"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 25 Aprile 2010, IV Domenica di Pasqua - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 10,27-30.
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.
Io e il Padre siamo una cosa sola».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 8 Capitolo 537 pagina 316.
1Stare fermi non è possibile nella mattinata fredda e ventosa. Sulla cima del Moria il vento che viene in direzione nord-est si abbatte frizzante, facendo svolazzare le vesti e arrossando i volti e gli occhi. Eppure vi è della gente che è salita al Tempio per le preghiere. Mancano invece assolutamente i rabbi coi rispettivi gruppi degli allievi. E il portico pare più vasto, e soprattutto più dignitoso, privato della congrega vociante e pomposa che l’occupa di solito.
E deve essere una cosa molto strana vederlo così vuoto, perché tutti se ne stupiscono come di cosa nuova. E Pietro se ne insospettisce anche. Ma Tommaso, che sembra ancor più robusto, avvolto come è in un largo e pesante mantello, dice: «Si saranno chiusi in qualche stanza per paura di perdere la voce. Li rimpiangi?», e ride.
«Io no! Mai più li vedessi! Ma non vorrei che fosse...», e guarda l’Iscariota che non parla, ma che afferra l’occhiata di Pietro e dice: «Veramente hanno promesso di non dare altra noia, fuorché nel caso che il Maestro li... scandalizzi. Certo che saranno vigilanti, ma posto che qui non si pecca, né si offende, essi stanno assenti».
«Meglio così. E Dio ti benedica, ragazzo, se ci sei riuscito a farli ragionare».
È presto ancora. Poca gente è nel Tempio. Dico «poca», e questo pare, data la vastità di esso, che per apparire pieno abbisogna di masse di popolo. Due o trecento persone neppur si vedono in quel complesso di cortili, portici, atri, corridoi...
Gesù, unico Maestro nel vasto portico dei Pagani, va in su e in giù, parlando con i suoi e con i discepoli che ha trovato già nel recinto del Tempio. Risponde alle loro obbiezioni o domande, chiarisce punti che essi non hanno saputo chiarire a se stessi e ad altri.
Vengono due gentili, lo guardano, vanno via senza dire nulla. Passano degli addetti al Tempio, lo guardano, ma non dicono nulla neppur loro. Qualche fedele si accosta, saluta, ascolta. Ma sono pochi ancora.
«Restiamo qui ancora?», domanda Bartolomeo.
«Fa freddo e non c’è nessuno. Però fa piacere essere qui così in pace. Maestro, oggi sei proprio nella Casa del Padre tuo. E da padrone», dice sorridendo Giacomo d’Alfeo. E soggiunge: «Così doveva essere il Tempio quando erano Nehemia ed i re saggi e pii».
2«Io direi di andare. Di là ci spiano...», dice Pietro.
«Chi? Farisei?».
«No. Quelli che sono passati prima ed altri. Andiamo via, Maestro...».
«Attendo dei malati. Mi hanno visto entrare in città, la voce certo si è sparsa. Nelle ore più calde verranno. Restiamo almeno sino ad un terzo da sesta», risponde Gesù. E riprende a camminare avanti e indietro per non rimanere fermo in quell’aria cruda.
Infatti dopo un poco, quando il sole cerca di mitigare gli effetti del tramontano, viene una donna con una bambina malata e chiede la guarigione. Gesù l’accontenta. La donna depone il suo obolo ai piedi di Gesù dicendo: «Questo per altri bambini che soffrono». L’Iscariota raccoglie le monete.
Più tardi, su una barellina, portano un uomo anziano, malato nelle gambe. E Gesù lo risana.
3Terzo viene un gruppo di persone e pregano Gesù di uscire fuor dalle mura del Tempio per cacciare il demonio da una fanciulla, i cui gridi laceranti si sentono fin lì dentro. E Gesù si avvia dietro questi, uscendo nella strada che conduce in città.
Della gente, fra la quale sono degli stranieri, si è stretta* intorno a quelli che tengono la giovinetta, che spuma e si divincola stravolgendo gli occhi. Parolacce di ogni sorta escono dalle sue labbra, e tanto più escono più Gesù si avvicina a lei, così come cresce il suo dibattersi. A fatica la tengono quattro uomini giovani e robusti. E, con gli improperi, prorompono gridi di riconoscimento al Cristo e suppliche affannose dello spirito che la tiene per non essere cacciato, e anche delle verità, ripetute con monotonia: «Via! Non mi fate vedere questo maledetto! Va’ via! Via! Causa della nostra rovina. Lo so chi Tu sei. Tu sei... Tu sei il Cristo. Tu sei... Non ti ha unto altro olio che quello di lassù. La potenza del Cielo ti copre e ti difende. Ti odio! Maledetto! Non mi cacciare. Perché cacci noi e non ci vuoi, mentre tieni vicino una legione di demoni in un solo? Non lo sai che tutto l’inferno è in uno? Sì che lo sai... Lasciami qui, almeno sino all’ora di...».
La parola si arresta delle volte come strozzata, altre volte cambia, o si ferma prima, o si prolunga fra gridi disumani come quando urla: «Lasciami entrare almeno in lui. Non mi mandare là nell’Abisso! Perché ci odii, o Gesù, Figlio di Dio? Non ti basta ciò che sei? Perché vuoi comandare anche su noi? Non vogliamo comando, noi! Perché sei venuto a perseguitarci, se noi ti abbiamo rinnegato? Va’ via! Non ci versare addosso i fuochi del Cielo! I tuoi occhi! Quando saranno spenti noi rideremo... Ah! No! Neanche allora... Tu ci vinci! Ci vinci! Sii maledetto Te e il Padre che ti ha mandato, e quello che da voi viene ed è voi... Aaaah! ».
L’ultimo grido è addirittura spaventoso, di creatura scannata nella quale lentamente entri il ferro omicida, ed è originato dal fatto che Gesù, dopo aver troncato molte volte, per comando mentale, le parole dell’ossessa, pone fine ad esse toccando con un dito la fronte della giovinetta. E il grido termina in una convulsione orrenda, sinché, con un fragore che ha della risata e del grido di un animale da incubo, il demonio la lascia urlando: «Ma non vado lontano... Ah! Ah! Ah!», seguito subito dallo schianto secco come di un fulmine, nonostante che il cielo sia tersissimo.
4Molti scappano terrorizzati. Altri si affollano ancor più ad osservare la giovinetta che si è calmata di colpo, accasciandosi fra le braccia di chi la teneva. Sta così pochi attimi e poi apre gli occhi, sorride, si vede fra la gente senza velo sul volto e sul capo e reclina il viso, per nasconderselo, sul braccio che alza al volto.
Chi è con lei vorrebbe che ella ringraziasse il Maestro. Ma Egli dice: «Lasciatela nel suo pudore. La sua anima mi ringrazia già. Riconducetela a casa, dalla madre. È il posto suo di fanciulla...», e volge le spalle alla gente rientrando nel Tempio, al posto di prima.
«Hai visto, Signore, che molti giudei ci erano venuti alle spalle? Ne ho riconosciuti alcuni... Eccoli là! Sono quelli che ci spiavano prima. Guarda come disputano fra loro...», dice Pietro.
«Staranno stabilendo in chi di loro è entrato il diavolo. C’è anche Nahum, il fiduciario di Anna. È tipo adatto...», dice Tommaso.
«Sì. E tu non hai visto, perché avevi le spalle voltate. Ma il fuoco si è aperto proprio sul suo capo», dice Andrea quasi battendo i denti. «Io gli ero vicino e ho avuto una paura!...».
«Veramente erano tutti uniti, loro. Però io ho visto il fuoco aprirsi su di noi e ho creduto di morire... Anzi ho tremato per il Maestro. Pareva proprio sospeso sul suo capo», dice Matteo.
«Ma no. Io invece l’ho visto uscire dalla fanciulla e scoppiare sul muro del Tempio», ribatte Levi, il pastore discepolo.
«Non discutete fra voi. Il fuoco non indicò né questo né quello. Fu solo il segno che il demonio era fuggito», dice Gesù.
«Ma ha detto che non andava lontano!...», obbietta Andrea.
«Parole di demonio... Non vanno ascoltate. Lodiamo piuttosto l’Altissimo per questi tre figli di Abramo guariti nel corpo a nell’anima».
5Intanto molti giudei, sbucati da questa e quella parte ‑ ma non fanno parte dei loro gruppi né un fariseo, né uno scriba, né un sacerdote ‑ si avvicinano e circondano Gesù, e uno si fa avanti dicendo: «Grandi cose Tu hai fatto in questo giorno! Opere veramente da profeta, e gran profeta. E gli spiriti degli abissi hanno detto di Te cose grandi. Ma le loro parole non possono essere accettate se non le conferma la tua parola. Noi sbigottiamo per quelle parole. Ma anche temiamo un grande inganno, poiché è noto che Belzebù è spirito di menzogna. Non vorremmo ingannarci né essere ingannati. Dicci dunque chi sei, con la tua bocca di verità e giustizia».
«E non ve l’ho detto molte volte chi Io sono? Sono quasi tre anni che ve lo dico, e prima di Me ve lo disse Giovanni al Giordano e la Voce di Dio dai Cieli».
«È vero. Ma noi non c’eravamo le altre volte. Noi... Tu che sei giusto devi capire il nostro affanno. Noi vorremmo credere in Te come Messia. Ma troppe volte ormai il popolo di Dio fu ingannato da falsi Cristi. Consola il nostro cuore, che spera e che attende, con una sicura parola, e noi ti adoreremo».
Gesù li guarda severamente. I suoi occhi sembrano perforare le carni e mettere a nudo i cuori. Poi dice: «In verità molte volte gli uomini sanno dire menzogne meglio di Satana. No. Voi non mi adorerete. Mai. Qualunque cosa Io vi dica. E, anche giungeste a farlo, chi adorereste voi?».
«Chi? Mail nostro Messia! ».
«Sareste da tanto? Chi è per voi il Messia? Rispondete, perché Io sappia ciò che valete».
«Il Messia? Ma il Messia è colui che per mandato di Dio riunirà lo sparso Israele e ne farà un popolo trionfale, sotto il cui potere sarà il mondo. E che? Tu non lo sai ciò che è il Messia?».
«Lo so come voi non lo sapete. Per voi dunque è un uomo che, superando Davide e Salomone e Giuda Maccabeo, farà di Israele la Nazione regina del mondo?».
«Questo è. Dio lo ha promesso. Ogni vendetta, ogni gloria, ogni rivendicazione, verrà dal promesso Messia».
«È detto: “Non adorerai altro che il Signore Iddio tuo”. Perché allora voi mi adorereste, se in Me soltanto poteste vedere l’Uomo‑Messia?».
«E che altro dobbiamo vedere in Te?».
«Che? E con questi sentimenti mi venite ad interrogare? Razza di vipere subdole e velenose! E sacrileghe anche. Perché, se in Me voi non poteste vedere altro che il Messia umano e mi adoraste, sareste idolatri. Solo a Dio va data adorazione. Ed in verità vi dico una volta ancora che Colui che vi parla è da più del Messia che voi vi fingete con missione e mansioni e poteri quali voi, privi di spirito e sapienza, vi immaginate. Il Messia non viene a dare al suo popolo un regno quale voi vi credete, non viene ad esercitare vendette su altri potenti. Il suo Regno non è di questo mondo e il suo potere supera ogni potere limitato del mondo».
6«Tu ci mortifichi, Maestro. Se sei Maestro e noi siamo ignoranti, perché non ci vuoi istruire?».
«Sono tre anni che lo faccio, e voi siete sempre più nelle tenebre perché respingete la Luce».
«È vero. Forse è vero. Ma ciò che fu per il passato può non più essere nell’avvenire. E che? Tu che hai pietà dei pubblicani e delle meretrici e che assolvi i peccatori, vuoi essere senza pietà con noi, solo perché siamo di dura cervice e stentiamo a comprendere chi Tu sei?».
«Non è che stentiate. È che non volete capire. Essere ebeti non sarebbe una colpa. Dio ha tante luci che potrebbe fare luce nell’intelletto più ottuso ma pieno di buona volontà. In voi questa manca. Anzi avete volontà opposta. Per questo non comprendete chi Io sono».
«Sarà come Tu dici. Tu vedi come siamo umili. Ma te ne preghiamo nel nome di Dio. Rispondi alle nostre domande. Non ci tenere più oltre sospesi. Fino a quando il nostro animo deve rimanere incerto? Se sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
«Ve l’ho detto. Nelle case, nelle piazze, per le vie, per i paesi, sui monti, lungo i fiumi, in faccia al mare, di fronte ai deserti, nel Tempio, nelle sinagoghe, sui mercati ve l’ho detto, e voi non credete. Non c’è posto di Israele che non abbia sentito la mia voce. Persino i luoghi che portano abusivamente il nome di Israele da secoli, ma che sono separati dal Tempio, persino i luoghi che hanno dato il nome a questa nostra Terra, ma che da dominanti sono divenuti soggetti, e mai però si liberarono completamente dai loro errori per venire alla Verità, persino la Siro‑Fenicia, dai rabbi sfuggita come terra di peccato, hanno sentito la mia voce e conosciuto il mio essere. Ve l’ho detto, e alle mie parole non credete. Ho fatto, e alle mie azioni non avete posto mente con spirito buono. Lo aveste fatto, con l’intenzione retta di sincerarvi su di Me, sareste giunti alla fede in Me, perché le opere che Io faccio nel nome del Padre mio testimoniano di Me. Quelli di buona volontà, che sono venuti al mio seguito perché mi hanno riconosciuto Pastore, hanno creduto alle mie parole e alla testimonianza che dànno le mie opere. E che? Credete forse che ciò che Io faccio non abbia un fine di vostra utilità? Di utilità per le creature tutte? Disingannatevi. E non vogliate pensare che l’utile è dato dalla salute del singolo, riacquistata per il mio potere, o dalla liberazione dall’ossessione o dal peccato di questo o quello. Questa è un’utilità circoscritta all’individuo. Troppo poca cosa rispetto alla potenza che viene sprigionata, e dalla fonte soprannaturale, più che soprannaturale, divina, che la sprigiona, per essere l’unica utilità. Vi è l’utilità collettiva delle opere che Io faccio. L’utilità di levare ogni dubbio agli incerti, di convincere i contrari oltre che di rinforzare sempre più la fede dei credenti. Per questa utilità collettiva, a favore di tutti gli uomini presenti e futuri, perché le mie opere testimonieranno di Me presso i futuri e li convinceranno di Me, il Padre mio mi dà potere di fare ciò che faccio. Nulla è fatto senza un fine buono nelle opere di Dio. Ricordatevelo sempre. Meditate questa verità».
7Gesù ha un momento di arresto. Fissa lo sguardo su un giudeo che sta a capo chino a dice poi:
«Tu che stai così pensando, tu dalla veste color d’uliva matura, ti chiedi se ha fine buono anche Satana. Non essere stolto per essere a Me contrario e cercare l’errore nelle mie parole. Ti rispondo che Satana non è opera di Dio, ma della libera volontà dell’angelo ribelle. Dio lo aveva fatto suo ministro glorioso, e perciò lo aveva creato a fine buono. Ecco, ora tu, parlando col tuo io, dici: “Allora Dio è stolto, perché aveva donato la gloria ad un futuro ribelle e affidato i suoi voleri ad un disubbidiente”. Ti rispondo: “Dio non è stolto ma perfetto nelle sue azioni e pensieri. È il Perfettissimo. Le creature sono imperfette, anche le più perfette. Sempre un punto di inferiorità è in esse rispetto a Dio. Ma Dio, che le ama, ha concesso alle creature la libertà di arbitrio, perché attraverso ad essa la creatura si completi nelle virtù e si faccia perciò più simile al Dio e Padre suo”. E ancora ti dico, o derisore e astuto cercatore del peccato nelle mie parole, che dal Male, che si è volontariamente formato, Dio trae ancora un fine buono: quello di servire a far possessori gli uomini di una gloria meritata. Le vittorie sul Male sono la corona degli eletti. Se il Male non potesse suscitare una conseguenza buona per i volonterosi di volontà buona, Dio lo avrebbe distrutto. Perché nulla di quanto è nel Creato deve essere totalmente privo di incentivo o di conseguenza buoni.
Non rispondi? Ti è duro dover proclamare che ti ho letto in cuore e che ho vinto le illazioni ingiuste del tuo pensiero tortuoso? Non ti forzerò a farlo. Al cospetto di tanti ti lascio nella tua superbia. Non reclamo che tu mi proclami vittorioso. Ma quando sarai solo con questi, simili a te, e con quelli che vi hanno mandato, allora confessa pure che Gesù di Nazaret ha letto i pensieri della tua mente e ti ha strangolato le obbiezioni nella strozza con la sola arma della sua parola di verità.
Ma abbandoniamo questa interruzione personale e torniamo ai molti che mi ascoltano. Se anche uno solo di tanti, per le mie parole, convertisse il suo spirito alla Luce, sarebbe ricompensata la mia fatica di parlare a delle pietre, anzi a dei sepolcri pieni di vipere.
8Dicevo che quelli che mi amano mi hanno riconosciuto Pastore per le mie parole e le mie opere. Ma voi non credete, non potete credere, perché non siete delle mie pecorelle.
Cosa siete voi? Ve lo chiedo. Chiedetevelo nell’interno del cuore. Non siete stolti. Potete conoscervi per ciò che siete. Basta che ascoltiate la voce della vostra anima, che non è tranquilla di continuare a offendere il Figlio di Colui che l’ha creata. Voi, pur conoscendo ciò che siete, non lo direte. Non siete né umili né sinceri. Ma Io ve lo dico ciò che siete. Siete in parte lupi, in parte capretti selvatici. Ma nessuno di voi, nonostante la pelle di agnello che portate per fingervi agnelli, è vero agnello. Sotto il vello morbido e bianco avete tutti i colori feroci, le corna pontute e le zanne e gli artigli del caprone o della belva, e volete rimanere tali perché vi compiacete di esser tali, e sognate ferocia e ribellione. Perciò non mi potete amare e non potete seguirmi e comprendermi.
Se entrate nel gregge è per nuocere, per dare dolore o portare disordine. Le mie pecore hanno paura di voi. Se fossero come voi siete, vi dovrebbero odiare. Ma essi non sanno odiare. Sono gli agnelli del Principe di pace, del Maestro di amore, del Pastore misericordioso. E non sanno odiare. Non vi odieranno mai, come Io non vi odierò mai. Lascio a voi l’odio, che è il malvagio frutto della concupiscenza triplice con l’io scatenato nell’animale uomo, che vive dimentico di essere anche spirito, oltre che carne. Io mi tengo ciò che è mio: l’amore. E questo comunico ai miei agnelli, e offro anche a voi per farvi buoni. Se vi faceste buoni, allora mi capireste e diverreste del mio gregge, simili agli altri che sono in esso. Ci ameremmo. Io e le mie pecore ci amiamo. Esse mi ascoltano, riconoscono la mia voce.
Voi non capite ciò che è in verità conoscere la mia voce. È non avere dubbi sulla sua Origine e distinguerla fra mille altre voci di falsi profeti come vera voce venuta dal Cielo. Ora e sempre, anche fra quelli che si credono, e in parte lo sono, seguaci della Sapienza, vi saranno molti che non sapranno distinguere la mia voce da altre voci che parleranno di Dio, più o meno con giustizia, ma che saranno tutte voci inferiori alla mia...».
9«Dici sempre che presto te ne vai e poi vuoi dire che sempre parlerai? Se te ne sarai andato non parlerai più», obbietta un giudeo con il tono sprezzante col quale parlerebbe ad un menomato mentale.
Gesù risponde ancora, col suo tono paziente e accorato, che ha avuto soltanto un suono severo quando ha parlato in principio ai giudei, e dopo, quando ha risposto alle interne obbiezioni di quel giudeo:
«Io parlerò sempre, perché il mondo non diventi tutto idolatra. E parlerò ai miei, eletti a ripetervi le mie parole. Lo Spirito di Dio parlerà, ed essi capiranno ciò che anche i sapienti non sapranno capire. Perché gli studiosi studieranno la parola, la frase, il modo, il luogo, il come, lo strumento attraverso i quali la Parola parla, mentre i miei eletti non si perderanno in questi studi inutili, ma ascolteranno, persi nell’amore, e capiranno poiché sarà l’Amore quello che parlerà. Essi distingueranno le ornate pagine dei dotti o le bugiarde pagine dei falsi profeti, dei rabbi di ipocrisia che insegnano dottrine inquinate o insegnano ciò che essi non praticano, dalle parole semplici, vere, profonde che da Me verranno. Ma il mondo li odierà per questo, perché il mondo odia Me‑Luce e odia i figli della Luce, il tenebroso mondo che ama le tenebre propizie al suo peccare.
Le mie pecore conoscono e conosceranno Me e mi seguiranno sempre, anche sulle vie di sangue e di dolore che Io percorrerò per il primo ed essi percorreranno dopo di Me. Le vie che conducono alla Sapienza le anime. Le vie che il sangue e il pianto dei perseguitati, perché insegnano la giustizia, fanno luminose perché spicchino nella caligine dei fumi del mondo e di Satana, a siano come scie di stelle per condurre chi cerca la Via, la Verità, la Vita, e non trova chi ad esse li conduca. Perché di questo hanno bisogno le anime: di chi le conduca alla Vita, alla Verità, alla Via giusta.
Dio è pietoso verso le anime che cercano e non trovano, non per loro colpa, ma per infingardia dei pastori idoli. Dio è pietoso verso le anime che, lasciate a se stesse, si smarriscono e vengono accolte da ministri di Lucifero, pronti ad accogliere gli smarriti per farne proseliti delle loro dottrine. Dio è pietoso per quelli che cadono nell’inganno soltanto perché i rabbi di Dio, i cosiddetti rabbi di Dio, si sono disinteressati di essi. Dio è pietoso a tutti questi che vanno incontro allo sconforto, alle caligini, alla morte per colpa dei falsi maestri, che di maestri non hanno che la veste e l’orgoglio di essere detti tali. E per queste povere anime, come ha mandato i profeti per il suo popolo, come ha mandato Me per tutto il mondo, così dopo, dopo di Me, manderà i servi della Parola, della Verità e dell’Amore, a ripetere le parole mie. Perché sono le mie parole quelle che danno la Vita. Cosicché le mie pecorelle di ora e di poi avranno la Vita che Io do loro attraverso la mia Parola che è Vita eterna per chi l’accoglie, e non periranno mai e nessuno le potrà strappare dalle mie mani».
10«Noi non abbiamo mai respinto le parole dei veri profeti. Abbiamo sempre rispettato Giovanni che è stato l’ultimo profeta», risponde con ira un giudeo, e i suoi compagni gli fanno eco.
«È morto in tempo per non venirvi inviso ed essere perseguitato anche da voi. Se egli fosse ancora fra i vivi, il “non è lecito” detto per un incesto carnale lo direbbe anche a voi, che fate un adulterio spirituale fornicando con Satana contro Dio. E voi lo uccidereste come avete in animo di uccidere Me».
I giudei tumultuano irosi, pronti già a colpire, stanchi di doversi fingere miti. Ma Gesù non se ne preoccupa. Alza la voce per dominare il tumulto e grida:
«E mi avete chiesto chi Io sono, o ipocriti? Dicevate di voler sapere per essere sicuri? Ed ora dite che Giovanni fu l’ultimo profeta? E due volte vi condannate per peccato di menzogna. Una perché dite di non avere mai respinto le parole dei veri profeti, l’altra perché, dicendo che Giovanni è l’ultimo profeta e che voi credete ai veri profeti, escludete che Io sia anche profeta, almeno profeta, e profeta vero. Bocche di menzogna! Cuori d’inganno! Sì, in verità in verità Io, qui nella casa del Padre mio, proclamo che Io sono più che Profeta. Io ho quello che il Padre mio mi ha donato. Quello che il Padre mio mi ha donato è più prezioso di tutto e di tutti, perché è cosa sulla quale il volere e il potere degli uomini non può mettere le mani rapaci. Io ho quello che Dio mi ha donato e che, pur essendo in Me, è sempre in Dio, e nessuno può rapirlo dalle mani del Padre mio né a Me, perché è l’uguale Natura Divina. Io e il Padre siamo Uno».
«Ah! Orrore! Bestemmia! Anatema!!». L’urlio dei giudei rimbomba nel Tempio, e ancora una volta le pietre, usate dai cambiavalute e dai venditori di bestiame per tenere in sesto i loro recinti, sono fornitura per quelli che cercano armi atte a colpire.
Ma Gesù si aderge con le braccia incrociate sul petto. È salito sopra un sedile di pietra per essere anche più alto e visibile, e di là li domina coi raggi dei suoi occhi di zaffiro. Domina e dardeggia. È così maestoso che li paralizza. In luogo di lanciare le pietre, le gettano o le tengono in mano, ma senza avere più l’audacia di lanciarle contro di Lui. Anche le urla si calmano in uno sbigottimento strano. È proprio Dio che balena nel Cristo. E quando Dio balena così, l’uomo anche più protervo si fa piccolo e spaurito. Penso quale mistero è nascosto nell’aver potuto i giudei essere tanto feroci nel Venerdì Santo. Quale nell’assenza di questo potere di dominazione nel Cristo in quel giorno. Veramente era l’ora delle Tenebre, l’ora di Satana, ed essi soli regnavano... La Divinità, la Paternità di Dio aveva abbandonato il suo Cristo, ed Egli era nulla più che la Vittima...
11Gesù sta così qualche minuto. Poi riprende a parlare a questa turba venduta e vile, che ha perso ogni prepotenza soltanto per aver visto un baleno divino:
«Ebbene? Che volete fare? Mi avete chiesto chi ero. Ve l’ho detto. Siete divenuti furenti. Vi ho ricordato quanto ho fatto, vi ho fatto vedere e ricordare molte opere buone provenienti dal Padre mio e compiute col potere che mi viene dal Padre mio. Per quale di queste opere mi lapidate? Per aver insegnato la giustizia? Per aver portato agli uomini la Buona Novella? Per essere venuto ad invitarvi al Regno di Dio? Per avere guarito i vostri malati, reso la vista ai vostri ciechi, dato moto ai paralitici, parola ai muti, liberato gli ossessi, risuscitato i morti, beneficato i poveri, perdonato ai peccatori, amato tutti, anche quelli che mi odiano: voi e quelli che vi mandano? Per quale dunque di queste opere voi mi volete lapidare?».
«Non è per le opere buone che hai fatto che ti lapidiamo, ma per la tua bestemmia, perché Tu, essendo uomo, ti fai Dio».
«Non è scritto* nella vostra Legge: “Io dissi: voi siete dèi e figli dell’Altissimo”? Ora, se “dèi” nominò Dio coloro ai quali parlò, dando un mandato: quello di vivere in modo che la somiglianza e l’immagine di Dio, che è nell’uomo, appaia manifesta e l’uomo non sia né demone né bruto; se “dèi” sono detti gli uomini nella Scrittura, tutta ispirata da Dio, e perciò la Scrittura non può essere modificata né annullata secondo il piacere e l’interesse dell’uomo; perché voi dite a Me che Io bestemmio, Io che il Padre ha consacrato ed inviato nel mondo, perché dico: “Sono Figlio di Dio”? Se Io non facessi le opere del Padre mio, avreste ragione di non credere a Me. Ma Io le faccio. E voi non volete credere a Me. Credete allora almeno a queste opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre».
12La bufera degli urli e delle violenze rincomincia più forte di prima. Da uno dei terrazzi del Tempio, sul quale certo erano in ascolto e nascosti sacerdoti, scribi e farisei, gracchiano molte voci: «Ma impadronitevi di questo bestemmiatore. Ormai la sua colpa è pubblica. Tutti abbiamo sentito. A morte il bestemmiatore che si proclama Dio! Dategli lo stesso castigo che al figlio di Salumit di Dabri. Sia portato fuori dalla città e lapidato! È nel nostro diritto! È detto**: “Il bestemmiatore sia messo a morte”».
Gli incitamenti dei capi acuiscono l’ira dei giudei. I quali tentano di impadronirsi di Gesù e di darlo legato in mano dei magistrati del Tempio, che stanno accorrendo seguiti dalle guardie del Tempio.
Ma più svelti di loro sono ancora una volta i legionari che, vigilando dall’Antonia, hanno seguito il tumulto e che escono fuori dalla caserma, venendo verso il luogo dove si urla. E non portano rispetto a nessuno. Le aste delle lance manovrano a dovere sulle teste e le schiene. E si eccitano a vicenda con frizzi e insulti a lavorare sui giudei: «A cuccia, cani! Fate largo! Picchia sodo su quel tignoso, Licinio. Via! La paura vi fa puzzare più che mai! Ma che mangiate, corvacci, per essere così fetenti? Dici bene, Basso. Si purificano ma puzzano. Guarda là quel nasuto! Al muro! Al muro, che ne prendiamo i nomi! E voi, gufi, scendete di lassù. Tanto vi conosciamo. Un buon rapporto avrà da stendere il Centurione per il Preside. No! Quello lascialo. È un apostolo del Rabbi. Non vedi che ha aspetto d’uomo e non di sciacallo? Guarda! Guarda come fuggono per quella parte! E lasciali andare! Per averli persuasi bisognerebbe infilarli tutti sulle aste! Allora soltanto li avremmo domati! Fosse domani! Ah! ma tu sei preso e non scappi. Ti ho visto, sai? La prima pietra è stata la tua. Ne risponderai di aver colpito un soldato di Roma... Anche questo. Ci ha maledetti imprecando alle insegne. Ah! Sì? Proprio? Vieni, che te le faremo amare nelle nostre carceri...».
E così, caricando e schernendo, acciuffando alcuni, mettendo in fuga altri, i legionari sgombrano il vasto cortile. Ma è soltanto quando i giudei vedono arrestare realmente due di loro, che si svelano per quel che sono: vili, vili, vili. O fuggono schiamazzando come un branco di polli che veda calare lo sparviero, o si gettano ai piedi dei militi per supplicare pietà con un servilismo e una adulazione rivoltanti.
Un graduato, ai polpacci del quale si attacca un vecchio grinzoso, uno dei più accaniti contro Gesù, chiamandolo “magnanimo e giusto”, se ne libera con una vigorosa scossa, che manda il giudeo a ruzzolare tre passi indietro, a grida: «Va’ via, vecchia volpe tignosa». E rivolto ad un compagno, mostrando il polpaccio, dice: «Hanno unghie di volpe e bava di serpe. Guarda qui! Per Giove Massimo! Ora vado subito alle Terme a cancellare i segni di quel vecchio bavoso!», e realmente se ne va, stizzito, col suo polpaccio rigato di sgraffi.
Ho perduto affatto di vista Gesù. Non potrei dire dove è andato, per quale porta è uscito. Ho visto soltanto per qualche tempo emergere e scomparire nella confusione i volti dei due figli di Alfeo e di Tommaso, lottanti per farsi strada, e quelli di alcuni discepoli pastori intenti allo stesso lavoro. Poi anche essi mi sono spariti e non è rimasto che l’ultimo starnazzio dei perfidi giudei, intenti a correre qua a là per sottrarsi alla cattura e al riconoscimento da parte dei legionari, per i quali ho l’impressione che fosse una festa poter menar sodo sugli ebrei, e ripagarsi di tutto l’odio di cui si sanno gratificati.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 18 Aprile 2010, III Domenica di Pasqua - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 21,1-19.
Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:
si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.
Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
Quando gia era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.
Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No».
Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «E' il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.
Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso or ora».
Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò.
Gesù disse loro: «Venite a mangiare». Enessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore.
Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.
Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle».
Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle.
In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 633 pagina 364.
1Una notte calma e afosa. Non tira un respiro di vento. Le stelle, larghe e palpitanti, gremiscono il cielo sereno. Il lago, calmo e immobile tanto da parere una vastissima vasca al riparo dei venti, riflette sulla sua superficie la gloria di quel cielo palpitante d’astri. Le piante lungo le rive sono un blocco senza fremiti. Così calmo il lago che il suo fiotto sulla riva si riduce ad un fruscio lievissimo. Qualche barca al largo, appena visibile come forma vagante, che talora mette una stellina a poca distanza dall’onda col suo lumino legato all’albero della vela a rischiarare l’interno del piccolo scafo.
Non so quale punto del lago sia. Direi in quello più meridionale, là dove il lago si appresta a ritornar fiume. Alla periferia di Tarichea, direi, non perché io veda la città, che un ammasso d’alberi mi nasconde, protendendosi nel lago a fare un piccolo promontorio collinoso, ma perché così giudico dalle stelline dei lumi delle barche, che si allontanano verso nord staccandosi dalle sponde del lago. Dico periferia perché un mucchietto di casupole, che son tanto poche da non poter costituire neppure un villaggio, sono riunite lì, ai piedi del piccolo promontorio. Case povere, quasi sul lido, certo di pescatori.
Delle barche in secco sulla piccola spiaggia; altre, già pronte a navigare, presso riva, nell’acqua, e così ferme da parer confitte al suolo, anziché galleggianti.
2Da una casupola Pietro sporge il capo. La luce tremolante di un fuoco acceso nella cucina fumosa illumina da tergo la figura atticciata dell’apostolo, facendola risaltare come un disegno. Guarda il cielo, guarda il lago... Viene avanti sino al limite del lido. Poi ‑ è con una tunica corta e a piedi scalzi ‑ entra nell’acqua sino a mezza coscia e carezza il bordo di una barca, protendendo il braccio muscoloso.
Lo raggiungono i figli di Zebedeo.
«Bella notte».
«Fra poco ci sarà la luna» .
«Sera di pesca».
«Coi remi però».
«Non c’è vento».
«Che si fa?».
Parlano adagio, a frasi staccate, come uomini usi alla pesca e alle manovre delle vele e delle reti, che richiedono attenzione e perciò poche parole.
«Sarebbe bene andare. Venderemmo parte della pesca».
Vengono a raggiungerli sulla riva Andrea, Tommaso e Bartolomeo.
«Che calda questa notte!», esclama Bartolomeo.
«Farà tempesta? Vi ricordate quella notte?», chiede Tommaso.
«Oh! no! Calmeria, nebbie forse, ma non tempesta. Io... Io vado a pescare. Chi viene con me?».
«Veniamo tutti. Forse si starà meglio là in mezzo», dice Tommaso che suda, e aggiunge: «Occorreva alla donna quel fuoco, ma è come fossimo stati alle terme calde...».
«Vado a dirlo a Simone. È tutto solo là», dice Giovanni.
3Pietro già prepara la barca insieme ad Andrea e Giacomo.
«Andiamo sino a casa? Una sorpresa per mia madre... », chiede Giacomo.
«No. Non so se posso far venire Marziam. Prima di... della... Sì, insomma! Prima di andare a Gerusalemme ‑ si era ancora ad Efraim ‑ il Signore mi disse di voler fare la seconda Pasqua con Marziam. Ma poi non mi ha detto altro...».
«A me pare che abbia detto di sì», dice Andrea.
«Sì. La seconda Pasqua, sì. Ma farlo venire prima non so se vuole. Ho fatto tanti sbagli che... Oh! vieni anche tu?».
«Sì, Simone di Giona. Mi ricorderà molte cose questa pesca...».
«Eh! a tutti ricorderà molte cose... E cose che non torneranno più... Si andava col Maestro in questa barca, sul lago... E io le volevo bene come fosse una reggia, e mi pareva di non poter vivere senza di essa. Ma ora che Lui non c’è più, nella barca... ecco... ci sono dentro e non ne ho gioia», dice Pietro.
«Nessuno più ha gioia delle cose passate. Non è più la stessa vita. E anche a guardare indietro... fra quelle ore passate e quelle presenti c’è in mezzo quel tempo orrendo...», sospira Bartolomeo.
«Pronti. Venite. Tu al timone e noi ai remi. Andiamo verso la curva di Ippo. È posto buono. Su! Op! Su! Op!».
Pietro dà la voga e la barca scivola sull’acqua cheta, Bartolomeo al timone. Tommaso e lo Zelote a far da garzoni, pronti a gettar le reti che preparano stese. Si alza la luna, ossia supera i monti di Gadara (se non erro) o Gamala, insomma quelli che sono sulla costa orientale ma verso il sud del lago, e il lago ne riceve il raggio, che fa un strada di diamanti sull’acque chete.
«Ci accompagnerà sino al mattino».
«Se non viene foschia».
«I pesci lasciano il fondo attirati dalla luna».
«Se faremo buona pesca, bene sarà. Perché non abbiamo più denaro. Compreremo pane e porteremo a quelli sul monte pesce e pane».
Parole lente, con pause lunghe fra l’una e l’altra voce.
«Voghi bene, Simone. Non hai perso la vogata!...», ammira lo Zelote.
«Sì... 4Maledizione!».
«Ma che hai?», chiedono gli altri.
«Ho... Ho che il ricordo di quell’uomo mi perseguita da per tutto. Mi ricordo di quel giorno che si faceva con due barche a chi vogava meglio, e lui...».
«Io invece pensavo che una delle prime volte che ebbi la visione del suo abisso di perfidia, fu quella volta che incontrammo, anzi, che scontrammo le barche dei romani. Ricordate?», dice lo Zelote.
«Eh! se si ricorda! Mah!... Lui lo difendeva... e noi... fra le difese del Maestro e le doppiezze del... del nostro, non si comprese mai bene...», dice Tommaso.
«Uhm! Io più di una volta... Ma diceva: “Non giudicare, Simone!”».
«Il Taddeo lo ebbe sempre in sospetto».
«Quello che io non riesco a credere è che costui non ne abbia saputo mai nulla», dice Giacomo urtando col gomito suo fratello. Ma Giovanni tace curvando il capo.
«Ormai puoi dire...», dice Tommaso.
«Mi sforzo di dimenticare. Così ne ho avuto ordine. Perché mi volete fare disubbidire?».
«Hai ragione. Lasciamolo stare», difende lo Zelote.
5«Calate le reti. Adagio... Vogate voi. Voga lento. Curva a sinistra, Bartolmai. Accosta. Vira. Accosta. Vira. Stesa la rete? Sì? Su i remi e attendiamo», comanda Pietro.
Come è bello il dolce lago nella pace della notte, sotto il bacio della luna! Paradisiaco tanto è puro. La luna vi si specchia in pieno dal cielo e lo fa di diamante, la sua fosforescenza trema sui colli, li disvela, fa di neve le città delle rive...
Ogni tanto estraggono la rete. Una cascata arpeggiante di diamanti sull’argento del lago. Vuota. La immergono di nuovo. Si spostano. Non hanno fortuna...
Le ore passano. La luna tramonta, mentre la luce dell’alba si fa strada, incerta, verd’azzurra... Una foschia di caldo fuma verso le rive, specie verso l’estremità sud del lago. Tiberiade se ne vela e se ne vela Tarichea. Nebbia bassa, poco compatta, che il primo sole scioglierà. Per evitarla preferiscono costeggiare il lato d’oriente dove essa è meno fitta, mentre a ovest, venendo dall’acquitrino che è oltre Tarichea sulla riva destra del Giordano, essa si affittisce come l’acquitrino fumasse. Vogano attenti per evitare qualche pericolo del fondale, essi pratici del lago.
6«Voi, della barca! Avete niente da mangiare?». Una voce maschile viene dalla riva. Una voce che li fa sussultare.
Ma scrollano le spalle, rispondendo forte: «No»; e poi fra loro: «Ci pare sempre di sentirlo!...».
«Gettate le reti a destra della barca e troverete».
La destra è verso il largo. Gettano la rete, un poco perplessi. Scosse, peso che fa piegare la barca dal lato dove è la rete.
«Ma questo è il Signore!», grida Giovanni.
«Il Signore, dici?», chiede Pietro.
«E ne hai dubbio? Ci è parsa la sua voce, ma questa ne è la prova. Guarda la rete! È come quella volta! È Lui, ti dico! Oh! Gesù mio! Dove sei?».
Tutti aguzzano lo sguardo a forare i veli della nebbia, dopo aver bene assicurata la rete per trascinarla nella scia della barca, posto che volerla issare è pericolosa manovra, e remano per andare a riva. Ma Tommaso deve prendere il remo di Pietro che, infilata in fretta e furia la breve tunica sulle brachette cortissime che erano il suo unico vestimento, come è quello degli altri meno Bartolomeo, si è gettato a nuoto nel lago e fende a grandi bracciate l’acqua cheta, precedendo la barca e mettendo per primo il piede sulla spiaggetta deserta, dove su due pietre al riparo da un cespuglio spinoso luccica un fuoco di sterpi. E lì, vicino al fuoco, è Gesù, sorridente e benigno.
«Signore! Signore!». Pietro ha il fiato grosso dall’emozione e non può dire altro. Grondante d’acqua come è, non osa toccare neppur la veste del suo Gesù, e sta prostrato sull’arena con la tunica incollata addosso, adorando.
La barca sfrega sul greto e si ferma. Tutti sono in piedi, agitati dalla gioia...
7«Portate qua di quei pesci. Il fuoco è pronto. Venite e mangiate», ordina Gesù.
Pietro corre alla barca e aiuta a issare la rete, e afferra nel mucchio guizzante tre grossi pesci e li sbatte sull’orlo della barca per ucciderli e li sbuzza col suo coltello. Ma gli tremano le mani, oh! non di freddo! Li sciacqua, li porta là dove è il fuoco e ve li aggiusta sopra, sorvegliandoli nella cottura. Gli altri stanno adorando il Signore, un poco lontani da Lui, timorosi come sempre di Lui che è, Risorto, così divinamente potente.
«Ecco. Qui è il pane. Avete lavorato tutta la notte e siete stanchi. Ora vi rifocillerete. È pronto, Pietro?».
«Sì, mio Signore», dice Pietro con una voce ancor più roca del solito, curvo sul fuoco, e si asciuga gli occhi che gocciano, come se il fumo li facesse piangere irritandoli insieme alla gola. Ma non è il fumo che dà quella voce e quelle lacrime...
Porta il pesce che ha steso su una foglia rasposa, pare una foglia di zucca e gliel’ha portata Andrea dopo averla sciacquata nel lago.
Gesù offre e benedice, spezza il pane e i pesci e li distribuisce facendone otto parti e gustandone Lui pure. Mangiano con la riverenza con cui compirebbero un rito. Gesù li guarda e sorride. Ma tace Egli pure sinché chiede: «Dove sono gli altri?».
«Sul monte. Dove hai detto. E noi si è venuti per pescare, perché non si ha più denaro e non vogliamo abusare dei discepoli».
«Fate bene. Però d’ora in avanti voi apostoli starete sul monte in orazione, edificando con l’esempio i discepoli. Mandate quelli a pescare. Voi è bene che rimaniate là in preghiera e per ascoltare quelli che hanno bisogno di consiglio o possono venire a darvi delle notizie. Teneteli uniti molto i discepoli. Presto verrò».
«Lo faremo, Signore».
«Marziam non è con te?».
«Non me lo avevi detto di farlo venire così subito».
«Fàllo venire. La sua ubbidienza è finita».
«Lo farò venire, Signore».
8Un silenzio. Poi Gesù, che era stato un poco a capo chino, pensando, alza la testa e figge gli sguardi su Pietro. Lo guarda col suo sguardo delle ore di più forte miracolo e impero. Pietro ne ha un trasalimento quasi di paura e si getta un poco indietro... Ma Gesù, posando una mano sulla spalla di Pietro, lo trattiene fortemente e gli chiede, tenendolo così: «Simone di Giona, mi ami tu?».
«Certo, Signore! Tu lo sai che ti amo», risponde Pietro sicuro.
«Pasci i miei agnelli... Simone di Giona, mi ami tu?».
«Sì, mio Signore. E Tu lo sai che ti amo». La voce è meno baldanzosa, è anzi un poco stupita per la ripetizione di quella domanda.
«Pasci i miei agnelli... Simone di Giona, mi ami tu?».
«Signore... Tu sai tutto... Tu sai se io ti amo...», gli trema la voce a Pietro, che è sicuro del suo amore ma che ha l’impressione non ne sia sicuro Gesù.
«Pasci le mie pecorelle. La tua triplice professione d’amore ha cancellato la tua triplice negazione. Sei tutto puro, Simone di Giona, ed Io ti dico: assumi la veste ponteficale e porta la Santità del Signore in mezzo al mio gregge. Cingiti le vesti alla cintura e tienile cinte sinché da Pastore tu pure diverrai agnello. In verità ti dico che, quando eri più giovane, da te ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai invecchiato stenderai le mani ed un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti. Ora però sono Io che ti dico: “Cingiti e seguimi sulla mia stessa via”. Alzati e vieni».
Si alza Gesù e si alza Pietro, andando verso la riva, e gli altri si danno a spegnere il fuoco soffocandolo sotto la rena.
9Ma Giovanni, raccolti i resti del pane, segue Gesù. Pietro sente lo scalpiccìo dei passi e volge il capo. Vede Giovanni e chiede, accennandolo a Gesù: «E di questo che avverrà?».
«Se Io voglio che resti finché Io non ritorni, che te ne importa? Tu seguimi».
Sono sulla riva. Pietro vorrebbe ancora parlare: l’imponenza di Gesù, le parole sentite lo trattengono. Si inginocchia, imitato dagli altri, e adora. Gesù li benedice e congeda. Essi salgono in barca e si allontanano remando. Gesù li guarda andare.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 11 Aprile 2010, II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,19-31.
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 627 pagina 267.
1Sono raccolti nel Cenacolo. La sera deve essere ben tarda, perché nessun rumore viene più dalla via né dalla casa. Penso the anche quelli the erano venuti prima si siano tutti ritirati o alle proprie case o a dormire, stanchi di tante emozioni.I dieci invece, dopo avere mangiato dei pesci, di cui ancora qualcuno sussiste su un vassoio posato sulla credenza, stanno parlando sotto la luce di una sola fiammella del lampadario, la più vicina alla tavola. Sono ancora seduti alla stessa. E hanno discorsi spezzati. Quasi dei monologhi, perché pare the ognuno, più the col compagno, parli con se stesso. E gli altri lo lasciano parlare, magari parlando a loro volta di tutt'altra cosa. Però questi discorsi slegati, the mi fanno l'impressione dei raggi di una ruota sfasciata, si sente the appartengono ad un solo argomento the li accentra, anche se così sparsi. E the è Gesù.
2«Non vorrei the Lazzaro avesse udito male, e meglio di lui avessero capito le donne...», dice Giuda d'Alfeo. «A the ora ha detto di averlo visto la romana?», chiede Matteo. Nessuno gli risponde. «Domani io vado a Cafarnao», dice Andrea. «Che meraviglia! Fare sì the esca proprio in quel momento la lettiga di Claudia!», dice Bartolomeo. «Abbiamo fatto male, Pietro, a venire via subito questa mattina... Fossimo rimasti, lo avremmo visto come la Maddalena», sospira Giovanni.«Io non capisco come poté essere a Emmaus e in palazzo insieme. E come qui dalla Madre, e dalla Maddalena e da Giovanna insieme...», dice a se stesso Giacomo di Zebedeo.«Non verrà. Non ho pianto abbastanza per meritarlo... Ha ragione. Io dico the per tre giorni mi fa aspettare per le mie tre negazioni. Ma come, come ho potuto fare quello?».«Come era trasfigurato Lazzaro! Vi dico: pareva lui un sole. Io penso gli sia successo come a Mosè dopo avere visto Dio. E subito vero, voi the eravate là? subito dopo avere offerto la sua vita!», dice lo Zelote. Nessuno lo ascolta.
3Giacomo d'Alfeo si volta da Giovanni e dice: «Come ha detto a quelli di Emmaus? Mi pare the ci abbia scusati, non è vero? Non ha detto the tutto è avvenuto per il nostro errore di israeliti sul modo di capire il suo Regno?».Giovanni non gli dà nessuna retta e, volgendosi a guardare Filippo, dice... all'aria, perché a Filippo non parla: «A me basta di saperlo risorto. E poi... E poi the il mio amore sia sempre più forte. Visto, eh! È andato, se voi guardate, in proporzione all'amore the avemmo: la Madre, Maria Maddalena, i bambini, mia madre e la tua, a poi Lazzaro e Marta... Quando a Marta? Io dico quando ella intonò il salmo davidico*: "Il Signore è mio pastore, non mi mancherà nulla. Egli mi ha posto in luogo di abbondanti pascoli, mi ha condotto ad acque ristoratrici. Ha richiamato a Sé l'anima mia...". Ricordi come ci fece sussultare con quell'inaspettato canto? E quelle parole si riconnettono a quanto ha detto: "Ha richiamato a Sé l'anima mia". Infatti Marta sembra avere ritrovato la sua via... Prima era smarrita, lei, la forte! Forse nel richiamo le ha detto il luogo dove la vuole. È certo anzi, perché, se le ha dato appuntamento, deve sapere dove lei sarà. Che avrà voluto dire dicendo: "sponsali compiuti?"». Filippo, the lo ha guardato un momento e poi lo ha lasciato monologare, geme: «Io non saprò the dirgli se viene... Io sono fuggito... e sento the fuggirò. Prima per paura degli uomini. Ora per paura di Lui».«Dicono tutti: "è bellissimo". Può mai essere più bello di quanto già era?», si chiede Bartolomeo. «Io gli dirò: "Mi hai perdonato senza parola quando ero pubblicano. Perdonami anche ora col tuo silenzio, perché non merita la mia viltà la tua parola"», dice Matteo.«Longino dice the ha pensato: "Devo chiedergli di guarire o di credere?". Ma ha detto il suo cuore: "Di credere", e allora la Voce ha detto: "Vieni a Me", ed egli ha sentito la volontà di credere e la guarigione insieme. Me lo ha proprio detto così», afferma Giuda d'Alfeo. «Io sono sempre fisso al pensiero di Lazzaro, premiato subito per la sua offerta... L'ho detto io pure: "La mia vita per la tua gloria". Ma non è venuto», sospira to Zelote.
4«Che dici, Simone? Tu the sei colto, dimmi: the gli devo dire per fargli capire the lo amo e chiedo perdono? E tu, Giovanni? Tu hai parlato molto con la Madre. Aiutami. Non è pietà lasciare solo il povero Pietro!».Giovanni si muove a compassione dell'avvilito compagno e dice: «Ma... ma io gli direi semplicemente: "Ti amo". Nell'amore è compreso anche il desiderio del perdono e il pentimento. Però... non so. Simone, the dici tu?».E lo Zelote: «Io direi quello the era il grido dei miracoli: "Gesù, pietà di me!". Direi: "Gesù". E basta. Perché è ben più del Figlio di Davide!».«È ben quello the penso e the mi fa tremare. Oh! io nasconderò il capo... Anche stamane avevo paura di vederlo e...».«...e poi sei entrato per primo. Ma non temere così. Sembra the tu non lo conosca», lo rincuora Giovanni.
5La stanza si illumina vivamente come per un lampo abbagliante. Gli apostoli si celano il viso temendo sia un fulmine. Ma non odono rumore e alzano il capo.Gesù è in mezzo alla stanza, presso la tavola. Apre le braccia dicendo: «La pace sia con voi».Nessuno risponde. Chi più pallido, chi più rosso, lo fissano tutti con paura e soggezione. Affascinati e nello stesso tempo vogliosi quasi di fuggire.Gesù fa un passo avanti, aumentando il suo sorriso. «Ma non temete così! Sono Io. Perché così turbati? Non mi desideravate? Non vi avevo fatto dire the sarei venuto? Non ve lo avevo detto fin dalla sera pasquale?».Nessuno osa aprire bocca. Pietro piange già e Giovanni già sorride, mentre i due cugini, con gli occhi lustri e un movimento di parola senza suono sulle labbra, sembrano due statue raffiguranti il desiderio.«Perché nei cuori avete pensieri così in contrasto fra il dubbio e la fede, l'amore e il timore? Perché ancora volete essere carne e non spirito, e con questo solo vedere, comprendere, giudicare, operare? Sotto la vampa del dolore non si è tutto arso il vecchio io, e non è sorto il nuovo io di una vita nuova?
6Sono Gesù. Il vostro Gesù, risorto come aveva detto. Guardate. Tu the le hai viste le ferite e voi the ignorate la mia tortura. Perché quanto sapete è ben diverso dalla conoscenza esatta the ne ha Giovanni. Vieni, tu per il primo. Sei già tutto mondo. Tanto mondo the mi puoi toccare senza tema. L'amore, l'ubbidienza, la fedeltà già ti avevano fatto mondo. Il mio Sangue, di cui fosti tutto rorido quando mi deponesti dal patibolo, ti ha finito di purificare. Guarda. Sono vere mani e vere ferite. Osserva i miei piedi. Vedi come il segno è quello del chiodo? Sì. Sono proprio Io e non un fantasma. Toccatemi. Gli spettri non hanno corpo. Io ho vera carne sopra un vero scheletro». Posa la Mano sul capo di Giovanni the ha osato andargli vicino: «Senti? È calda e pesante». Gli alita in volto: «E questo è respiro».«Oh! mio Signore! », Giovanni mormora piano, così... «Sì. Il vostro Signore. Giovanni, non piangere di timore e di desiderio. Vieni a Me. Sono sempre quello the ti amo. Sediamo, come sempre, alla tavola. Avete nulla più da mangiare? Datemelo, dunque».Andrea e Matteo, con mosse da sonnambuli, prendono dalle credenze il pane e i pesci e un vassoio con un favo appena sbocconcellato in un angolo.Gesù offre il cibo e mangia, a dà ad ognuno un poco di quanto mangia. E li guarda. Tanto buono. Ma tanto maestoso the essi ne sono paralizzati.
7Osa parlare per primo Giacomo, fratello di Giovanni: «Perché ci guardi così?». «Perché voglio conoscervi». «Non ci conosci ancora?». «Come voi non conoscete Me. Se mi conosceste, sapreste Chi sono e come vi amo, e trovereste le parole per dirmi il vostro tormento. Voi tacete. Come di fronte ad un estraneo potente di cui temete. Poco fa parlavate... Sono quasi quattro giorni the parlate con voi stessi dicendo: "Gli dirò questo...", dicendo allo Spirito mio: "Torna, Signore, the io ti possa dire questo". Ora sono venuto e voi tacete? Tanto mutato sono the più non vi paio Io? O tanto mutati siete da non amarmi più?». Giovanni, seduto presso al suo. Gesù, ha l'atto abituale di posargli la testa sul petto mentre mormora: «Io ti amo, mio Dio», ma si irrigidisce vietandosi questo abbandono per rispetto allo sfolgorante Figlio di Dio. Perché Gesù pare emanare una luce pur essendo di una carne pari alla nostra. Ma Gesù se lo attira sul Cuore, e allora Giovanni apre la diga al suo pianto beato. Ed è il segnale a tutti di farlo.
8Pietro, due posti dopo Giovanni, scivola fra la tavola a il sedile e piange gridando: «Perdono, perdono! Levami da questo inferno in cui sono da tante ore. Dimmi the hai visto il mio errore per quello the fu. Non dello spirito. Ma della carne the mi ha soverchiato il cuore. Dimmelo the hai visto il mio pentimento... Esso durerà fino alla morte. Ma Tu... ma Tu dimmi the come Gesù non ti devo temere... e io, e io... io cercherò di fare così bene da farmi perdonare anche da Dio... e morire... avendo solo un gran purgatorio da fare». «Vieni qui, Simone di Giona». «Ho paura». «Vieni qui. Non essere oltre vile». «Non lo merito di venirti accosto». «Vieni qui. Che ti ha detto la Madre? "Se non lo guardi su questo sudario non avrai cuore di guardarlo mai più". O uomo stolto! Quel Volto non ti ha detto col suo sguardo doloroso the ti capivo e the ti perdonavo? Eppure l'ho dato quel lino per conforto, per guida, per assoluzione, per benedizione... Ma the vi ha fatto Satana per accecarvi tanto? Ora Io ti dico: se non mi guardi ora the sulla mia gloria ho ancora steso un velo per adeguarmi alla vostra debolezza, non potrai mai più venire senza paura al tuo Signore. E the ti avverrà allora? Per presunzione peccasti. Vuoi ora tornare a peccare per ostinazione? Vieni, ti dico». Pietro si trascina sui ginocchi, fra il tavolo e i sedili, con le mani sul volto piangente. Lo ferma Gesù, quando è ai suoi piedi, mettendogli la Mano sul capo. Pietro, con un pianto anche più forte, prende quella Mano e la bacia fra un vero singhiozzare senza freno. Non sa the dire: «Perdono! Perdono!». Gesù si libera dalla sua stretta e, facendo leva della sua mano sotto il mento dell'apostolo, lo obbliga ad alzare il capo e lo fissa negli occhi arrossati, bruciati, straziati dal pentimento, coi suoi fulgidi Occhi sereni. Pare gli voglia trivellare l'anima. Poi dice: «Andiamo. Levami l'obbrobrio di Giuda. Baciami dove egli baciò. Lava col tuo bacio il segno del tradimento». Pietro alza il capo, mentre Gesù si china ancora di più, e sfiora la guancia... poi china il capo sulle ginocchia di Gesù e sta così... come un vecchio bambino the ha fatto del male ma the è perdonato.
9Gli altri, ora the vedono la bontà del loro Gesù, ritrovano un po' di ardire e si accostano come possono.Vengono prima i cugini... Vorrebbero dire tanto e non riescono a dire nulla. Gesù li carezza e rincuora col suo sorriso.Viene Matteo con Andrea. Matteo dicendo: «Come a Cafarnao...», e Andrea: «Io, io... ti amo io».Viene Bartolomeo gemendo: «Non sapiente fui. Ma stolto. Questo è sapiente», e accenna allo Zelote, al quale Gesù sorride già.Giacomo di Zebedeo viene e sussurra a Giovanni: «Diglielo tu...»; a Gesù si volge a dice: «Da quattro sere lo hai detto e da tanto Io ti ho compatito».Filippo, per ultimo, viene tutto curvo. Ma Gesù lo forza ad alzare il capo e gli dice: «Per predicare il Cristo occorre maggior coraggio».
10Ora sono tutti intorno a Gesù. Si rinfrancano piano piano. Ritrovano quanto hanno perduto o temuto di avere per sempre perduto. Riaffiora la confidenza, la tranquillità e, per quanto Gesù sia tanto maestoso da tenere in un rispetto nuovo i suoi apostoli, essi trovano finalmente il coraggio di parlare. È il cugino Giacomo the sospira: «Perché ci hai fatto questo, Signore? Tu lo sapevi the noi non siamo nulla e the ogni cosa da Dio viene. Perché non ci hai dato la forza di essere al tuo fianco?».Gesù lo guarda e sorride. «Ora tutto è avvenuto. E nulla più Tu devi patire. Ma non mi chiedere più questa ubbidienza. Sono invecchiato ad ogni ora di un lustro, e le tue sofferenze, the l'amore a Satana ugualmente aumentavano nella mia immaginazione di cinque volte quel the già non fossero, hanno proprio consumato ogni mia forza. Non me ne è rimasta altro the per continuare ad ubbidire, tenendo, come un the affoga con le mani spezzate, la mia forza con la volontà come fossero i denti afferranti una tavola, per non perire... Oh! non chiedere più questo al tuo lebbroso!». Gesù guarda Simone Zelote e sorride. «Signore, Tu lo sai quello the voleva il mio cuore. Ma poi non ho più avuto cuore... come me lo avessero strappato i manigoldi the ti hanno preso... e mi è rimasto un buco da cui fuggiva ogni mio pensiero antecedente. Perché hai permesso questo, Signore?», chiede Andrea. «Io... tu dici il cuore? Io dico the fui uno senza più ragione. Come chi prende un colpo di clava sulla nuca. Quando, a notte fatta, io mi trovai a Gerico... oh! Dio! Dio!... Ma può un uomo perire così? Io credo the così è la possessione. Ora la capisco cosa è questa cosa tremenda!...». Filippo sbarra ancora gli occhi al ricordo del suo soffrire. «Ha ragione Filippo. Io guardavo indietro. Vecchio sono e non povero di sapienza. E più nulla sapevo di quanto avevo saputo fino a quell'ora.
11Guardavo Lazzaro, così straziato ma così sicuro, e mi dicevo: "Ma come può essere the egli sappia ancora trovare una ragione ed io nulla più?"», dice Bartolomeo. «Io pure guardavo Lazzaro. E poiché io so appena ciò the Tu ci hai spiegato, non pensavo al sapere. Ma dicevo: "Almeno nel cuore fossi uguale!"; invece io non avevo the dolore, dolore, dolore. Lazzaro aveva dolore e pace... Perché a lui tanta pace?».Gesù guarda a turno prima Filippo, poi Bartolomeo, poi Giacomo di Zebedeo. Sorride e tace.Giuda dice: «Io speravo giungere a vedere ciò the certo Lazzaro vedeva. Per questo gli stavo sempre presso... Il suo viso!... Uno specchio. Un poco prima del terremoto del Venerdì egli era come uno the muore stritolato. E poi divenne di colpo maestoso nel suo dolore. Vi ricordate quando disse: "Il dovere compiuto dà pace"? Noi tutti credemmo fosse solo un rimprovero per noi o un'approvazione per se stesso. Ora penso the lo dicesse per Te. Era un faro nelle nostre tenebre, Lazzaro. Quanto gli hai dato, Signore! ». Gesù sorride a tace. «Sì. La vita. E forse con quella gli hai dato un'anima diversa. Perché, infine, the è lui di diverso da noi? Eppure non è più un uomo. È già qualcosa di più dell'uomo e, per quello the era in passato, avrebbe dovuto essere ancora meno di noi perfetto di spirito. Ma lui si è fatto, e noi... Signore, il mio amore è stato vuoto come certe spighe. Solo pula ho dato», dice Andrea. E Matteo: «Io nulla posso chiedere. Perché già tanto ho avuto con la mia conversione. Ma sì! Avrei voluto avere ciò the ebbe Lazzaro. Un'anima data da Te. Perché penso anche io come Andrea...».«Anche Maddalena e Marta furono dei fari. Sarà la razza. Voi non le avete viste. Una era pietà e silenzio. L'altra! Oh! se siamo stati tutti un fascio intorno alla Benedetta, è perché Maria di Magdala ci ha stretti con le fiamme del suo coraggioso amore. Sì. Ho detto: la razza. Ma devo dire: l'amore. Ci hanno superati nell'amore. Per questo sono stati quelli the furono», dice Giovanni. Gesù sorride a tace sempre. «Ne hanno avuto gran premio però...». «A loro apparisti». «A tutti a tre». «A Maria subito dopo tua Madre...». È chiaro negli apostoli un rimpianto per queste apparizioni di privilegio. «Maria ti sa risorto già da tante ore. E noi solo ora ti possiamo vedere...». «Non più dubbi in loro. In noi, invece, ecco... solo ora sentiamo the nulla è finito. Perché a loro, Signore, se ancora ci ami e non ci ripudi?», chiede Giuda d'Alfeo.«Sì. Perché alle donne, a specie a Maria? L'hai anche toccata sulla fronte, a lei dice the le pare di portare un serto eterno. E a noi, i tuoi apostoli, nulla...».
12Gesù non sorride più. Il suo Volto non è turbato, ma cessa il suo sorriso. Guarda serio Pietro the ha parlato per ultimo, riprendendo ardire man mano the la paura gli passa, e dice:«Avevo dodici apostoli. E li amavo con tutto il mio Cuore. Io li avevo scelti e come una madre ne avevo curato la crescita nella mia Vita. Non avevo segreti per loro. Tutto dicevo, tutto spiegavo, tutto perdonavo. E le umanità, e le sventatezze, e le caparbietà... tutto. E avevo dei discepoli. Dei ricchi e dei poveri discepoli. Avevo donne dal fosco passato o dalla debole costituzione. Ma i prediletti erano gli apostoli. È venuta la mia ora. Uno mi ha tradito e consegnato ai carnefici. Tre hanno dormito mentre Io sudavo sangue. Tutti, meno due, sono fuggiti per viltà. Uno mi ha rinnegato avendo paura, nonostante avesse l'esempio dell'altro, giovane e fedele. E, quasi non bastasse, fra i dodici ho avuto un suicida disperato e uno the ha dubitato tanto del mio perdono da non credere the a fatica, e per materna parola, alla Misericordia di Dio. Di modo che, se avessi guardato alla mia schiera, se l'avessi guardata con occhio umano, avrei dovuto dire: "Meno Giovanni, fedele per amore, e Simone, fedele all'ubbidienza, Io non ho più apostoli". Questo avrei dovuto dire mentre soffrivo nel recinto del Tempio, nel Pretorio, per le vie a sulla Croce.
13Avevo delle donne... E una, la più colpevole in passato, è stata, come Giovanni ha detto, la fiamma the ha saldato le spezzate fibre dei cuori. Quella donna è Maria di Magdala. Tu mi hai rinnegato e sei fuggito. Ella ha sfidato la morte per starmi vicino. Insultata, ha scoperto il suo volto, pronta a ricevere sputi e ceffoni, pensando di assomigliare così di più al suo Re crocifisso. Schernita nel fondo dei cuori per la sua tenace fede nella mia Risurrezione, ha saputo continuare a credere. Straziata, ha agito. Desolata, stamane, ha detto: "Di tutto mi spoglio, ma datemi il mio Maestro". Puoi osare ancora la domanda: "Perché a lei?". Avevo dei discepoli poveri: dei pastori. Poco li ho avvicinati, eppure come seppero confessarmi con la loro fedeltà!Avevo delle discepole timide, come tutte le donne ebree. Eppure hanno saputo lasciare la casa e venire fra la marea di un popolo the mi bestemmiava, per darmi quel soccorso the i miei apostoli mi avevano negato.Avevo delle pagane the ammiravano il "filosofo". Per loro ero tale. Ma seppero scendere ad usi ebrei, le potenti romane, per dirmi, nell'ora dell'abbandono di un mondo d'ingrati: "Noi ti siamo amiche".
14Avevo il volto coperto di sputi e sangue. Lacrime e sudore gocciavano sulle ferite. Lordure e polvere me lo incrostavano. Di chi la mano the mi deterse? La tua? o la tua? o la tua? Nessuna delle vostre mani. Costui era presso alla Madre. Costui riuniva le pecore sperse. Voi. E se sperse erano le mie pecore, come potevano darmi soccorso? Tu nascondevi il tuo volto per paura del disprezzo del mondo, mentre il tuo Maestro veniva coperto del disprezzo di tutto il mondo, Lui the era innocente. Avevo sete. Sì. Sappi anche questo. Morivo di sete. Non avevo più the febbre e dolore. Il sangue era già corso nel Getsemani, tratto dal dolore di essere tradito, abbandonato, rinnegato, percosso, sommerso dalle colpe infinite e dal rigore di Dio. Ed era corso nel Pretorio... Chi mi volle dare una stilla per le fauci arse? Una mano d'Israele? No. La pietà di un pagano. La stessa mano che, per decreto eterno, mi apri il petto per mostrare the il Cuore aveva già una ferita mortale, ed era quella the il non amore, la viltà, il tradimento, vi avevano fatta. Un pagano. Vi ricordo: "Ebbi sete e mi desti da bere". Non uno the mi desse un conforto in tutto Israele. O per impossibilità di farlo, come la Madre e le donne fedeli, o per mala volontà di farlo. E un pagano trovò per lo Sconosciuto la pietà the il mio popolo mi aveva negato. Troverà in Cielo il sorso a Me dato. In verità vi dico che, se Io ho rifiutato ogni conforto, perché quando si è Vittima non bisogna temperare la sorte, non ho voluto respingere il pagano, nella cui offerta ho sentito il miele di tutto l'amore the dai Gentili mi verrà dato a compenso dell'amarezza the mi dette Israele. Non mi ha levato la sete. Ma lo sconforto, sì. Per questo ho preso quel sorso ignorato. Per attirare a Me colui the già verso il Bene piegava. Sia benedetto dal Padre per la sua pietà!
15Non parlate più? Perché non chiedete ancora il perché ho così agito? Non osate di chiederlo? Io ve lo dirò. Tutto vi dirò dei perché di quest'ora.Chi siete voi? I miei continuatori. Sì. Lo siete nonostante il vostro smarrimento. Che dovete fare? Convertire il mondo a Cristo. Convertire! È la cosa più delicata e difficile, amici miei. Gli sdegni, i ribrezzi, gli orgogli, gli zeli esagerati sono tutti deleteri alla riuscita. Ma, poiché nulla e nessuno vi avrebbe persuaso alla bontà, alla condiscendenza, alla carità per quelli the sono nelle tenebre, è stato necessario comprendete? - necessario è stato the voi aveste, una buona volta, frantumato il vostro orgoglio di ebrei, di maschi, di apostoli, per dare luogo solo alla vera sapienza del ministero vostro. Alla mitezza, pazienza, pietà, amore senza borie e ribrezzi. Voi vedete the tutti vi hanno superato nel credere e nell'agire, fra quelli the voi guardavate con sprezzo o con compatimento orgoglioso. Tutti. E la peccatrice di un giorno. E Lazzaro, intinto di cultura profana, il primo the in mio Nome ha perdonato e guidato. E le donne pagane. E la debole moglie di Cusa. Debole? Invero ella tutti vi supera! Prima martire della mia fede. E i soldati di Roma. E i pastori. E l'erodiano Mannaen. E persino Gamaliele, il rabbino. Non sussultare, Giovanni. Credi tu the il mio Spirito fosse nelle tenebre? Tutti. E questo perché domani, ricordando il vostro errore, non chiudiate il cuore a chi viene alla Croce. Ve lo dico. E già so che, nonostante lo dica, non lo farete the quando la Forza del Signore vi piegherà come fuscelli al mio Volere, the è quello di avere dei cristiani di tutta la Terra. Ho vinto la Morte. Ma è meno dura del vecchio ebraismo. Ma vi piegherò.
16Tu, Pietro, in luogo di stare piangente e avvilito, tu the devi essere la Pietra della mia Chiesa, scolpisciti queste amare verità nel cuore. La mirra è usata per preservare dalla corruzione. Intriditi di mirra, dunque. E quando vorrai chiudere il cuore e la Chiesa ad uno d'altra fede, ricorda the non Israele, non Israele, non Israele, ma Roma mi difese e volle avere pietà. Ricordati the non tu, ma una peccatrice seppe stare ai piedi della Croce e meritò di vedermi per prima. E per non essere degno di biasimo sii imitatore del tuo Dio. Apri il cuore e la Chiesa dicendo: "Io, il povero Pietro, non posso sprezzare, perché se sprezzerò sarò sprezzato da Dio ed il mio errore tornerà vivo agli occhi suoi". Guai se non ti avessi spezzato così! Non un pastore ma un lupo saresti divenuto».
17Gesù si alza. Maestosissimo. «Figli miei. Ancora vi parlerò nel tempo the fra voi resterò. Ma per intanto vi assolvo e perdono. Dopo la prova che, se fu avvilente e crudele, è stata anche salutare e necessaria, venga in voi la pace del perdono. E, con essa in cuore, tornate i miei amici fedeli e forti. Il Padre mi ha mandato nel mondo. Io mando voi nel mondo a continuare la mia evangelizzazione. Miserie di ogni sorta verranno a voi chiedendo sollievo. Siate buoni pensando alla miseria vostra quando rimaneste senza il vostro Gesù. Siate illuminati. Nelle tenebre non è lecito vedere. Siate mondi per dare mondezza. Siate amore per amare. Poi verrà Colui the è Luce, Purificazione e Amore. Ma intanto, per prepararvi a questo ministero, Io vi comunico lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi. A chi li riterrete saranno ritenuti. L'esperienza vostra vi faccia giusti per giudicare. Lo Spirito Santo vi faccia santi per santificare. Il sincero volere di superare il vostro mancamento vi faccia eroici per la vita the vi aspetta. Quanto ancora è da dire ve lo dirò quando l'assente sarà venuto. Pregate per lui. Rimanete con la mia pace e senza orgasmo di dubbio sul mio amore».E Gesù scompare così come era entrato, lasciando fra Giovanni e Pietro un posto vuoto. Scompare in un bagliore the fa chiudere gli occhi tanto è forte. E, quando gli occhi abbacinati si riaprono, trovano solo the la pace di Gesù è rimasta, fiamma the brucia e the medica e the consuma le amarezze del passato in un unico desiderio: di servire.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Domenica 4 Aprile 2010, Domenica di Pasqua : Risurrezione del Signore

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9.
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 619 pagina 227.
1Le donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre nell’ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano parlare. «Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna. «Certo. Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al mercato», risponde Salome. «Ci diranno nulla?», chiede ancora Susanna. «Chi?», domanda la Maddalena. «I soldati, alla porta Giudiziaria. Di lì... entrano pochi ed escono meno ancora... Daremo sospetti...». «E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la Pasqua, andiamo ai nostri paesi». «Però... Per non dare nell’occhio a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un’altra porta e poi giriamo rasente alle mura?...». «Allungheremo la strada». «Ma saremo più sicure. Prendiamo la porta dell’Acqua...». «Oh! Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». È la Maddalena questa così recisa. «Allora un’altra, ma non quella Giudiziaria. Sii buona...», pregano tutte. «E va bene.
2Allora, posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei...». «Oh! sì. Anche per le guardie messe là... Lei è nota e temuta...». «Io direi di passare anche da Giuseppe d’Arimatea. È il padrone del luogo». «Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare nell’occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta? Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c’è del pericolo, e mi vedrete. E torneremo indietro. Ma vi assicuro che le guardie, davanti a questo io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete) ci lasceranno fare tutto». «Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione». «Allora andate, che io vado» . «Vai sola, Maria? Io vengo con te», dice Marta timorosa per la sorella. «No. Tu va’ con Maria d’Alfeo da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte insieme. Addio». E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in seno. Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo rosare dell’aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più presto. Né nessuno la ferma...
3Le altre la guardano andare, poi volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono un’altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria d’Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino (spioncino) che il portinaio socchiude. Entrano e vanno da Giovanna che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla nutrice e ad una servente.«Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non foste venute, sarei andata da me... Per trovare conforto... Perché molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non sentirmi sola devo andare contro quella pietra a bussare e dire: “Maestro, sono la povera Giovanna... Non mi lasciare sola anche Tu...”». Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle della padrona, intanto che le mette il mantello. «Io vado, Ester». «Dio ti conforti!». Escono dal palazzo per raggiungere le compagne. È in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli avvenimenti del Venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi, precipitosamente, e nell’ampio vestibolo, fra le serve e i servi urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuove scosse...
4...La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo che porta all’orto dell’Arimatea quando la coglie il boato potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce appena rosata dell’aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l’aria fino allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig zag l’aria quieta. Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo. Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre verso l’ortaglia. Vi entra veloce, andando, come un uccello inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. Ma, per quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa da leva e da fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra cade, dando uno scuotio che si unisce a quello del terremoto che, se è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come morte. Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma, vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade a ginocchio dicendo: «Ahimé! Lo hanno rapito!». È veramente desolata e piange come una bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi invece vuota la dimora.
5Poi si alza e corre via per andare da Pietro e Giovanni. E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate, si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo scuote furiosamente. Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni a Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena. «Là», e la donna indica il Cenacolo. Maria di Magdala entra e, appena è dentro, davanti ai due stupiti dice, e nella voce tenuta bassa per pietà della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove lo hanno messo!», e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra dove può. «Ma come? Che dici?», chiedono i due. E lei, con affanno: «Sono andata avanti... per comperare le guardie... perché ci lasciassero fare. Loro sono là come morte... Il Sepolcro è aperto, la pietra per terra... Chi? Chi sarà stato? Oh! venite! Corriamo...». Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto: «Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta della stanza di Maria). Ricòrdati che io sono la tua padrona. Ubbidisci e taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro...
6...Susanna e Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e quella di scappare presso Giovanna. Ma l’amore vince la paura e vanno verso il Sepolcro. Entrano ancora sbigottite nell’ortaglia e vedono le guardie tramortite... vedono una grande luce uscire dal Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell’unzione, che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore. Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore. Ma l’angelo dolcemente parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l’angelo del divino Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazaret, il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. Dite a Pietro e ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo vedrete ancora per poco, secondo che ha detto». Le donne cadono col volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto l’angelo del Signore!». Si calmano un poco in aperta campagna a si consigliano. Che fare? Se dicono ciò che hanno visto, non saranno credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né agli amici, né ai nemici... Pavide, ammutolite, tornano da altra via verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di vedere Maria... E là pensano che quanto hanno visto non sia che un inganno del Demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È Satana che le ha volute impaurire per allontanarle di là».Piangono e pregano come due bambine impaurite da un incubo...
7...Il terzo gruppo, quello di Giovanna, Maria d’Alfeo e Marta, visto che nulla succede di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono. Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche quello che non c’è. «Meglio se sono tutti spauriti! Forse e o saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria d’Alfeo. E vanno svelte verso le mura.
8Ma, mentre loro vanno là, all’ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla Maddalena. E Giovanni, più svelto, giunge per primo al Sepolcro. Le guardie non ci sono più. E più non c’è l’angelo. Giovanni si inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non vede che ammucchiati per terra i pannilini messi sopra la sindone. «Non c’è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra, guarda». Pietro, col fiato grosso per il gran correre fatto, entra nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il Maestro. E lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in qualche angolo buio. L’oscurità, in questa ora mattutina, è ancora forte nel profondo del Sepolcro, a cui dà luce solo la piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la Maddalena... E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a vedere... Tocca, a trema, il tavolo dell’unzione e lo sente vuoto... «Non c’è, Giovanni! Non c’è!... Oh! vieni anche tu! Io ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce». Giovanni si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata con cura. «Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma per fare questo... E noi l’abbiamo lasciato fare. Coll’andarcene lo abbiamo permesso!...». «Oh! dove lo avranno messo?». «Pietro! Pietro! Ora... è proprio finita!». I due discepoli escono annientati. «Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre...». «Io non vengo via. Sto qui... Qualcuno verrà... Oh! io non vengo... Qui c’è ancora qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre... Respirare l’aria dove Egli fu è l’unico sollievo che ci resta». «L’unico sollievo... Ora lo vedi tu pure che era fola sperare...», dice Pietro. Maria neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e piange, mentre gli altri vanno via lentamente.
9Poi alza il capo e guarda dentro, e fra le lacrime vede due angeli seduti a capo e a piedi della pietra dell’unzione. È tanto intontita la povera Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha resistito da eroina. «Perché piangi, donna?», chiede uno dei due luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno l’aspetto. «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove me lo hanno messo». Maria non ha paura a parlare con loro, non chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore. Tutto quanto può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno. Il giovinetto angelico guarda il compagno e sorride. E l’altro pure. E in un balenare di letizia angelica ambedue guardano fuori, verso l’ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono aperte al primo sole sui meli fitti del pometo.
10Maria si volta per vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È vero che è un Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma proprio mi chiedo come possa non riconoscerlo. E Maria fra i singhiozzi: «Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per imbalsamarlo in attesa che sorgesse... Ho tenuto raccolto tutto il mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore... e ora non lo trovo più... Anzi ho messo il mio amore intorno alla fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli uomini... Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e con esso tutto mi hanno levato... O mio signore, se sei tu che lo hai portato via, dimmi dove lo hai messo. Ed io lo prenderò... Non lo dirò a nessuno... Sarà un segreto fra me a te. Guarda: sono la figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant’oro e gemme per quanto esso pesa. Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo scontare a me. Ma rendimelo. Oh! non mi fare povera di questa miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!... Per me non vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e lo porterò come un bambino in salvo. Signore... signore... tu lo vedi... da tre giorni siamo percossi dall’ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di Dio... Non aggiungere Profanazione a Delitto...». «Maria!». Gesù sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante. «Rabboni!». Il grido di Maria è veramente “il grande grido” che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell’odio fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci dell’amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido che empie l’ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare. Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la fronte: «Non mi toccare! Non sono ancora salito al Padre mio con questa veste. Va’ dai miei fratelli e amici, e di’ loro che Io salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da loro». E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile.
11Maria bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo, perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando: «È risorto! È risorto!», e piange beata. E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo avanzano le spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco entrare anche, dalla via, Maria d’Alfeo con Marta e Giovanna, che a fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto due angeli che si dicevano il Custode dell’Uomo Dio e l’angelo del suo Dolore, e che hanno dato loro l’ordine di dire ai discepoli che Egli era risorto». E poiché Pietro scrolla il capo, insistono dicendo: «Sì. Hanno detto: “Perché cercate il Vivente fra i morti? Egli non è qui. È risorto, come disse quando ancora era in Galilea. Non ricordate? Disse: ‘Il Figlio dell’uomo deve essere dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo giorno risusciterà’ “». Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate». La Maddalena alza il capo dal petto di Maria e dice: «L’ho visto! Gli ho parlato. Mi ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato. Ma Pietro, e anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro occhio dice: «Immaginazione di donne!». Anche Susanna e Salome osano allora parlare. Ma la stessa inevitabile diversità nei particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci sono, degli angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la persuasione degli apostoli cresca sempre più.
12Maria, la Madre beata, tace sorreggendo la Maddalena... Non comprendo il mistero di questo silenzio materno. Maria d’Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi due. Vediamo se siamo tutte ebbre...». E corrono fuori. Le altre restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace, assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno comprende che è estasi.Tornano le due attempate donne: «È vero! È vero! Noi lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l’orto di Barnaba: “La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là staremo ancora insieme”. Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più fidi, ai pastori, andare, fare, fare... Oh! è risorto!...», piangono tutte beate. «Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate. La luce vi è parsa angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col Cadavere involato». «Ma se lo dicono le guardie stesse che è risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei Sacerdoti sono folli d’ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono credere, molti altri credono...». «Uhm! Le donne!...». Pietro alza le spalle a fa per andarsene.
13Allora la Madre, che ha sempre sul cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un’acquata per la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il viso trasfigurato e dice una breve frase: «È realmente risorto. Io l’ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe». E poi si curva sui capelli dell’appassionata e dice: «Sì, la gioia è ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la ragione hai fatto parlare lo spirito». Pietro non osa più negare... e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse il ritardo: «Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli altri. A quelli dispersi per le campagne... cercare... fare... Su, muovetevi. Se dovesse proprio venire... che ci trovi almeno», e non si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua Risurrezione.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/