale. Non abbisogna di scalini né di ali per salire. Libera il tuo io da ogni costruzione, poni in te l’Amore. Fiammeggerai. Lascia che ciò avvenga senza restrizioni. Aizza anzi la fiamma gettandovi ad alimentarla tutto il tuo passato di passioni, di sapere. Si distruggerà nella fiamma il men buono, e ciò che già è metallo nobile si farà puro. Gettati, o fratello, nell’amore attivo e gaudente della Trinità. Comprenderai ciò che ora ti pare incomprensibile, perché comprenderai Dio, il Comprensibile solo da quelli che si dànno senza misura al suo fuoco sacrificatore. Ti fisserai in ultimo in Dio in un abbraccio di fiamma, pregando per me, il pargolo di Cristo, che ha osato parlarti dell’Amore”.
Sono tutti di stucco: apostoli, discepoli, fedeli… L’interpellato è pallido, mentre Giovanni è di porpora non tanto per la fatica quanto per l’amore.
Infine Stefano ha un grido: “Te benedetto! Ma dimmi, chi sei?”.
E Giovanni — ed ha un atto che mi ricorda molto la Vergine nell’atto dell’Annunciazione — dice piano, curvandosi come adorando Colui che nomina: “Sono Giovanni. Tu vedi in me il minimo fra i servi del Signore”.
“Ma chi il tuo maestro prima d’ora?”.
“Alcuno che Dio non sia, poiché ho avuto il latte spirituale da Giovanni il presantificato di Dio, mangio il pane di Cristo Verbo di Dio, e bevo il fuoco di Dio che mi viene dai Cieli. Sia gloria al Signore!”.
“Ah! ma io non vi lascio più! Né te né costui, nessuno lascio. Prendetemi!”.
“Quando… Oh! ma qui è Pietro, il capo fra noi”, e Giovanni prende lo sbalordito Pietro e lo proclama così “il primo”.
E Pietro ritrova se stesso: “Figlio, a grande missione occorre severa riflessione. Questo è l’angelo di noi e accende. Ma occorre sapere se la fiamma in noi potrà durare. Misura te stesso. E poi vieni al Signore. Noi ti apriremo il cuore come a fratello carissimo. Per intanto, se vuoi conoscere meglio la nostra vita, resta. Le greggi del Cristo possono crescere a dismisura per essere scelti, fra i perfetti e gli imperfetti, i veri agnelli dai falsi montoni”.
E con questo ha fine la prima manifestazione apostolica.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 10 febbraio 2019, V Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 5,1-11.
In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret
e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.
Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca».
Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore».
Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto;
così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 65 pagina 397 - CD 1, traccia 65
E riprende sulle parole di Gesù:
«Quando a primavera tutto fiorisce, l’uomo del campo dice, contento: “Avrò molto frutto”. E giu­bila in cuor suo per questa speranza. Ma dalla primavera all’autunno, dal mese dei fiori a quello delle frutta, quanti giorni, quanti venti, e piogge, e sole, e burrasche hanno da passare, e talora guerra o crudeltà di potenti, e malattie delle piante, e talora malattia dell’uomo del campo, per cui — non più scalzate e rincalzate, irrigate, potate, sorrette, pulite — le piante, promettenti gran frutto, intristi­scono e muoiono o totalmente o nel loro raccolto!
Voi mi seguite. Voi mi amate. Voi, come piante a primavera, vi ornate di propositi e di amore. Ve­ramente Israele in quest’alba del mio apostolato è come le nostre dolci campagne nel luminoso mese di nisam. Ma udite. Come arsione di siccità, verrà Satana a bruciarvi col suo alito che mi invidia. Ver­rà il mondo col suo vento gelato a ghiacciare il vostro fiorire. Verranno le passioni come burrasche. Verrà il tedio come pioggia ostinata. Tutti i nemici miei e vostri verranno per isterilire ciò che dovreb­be venire da questa santa vostra tendenza a fiorire in Dio. Io ve ne avverto, perché so.
Ma tutto allor sarà perso, quando Io, come agricoltore malato — più che malato, morto — più non potrò dare a voi parole e miracoli? No. Io semino e coltivo sinché è il mio tempo. Poi su voi crescerà e maturerà, se voi farete buona guardia.
Guardate quel fico della casa di Simone di Giona. Chi lo piantò non trovò il punto giusto e propi­zio. Messo a dimora presso l’umido muro di settentrione, sarebbe morto se da sé stesso non avesse voluto tutelarsi per vivere. Ed ha cercato sole e luce. Eccolo là, tutto piegato, ma forte e fiero, che beve dall’aurora il sole, e se ne fa succo per i suoi cento e cento e cento dolci frutti. Si è difeso da sé. Ha detto: “Il Creatore m’ha voluto per dar gioia e cibo all’uomo. Io voglio che il suo volere abbia a compagno il mio!”. Un fico! Una pianta senza parola! Senza anima! E voi, figli di Dio, figli dell’uo­mo, sarete da meno della legnosa pianta?
Fate buona guardia per dar frutti di vita eterna. Io vi coltivo, e per ultimo vi darò un succo che più potente non ne esiste. Non fate, non fate che Satana rida sulle rovine del mio lavoro, del mio sacri­ficio e della vostra anima. Cercate la luce. Cercate il sole. Cercate la forza. Cercate la vita. Io sono Vita, Forza, Sole, Luce di chi mi ama. Qui sono per portare voi là da dove Io sono venuto. Qui parlo per chiamarvi tutti e additarvi la Legge dai dieci comandi che dànno la vita eterna. E con consiglio d’amore vi dico: “Amate Dio e il prossimo”. Condizione prima per compiere tutto ogni altro bene. Il più santo dei dieci comandi santi. Amate. Coloro che ameranno, in Dio, Dio e prossimo, e per il Si­gnore Iddio, avranno in Terra e in Cielo la pace per loro tenda e per loro corona».
La gente si allontana a fatica dopo la benedizione di Gesù. Non ci sono malati né poveri.
Gesù dice a Simone: «Chiama anche gli altri due. Andiamo sul lago a gettare la rete».
«Maestro, ho le braccia rotte dall’aver gettato e rialzato la rete per tutta la notte, e per nulla. Il pesce è nel profondo e chissà dove».
«Fa’ quel che ti dico, Pietro. Ascolta sempre chi ti ama».
«Farò quel che Tu dici, per rispetto alla tua parola», e chiama forte i garzoni e anche Giacomo e Giovanni. «Usciamo alla pesca. Il Maestro lo vuole». E mentre si allontanano dice a Gesù: «Però, Maestro, ti assicuro che non è ora propizia. A quest’ora i pesci chissà dove sono a riposo!…».
Gesù, seduto a prora, sorride e tace.
Fanno un arco di cerchio sul lago e poi gettano la rete. Pochi minuti di attesa e poi la barca riceve scosse strane, dato che il lago è liscio come di vetro fuso sotto il sole ormai alto.
«Ma questo è pesce, Maestro!», dice Pietro ad occhi spalancati.
Gesù sorride e tace.
«Issa! Issa!», ordina Pietro ai garzoni. Ma la barca piega di bordo dal lato della rete. «Ohè! Giaco­mo! Giovanni! Presto! Venite! Coi remi! Presto!».
Quelli corrono e gli sforzi delle due ciurme riescono ad issare la rete senza sciupare la preda.
Le barche accostano. Sono proprio unite. Un cesto, due, cinque, dieci. Sono tutti pieni di preda stupenda, e ce ne sono ancor tanti di pesci guizzanti nella rete: argento e bronzo vivo che si muove per sfuggire alla morte. Allora non c’è che un rimedio: rovesciare il resto nel fondo delle barche. Lo fanno, e il fondo è tutto un agitarsi di vite in agonia. La ciurma è dentro a questa dovizia sino a oltre il malleolo, e le barche affondano oltre la linea di immersione per il peso eccessivo.
«A terra! Vira! Forza! Di vela! Attenti al fondale! Pertiche pronte per riparare l’urto! È troppo il pe­so!».
Finché dura la manovra, Pietro non riflette. Ma giunti a terra lo fa. Capisce. Ne ha sgomento. «Maestro Signore! Allontanati da me! Io sono uomo peccatore. Non son degno di starti presso!». È in ginocchio sul greto umido.
Gesù lo guarda e sorride. «Alzati! Seguimi! Più non ti lascio! D’ora in poi tu sarai pescatore d’uo­mini, e con te questi tuoi compagni. Non temete più nulla. Io vi chiamo. Venite!».
«Subito, Signore. Voi occupatevi delle barche. Portate tutto a Zebedeo e a mio cognato. Andiamo. Tutti per Te, Gesù! Sia benedetto l’Eterno per questa elezione».
E la visione ha termine.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 3 febbraio 2019, IV Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 4,21-30.
Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?».
Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!».
Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria.
Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;
ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.
C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;
si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.
Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 2 Capitolo 106 pagina 180 - CD 2, traccia 28
Vedo uno stanzone quadrato. Dico stanzone, per quanto capisca che è la sinagoga di Nazareth (come mi dice il mio interno ammonitore) perché non c’è altro che le pareti nude tinte di giallino e una specie di cattedra da una parte. Vi è anche un alto leggio con sopra dei rotoli. Leggio, scansia, dica come crede. E', insomma, una specie di tavola inclinata, sorretta su un piede e sulla quale sono allineati dei rotoli.
Vi è della gente che prega, non come preghiamo noi, ma volti tutti da un lato con le mani non congiunte, ma come su per giù sta un sacerdote all’altare.
Vi sono delle lampade messe così:
sopra alla cattedra e al leggio.
Non vedo lo scopo di questa veduta
che non si cambia e che mi resta fissa così per del tempo. Ma Gesù mi dice di scriverla e lo faccio. [...].
Mi trovo nella sinagoga di Nazareth, da capo. Ora il rabbino legge. Sento la cantilena della voce nasale, ma non capisco le parole dette in una lingua a me ignota.
Fra la gente vi è anche Gesù coi cugini apostoli e con altri che sono certo parenti essi pure, ma che non conosco.
Dopo la lettura, il rabbino volge lo sguardo alla folla in muta domanda.
Gesù si fa avanti e chiede di tenere Lui l’adunanza, oggi.
Odo la sua bella voce leggere il passo di Isaia citato dal Vangelo: ‘Lo Spirito del Signore è sopra di Me...’ E odo il commento che Egli ne fa, dicendosi “il portatore della Buona Novella, della legge d’amore che sostituisce il rigore di prima con la misericordia, per cui tutti coloro che la colpa d’Adamo fa malati nello spirito, e nella carne per riflesso, perché il peccato sempre suscita vizio, e il vizio malattia anche fisica, otterranno la salute. Per cui tutti coloro che sono prigionieri dello Spirito del male avranno liberazione. Io sono venuto a rompere queste catene, a riaprire la via dei Cieli, a dar luce alle anime acciecate e udito alle anime sorde. E’ venuto il tempo della Grazia del Signore. Ella è fra voi, Ella è questa che vi parla. I Patriarchi hanno desiderato vedere questo giorno, di cui la voce dell’Altissimo ha proclamato l’esistenza ed i Profeti hanno predetto il tempo. E già, portata a loro da ministero soprannaturale, conoscono che l’alba di questo giorno s’è levata, e il loro ingresso nel Paradiso è ormai vicino e ne esultano coi loro spiriti, santi a i quali non manca che la mia benedizione per essere cittadini dei Cieli. Voi lo vedete. Venite alla Luce che è sorta. Spogliatevi delle vostre passioni per essere agili a seguire il Cristo. Abbiate la buona volontà di credere, di migliorare, di volere la salute, e la salute vi sarà data. Essa è in mia mano. Ma non la do a chi non ha buona volontà di averla. Perché sarebbe offesa alla Grazia darla a chi vuol continuare a servire Mammona.”
Il mormorio si leva per la sinagoga.
Gesù gira lo sguardo. Legge sui volti e nei cuori e prosegue: “Comprendo il vostro pensiero. Voi, poiché sono di Nazareth, vorreste un favore di privilegio. Ma questo per il vostro egoismo, non per potenza di fede. Onde Io vi dico che in verità nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Altri paesi mi hanno accolto e mi accoglieranno con maggior fede, anche quelli il cui nome è scandalo fra di voi. Là Io mieterò i miei seguaci, mentre in questa terra nulla potrò fare, perché m’è chiusa e ostile. Ma vi ricordo di Elia e di Eliseo. Il primo trovò fede in una donna fenicia e il secondo in un siro. E a quella e a questo poterono operare il miracolo. I morenti di fame d’Israele ed i lebbrosi d’Israele non ebbero pane e mondezza, perché il loro cuore non aveva la buona volontà come perla fine che il Profeta vedeva. Questo succederà a voi pure, che siete ostili e increduli alla parola di Dio.”
La folla tumultua e impreca e tenta mettere le mani addosso a Gesù. Ma gli apostoli-cugini - Giuda, Giacomo e Simone - lo difendono, ed allora gli infuriati nazareni cacciano fuori dalla città Gesù. Lo inseguono con minacce, non solamente verbali, sino al ciglio del monte. Ma Gesù si volge e li immobilizza col suo sguardo magnetico, e passa incolume in mezzo a loro, scomparendo su per un sentiero del monte.

Vedo una piccola, piccolissima borgata. Un pugno di case. Una frazione, diremmo noi ora. E’ più alta di Nazareth, che si vede più sotto, e dista dalla stessa pochi chilometri. Una borgatella misera misera.
Gesù parla con Maria stando seduto su un muretto presso una casuccia. Forse è una casa amica, o per lo meno ospitale secondo le leggi dell’ospitalità orientale. E Gesù ci si è rifugiato dopo essere stato scacciato da Nazareth, per attendere gli apostoli che certo si erano sparsi nella zona mentre Egli era presso la Madre.
Con Lui non ci sono che i tre apostoli-cugini, i quali, in questo momento, sono raccolti nell’interno della cucina e parlano con una donna anziana che Taddeo chiama ‘madre’. Perciò capisco che è Maria di Cleofa. E’ una donna piuttosto anziana e la riconosco per quella che era con Maria Santissima alle nozze di Cana. Certo Maria di Cleofa e i figli si sono ritirati là per lasciare liberi Gesù e la Madre di parlare.
Maria è afflitta. Ha saputo del fatto della sinagoga ed è addolorata. Gesù la consola. Maria supplica il Figlio di stare lontano da Nazareth, dove tutti sono maldisposti verso di Lui, anche gli altri parenti, che lo giudicano un pazzo desideroso di suscitare rancori e dispute. Ma Gesù fa un gesto sorridendo. Pare dica: “Ci vuole altro, lascia perdere!” Ma Maria insiste.
Allora Egli risponde: “Mamma, se il Figlio dell’uomo dovesse andare unicamente là dove è amato, dovrebbe volgere il suo passo da questa terra e tornare al Cielo. Ho ovunque dei nemici. Perché la Verità è odiata, ed Io sono la Verità. Ma Io non sono venuto per trovare facile amore. Io sono venuto per fare la volontà del Padre e redimere l’uomo. L’amore sei tu, Mamma, il mio amore, quello che mi compensa di tutto. Tu e questo piccolo gregge, che tutti i giorni si accresce di qualche pecorella che Io strappo ai lupi delle passioni e porto nell’ovile di Dio. Il resto è il dovere. Sono venuto per compiere questo dovere e lo devo compere anche fino a sfracellarmi contro le pietre dei cuori tetragoni al bene. Anzi, solo quando sarò caduto, bagnando di sangue quei cuori, Io li ammollirò stampandovi il mio segno che annulla quello del Nemico. Mamma, sono sceso dal Cielo per questo. Non posso che desiderare di compiere questo.”
“Oh! Figlio! Figlio mio!”. Maria ha voce straziata. Gesù la carezza. Noto che Maria ha sul capo, oltre il velo, anche il manto. E’ più che mai velata, come una sacerdotessa.
“Starò assente per qualche tempo, per farti contenta. Quando sarò vicino, manderò ad avvisarti.”
“Manda Giovanni. Mi pare di vedere un poco Te nel vedere Giovanni. Anche la madre sua è piena di cure per me e per Te. Ella spera, è vero, un posto di privilegio per i suoi figli. E’ donna ed è mamma, Gesù. Bisogna compatirla. Ne parlerà anche a Te. Ma ti è devota sinceramente. E quando sarà liberata dall’umanità, che fermenta in lei come nei suoi figli, come negli altri, come in tutti, Figlio mio, sarà grande nella fede. E’ doloroso che tutti sperino da Te un bene umano, un bene che, anche se non è umano, è egoista. Ma il peccato è in loro con la sua concupiscenza. Anche l’ora benedetta, e tanto, tanto temuta, per quanto l’amore di Dio e dell’uomo me la faccia desiderare, in cui Tu annullerai il Peccato, non è venuta. Oh! quell’ora! Come trema il cuore della tua Mamma per quell’ora! Che ti faranno, Figlio? Figlio Redentore, di cui i Profeti dicono tanto martirio?”
“Non ci pensare, Mamma. Dio ti aiuterà in quell’ora. Me e te aiuterà Dio. E dopo sarà la pace. Te lo dico una volta ancora. Ora va', ché la sera scende e lungo è il cammino. Io ti benedico.”

Dice Gesù:
“Piccolo Giovanni, molto lavoro oggi. Ma siamo indietro di un giorno e non si può andare piano. Ti ho dato la forza per questo, oggi.
Le quattro contemplazioni te le ho concesse per poterti parlare sui dolori di Maria e miei, preparatori alla Passione. Avrei dovuto parlarne ieri, sabato, giorno dedicato a mia Madre. Ma ho avuto pietà. Oggi si riprende il tempo perduto. Dopo i dolori che ti ho fatto conoscere, Maria ha avuto anche questi. Ed Io con Lei.
Il mio sguardo aveva letto nel cuore di Giuda Iscariota. Nessuno deve pensare che la Sapienza di Dio non sia stata capace di comprendere quel cuore. Ma, come ho detto a mia Madre, egli ci voleva. Guai a lui per esser stato il traditore! Ma un traditore ci voleva. Doppio, astuto, avido, lussurioso, ladro, e intelligente e colto più della massa, egli aveva saputo imporsi a tutti. Audace, mi spianava la via, anche se era via difficile. Gli piaceva, oltre tutto, emergere e far risaltare il suo posto di fiducia presso di Me. Non era servizievole per istinto di carità. Ma unicamente perché era uno di quelli che voi chiamereste ‘faccendoni’. Ciò gli permetteva anche di tenere la borsa e di avvicinare la donna. Due cose che, insieme alla terza, la carica umana, amava sfrenatamente.
La Pura, l'Umile, la Distaccata dalle ricchezze terrene, non poteva non avere ribrezzo di quel serpe. Io pure ne avevo ribrezzo. Ed Io solo ed il Padre e lo Spirito sappiamo quali superamenti ho dovuto sostenere per poterlo sopportare vicino. Ma te li spiegherò in altro tempo.
Ugualmente non ignoravo l'ostilità dei sacerdoti, farisei, scribi e sadducei. Erano volpi astute che cercavano spingermi nella loro tana per sbranarmi. Avevano fame del mio sangue. E cercavano di mettermi trappole ovunque per catturarmi, per avere arma di accusa, per levarmi di mezzo. Per tre anni è stata lunga l'insidia e non si è placata altro che quando mi hanno saputo morto. Quella sera hanno dormito felici. La voce del loro accusatore era per sempre estinta. Lo credevano. No. Non ancora spenta. Non lo sarà mai e tuona, tuona e maledice i loro simili di ora. Quanto dolore ebbe mia Madre per colpa di loro! Ed Io quel dolore non lo dimentico.
Che la folla fosse volubile, non era cosa nuova. Essa è la belva che lecca la mano del domatore, se armata di scudiscio o se offre un pezzo di carne alla sua fame. Ma, basta che il domatore cada e non possa più usare lo scudiscio, oppure non abbia più prede per la sua fame, che essa si avventa e lo sbrana. Basta dire la verità ed essere buoni per essere odiati dalla folla dopo il primo momento di entusiasmo. La verità è rimprovero e monito. La bontà spoglia dello scudiscio e fa sì che i non buoni non temano più. Onde: ‘crucifige’, dopo aver detto: ‘osanna’. La mia vita do Maestro è satura di queste due voci. E l'ultima è stata ‘crucifige’. L'osanna è come l'anelito che prende il cantore per aver fiato di fare l'acuto. Maria, nella sera del Venerdì Santo, ha riudito in sé tutti gli osanna bugiardi, divenuti urli di morte per la sua Creatura, e ne è rimasta trafitta. Anche questo Io non lo dimentico.
L'umanità degli apostoli! Quanta! Portavo sulle braccia, per alzarli al Cielo, dei massi che pesavano verso terra. Anche coloro che non si vedevano ministri di un re terreno come Giuda Iscariota, coloro che non pensavano come lui di salire, all'occorrenza, in mia vece sul trono, erano sempre, però, ansiosi di gloria. Venne il giorno che anche il mio Giovanni e suo fratello appetirono a questa gloria, che vi abbaglia come un miraggio anche nelle cose celesti. Non santo anelito al Paradiso, che voglio che abbiate. Ma desiderio umano che la vostra santità sia conosciuta. Non solo, ma esosità di cambiavalute, di usuraio per cui, per un poco di amore dato a Colui al quale Io vi ho detto dovete dare tutti voi stessi, pretendete un posto alla sua destra in Cielo.
No, figli. No. Prima occorre saper bere tutto il calice che Io ho bevuto. Tutto: con la sua carità data in compenso dell'odio, con la sua castità contro le voci del senso, con la sua eroicità nelle prove, col suo olocausto per amore di Dio e di fratelli. Poi, quando si è tutto compiuto del proprio dovere, dire ancora: ‘Siamo servi inutili’, e attendere che il Padre mio e vostro vi conceda, per sua bontà, un posto nel suo Regno. Occorre spogliarsi, come mi hai visto spogliato nel Pretorio, di tutto ciò che è umano, tenendo solo quell'indispensabile che è rispetto verso il dono di Dio che è la vita, e verso i fratelli ai quali possiamo essere utili più dal Cielo che sulla terra, e lasciare che Dio vi rivesta della stola immortale, fatta candida nel sangue dell'Agnello.
Ti ho mostrato i dolori preparatori della Passione. Altri te li mostrerò. Per quanto siano sempre dolori, è stato riposo per l'anima tua il contemplarli. Ora basta. Sta’ in pace”.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/