"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’,
ma leggetela e fatela leggere"

Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
Evangelo come mi è stato rivelato
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Domenica 9 febbraio 2020, V Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,13-16.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte,
né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli." 
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 2 Capitolo 98 pagina 125 - CD 2, traccia 20
Gesù con tutti i suoi - ormai sono in tredici, più Lui - sono, sette per barca, sul lago di Galilea. Gesù è nella barca di Pietro, la prima, insieme a Pietro, Andrea, Simone, Giuseppe e i due cugini. Nell’altra sono i due figli di Zebedeo con gli altri: ossia l’Iscariota, Filippo, Tommaso, Natanaele e Matteo.
Le barche veleggiano svelte, spinte da un vento fresco di borea, che appena increspa l’acqua in tante rughettine, appena sottolineate da un filo di spuma che fa un tulle sull’azzurro di turchese del lago sereno. Vanno, lasciandosi dietro due scie che alle basi si baciano, confondendo le loro spume gioconde in un unico riso di acque, perché vanno quasi di conserva, quella di Pietro appena più avanti di un due metri.
Da barca a barca, lontane pochi metri l’una dall’altra, si scambiano parole e commenti. Da questi arguisco che i galilei illustrano e spiegano ai giudei i punti del lago, i loro commerci, le personalità che vi abitano, le distanze dal luogo di partenza e di arrivo, ossia Cafarnao e Tiberiade. Le barche non pescano, sono solo adibite a trasporto delle persone.
Gesù è seduto a prua e gode visibilmente della bellezza che lo circonda, dal silenzio, di tutto quell’azzurro puro di cielo e di acque a cui fanno anello sponde verdi, disseminate di paesi tutti bianchi fra il verde. Si astrae dai discorsi dei discepoli, molto in avanti sulla prora, quasi sdraiato su un fascio di vele, a capo sovente chino su quello specchio di zaffiro che è il lago, come studiasse il fondale e si interessasse di quanto vive in quelle acque limpidissime. Ma chissà a cosa pensa...
Pietro lo interroga due volte per sapere se il sole - che ormai, alzato del tutto da oriente, prende in pieno la barca nel suo raggio, non ancora rovente ma già caldo - lo disturbi; un’altra volta gli dice se vuole anche pane e cacio come gli altri. Ma Gesù non vuole nulla, né tenda né pane. E Pietro lo lascia in pace.
Un gruppetto di piccole barche da diporto, quasi scialuppe, ma tutte ricche di baldacchini purpurei e di morbidi cuscini, taglia per traverso la strada alle barche dei pescatori. Suoni, risate, profumi, passano con esse.
Sono piene di belle donne e di gaudenti romani e palestinesi, ma più romani, o per lo meno non palestinesi, perché qualcuno deve essere greco; almeno così arguisco dalle parole di un giovane magro, snello, bruno come un’uliva quasi matura, tutto azzimato in una corta veste rossa, limitata da una pesante greca al fondo e tenuta alla vita da una cintura che è un capolavoro di orafo. Dice: “Ellade è bella! Ma neppur la olimpica mia patria ha questo azzurro e questi fiori. E, invero, non stupisce che le dee l’abbiano abbandonata per qui venire. Sfogliamo sulle dee, non più greche ma giudee, i fiori, le rose e gli omaggi...” E sparge sulle donne della sua barca i petali di splendide rose, e altre ne getta nella barca vicina.
Risponde un romano: “Sfoglia, sfoglia, greco! Ma Venere è con me. Io non sfoglio: io colgo le rose su questa bella bocca. E’ più dolce!” E si china a baciare, sulla bocca aperta al riso, Maria di Magdala, semisdraiata sui cuscini e col capo biondo in grembo al romano.
Ormai le barchette sono proprio contro alle barche pesanti, e sia per imperizia dei vogatori, sia per giuoco di vento, per poco non cozzano.
“State attenti, se vi preme la vita” urla Pietro inferocito mentre vira, dando un colpo di barra, per evitare il cozzo. Insulti di uomini e grida di spavento delle donne vanno da barca a barca.
I romani insultano i galilei dicendo “Scansatevi, cani di ebrei che siete.” Pietro e gli altri galilei non lasciano cadere l’insulto e Pietro specialmente, rosso come un galletto, ritto proprio sul bordo della barca che beccheggia fortemente, con le mani sui fianchi, risponde per le rime, non risparmiando né romani, né greci, né ebrei, né ebree. Anzi a queste dedica tutta una collana di appellativi onorifici che lascio nella penna.
Il battibecco dura finché dura il groviglio di chiglie e remi non si è dipanato, e ognuno va per la sua via.
Gesù non ha mai cambiato posizione. E’ rimasto seduto, assente, senza sguardi né parole per le barche e i loro occupanti. Appoggiato su un gomito, ha continuato a guardare la sponda lontana come nulla accadesse. Gli viene gettato anche un fiore. Non so da chi, certo da una donna, perché sento una risatina femminile accompagnare l’atto. Ma Lui... niente. Il fiore lo colpisce quasi sul volto e casca sulle tavole, finendo sotto ai piedi del bollente Pietro.
Quando le barchette stanno per allontanarsi, vedo che la Maddalena si alza in piedi e segue la traccia che le indica una compagna di vizio, ossia appunta i suoi occhi splendidi sul volto sereno e lontano di Gesù. Quanto lontano dal mondo quel volto!...
“Di’, Simone!” interpella l’Iscariota. “Tu che sei giudeo come me, rispondi. Ma quella bellissima bionda in grembo al romano, quella che si è alzata in piedi poco fa, non è la sorella di Lazzaro di Betania?”.
“Non so nulla io” risponde asciutto Simon Cananeo. “Sono tornato tra i vivida poco e quella donna è giovane...”
“Non mi vorrai dire che tu non conosci Lazzaro di Betania, spero! So bene che gli sei amico e che ci sei stato anche col Maestro.”
“E se ciò fosse?”
“E posto che ciò è, dico io, tu devi conoscere anche la peccatrice che è la sorella di Lazzaro. La conoscono anche le tombe! E’ dieci anni che fa parlare di sé. Ha incominciato ad esser leggera appena fu pubere. Ma da oltre quattro anni! Non puoi ignorare lo scandalo, anche se eri nella ‘valle dei morti’. Ne parlò tutta Gerusalemme. E Lazzaro si è rinchiuso allora a Betania... Ha fatto bene, del resto. Nessuno avrebbe più messo piede nel suo splendido palazzo di Sionne, dove anche lei andava e veniva. Intendo dire: nessuno che fosse santo. In campagna... si sa!... E poi, ormai lei è da per tutto, fuorché a casa sua... Ora certo è a Magdala... Sarà in qualche nuovo amore... Non rispondi? Puoi smentirmi?”
“Non smento. Taccio.”
“Allora è lei? Anche tu l’hai riconosciuta!”
“L’ho vista bambina, e pura, allora. La rivedo ora... Ma la riconosco. Impudicamente ripete l’effigie della madre sua, una santa.”
“E allora perché quasi negavi che il tuo amico l’avesse per sorella?”
“Le nostre piaghe, e quelle di coloro che amiamo, si cerca di tenerle coperte. Specie quando si è onesti.”
Giuda ride verde.
“Dici bene, Simone. E tu sei un onesto” osserva Pietro.
“E tu l’avevi riconosciuta? A Magdala, a vendere il tuo pesce, ci vai di certo, e chissà quante volte l’hai vista!...”
“Ragazzo, sappi che quando si hanno le reni stanche di un onesto lavoro, le femmine non fanno più voglia. Si ama solo il letto onesto della nostra sposa.”
“Eh! ma la roba bella piace a tutti! Almeno, non foss’altro, si guarda.”
“Perché? Per dire: ‘Non è cibo per la tua mensa?’ No, sai. Dal lago e dal mestiere ho imparato diverse cose, e una è questa: che pesce d’acqua dolce e di fondale non è fatto per acqua salsa e  corso vorticoso.”
Vuoi dire?”
“Voglio dire che ognuno deve stare al suo posto, per non morire in malo modo.”
“Ti faceva morire la Maddalena?”
“No. Ho cuoio duro. Ma... me lo dici: ti senti male tu, forse?”
“Io? Oh! non l’ho neppur guardata!...”
“Bugiardo! Scommetto che ti sei roso per non essere su questa prima barca e averla più vicina... Avresti sopportato anche me per essere più vicino... Tanto è vero quel che dico, che mi onori della tua parola, in grazia sua, dopo tanti giorni di silenzio.”
“Io? Ma se non sarei stato neppur visto! Guardava continuamente il Maestro, lei!”
“Ah Ah! Ah! e dice che non la guardava! Come hai fatto a vedere dove guardava, se non la guardavi?”
Ridono tutti, meno Giuda, Gesù e lo Zelote, all’osservazione di Pietro.
Gesù pone termine alla discussione, che ha mostrato di non udire, chiedendo a Pietro: “Quella è Tiberiade?”
“Sì, Maestro. Ora faccio l’accostata.”
“Attendi. Puoi metterti in quel seno quieto? Vorrei parlare a voi soltanto.”
“Misuro il fondo e te lo so dire” E Pietro cala una lunga pertica e va lento verso riva. “Si può, Maestro. Vado ancora contro la sponda?”
“Il più che puoi. C’è ombra e solitudine. Mi piace.”
Pietro va fin sotto riva. La terra è lontana al massimo un quindici metri. “Ora toccherei.”
“Ferma. E voi venite accosto più che potete e udite.”
Gesù lascia il suo posto e viene a sedersi al centro della barca, su una panchetta che va da sponda a sponda. Di fronte ha l’altra barca, intorno gli altri della sua.
“Udite. Vi parrà che Io mi astragga talora dai vostri discorsi e sia perciò un maestro infingardo che non sorveglia la propria scolaresca. Sappiate che l’anima mia non vi lascia un momento. Avete mai visto un medico che studia un malato di un male ancora incerto e di contrastanti sintomi? Lo tiene d’occhio, dopo averlo visitato, lo sorveglia, e nel sonno e nella veglia, al mattino e alla sera, e nel silenzio e nel parlare, perché tutto può essere sintomo e guida a decifrare il morbo nascosto e ad indicare una cura. Lo stesso faccio Io con voi. Vi tengo con fili invisibili, ma sensibilissimi, che si innestano in Me e mi trasmettono anche le più lievi vibrazioni del vostro io. Vi lascio credere di essere liberi, perché vi palesiate sempre più per quello che siete, cosa che avviene quando uno scolaro, o un maniaco, si crede perso di vista dal sorvegliante.
Voi siete un gruppo di persone, ma formate un nucleo, ossia una sola cosa. Perciò siete un complesso che si forma a ente e che va studiato nelle singole sue caratteristiche, più o meno buone, per formarlo, amalgamarlo, smussarlo, accrescerlo nei lati poliedrici e farne un unico ‘che’ perfetto. Perciò Io vi studio. E studio su voi anche mentre voi dormite.
Cosa siete voi? Cosa dovete divenire? Voi siete il sale della terra. Tali dovete divenire: sale della terra. Con il sale si preservano le carni dalla corruzione e con la carne molte altre derrate. Ma potrebbe il sale salare se non fosse salato? Con voi Io voglio salare il mondo per renderlo insaporito di sapore celeste. Ma come potete salare se mi perdete voi sapore?
Cosa vi fa perdere sapore celeste? Ciò che è umano. L’acqua del mare, del vero mare, non è buona a bere tanto è salata, non è vero? Eppure, se uno prende una coppa di acqua di mare e la getta in un’idria d’acqua dolce, ecco che può bere, perché l’acqua di mare è tanto diluita che ha perso il suo mordente. L’umanità è come l’acqua dolce che si mescola alla vostra salsedine celeste. Ancora, se per un supposto si potesse derivare un rio dal mare e immetterlo nell’acqua di questo lago, potreste poi voi ritrovare quel filo d’acqua salata? No. Si sarebbe perso in tanta acqua dolce. Così avviene di voi quando immergete la vostra missione, meglio: la sommergete, in tanta umanità.
Siete uomini. Sì. Lo so. Ma, e Io chi sono? Sono Colui che ha seco ogni forza. E che faccio Io? Io vi comunico questa forza poi che vi ho chiamati. Ma che giova che Io ve la comunichi se voi la disperdete sotto valanghe di senso e di sentimenti umani?
Voi siete, dovete essere, la luce del mondo. Vi ho scelti, Io, Luce di Dio, fra gli uomini, per continuare ad illuminare il mondo dopo che Io sarò tornato al Padre. Ma potete voi dare luce se siete lanterne spente o fumose? No, che anzi col vostro fumo - peggio è il fumo ambiguo all’assoluta morte di un lucignolo - voi offuschereste quel barlume di luce che ancora possono avere i cuori. Oh! miseri quelli che cercando Dio si rivolgeranno agli apostoli e in luogo di luce avranno fumo! Scandalo e morte ne avranno. Ma maledizione e castigo ne avranno gli apostoli indegni.
Grande sorte la vostra! Ma anche grande, tremendo impegno! Ricordatevi che colui a cui più è dato, più è tenuto a dare. E a voi il massimo è dato, di istruzione e di dono. Siete istruiti da Me, Verbo di Dio, e ricevete da Dio il dono di essere ‘i discepoli’, ossia i continuatori del Figlio di Dio. Io vorrei che voi meditaste sempre questa vostra elezione, e ancor vi scrutaste, e ancor vi pesaste... e se uno  sente di esser atto ad esser fedele - non voglio neppur dire: se uno non si sente che peccatore e impenitente; dico solo: se uno si sente atto ad esser solo un fedele - ma non sente in sé nerbo di apostolo, si ritiri.
Il mondo, per chi è amante di esso, è tanto vasto, bello, sufficiente, vario! Offre tutti i fiori e tutti i frutti atti al ventre e al senso. Io non offro che una sola cosa: la santità. Questa, sulla terra, è la cosa più angusta, povera, erta, spinosa, perseguitata che esista. Nel Cielo la sua angustia si muta in immensità, la sua povertà in ricchezza, la sua spinosità in tappeto fiorito, il suo essere erta in sentiero liscio e soave, la sua persecuzione in pace e beatitudine. Ma qui è fatica da eroe esser santi. Io non vi offro che questo.
Volete voi rimanere con Me? Non vi sentite di farlo? Oh! non vi guardate stupiti o addololorati! Mi sentirete fare ancora molte volte questa domanda. E quando la sentirete, pensate che il mio cuore nel farla piange, perché è ferito dalla vostra sordità alla vocazione. Esaminatevi, allora, e poi giudicate con onestà e sincerità, e decidete. Per non essere dei reprobi, decidete. Dite: ‘Maestro, amici, io conosco di non essere fatto per questa via. Vi do bacio di commiato e vi dico: pregate per me’. Meglio così che tradire. Meglio così...
Che dite? Chi tradire? Chi? Me. La mia causa, ossia la causa di Dio - perché Io sono uno col Padre - e voi. Sì. Vi tradireste. L’anima vi tradireste, dandola a Satana. Volete rimanere ebrei? Ed Io non vi forzo a cambiare. Ma non tradite. Non tradite la vostra anima, il Cristo, e Dio. Io vi giuro che né Io, né i fedeli a Me vi criticheranno, né vi additeranno allo sprezzo delle turbe fedeli. Poco fa un vostro fratello ha detto una grande parola: ‘Le nostre piaghe e quelle di coloro che amiamo si cerca di tenerle nascoste’. E colui che si separerebbe sarebbe una piaga, una cancrena che, nata nel nostro organismo apostolico, si staccherebbe per cancrena completa, lasciando un segno doloroso che con ogni cura terremmo nascosto.
No. Non piangete, o voi migliori. Non piangete. Io non vi porto rancore, né sono intransigente per vedervi così tardi. Siete appena presi e non posso pretendere che siate perfetti. Ma non lo pretenderò neppure fra anni, dopo aver detto cento e duecento volte le stesse cose inutilmente. Anzi, udite, fra anni sarete, almeno alcuni, meno ardenti di ora che siete neofiti. La vita è così.... l’umanità è così... Perde lo slancio dopo il primo balzo. Ma (Gesù si alza di scatto) ma Io vi giuro che Io vincerò. Depurati per natural selezione, fortificati da soprannaturale mistura, voi migliori diverrete i miei eroi. Gli eroi del Cristo. Gli eroi del Cielo. La potenza dei Cesari sarà polvere rispetto alla regalità del vostro sacerdozio. Voi, poveri pescatori di Galilea, voi ignoti giudei, voi, numeri fra la massa degli uomini presenti, sarete più noti, acclamati, venerati di Cesare e di tutti i Cesari che ebbe e avrà la terra. Voi noti, voi benedetti in un prossimo futuro e nel più remoto dei secoli, sino alla fine del mondo.
A questa sublime sorte Io vi eleggo. Voi che siete onesti nella volontà. E, perché di essa siate capaci, vi do le linee essenziali del vostro carattere di apostoli.
Esser sempre vigili e pronti. I vostri lombi siano cinti, sempre cinti, e le vostre lampade accese come è di coloro che da un attimo all’altro devono partire o correre incontro ad un che arriva. E infatti voi siete, voi sarete, sin che la morte vi fermi, gli instancabili pellegrini alla ricerca di chi è errante; e finché la morte la spenga, la vostra lampada deve essere tenuta alta e accesa per indicare la via agli sviati che vengono verso l’ovile di Cristo.
Fedeli dovete essere al Padrone che vi ha preposti a questo servizio. Sarà premiato quel servo che il Padrone trova sempre vigilante e che la morte sorprende in stato di grazia. Non potete, non dovete dire: ‘Io sono giovane. Ho tempo di fare questo e quello, e poi pensare al Padrone, alla morte, all’anima mia’. Muoiono i giovani come i vecchi, i forti come i deboli. E all’assalto della tentazione sono vecchi e giovani, forti e deboli, ugualmente soggetti. Guardate che l’anima può morire prima del corpo e voi potete portare, senza sapere, in giro un’anima putrida. E’ così insensibile il morire di un’anima! Come la morte di un fiore. Non ha grido, non ha convulsione... china solo la sua fiamma come corolla stanca, e si spegne. Dopo, molto dopo talora, immediatamente dopo talaltra, il corpo si accorge di portare dentro un cadavere verminoso, e diviene folle di spavento, e si uccide per sfuggire a quel connubio... Oh! non sfugge! Cade proprio con la sua anima verminosa su un brulicare di serpi nella Geenna.
Non siate disonesti come sensali o causidici che parteggiano per due opposti clienti, non siate falsi come i politicanti che dicono ‘amico’ a questo e a quello, e poi sono di questo e di quello nemici. Non pensate di agire in due modi. Dio non si iride e non si inganna. Fate con gli uomini come fate con Dio, perché offesa fatta agli uomini è come fatta a Dio. Vogliate che Dio veda voi quali voi volete essere veduti dagli uomini.
Siate umili. Non potete rimproverare il vostro Maestro di non esserlo. Io vi do l’esempio. Fate come faccio. Umili, dolci, pazienti. Il mondo si conquista con questo. Non con la violenza e forza. Forti e violenti siate contro i vostri vizi. Sradicateli, a costo di lacerarvi anche lembi di cuore. Vi ho detto, giorni sono, di vigilare gli sguardi. Ma non lo sapete fare. Io vi dico: meglio sarebbe diveniste ciechi con lo strapparvi gli occhi ingordi, anziché divenire lussuriosi.
Siate sinceri. Io sono la Verità. Nelle eccelse come nelle umane cose. Voglio siate schietti voi pure. Perché andare con inganno o con Me, o coi fratelli, o con il prossimo? Perché giocare di inganno? Che? Tanto orgogliosi qual siete, e non avete l’orgoglio di dire: ‘Voglio non esser trovato bugiardo’? E schietti siate con Dio. Credete di ingannarlo con forme di orazioni lunghe e palesi? Oh! poveri figli! Dio vede il cuore!
Siate casti nel fare il bene. Anche nel fare elemosina. Un pubblicano ha saputo esserlo prima della sua conversione. E voi non lo sapreste? Sì, ti lodo, Matteo, della casta offerta settimanale che Io e il Padre solo conoscevamo tua, e ti cito ad esempio. E’ una castità anche questa, amici. Non scoprite la vostra bontà, come non scoprireste una figlia giovinetta agli occhi di una folla. Siate vergini nel fare il bene. E’ vergine l’atto buono quando è esente da connubio di pensiero di lode e di stima, o da fomite di superbia.
Siate sposi fedeli della vostra vocazione a Dio. Non potete servire due padroni. Il letto nuziale non può accogliere due spose contemporaneamente. Dio e Satana non possono dividersi i vostri amplessi. L’uomo non può, e non lo possono né Dio né Satana, condividere un triplice abbraccio in antitesi fra i tre che se lo dànno.
Siate alieni da fame d’oro come da fame di carne, da fame di carne come da fame di potenza. Satana questo vi offre. Oh! le sue bugiarde ricchezze! Onori, riuscita, potere, dovizie: mercati osceni che hanno a moneta la vostra anima.
Siate contenti del poco. Dio vi dà il necessario. Basta. Questo ve lo garantisce come lo garantisce all’uccello dell’aria, e voi siete da ben più degli uccelli. Ma vuole da voi fiducia e morigeratezza. Se avete fiducia, Egli non vi deluderà. Se avete morigeratezza, il suo dono giornaliero vi basterà.
Non siate pagani, pur essendo, di nome, di Dio. Pagani sono coloro che, più che Dio, amano l’oro e il potere per apparire dei semidei. Siate santi e sarete simili a Dio nell’eternità.
Non siate intransigenti. Tutti peccatori, vogliate essere con gli altri come vorreste che gli altri con voi fossero: ossia pieni di compatimento e perdono.
Non giudicate. Oh! non giudicate! Da poco siete con Me, eppure vedete quante volte già Io, innocente, fui a torto mal giudicato e accusato di peccati inesistenti. Il mal giudizio è offesa. E solo chi è santo vero non risponde offesa ad offesa. Perciò astenetevi da offendere per non essere offesi. Non mancherete così né alla carità né alla santa, cara, soave umiltà, la nemica di Satana insieme alla castità. Perdonate, perdonate sempre. Dite: ‘Perdono o Padre, per essere da Te perdonato dei miei infiniti peccati.’
Miglioratevi d’ora in ora, con pazienza, con fermezza, con eroicità. E chi vi dice che divenire buoni non sia penoso? Anzi vi dico: è fatica più grande di tutte. Ma il premio è il Cielo e merita perciò consumarsi in questa fatica.
E amate. Oh! quale, quale parola devo dire per persuadervi all’amore?  Nessuna ve ne è atta a convertirvi ad esso, poveri uomini che Satana aizza! E allora, ecco Io dico: ‘Padre, affretta l’ora del lavacro. Questa terra e questo tuo gregge è arido e malato. Ma vi è una rugiada che lo può molcere e mondare. Apri, apri la fonte di essa. Me apri, Me. Ecco, Padre. Io ardo di fare il tuo desiderio che è il mio e quello dell’Amore eterno. Padre, Padre, Padre! Guarda il tuo Agnello, e siine il Sacrificatore’.”
Gesù è realmente ispirato. Ritto in piedi, a braccia aperte a croce, il volto verso il cielo, coll’azzurro del lago di dietro, nella sua veste di lino, pare un arcangelo orante.

Mi si annulla il vedere su questo suo atto.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

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